Art. 354 - Astensione dagli incanti
1. Chiunque, per denaro, dato o promesso a lui o ad altri, o per altra utilità a lui o ad altri data o promessa, si astiene dal concorrere agli incanti o alle licitazioni indicati nell’articolo precedente, è punito con la reclusione sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516 (1).
(1) Multa così aumentata dall’art. 113 della L. 689/1981.
Rassegna di giurisprudenza
La pretesa di una somma di denaro rivolta ad uno dei partecipanti ad un’asta giudiziaria da parte di altro concorrente come compenso per la propria astensione dalla partecipazione a fronte della sua grande capacità economica ha senza dubbio connotazioni minacciose, implicitamente richiamando la definitiva perdita di chance nell’aggiudicazione.
Tale condotta minacciosa integra la fattispecie di cui all’art. 353, atteso che il reato di turbata libertà degli incanti è reato di pericolo che si configura non solo nel caso di danno effettivo, ma anche nel caso di danno mediato e potenziale, non occorrendo l’effettivo conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell’illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara (Sez. 6, 12821/2013). L’uso della minaccia impedisce di sussumere la condotta posta in essere nella fattispecie di cui all’art. 354 (Sez. 6, 45079/2014).
Non integra gli estremi del reato di turbata libertà degli incanti la condotta di chi, concorrendo a una gara (nella specie, per una vendita fallimentare), proponga ad altro concorrente di riconoscergli il rimborso delle spese sostenute per la partecipazione alla gara in cambio della propria astensione a presentare ulteriori offerte, se la proposta non venga accettata.
Tale condotta non integra, invero, alcuno dei comportamenti tipici indicati nella norma e non configura neppure gli estremi del tentativo punibile, ai sensi degli artt. 56 e 353, del reato, sub specie della collusione, mancando, nell’ipotesi considerata, l’accordo fraudolento delle parti.
Nel caso, neanche è configurabile un tentativo del reato previsto dal successivo art. 354 (astensione dagli incanti): in quest’ultima fattispecie, invero, il reato presuppone l’accordo delle parti sull’astensione (quale antefatto non punibile) cui segua l’astensione (che rappresenta il momento consumativo); trattandosi, peraltro, di reato omissivo proprio, la stessa struttura del delitto non rende configurabile il tentativo. Nel comportamento anzidetto non può, pertanto, che riscontrarsi l’istigazione a commettere un reato, non punibile ex art. 115 (Sez. 6, 705/2000).
La fattispecie di astensione dagli incanti, di cui all’art. 354, costituisce un’ipotesi singolare di concorso mediante fatti omissivi nel delitto di turbata libertà degli incanti, previsto dall’art. 353, che il legislatore, in deroga alle norme stabilite negli artt. 110 ss., ha configurato come ipotesi speciale ed autonoma di reato, per non lasciar dubbi in ordine alla punibilità di una condotta meramente negativa, invece che di collaborazione collusiva con il soggetto attivo, ed al bisogno di punirla con una pena minore di quella comminata per il delitto attivo (Sez. 6, 911/1998).