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Art. 707 - Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli

Chiunque, essendo stato condannato per delitti determinati da motivi di lucro, o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, o per mendicità, o essendo ammonito o sottoposto a una misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta, è colto in possesso di chiavi alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine o di strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature, dei quali non giustifichi l’attuale destinazione è punito con l’arresto da sei mesi a due anni (1).

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 14/1971, ha dichiarato: l’illegittimità dell’art. 707, limitatamente alla parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicità, di ammonito, di sottoposto a misure di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta ed inammissibile la questione di legittimità degli artt. 707 e 708, nella parte in cui assoggettano allo stesso trattamento punitivo il condannato per delitti determinati da motivi di lucro e il condannato per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, proposta in riferimento all’art. 3 Cost.

Rassegna di giurisprudenza

Elemento oggettivo

Per serratura si deve intendere, conformemente alla finalità preventiva della disposizione di cui all’art. 707 - che è quella di prevenire delitti contro il patrimonio - qualsiasi congegno idoneo a chiudere, a salvaguardare, mediante il meccanismo di cui è formato, il bene che con esso si intende tutelare. Pertanto, rientra nella prescrizione della norma citata, quale strumento atto ad aprire o a forzare serrature, ogni mezzo che possa servire a distruggere o demolire, e non solo ad aprire, i congegni sopraindicati, così vanificandone la funzione. Tali strumenti, dunque, non sono solamente quelli atti a scardinare serrature esterne, ma anche congegni di protezione che possono trovarsi all’interno di abitazioni, come casseforti o forzieri o custodie rinforzate, a tutela dei beni ivi contenuti o custoditi (fattispecie nella quale gli strumenti oggetto di contestazione ai sensi dell’art. 707 consistevano in un flessibile elettrico con disco per il taglio di acciaio e ferro, filo di corrente munito di chiave montadisco e una tenaglia in ferro. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha dichiarato inammissibile il ricorso, precisando ulteriormente che “è attraverso l’individuazione dell’oggetto materiale della tutela che passa la definizione di strumento atto allo scasso”) (Sez. 2, 29344/2022).

L’elemento oggettivo della contravvenzione di cui all’art. 707, rappresentato dal fatto che l’agente sia “colto in possesso” di chiavi alterate o di grimaldelli, non va inteso nel senso che, oltre al possesso di tali oggetti, si richieda anche un “quid pluris”, consistente in circostanze tali da lasciare supporre imminente l’uso da parte del loro possessore, ma va considerato nel senso che il possesso deve assumere la consistenza di una disponibilità diretta ed immediata degli strumenti da parte del soggetto, perché è su tale rapporto di immediatezza, e solo su esso, che la legge fonda la presunzione di un’imminente utilizzazione degli strumenti medesimi (Sez. 2, 7634/1994).

Il profilo oggettivo caratterizzante il reato è costituito dall’attualità del possesso degli strumenti atti allo scasso, che non presuppone, però, un rapporto di contiguità fisica costante con gli stessi, con la conseguenza che ricorre l’elemento materiale della contravvenzione anche quando gli oggetti vengano rinvenuti non sulla persona del soggetto, ma nella sua abitazione o in un luogo ove egli possa accedere e riporre le proprie cose, in modo da poterne disporre e fare uso in ogni momento (Sez. 2, 28079/2015 ha affermato siffatto principio in una fattispecie nella quale l’imputato veniva condannato per il possesso ingiustificato di un “piede di porco” e di due scalpelli in ferro, rinvenuti a seguito di perquisizione presso la sua abitazione; per Sez. 2, 52523/2016 è sufficiente ai fini della configurabilità del reato il suddetto possesso o la loro immediata disponibilità, incombendo all’imputato l’obbligo di dare una seria giustificazione della destinazione attuale e lecita degli strumenti rinvenuti presso di lui; Sez. 2, 32521/2011 ha ribadito come l’elemento materiale della contravvenzione di cui all’art. 707, rappresentato dal fatto che l’agente sia colto in possesso di chiavi alterate o di grimaldelli, non vada inteso nel significato restrittivo che l’agente venga colto “in flagranza” di possesso, bensì nel senso che egli abbia la disponibilità degli strumenti, e, con essa, la possibilità di un utilizzo immediato e attuale) (Sez. 7, 57300/2018).

