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Art. 133-ter - Pagamento rateale della multa o dell’ammenda (1)

1. Il giudice, con la sentenza di condanna o con il decreto penale, può disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che la multa o l’ammenda venga pagata in rate mensili da tre a trenta. Ciascuna rata tuttavia non può essere inferiore a euro 15.

2. In ogni momento il condannato può estinguere la pena mediante un unico pagamento.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 100, L. 689/1981.

Rassegna di giurisprudenza

 

Il giudice ha il dovere di motivare l’esercizio del potere discrezionale attribuitogli dall’art. 133-ter in tema di pagamento rateale della multa o della ammenda, non solo facendo riferimento ai criteri generali di cui all’art. 133, ma soprattutto mettendo in evidenza, da un lato, l’ammontare della pena pecuniaria inflitta e, dall’altro, le condizioni economiche del condannato, considerando in quale rapporto debbano essere poste queste due entità, al fine di stabilire, sia se esse consentano il pagamento in unica soluzione, ovvero consiglino la rateizzazione, sia l’ammontare delle singole rate (Sez. 4, 42015/2011).

 

La previsione dell’art. 133-bis è di portata generale e attiene esplicitamente alla facoltà del giudice di aumentare o diminuire la pena della multa e dell’ammenda allorquando, avuto riguardo alle condizioni economiche del soggetto, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa.

 

L’articolo, pertanto, come pure il successivo art. 133-ter attengono non al momento per così dire genetico del potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena, ma ad un momento successivo, in cui il giudice stesso, valutati tutti i criteri direttivi di cui all’art. 133, debba determinarla in concreto; 2) l’art. 133 non menziona espressamente le condizioni economiche del reo, ma al comma 2, n. 4) prevede che il giudice debba tener conto, nell’esercizio del suo potere discrezionale, "delle condizioni di vita individuale e familiare" del soggetto, che suggeriscono una valutazione onnicomprensiva dello status del prevenuto, non esclusa, dunque, quella di carattere economico; 3) significativamente, l’art. 53 comma 2 L. 689/1981, nell’imporre al giudice di "tenere conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare", impone lo stesso percorso valutativo dell’art. 133-bis (Sez. 1, 10598/2015).

 

L’applicazione dell’istituto della conversione della pena pecuniaria è esclusa nel nostro ordinamento nella fase determinativa della sanzione, nel corso della quale si prevede, quando lo impongano le condizioni economiche dell’interessato, la possibilità di contenere la pena pecuniaria al di sotto dei minimi edittali, o di consentirne il pagamento rateale, in forza di quanto stabilito dagli artt. 133-bis e 133-ter. La conversione della pena pecuniaria in pena detentiva può intervenire solo in sede esecutiva, a seguito dell’attestazione dell’insolvibilità del condannato, secondo quanto previsto dall’art. 136 (Sez. 6, 46642/2014).

 

La decisione circa il pagamento rateale della multa o dell’ammenda rientra nella discrezionalità del giudice, secondo quanto previsto dall’art. 133-ter, e tale facoltà può essere esercitata esclusivamente con la sentenza di condanna o con quella ad essa equiparata, ai sensi dell’art. 444 CPP; di conseguenza, nell’ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, la rateizzazione non può mai costituire oggetto dell’accordo, non rientrando nella disponibilità delle parti medesime, ma è consentito al giudice, ove ne sussistano le condizioni, di esercitare il suo potere discrezionale, in quanto lo stesso non attiene alla determinazione della pena, bensì alla sua esecuzione (Sez. 2, 528/2006).