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Art. 599 - Provocazione (1)

[1. Nei casi preveduti dall’articolo 594, se le offese sono reciproche, il giudice può dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori(2).

2. Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dall’articolo 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso (3).

[3. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche all’offensore che non abbia proposto querela per le offese ricevute] (4).

(1) Rubrica così sostituita dall’art. 2, comma 1, lett. i), n. 1), DLGS 7/2016.

(2) Comma abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. i), n. 2), DLGS 7/2016.

(3) Comma così modificato dall’art. 2, comma 1, lett. i), n. 3), DLGS 7/2016.

(4) Comma abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. i), n. 2), DLGS 7/2016.

Rassegna di giurisprudenza

Ai fini della configurabilità dell’esimente della provocazione occorrono: a) lo “stato d’ira”, costituito da una situazione psicologica caratterizzata da un impulso emotivo incontenibile, che determina la perdita dei poteri di autocontrollo, generando un forte turbamento connotato da impulsi aggressivi; b) il “fatto ingiusto altrui”, costituito non solo da un comportamento antigiuridico in senso stretto, ma anche dall’inosservanza di norme sociali o di costume regolanti l’ordinaria, civile convivenza, per cui possono rientrarvi, oltre ai comportamenti sprezzanti o costituenti manifestazione di iattanza, anche quelli sconvenienti o, nelle particolari circostanze, inappropriati; c) un rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse (Sez. 1, 5056/2012).

Ai fini del riconoscimento dell’esimente della provocazione nei delitti contro l’onore, sebbene sia sufficiente che la reazione abbia luogo finché duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio, non essendo necessaria una reazione istantanea, è richiesta tuttavia l’immediatezza della reazione, intesa come legame di interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, sicché il passaggio di un lasso di tempo considerevole può assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto causale e riferire la reazione ad un sentimento differente, quale l’odio o il rancore (Sez. 5, 7244/2015).

La provocazione ricorre quando il reato sia commesso non già in un generico stato di emozione, agitazione, timore o paura, bensì in uno stato d’ira, essendo necessario che l’agente abbia perduto il controllo di se stesso in conseguenza di un fatto che sia privo di giustificazione nei contenuti e nelle modalità esteriori, capace di alterare i freni inibitori, come tale costituente eccezione al principio generale, secondo cui gli stati emotivi non sono causa di diminuzione della imputabilità (Sez. 1, 40177/2009).

In tema di ingiuria e diffamazione, il comportamento provocatorio, di cui alla causa di non punibilità prevista dall’art. 599, comma secondo, anche quando non integra gli estremi di un illecito codificato, deve essere contrario alla civile convivenza secondo una valutazione oggettiva e non in ragione della percezione negativa che del medesimo abbia avuto l’agente (Sez. 5, 25421/2014).

In tema di ingiuria, l’esimente della provocazione di cui all’art. 599, secondo comma, si configura in presenza di un comportamento contrario alle norme giuridiche ovvero all’insieme delle regole sociali vigenti in un contesto di civile convivenza (Sez, 5, 43637/2015).

Sussiste l’esimente della provocazione di cui all’art. 599, comma secondo, nel caso in cui lo stato d’ira che ha provocato la reazione ingiuriosa sia stato determinato dall’inadempienza contrattuale della controparte, che, a fronte della richiesta di rassicurazioni sui pagamenti, abbia serbato un comportamento volutamente silente, in un contesto nel quale la predetta controparte sia stata descritta in più occasioni da altri su alcuni forum di discussione appunto come soggetto inadempiente (Sez.5, 38131/2018).

L’esimente di cui all’art. 599 può anche configurarsi sotto il profilo della putatività, ai sensi dell’art. 59 (concernente le “circostanze non conosciute o erroneamente supposte”), qualora ricorra una ragionevole, anche se erronea, opinione dell’illiceità del fatto altrui, ma in tal caso si richiede che l’errore sia plausibile, ragionevole e logicamente apprezzabile (Sez. 5, 37950/2017).

L’intenzione del datore di lavoro di procedere al licenziamento di uno o più lavoratori, lungi dall’integrare un illecito civile o penale, o un fatto contrario alla civile convivenza, rappresenta l’esercizio (peraltro allo stadio della mera ideazione) di un diritto, che, dunque, non può essere in alcun modo suscettibile di integrare un “fatto ingiusto altrui” idoneo a determinare lo stato d’ira che fonda l’esimente della provocazione (Sez. 21133/2018).

Ai fini del riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 599, sebbene sia sufficiente che la reazione abbia luogo finché duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio, non essendo necessaria una reazione istantanea, è richiesta tuttavia l’immediatezza della reazione medesima. Occorre, cioè, un legame di interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, sicché il passaggio di un lasso di tempo considerevole può assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto causale e riferire la reazione ad un sentimento differente, quale il rancore o una finalità di ritorsione (Sez. 5, 7244/2016).

Tra l’offesa e la reazione deve esserci rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta (Sez. 1, 47840/2013).