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Art. 459 - Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati

1. Le disposizioni degli articoli 453, 455 e 457 si applicano anche alla contraffazione o alterazione di valori di bollo e alla introduzione nel territorio dello Stato, o all’acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo contraffatti; ma le pene sono ridotte di un terzo.

2. Agli effetti della legge penale, si intendono per valori di bollo la carta bollata, le marche da bollo, i francobolli e gli altri valori equiparati a questi da leggi speciali.

Rassegna di giurisprudenza

Integra la fattispecie di cui all’art. 459 in relazione all’art. 453 n. 4 la condotta di chi acquista, previo concerto e tramite intermediario, marche da bollo contraffatte (Sez. 5, 3793/2018).

Integra il reato previsto dall’art. 459 la detenzione e la messa in circolazione di valori bollati “alterati” poiché l’art. 464 equipara, ai fini della punibilità del fatto, l’uso dei valori “alterati” a quello dei valori “contraffatti” (Sez. 5, 4147/2017).

Con riguardo alla condotta della messa in circolazione dei valori di bollo contraffatti, la più recente giurisprudenza di legittimità risulta aver ormai condivisibilmente abbandonato un’interpretazione strettamente letterale della norma, optando per una lettura estensiva dell’ultima parte dell’art. 459 comma 1., inclusiva della messa in circolazione dei valori di bollo alterati, ma non contraffatti.

Se è pur vero, infatti, che in passato si è ritenuto che non possa configurarsi il reato di cui all’art. 459, comma 1, ultima parte, previsto a carico di chi abbia acquistato, detenuto o messo in circolazione valori di bollo “contraffatti”, quando tale condotta abbia ad oggetto valori solo alterati nel loro valore facciale, ma non contraffatti, in quanto l’oggetto materiale della predetta previsione incriminatrice è limitata ai valori bollati contraffatti, sicché in virtù del divieto di letture analogiche della norma penale, non è consentito estenderne l’applicazione ai valori alterati (Sez. 5, 38533/2009), tuttavia, più recentemente, si è ritenuto condivisibilmente che l’esegesi del dato normativo, ancorata al dato letterale, avulsa da una interpretazione sistematica del dato normativo stesso, omette di considerare che l’art. 464, nel punire la meno grave condotta dell’uso di valori bollati da parte di chi non sia concorso nella falsificazione, equipara le due ipotesi dell’alterazione e della contraffazione, con la conseguenza che risulterebbe allora irragionevole ritenere che il legislatore abbia inteso lasciare fuori dell’area della rilevanza penale l’ipotesi di messa in circolazione di valori bollati alterati, sanzionando, invece, il meno grave comportamento dell’uso di tali valori. In definitiva, secondo i più recenti principi interpretativi, l’analisi della complessa disciplina cui il legislatore ha affidato la repressione del falso in valori bollati impone una lettura estensiva dell’art. 459, la quale, lungi dall’essere vietata, è lecita e, anzi, doverosa, quando sia dato stabilire, attraverso un uso corretto della logica e della tecnica giuridica, che il precetto legislativo ha un contenuto più ampio di quello che appare dalle espressioni letterali utilizzate dal legislatore (Sez. 5, 15047/2012).

A maggior ragione, nel caso in cui il soggetto agente non si limiti solo alla messa in circolazione dei bolli alterati, ma concorra anche nell’alterazione, deve ritenersi sussistente il reato di cui all’art. 459, facendo espresso riferimento la prima parte di esso alla condotta dell’alterazione (Sez. 5, 41010/2014).

Il delitto di cui all’art. 459 si consuma appena sia stata compiuta l’attività di contraffazione o di alterazione dei valori di bollo, ovvero si sia realizzata la condotta di introduzione nel territorio dello Stato o di acquisto o di detenzione o di messa in circolazione dei valori bollati contraffatti (Sez. 5, 41010/2014).

Il reato di cui all’art. 459 è di mero pericolo sicché alla fattispecie sono estranee le nozioni di danno e profitto (Sez. 6, 1051/1999).

L’art. 457 punisce la spendita o la messa in circolazione di valori di bollo acquistati in buona fede, mentre l’art. 459 è applicabile ove, a fronte delle medesime condotte, l’autore agisca in mala fede (Sez. 5, 15154/2016).

Il richiamo, contenuto nell’art. 459, alle disposizioni dei precedenti articoli 453, 455 e 457, implica che il generico riferimento della prima disposizione alle stesse condotte di acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo contraffatti regolate dagli articoli richiamati„ debba essere integrato alla stregua degli elementi costitutivi delle singole fattispecie oggetto del rinvio recettizio. In particolare, con riguardo al requisito della “messa in circolazione”, va considerato che se esso costituisce elemento costitutivo del reato di cui all’art. 453 nr. 3, si trasforma in semplice elemento finalistico della condotta di acquisto o ricezione nella immediatamente successiva previsione del nr. 4, non essendo quindi in questo caso accertare l’effettivo uso dei valori (Sez. 2, 3222/2014).

Il rinvio dell’art. 459 alle disposizioni degli articoli 453, 455 e 457 non può intendersi come un semplice richiamo “quoad poenam”, sicché per la individuazione delle relative fattispecie è necessario far riferimento al complessivo contenuto delle disposizioni richiamate, conseguendone che in caso di detenzione di valori di bollo contraffatti o alterati, occorre accertare se la detenzione sia avvenuta al fine della messa in circolazione, così come richiesto dall’art. 455. Solo se tale fine è escluso, non sussiste il reato di cui all’art. 459 (Cass. pen., 22.1.1983).

Per messa in circolazione, ai sensi dell’art. 459, deve intendersi ogni attività con la quale il detentore trasferisce ad altri, anche a titolo gratuito, il valore di bollo falsificato purché non in riferimento all’uso normale di esso, configurandosi, in questa seconda ipotesi, il reato di cui all’art. 464 (Sez. 5, 691/1983).