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Art. 342 - Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario

Chiunque offende l’onore o il prestigio di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica autorità costituita in collegio, al cospetto del Corpo, della rappresentanza o del collegio, è punito con la con la multa da euro 1.000 a euro 5.000 (1).

La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, o con scritto o disegno, diretti al Corpo, alla rappresentanza o al collegio, a causa delle sue funzioni.

La pena è della reclusione della multa da euro 2.000 a euro 6.000 se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato (2).

Si applica la disposizione dell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.

(1) Comma così modificato prima dall’art. 18, L. 205/1999 e poi dall’art. 11, L. 85/2006.

(2) Comma così modificato dall’art. 11, L. 85/2006.

Rassegna di giurisprudenza

Qualora l’oltraggio ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario venga consumato, come prevede l’art. 342, comma secondo, con uno scritto diretto al Corpo, alla rappresentanza o al collegio, non è necessario che esso avvenga al «cospetto» di questi ultimi, cioè mentre essi si trovino nell’esercizio delle funzioni (Sez. 6, 2804/2007).

In tema di oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, è necessario che l’espressione oltraggiosa avvenga «al cospetto del corpo», e quindi sia rivolta a uno dei predetti consessi costituiti in collegio per l’esercizio delle relative funzioni. Non integra pertanto il reato l’offesa recata ai vigili urbani da chi, nel compilare il bollettino postale di versamento di una sanzione amministrativa inserisca nella causale di versamento la frase "rapina legalizzata" (Sez. 6, 4159/2000).

Per "corpo amministrativo" deve intendersi l’organo pubblico dello Stato o dell’amministrazione statale indiretta nell’integrità della sua composizione, mediante la quale esso normalmente funziona, oppure una rappresentanza dello stesso. Ne consegue che risponde del delitto in questione colui il quale usi espressioni offensive dirette all’organo medesimo nel suo complesso e al suo cospetto. Se, invece, dette espressioni sono rivolte a persone facenti parte dell’organo, cioè a singoli membri di esso, la condotta può integrare, ricorrendone gli altri elementi costitutivi, solo il reato di cui all’art. 341, salva la possibilità del concorso formale tra i due reati ove, con un unico atto, sia arrecata offesa pure al corpo amministrativo (Sez. 6, 660/1997).

In tema di oltraggio, la «presenza» del pubblico ufficiale, presupposto indefettibile del reato di cui all’art. 341, è concetto ben diverso dal «cospetto», richiesto dal reato di cui all’art. 342. La «presenza» richiesta dalla prima norma prescinde dal contatto fisico o anche semplicemente visivo ed è estesa ad un ambito spaziale tale da consentire al pubblico ufficiale la semplice possibilità di percepire l’espressione oltraggiosa. Essa va dunque ben oltre la possibilità di visione diretta e reciproca del soggetto attivo e di quello passivo espressa dal sostantivo «cospetto».

Questo presuppone la contemporanea presenza, reciprocamente avvertita, nel medesimo luogo, fronte a fronte, del soggetto attivo e del corpo politico, amministrativo o giudiziario ovvero di una rappresentanza di esso, riuniti in forma propria e solenne, quale ad esempio, con riferimento ad un corpo di polizia, un picchetto d’onore, la banda musicale, un qualsiasi reparto organico schierato o adunato nel corso di una cerimonia o per l’adempimento di funzioni sue proprie, ipotesi di fatto queste ben diverse dalla presenza sparsa e dispersa tra la folla di diversi appartenenti al Corpo, come singoli comandati e impegnati in servizio d’ordine in un determinato luogo.

Ne consegue che risulta violato il principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza (art. 521) nell’ipotesi che, tratto l’imputato a giudizio per rispondere del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale per aver profferito le parole «polizia boia assassina», in presenza di un soprintendente della Polizia di Stato e di agenti in servizio in una zona dello stadio, venga ritenuto il reato previsto dall’art. 342 (Sez. 6, 9417/1995).

In tema di oltraggio ad un corpo amministrativo, politico o giudiziario il dolo consiste nella volontà di pronunciare la frase offensiva con la consapevolezza a ledere l’onore e il prestigio del corpo, a nulla rilevando un eventuale stato di risentimento o di reazioni emotive del soggetto, cagionato da presunte ingiustizie subite (Sez. 6, 3606/1986).