x

x

Art. 644-ter - Prescrizione del reato di usura (1)

1. La prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 11, L. 108/1996.

Rassegna di giurisprudenza

Il delitto di usura si configura come un reato a schema duplice, costituito da due fattispecie  destinate strutturalmente l’una ad assorbire l’altra con l’esecuzione della pattuizione usuraria – aventi in comune l’induzione del soggetto passivo alla pattuizione di interessi od altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, delle quali l’una è caratterizzata dal conseguimento del profitto illecito e l’altra dalla sola accettazione del sinallagma ad esso preordinato.

Nella prima il verificarsi dell’evento lesivo dei patrimonio altrui si atteggia non già ad effetto del reato, più o meno esteso nel tempo in relazione all’eventuale rateizzazione del debito, bensì ad elemento costitutivo dell’illecito il quale, nel caso di integrale adempimento dell’obbligazione usuraria, si consuma con il pagamento del debito, mentre nella seconda, che si verifica quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione dell’obbligazione rimasta inadempiuta (Sez. 2, 38812/2008).

In definitiva, tale orientamento giurisprudenziale, che pare seguito con costanza da questa sezione, differenzia le diverse ipotesi in cui alla pattuizione degli interessi usurari ne sia seguito il pagamento, ed allora tale fatto costituisce elemento costitutivo dell’illecito, l’evento del delitto di cui all’art. 644 da cui decorre il termine di prescrizione, dal caso diverso in cui non vi sia adempimento della pattuizione usuraria. Nel secondo caso quando cioè alla pattuizione degli interessi usurari non sia seguito alcun pagamento degli stessi il delitto è consumato al momento del raggiungimento dell’accordo circa il rapporto di mutuo tra le parti e da tale data deve necessariamente decorrere il termine di prescrizione.

Viene quindi riaffermata la tesi secondo cui il reato di usura rientra nel novero dei reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata perché i pagamenti effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario compongono il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, e non sono qualificabili come “post factum” non punibile dell’illecita pattuizione (Sez. 2, 33871/2010). Pertanto, la qualificazione del reato di usura quale delitto istantaneo ad effetti permanenti non è più attuale ed è stata superata da più recenti decisioni, oltre che ripudiata dalla quasi generalità della dottrina. L’occasione per il mutamento di indirizzo è stata offerta dalla riforma del reato di usura del 1996, che ha introdotto una speciale regola in tema di decorrenza della prescrizione, l’art. 644-ter, il quale stabilisce che “la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale”.

Tale statuizione, infatti, non è allineata con l’orientamento che attribuiva all’usura la natura di reato istantaneo, sia pure con effetti permanenti, e rappresenta un segnale forte di superamento di quella visione del delitto tutta incentrata sul momento della pattuizione. Così che, in tema di usura, qualora alla promessa segua  mediante la rateizzazione degli interessi convenuti  la dazione effettiva di essi, questa non costituisce un post factum penalmente non punibile, ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante e segna, mediante la concreta e reiterata esecuzione dell’originaria pattuizione usuraria, il momento consumativo “sostanziale” del reato, necessariamente realizzandosi, così, una situazione non assimilabile alla categoria del reato eventualmente permanente, ma configurabile secondo il duplice e alternativo schema della fattispecie tipica del reato, che pure mantiene intatta la sua natura unitaria e istantanea, ovvero con riferimento alla struttura dei delitti cosiddetti a condotta frazionata o a consumazione prolungata.

Fatta tale doverosa premessa in ordine alla struttura del delitto, occorre poi chiarire il senso ed il significato dell’art. 644-ter secondo cui “la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale”; introdotto con la riforma del reato in oggetto di cui alla L. 108/1996 la predetta norma ha certamente inteso evitare che facendo decorrere la prescrizione dal momento della sola c.d. pattuizione degli interessi usurari che identifica il momento consumativo del reato, i rapporti caratterizzati da un lungo arco temporale, e per ciò solo già maggiormente afflittivi e significativi di capacità criminale, fossero destinati alla prescrizione ove la stessa venisse fatta decorrere sempre dal momento del contratto di mutuo tra le parti e cioè del sinallagma contrattuale.

