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Art. 169 - Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto

1. Se, per il reato commesso dal minore degli anni diciotto la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a euro 5 anche se congiunta a detta pena, il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio al giudizio, quando, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’articolo 133, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.

2. Qualora si proceda al giudizio, il giudice, può, nella sentenza, per gli stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna.

3. Le disposizioni precedenti non si applicano nei casi preveduti dal n. 1 del primo capoverso dell’articolo 164.

4. Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta (1).

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 108/1973, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 169, nella parte in cui non consente che possa estendersi il perdono giudiziale ad altri reati che si legano con vincolo della continuazione a quelli per i quali è stato concesso il beneficio. La stessa Corte, con sentenza 154/1976 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 169, quarto comma, nella parte in cui esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale nel caso di condanna per delitto commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, a pena che, cumulata con quella precedente, non superi i limiti di applicabilità del beneficio; con sentenza 120/1977, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost.; con sentenza 295/1986, ha dichiarato: a) non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.; b) non fondata la questione di legittimità dell’ultimo comma del presente articolo, nella parte in cui non limita il divieto di concessione di ulteriore perdono giudiziale ai casi in cui il precedente perdono sia stato concesso per fatti delittuosi, in riferimento all’art. 3 Cost.

Rassegna di giurisprudenza

Con l’istituto del perdono giudiziale, secondo l’indicazione interpretativa assolutamente prevalente e maggiormente convincente, lo Stato rinunzia alla facoltà punitiva, in presenza di un reato perfettamente configurato sotto tutti i punti di vista, commesso da persona all’epoca minore degli anni diciotto, giudicata capace d’intendere e di volere, previa la ragionevole previsione che attraverso il percorso del processo, il rimprovero solenne che ne è conseguito e l’intervento dei servizi, l’imputato, senza necessità di passare attraverso esperienza punitiva, si asterrà nell’avvenire dal delinquere.

Trattasi, all’evidenza, di una prognosi ragionata, la quale deve tenere conto degli indici di pericolosità (ragioni a delinquere, modalità e gravità in concreto del fatto, intensità del dolo o della colpa, risposta agli stimoli rieducativi del processo). Proprio per queste ragioni la Corte costituzionale (sentenza 295/1986) ha giudicato compatibile con l’assetto costituzionale il divieto di reiterazione del beneficio, fatti salvi alcuni casi peculiari (pronuncia riguardante fatto anteriormente commesso da soggetto che, successivamente ha avuto modo di godere di perdono giudiziale, venuto a processo solo dopo la predetta concessione; presenza di condanna ostativa per fatti non più previsti dalla legge come reato al tempo del secondo giudizio nel quale si tratta di applicare la formula estintiva della pena (Sez. 4, 29774/2015).

Il riconoscimento del beneficio del perdono giudiziale non costituisce oggetto di un diritto dell’imputato ma è rimesso - al pari della sospensione condizionale della pena - al potere discrezionale del giudice, il quale ha l’unico obbligo di indicare adeguatamente le ragioni della propria scelta evidenziando, in considerazione della ratio e della finalità dello istituto, anche uno solo dei criteri indicati dall’art. 133 od altri elementi di rilievo ai fini del giudizio valutativo dell’effetto positivo che in concreto può derivare dal beneficio prescelto (Sez. 5, 573/2014).

Non sussiste contraddittorietà tra contestuale diniego del perdono giudiziale e concessione della sospensione condizionale della pena, purché congruamente motivati, trattandosi di istituti che comportano l’estinzione del reato secondo una diversa scansione diacronica, che si verifica per il perdono giudiziale al momento del passaggio n giudicato della sentenza e per la sospensione condizionale della pena, all’esito dell’utile decorso del termine di legge, così da consentire al giudice la scelta dello strumento più utile per consolidare sia nel minore le controspinte psicologiche al reato sia le basi di un suo pieno recupero (Sez. 6, 16017/2014).