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Art. 165 - Obblighi del condannato

1. La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno ; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna (1).

2. La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all’adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente (2).

3. La disposizione del secondo comma non si applica qualora la sospensione condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto comma dell’articolo 163 (3).

4. Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell’articolo 322-quater, fermo restando il diritto all’ulteriore eventuale risarcimento del danno (4).

5. Nei casi di condanna per il delitto previsto dall'articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. (5)

6. Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti (6).

7. Nel caso di condanna per il reato previsto dall’articolo 624-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa (7).

(1) Comma così modificato dall’art. 2, L. 145/2004.

(2) Comma così modificato dall’art. 2, L. 145/2004.

(3) Comma aggiunto dall’art. 2, L. 145/2004.

(4) Comma inserito dall’art. 2, comma 1, L. 69/2015 e poi sostituito dalla L. 3/2019.

(5) Comma aggiunto dall’art. 6 comma 1 della Legge n. 69/2019 e poi ulteriormente modificato dall'art. 2, comma 13, L. 134/2021.

(6) Articolo così sostituito dall’art. 128, L. 689/1981.

(7) Comma aggiunto dall’art. 3 della L. 36/2019.

Rassegna di giurisprudenza

La durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività soggiace a due limiti massimi cumulativi: quello di sei mesi, previsto dal combinato disposto degli artt. 18 bis disp. coord.  e 54, comma 2, D. LGS. 274/2000 e, se inferiore, quello stabilito dall’art. 165, comma 1, (non superamento della durata della pena sospesa) (fattispecie nella quale il GUP, su richiesta delle parti, aveva emesso sentenza di applicazione della pena di anni uno, con concessione della sospensione condizionale subordinata all’espletamento di 300 ore di lavori di pubblica utilità da completarsi nell’arco di 18 mesi, nonostante l’imputato avesse dichiarato la propria disponibilità alla suddetta attività per due ore settimanali, determinando pertanto una condizione irrealizzabile. La Corte, in applicazione del principio enunciato dalle Sezioni Unite con sentenza del 27 gennaio 2022 ancora non depositata, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al tribunale competente per l’ulteriore corso) (Sez. 2, 12485/2022).

Non può ritenersi che vadano espunti dal concetto di legalità della pena i profili che attengono alle concrete modalità di esplicazione del regime punitivo. La nozione di pena non va, infatti, circoscritta all’irrogazione di una o più delle sanzioni previste dall’art. 17 ma va identificata in un più ampio plesso concettuale che comprende anche gli istituti che incidono sulla concreta ed effettiva applicazione delle predette sanzioni. Il che è del tutto conforme all’orientamento espresso dalla Corte costituzionale secondo cui "pena legale" è non soltanto quella prevista dalla singola norma incriminatrice ma anche quella risultante dall’applicazione delle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio (Corte costituzionale, 312/1988; in senso conforme anche SU, 26 maggio 1984). Ne deriva che la questione inerente alla concedibilità o meno del beneficio della sospensione condizionale della pena o alla necessità giuridica di subordinare o meno il predetto beneficio ad uno degli obblighi previsti dall’art. 165 non si colloca al di fuori del concetto di legalità della pena, attenendo, in radice, rispettivamente alla possibilità stessa di assoggettare o meno il condannato alla pena irrogatagli e alle condizioni alle quali tale assoggettamento può avvenire. Ne consegue che la doglianza con la quale si deduca l’omessa subordinazione ex art. 165 non esula dall’ambito delle censure deducibili nel giudizio di legittimità ex art. 448, comma 2-bis, CPP, rientrando nel concetto di illegalità della pena. Il che dà anche ragione della legittimazione del PG a ricorrere per cassazione. In tema di patteggiamento, infatti, qualora il pubblico ministero abbia prestato il proprio consenso all’applicazione di un determinato trattamento sanzionatorio, l’impugnazione della sentenza che tale accordo abbia recepito è consentita solo qualora esso si ponga in contrasto con specifiche disposizioni normative e si configuri pertanto come illegale (Sez. 4, 33299/2002; Sez. 4, 3946/1998). Ne deriva che, una volta concluso l’accordo tra PM e imputato, il PG, pur non essendo partecipe dell’accordo stesso, non può far valere, per la pubblica accusa, una sorta di ripensamento che non è consentito per l’imputato e non può formare oggetto di discriminazione tra le parti (Sez. 4, 10692/2010), tranne che la pena non sia illegale (Sez. 4, 5064/2019).