Può pertanto dirsi che la introduzione dell’art. 644-ter ha inteso definitivamente suggellare il superamento della teoria della usura come reato a struttura esclusivamente sinallagmatica, che si consuma al momento dell’accordo, individuando l’evento lesivo del patrimonio del danneggiato come momento significativo, pur se non indispensabile, del reato e dal quale decorre la prescrizione.

Quanto alla identificazione del momento della “riscossione” che a norma del suddetto articolo costituisce il momento ultimo dal quale decorre la prescrizione, si è affermato (Sez. 2, 13418/2012) che deve ritenersi che si abbia “riscossione” ai sensi dell’art. 644-ter quante volte la percezione di somme o altre utilità, da parte dell’autore del reato, in dipendenza del rapporto usurario, sia comunque la conseguenza di opportunità volontariamente offertegli dalla vittima, anche quando, in concreto, nel momento finale della realizzazione dell’interesse dell’usuraio, manchi la collaborazione dell’usurato. Tanto avviene quando il credito usurario sia realizzato in tutto o in parte in sede esecutiva mediante strumenti legali assicurati dal debitore, essendo in particolare originariamente immanente nella costituzione di un rapporto cartolare di assegni rinnovati, la prospettiva di un adempimento coattivo agevolato dalla natura del titolo, in luogo dell’adempimento volontario del debitore.

La tesi della rilevanza ai fini della individuazione del momento consumativo ultimo del reato e della decorrenza del termine di prescrizione dell’ultimo dei pagamenti degli interessi usurari o del capitale, è stata altresì validata in sede di legittimità in altre e differenti pronunce anche recenti (Sez. 2, 4270/2018; Sez. 2, 29882/2016), con la precisazione che costituiscono ipotesi di riscossione anche le attività di rinnovazione dei titoli portanti il credito usurario (Sez. 2, 29492/2017), l’esecuzione forzata (Sez. 2, 18714/2017), la monetizzazione delle cambiali rilasciate dalla vittima (Sez. 2, 37694/2014).

Conseguentemente, per riscossione ai sensi dell’art. 644-ter va inteso o il momento del pagamento da parte del debitore di parte o tutto del capitale o degli interessi usurari, o la rinnovazione dei titoli, ovvero la realizzazione del credito in sede esecutiva ma non anche la semplice proposizione di richieste informali o meno all’indirizzo del debitore. Con la precisazione che costituiscono attività di riscossione idonee a spostare il termine di prescrizione ex art. 644-ter anche quelle condotte di apprensione del patrimonio del debitore effettuate attraverso il ricorso alla procedura esecutiva che determinano il vincolo anche parziale del patrimonio e che in quanto tali appaiono rientrare nel novero delle attività di riscossione forzata (Sez. 2, 11839/2018).

A seguito dell’introduzione dell’art. 644-ter, la contestazione del reato di usura, per l’intrinseca natura del fatto che enuncia, contiene già l’elemento del perdurare della condotta assumendo una vis espansiva sino alla pronuncia della sentenza, di talché l’imputato è chiamato nel processo a difendersi in relazione ad un fatto che oggettivamente e per sua intrinseca natura perdura nel tempo (Sez. 2, 18714/2017).

In tema di usura, qualora alla promessa segua  mediante la rateizzazione degli interessi convenuti  la dazione effettiva di essi, questa non costituisce un “post factum” non punibile, ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante e segna, mediante la concreta e reiterata esecuzione dell’originaria pattuizione usuraria, il momento consumativo “sostanziale” del reato, con effetti anche ai fini della prescrizione, essendosi in presenza di un reato a consumazione prolungata o à condotta frazionata; ciò che, del resto, è confermato dalla speciale regola proprio in tema di decorrenza della prescrizione dettata dall’art. 644-ter, il quale stabilisce che “la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale” (Sez. 2, 27171/2010).