In tema di possesso di chiavi alterate e grimaldelli (art. 707), è sufficiente, ai fini della configurabilità del concorso nel reato, la consapevole disponibilità concreta ed immediata, da parte di più persone, degli arnesi predetti, irrilevante essendo l’originaria appartenenza di questi ad uno solo dei correi e dovendosi viceversa dare rilievo alla possibilità di questi di servirsene ovvero di aiutare il proprietario a servirsene (Sez. 2, 9644/1999).

In tema di possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso, previsto dall’art. 707, è sufficiente ai fini della configurabilità del reato il suddetto possesso o la loro immediata disponibilità, incombendo all’imputato l’obbligo di dare una seria giustificazione della destinazione attuale e lecita degli strumenti rinvenuti presso di lui (Sez. 2, 52523/2016).

Rapporto con la fattispecie di furto

L’assorbimento del reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli (art. 707) nel reato di furto si verifica qualora il possesso ingiustificato degli strumenti indicati dall’art. 707 risulti strettamente collegato all’uso degli stessi fatto dall’agente per la commissione del furto, e quindi per le sole ipotesi di impiego effettivo delle attrezzature da scasso nell’azione delittuosa e di detenzione attuatasi esclusivamente con l’uso necessario all’effrazione (Sez. 5, 431/2016).

In tema di rapporti tra la contravvenzione di cui all’art. 707 e il delitto di furto aggravato dalla violenza sulle cose (art. 625 n. 2), si verifica l’assorbimento della contravvenzione nel delitto di furto aggravato soltanto nel caso in cui gli arnesi atti allo scasso siano effettivamente serviti per la commissione del furto, e il loro possesso sia stato limitato all’uso momentaneo necessario per l’effrazione senza protrarsi per un ulteriore arco di tempo giuridicamente apprezzabile, giacché solo in tale ipotesi il collegamento tra i due illeciti, sussistente in termini di immediatezza e di strumentalità, dà vita ad una fattispecie complessa e rende operante il principio di specialità. A tal fine, è necessario che non vi sia frattura temporale e spaziale tra la commissione del furto e l’accertamento del possesso degli arnesi atti allo scasso, ma ciò non è sufficiente, dovendosi ritenere il concorso materiale tra il delitto di furto aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 2 e la contravvenzione di cui all’art. 707 ogni qualvolta gli arnesi, atti ad aprire o a forzare serratura, trovati in possesso dell’agente, siano tali e tanti da assumere una autonoma giuridica rilevanza, eccedente quella della apparente correlazione con la consumazione del furto. In altri termini, ai fini dell’assorbimento è necessario che: 1) gli strumenti siano stati effettivamente usati per la commissione del furto; 2) il loro possesso sia stato limitato all’uso momentaneo necessario per l’effrazione; 3) non vi sia stato distacco temporale e spaziale tra la commissione del furto e l’accertamento del possesso degli arnesi; 4) tali arnesi non siano di natura e quantità tali da assumere una rilevanza giuridica autonoma rispetto all’ambito di consumazione del delitto circostanziato. In particolare il rapporto di cui sopra deve essere escluso ogni volta che gli arnesi atti all’effrazione, trovati in possesso del soggetto attivo, siano tali da assumere autonoma rilevanza giuridica (Sez. 5, 55389/2018).

L'assorbimento della contravvenzione di cui all'art. 707 c.p. nel delitto di furto aggravato si verifica qualora il possesso ingiustificato degli strumenti, indicati dall'art. 707 c.p., risulti strettamente collegato all'uso fatto dall'agente per la commissione del furto e, quindi, per le sole ipotesi di impiego effettivo delle attrezzature da scasso nell'azione delittuosa e di detenzione, attuatasi esclusivamente con l'uso momentaneo necessario all'effrazione (Sez. 4, 13849/2020).