La richiesta di sospensione condizionale della pena avanzata dall'imputato che ne abbia già usufruito in relazione a precedente condanna implica il consenso, implicito, alla subordinazione del beneficio all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'art. 165, comma primo, trattandosi di prescrizione che il giudice deve necessariamente disporre a norma del secondo comma del medesimo articolo qualora intenda riconoscere nuovamente detto beneficio (Sez. 5, 27982/2022).

L’art. 165 si ispira ai principi di legalità e tassatività e, pertanto, la subordinazione può essere disposta solo con riferimento a prestazioni certe e determinate in modo da assicurare l’esatta corrispondenza tra obbligo imposto e suo corretto adempimento, di talché non si può ancorare la sospensione condizionale della pena ad una condanna generica al risarcimento del danno, che sarebbe di impossibile adempimento senza una ulteriore pronuncia (Sez. 6, 29163/2016). Infatti, il legislatore con la disposizione censurata ha delineato un sistema "chiuso", che prevede la possibilità di subordinazione del beneficio della sospensione esclusivamente con riferimento ad adempimenti prestabiliti quali le restituzioni; il pagamento della somma liquidata dallo stesso giudice penale a titolo di risarcimento del danno; il pagamento della provvisionale assegnata sull’ammontare dello stesso; la pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; l’eliminazione della conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna; la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività. È, dunque, del tutto evidente l’impossibilità di subordinare l’accesso alla sospensione condizionale della pena ad una condizione inesigibile quale la condanna generica al risarcimento del danno che necessita di un’ulteriore pronuncia in sede civile ai fini della determinazione del ristoro in favore della parte civile (Sez. 5, 1148/2019).

In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (Sez. 5, 22754/2021).

Il giudice non può subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena - in difetto di costituzione di parte civile - all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, in quanto queste, come il risarcimento, riguardano soltanto il danno civile e non quello criminale, che si indentifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale e che assumono rilievo, a norma del citato art. 165, solo se i loro effetti non sono ancora cessati (Sez. 3, 16973/2022).

In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice, in difetto della costituzione di parte civile, non può subordinare il beneficio all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, perché queste, come il risarcimento, riguardano solo il danno civile e non anche il danno criminale, che si identifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale e che assumono rilievo, a norma dell'art. 165, solo se i loro effetti non sono ancora cessati (Sez. 5, 15457/2021).

