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Art. 19 - Pene accessorie: specie

1. Le pene accessorie per i delitti sono:

1) l’interdizione dai pubblici uffici;

2) l’interdizione da una professione o da un’arte;

3) l’interdizione legale;

4) l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

5) l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;

5-bis) l’estinzione del rapporto di impiego o di lavoro (1);

6) la decadenza o la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale (2)(3).

2. Le pene accessorie per le contravvenzioni sono:

1) la sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte;

2) la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (3).

3. Pena accessoria comune ai delitti e alle contravvenzioni è la pubblicazione della sentenza penale di condanna.

4. La legge penale determina gli altri casi in cui pene accessorie stabilite per i delitti sono comuni alle contravvenzioni.

(1) Numero aggiunto dall’art. 5, L. 97/2001.

(2) Numero così modificato dall’art. 93, comma 1, lettera a), DLGS 154/2013.

(3) Comma così sostituito dall’art. 118, L. 689/1981.

Rassegna di giurisprudenza

La circostanza che l’art. 19 preveda che le pene accessorie conseguano di diritto alla sentenza di condanna  a prescindere dalla natura della sospensione come sanzione amministrativa accessoria  non rende ovviamente illegittima la norma di legge approvata successivamente, vale a dire, appunto, l’art. 186 comma 9-bis CDS, che regola una specifica fattispecie (Sez. 1, 20490/2016).

L’operatività della confisca per equivalente disciplinata dall’art. 322 ter è obbligatoria, discendendo tale conclusione, da un lato, dal dato testuale della norma, ove si prevede infatti, sia nel primo che nel comma 2, che la confisca sia "sempre ordinata", sia dalla natura sanzionatoria ad essa incontestabilmente riconosciuta dalla giurisprudenza; attraverso di essa, infatti, si è inteso privare l’autore del reato di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume, così, i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non commisurata ne’ alla colpevolezza dell’autore del reato, né alla gravità della condotta.

Già le Sezioni unite (SU, 41936/2005) ebbero, del resto, ad individuare nella confisca per equivalente, e sia pure con riguardo ai reati di truffa aggravata, "una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti" con conseguente "carattere eminentemente sanzionatorio" della stessa, che verrebbe così a costituire una pena secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte EDU. La confisca per equivalente, infatti, viene ad assolvere ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza.

La confisca per equivalente, operante, come già detto, oltre che in caso di condanna, anche, in virtù del testuale contenuto della norma, in ipotesi di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 CPP, va poi applicata, tanto più in quanto, come precisato, obbligatoria, pur laddove la stessa non abbia costituito oggetto dell’accordo delle parti (Sez. 2, 20046/2011), conclusione, questa, ulteriormente discendente dal fatto che la sentenza di patteggiamento è sentenza vincolata relativamente al solo profilo del trattamento sanzionatorio e non anche a quello relativo alla confisca, per il quale la discrezionalità del giudice (discrezionalità vincolata quanto alla confisca obbligatoria) si riespande come in una normale sentenza di condanna, sì che, ove accordo tra le parti su tale punto vi sia comunque stato, il giudice non è obbligato a recepirlo o a recepirlo per intero (Sez. 2, 19945/2012).

Nè risulta necessario, per l’assenza di norme che dispongano in senso contrario, che la confisca per equivalente sia preceduta dal sequestro preventivo dei beni oggetto della stessa (Sez. 3, 17066/2013). Fermo quanto precede, del tutto priva di fondamento appare la pretesa difensiva secondo cui andrebbero estesi alla confisca per equivalente gli effetti sospensivi previsti dall’art. 166 con riferimento alle pene accessorie; se è vero, infatti, che la misura ablatoria di cui trattasi ha natura eminentemente sanzionatoria, con conseguente attrazione nell’ambito di copertura costituzionale offerto dal principio di irretroattività della norma penale sfavorevole, questo non consente, però, di parificarla tout court ad una pena accessoria, avendo il legislatore dettato per tale misura un diverso regime di operatività ed una differente disciplina (Sez. 2, 45324/2015).

È legittima l’applicazione d’ufficio, da parte del giudice d’appello, delle pene accessorie non applicate da quello di primo grado, ancorché la cognizione della specifica questione non sia stata devoluta con l’impugnazione del PM (Sez. 6, 31358/2011).

La pubblicazione della sentenza prevista dall’art. 186 ha natura di sanzione civile che può disporsi a carico del colpevole qualora essa costituisca un mezzo per riparare il danno, diversamente dalla pubblicazione della sentenza prevista dall’art. 19 che ha la natura di pena accessoria; trattasi, pertanto, di istituto ontologicamente appartenente al processo civile, dal quale mutua la sua disciplina, pur quando l’azione civile venga proposta nel processo penale. Ne consegue che la pubblicazione della sentenza prevista dall’art. 186 citato non può essere disposta d’ufficio in mancanza della domanda della parte istante (per tutte, Sez. 6, 7917/1998; SU, 6168/1988).

Ed ancora, da ciò deriva, proprio in ragione della natura suddetta  assimilabile non a pena accessoria, ma ad un mezzo di risarcimento del danno non patrimoniale in favore della parte civile che l’ha subito  che la sospensione condizionale della pena non può avere ad oggetto la pubblicazione della sentenza penale, nel senso che la prima non può esser subordinata all’esecuzione dell’altra (Sez. 3, 23719/2016).