L’art. 165 prevede la facoltà del giudice di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’adempimento delle obbligazioni restitutorie o risarcitorie nascenti dal reato, stabilendo un termine entro il quale l’obbligazione deve essere adempiuta. Detto termine, per il principio di obbligatorietà ed effettività della pena, costituisce un elemento essenziale della concessione del beneficio, la cui inosservanza è causa di revoca della sospensione della pena in sede esecutiva a norma dell’art. 674 CPPLa nozione di inadempimento dell’obbligazione debba essere mutuata dalla apposita norma civilistica (art. 1218 CC), secondo cui l’inadempimento consiste nel fatto oggettivo della mancata o inesatta esecuzione della prestazione, salvo la prova a carico del soggetto inadempiente della impossibilità assoluta di esecuzione della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. La stessa pronuncia individua il momento di decorrenza del termine per l’adempimento stabilito dal giudice nella sentenza, ai sensi dell’art. 165, ultimo comma, dalla data del passaggio in giudicato della sentenza e non dal momento in cui il condannato ha avuto notizia della pronuncia a suo carico (censurando il provvedimento del giudice dell’esecuzione che aveva individuato il dies a quo per l’adempimento nel momento della notifica dell’intimazione di pagamento). Con la conseguenza che, nel caso di mancata fissazione di un termine per l’adempimento da parte del giudice della sentenza, l’adempimento dovrebbe avvenire entro o comunque subito dopo l’esecutività della sentenza, considerata l’immediata esigibilità dell’obbligazione. Va precisato che il problema dell’omessa specificazione, da parte del giudice, del termine entro il quale gli obblighi cui sia stata eventualmente subordinata la sospensione condizionale della pena devono essere adempiuti, risulta essere stato affrontato da questa Corte in varie ed anche risalenti occasioni e risolto in modo non sempre uniforme. Vi è un primo orientamento (si veda Sez. 6, 8392/1996  secondo cui, nel caso di omessa fissazione del termine per il pagamento della provvisionale cui è subordinata la sospensione condizionale della pena, soccorre proprio quello del passaggio in giudicato della sentenza). Ad esso si allinea Sez. 1, 5217/2000, che, pur premettendo che l’individuazione di detto termine dipende dalla natura e dalla specie degli obblighi stessi, non potendosi stabilire un criterio che abbia validità universale, nel caso sottoposto alla sua attenzione, in cui la sospensione condizionale era stata subordinata all’adempimento dell’obbligazione di pagare gli assegni mensili di mantenimento per i figli minori, ha ritenuto che il termine coincidesse con la data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, anche in considerazione del fatto che l’obbligo imposto dal giudice penale non aveva contenuto nuovo e autonomo rispetto a quello fissato dal giudice civile in sede di separazione consensuale dei coniugi e che il relativo termine era già scaduto, sicché non sarebbe stata possibile una sua rimodulazione o dilazione da parte del giudice penale, sia pure al limitato fine dell’operatività della sospensione condizionale. Vi è poi l’opposto orientamento, secondo cui il termine per l’adempimento, ove non indicato in sentenza, coincide con quello, previsto dall’art. 163, durante il quale è sospesa l’esecuzione della sanzione irrogata, vale a dire cinque o due anni a seconda che la condanna sia stata inflitta per delitto o per contravvenzione, decorrenti dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile (Sez. 1, 43787/2015; e in senso conforme Sez. 1, 19827/2016). Orientamento, che limita l’operatività del termine in questione ai soli effetti penali costituiti dalla verifica dell’adempimento della condizione alla quale è subordinata la sospensione dell’esecuzione della pena (destinata, in caso di inadempimento dell’obbligo dopo la scadenza ex lege, ad essere revocata) ed afferma come resti fermo il diritto delle parti civili di agire immediatamente in executivis in sede civile in forza del titolo di condanna all’adempimento delle statuizioni civili passato in giudicato. A detto orientamento si è allineata anche Sez. 1, 24642/2015, anche se con riguardo alla diversa fattispecie relativa a sentenza di condanna con sospensione condizionale della pena subordinata allo svolgimento di lavori di pubblica utilità. In detta pronuncia si dà atto come "la tematica non si presti a soluzione generalizzate, essendo condizionata dalla natura dell’obbligo al cui adempimento sia stato subordinato il beneficio, sicché in materia urbanistica, quando la sospensione dell’esecuzione dipenda dalla previa demolizione delle costruzioni abusive, si è affermato che, pur nell’omessa indicazione operata all’atto della condanna, il termine di adempimento debba essere individuato alla stregua delle disposizioni che regolano l’attività edilizia , mentre nel diverso caso in cui sia imposto al condannato l’adempimento di obbligazioni civilistiche si è aderito alla tesi più rigorosa della coincidenza del termine di adempimento con la data del passaggio in giudicato della sentenza". Tanto premesso, si ritiene fondato il primo orientamento per il quale l’individuazione del termine per l’adempimento delle obbligazioni civilistiche cui è subordinata la sospensione condizionale della pena (e quindi per la revocabilità del beneficio per omesso adempimento), in caso di mancata fissazione da parte del giudice della cognizione, in quello previsto dall’art. 163 durante il quale è sospesa l’esecuzione della pena dopo il passaggio in giudicato della sentenza, si risolverebbe in un ulteriore favore per l’imputato tenuto all’adempimento e in un pregiudizio per la persona offesaE ciò a fronte del chiaro disposto di cui all’ art. 1183, comma 1 CC, secondo cui "se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita il creditore può esigerla immediatamente", salvi i casi in cui "in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine", che "in mancanza di accordo delle parti è stabilito dal giudice". Invero, nel caso in cui la sospensione condizionale della pena è subordinata al pagamento di una somma liquidata a titolo di provvisionale e quindi all’adempimento di un’obbligazione pecuniaria, in assenza di un termine, immediatamente esigibile, non si giustificherebbe una scadenza ai fini dell’adempimento posticipata rispetto al passaggio in giudicato della sentenza, coincidente col decorso del periodo di sospensione della penaE ciò proprio in considerazione del fatto che l’obbligo imposto dal giudice penale non ha contenuto nuovo e autonomo rispetto a quello civilistico, per il quale il legislatore sancisce il principio per cui il creditore può esigere immediatamente l’adempimento dell’obbligazione se non deve essere stabilito uno specifico termine, e che non sarebbe stata possibile una sua rimodulazione o dilazione da parte del giudice penale, sia pure al limitato fine dell’operatività della sospensione condizionale. Detta conclusione risulta compatibile anche con la stessa disciplina processuale della revoca della sospensione condizionale della pena, di cui all’ art. 674 CPP, che ne prevede la pronuncia all’ esito di udienza camerale e quindi di un contraddittorio nel corso del quale il condannato può dimostrare di avere nel frattempo adempiuto o di non aver potuto incolpevolmente adempiere. (Sez. 1, 2399/2019).

L’art. 165 comma 2, nel testo riformulato dalla L. 145/2004, consente all’imputato di beneficiare della sospensione condizionale della pena scegliendo che essa sia subordinata ad una condizione ritenuta meno gravosa di ciascuna di quelle che il giudice avrebbe dovuto altrimenti obbligatoriamente applicare a sua scelta. La possibilità di applicare il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinatamente all’obbligo di prestazione di attività non retribuita a favore della collettività non può, tuttavia, prescindere dalla "non opposizione" dell’imputato, prevista dal comma primo dell’art. 165 e non esclusa dal comma secondo della medesima disposizione, che si limita a disporre l’obbligatorietà della subordinazione del beneficio ad uno degli obblighi di cui al comma 1, fermo restando che la soluzione alternativa della subordinazione ad una prestazione non retribuita a favore della collettività non deve trovare l’opposizione dell’imputato, al quale, pertanto, la legge riserva in modo non equivoco e con carattere di esclusività la valutazione del carattere "più favorevole" del suddetto obbligo rispetto agli altri dalla legge previsti. Alla luce di tale ratio, la non opposizione del condannato deve risultare da una espressa manifestazione di volontà dello stesso imputato alla effettuazione dell’attività non retribuita in favore della collettività e in ogni caso trattasi di atto proprio del condannato e non ricavabile da atti espressi dal difensore. Viceversa, ove la richiesta di concessione del beneficio provenga personalmente dall’imputato  o dal difensore munito di procura speciale  la manifestazione di volontà dello stesso imputato alla effettuazione dell’attività non retribuita in favore della collettività può ritenersi implicitamente espressa in quanto la richiesta avanzata dall’imputato che ha già usufruito del beneficio in relazione a precedente condanna, implica il consenso alla subordinazione della misura all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165, comma primo, trattandosi di prescrizione che il giudice deve necessariamente disporre a norma del secondo comma del medesimo articolo (Sez. 5, 1292/2019).

In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo di risarcimento del danno, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun accertamento preventivo sulle condizioni economiche dell’imputato, salva l’ipotesi in cui emergano situazioni che ne facciano dubitare della capacità economica di adempiere ovvero quando tali elementi siano forniti dalla parte interessata. (Sez. 4, 50028/2017). Peraltro, la questione dell’impossibilità ad adempiere potrà essere posta innanzi al GE il quale, una volta accertata l’assoluta impossibilità di adempiere, non potrà revocare il beneficio (Sez. 5, 12614/2015); inoltre, un simile accertamento comporterebbe la necessità di una istruttoria nel contraddittorio delle parti, che potrebbe rivelarsi inutile, non precludendo al soggetto interessato di dimostrare, in sede esecutiva, la modifica peggiorativa della propria situazione economica (Sez. 5, 12614/2015).

Tuttavia il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell’imputato, deve effettuare un motivato apprezzamento di esse, qualora l’imputato abbia diligentemente allegato specifiche circostanze dirette a dimostrare l’assoluta incapacità a soddisfare la condizione imposta (Sez. 6, 11371/2008). Invero, se agli atti risulta già acquisita la prova del grave ed attuale disagio economico dell’imputato, tale da non necessitare di ulteriori accertamenti per escludere la possibilità di provvedere al risarcimento del danno, di esso occorrerà tener conto (riassunzione dovuta a Sez. 5, 5722/2019).

Il beneficio della sospensione condizionale della pena non può essere subordinato al pagamento della provvisionale riconosciuta alla parte civile da effettuarsi anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza, determinandosi, altrimenti, una esecuzione "ante iudicatum" delle statuizioni penali della pronuncia (Sez. 2, 14888/2019).

L’assoluta impossibilità di adempiere impedisce la revoca del beneficio, una volta accertata dal giudice dell’esecuzione (Sez. 3, 3197/2008).

Ai sensi dell’art. 165 comma 2, nel caso di imputato che abbia già usufruito della sospensione condizionale della pena in relazione a precedente condanna, il giudice deve necessariamente subordinare la concessione del beneficio all’adempimento degli obblighi previsti da tale disposizione (Sez. 4, 426/2019).

Le condotte previste dall’art. 165, comma quarto, a titolo di riparazione pecuniaria in favore della pubblica amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, in quanto specificamente previste per l’acceso al beneficio e quindi, funzionali all’estinzione del reato alle condizioni di cui all’art. 167, si collocano su di un piano prettamente sostanziale e non processuale, con conseguente inapplicabilità della relativa disposizione a fatti commessi prima della sua entrata in vigore (Sez. 6, 26873/2017).

Il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena inflitta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, legittimamente può subordinare detto beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell’opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile (SU, 714/1996).

Il giudice legittimamente può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell’opera abusiva, senza dover procedere a specifica motivazione sul punto, essendo questa implicita nell’emanazione dell’ordine di demolizione disposto con la sentenza, che, in quanto accessorio alla condanna del responsabile, è emesso sulla base dell’accertamento della persistente offensività dell’opera stessa nei confronti dell’interesse protetto, cosicché, allorquando il giudice del merito subordina la concessione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva, egli non fa altro che rafforzare il contenuto della statuizione accessoria, esaltando contemporaneamente la funzione sottesa alla ratio dell’articolo 165 finalizzata all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, persistenti nel caso di ostinata inottemperanza all’esecuzione dell’ordine di demolizione, circostanza che rende perciò il condannato immeritevole della sospensione condizionale della pena (Sez. 3, 2579/2019).

In tema di reati edilizi, la concessione della sospensione condizionale della pena non deve essere necessariamente subordinata alla demolizione delle opere abusive, non potendo tale necessità ricavarsi dal dovere, per il giudice, di emettere, in caso di condanna, l'ordine di cui all'art. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nulla infatti disponendo tale previsione con riferimento alla concessione della sospensione condizionale della pena e agli obblighi cui la stessa può essere subordinata: invero, il giudice è tenuto a motivare la mancata subordinazione del beneficio concesso all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato, nei soli casi in cui esso riguardi persona che ne abbia già usufruito o vi sia stata una specifica richiesta del pubblico ministero (Sez. 3, 3127/2022).