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Art. 353-bis - Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (1)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.

(1) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 10, L. 136/2010.

Rassegna di giurisprudenza

I delitti di cui all’art. 353-bis sono configurabili in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, quale che sia il nomen iuris adottate e anche in assenza di formalità, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, previamente indichi i criteri di selezione o di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto ed i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte. Detti delitti non possono ritenersi integrati quando manchi una qualsiasi forma di libera contesa tra concorrenti e, pertanto, ad esempio, quando vi sia una trattativa privata che sia svincolata da ogni schema concorsuale; quando sia prevista solo una comparazione di offerte che la P.A. è libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione; quando, nonostante la pluralità di soggetti interpellati, ciascuno presenti indipendentemente la propria offerta e l’amministrazione conservi piena libertà di scegliere secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati (Sez. 6, 56999/2018).

Il delitto previsto dall’art. 353-bis punisce quelle condotte di alterazione del procedimento amministrativo volte a condizionare la scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione realizzate con le condotte  alternative  della "violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti". L’incriminazione è volta a garantire la trasparenza e la correttezza del procedimento amministrativo assicurando, in via indiretta, protezione anche alla libera concorrenza nelle procedure di affidamento delle gare pubbliche. In ossequio alla consolidata giurisprudenza di legittimità, la condotta sanzionata di turbamento si verifica quando si altera il normale svolgimento della gara attraverso l’impiego di mezzi tassativamente previsti dalla norma incriminatrice. Lasciando da parte le prime condotte tipiche (che non vengono in rilievo nella specie), la "collusione" va intesa come ogni accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte, mentre il "mezzo fraudolento" consiste in qualsiasi artificio, inganno o menzogna concretamente idoneo a conseguire l’evento del reato, che si configura non soltanto in un danno immediato ed effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale, dato che la fattispecie prevista dall’art. 353 si qualifica come reato di pericolo (Sez. 6, 24477/2016). In particolare, si è precisato come il "mezzo fraudolento" consiste in qualsiasi attività ingannevole che, diversa dalle condotte tipiche descritte dalla norma incriminatrice, sia idonea ad alterare il regolare funzionamento della gara, anche attraverso anomalie procedimentali, quali il ricorso a prestanomi o l’indicazione di informazioni scorrette ai partecipanti, e a pregiudicare l’effettività della libera concorrenza, la quale presuppone la possibilità per tutti gli interessati di determinarsi sulla base di un corretto quadro informativo (Sez. 6, 42770/2014). Giova ancora rimarcare come il delitto richieda il dolo specifico, id est la coscienza e volontà di alterare l’iter amministrativo allo scopo di influenzare la scelta del contraente. Prova della finalità illecita che, in particolare, dovrà essere attentamente fornita nei casi in cui la materialità del delitto consista in mere anomalie procedimentali, dovendo essere puntualmente comprovato che la deviazione dagli ordinari binari dell’iter amministrativo sia dovuta al fine specifico di avvantaggiare un determinato offerente (Sez. 6, 10274/2019).

Il reato di cui all’art. 353-bis è stato introdotto allo scopo di estendere la tutela penale alla fase anteriore alla pubblicazione del bando, in relazione al compimento di atti di turbativa del procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente, aventi la finalità di condizionare la scelta del contraente. Risulta indispensabile in tale prospettiva che venga turbata la correttezza della procedura amministrativa, con sviamento del suo regolare svolgimento. D’altro canto attraverso il riferimento all’atto equipollente si è inteso includere qualunque provvedimento diverso dal bando di gara, avente la funzione di giungere all’individuazione del contraente, compreso il caso dell’affidamento diretto, cosicché la fattispecie finisce per riguardare ogni forma di aggiudicazione diversa dalla gara e la stessa fase di selezione dello strumento di aggiudicazione (Sez. 6, 10111/2019).

In caso di affidamento diretto, il delitto previsto dall'art. 353-bis  è configurabile quando la trattativa privata, al di là del nomen juris, preveda, nell'ambito del procedimento amministrativo di scelta del contraente, una "gara", sia pure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale; non è configurabile, invece, nelle ipotesi di contratti conclusi dalla pubblica amministrazione a mezzo di trattativa privata in cui il procedimento sia svincolato da ogni schema concorsuale, ovvero quando la decisione di procedere all'affidamento diretto sia essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte ad evitare la gara (Sez. 6, 5536/2022).

L’espresso riferimento  contenuto nell’art. 353-bis  al «bando o ... altro atto equipollente» evoca immediatamente una «gara» o, comunque, una procedura partecipata tra più aspiranti contraenti. Per altro verso, l’avanzamento della soglia di penale rilevanza, realizzato attraverso l’introduzione della norma in esame, rischierebbe di presentare profili di dubbia costituzionalità, sotto il duplice profilo della tassatività e della reale offensività, se nel perimetro di essa si volessero far rientrare altresì le operazioni contrattuali della pubblica amministrazione per attività di mero ordine e per importi minimi, che la normativa di riferimento consente di realizzare anche mediante affidamento diretto. E allora, che  come condivisibilmente ritenuto da Sez. 6, 30730/2018  i delitti in rassegna sono configurabili «in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, quale che sia il nomen iuris adottato ed anche in assenza di formalità, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, previamente indichi i criteri di selezione e di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto ed i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte». Non possono, al contrario, ritenersi integrati quando manchi una qualsiasi forma di libera contesa tra concorrenti e, pertanto, ad esempio, quando vi sia una trattativa privata che sia svincolata da ogni schema concorsuale; o quando, nonostante la pluralità di soggetti interpellati, ciascuno presenti indipendentemente la propria offerta e l’amministrazione conservi piena libertà di scegliere secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati. Nell’ipotesi in esame, pertanto, avendo la pubblica amministrazione proceduto legittimamente ad affidamento diretto e non avendo comunque ritenuto di predisporre, a tal fine, benché non obbligata a farlo, una trattativa privata in base ad un pur rudimentale schema concorsuale, non è configurabile la fattispecie delittuosa prevista dall’art. 353-bis (Sez. 6, 57000/2018).

L’art. 353-bis punisce con la medesima pena chiunque, con atti tassativamente specificati (violenza, minaccia, doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti), "turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione". Considerando il tenore letterale della formulazione adottata dal legislatore e la ratio della nuova previsione normativa, si è affermato che non v’è dubbio che nella nozione di "atto equipollente" ivi menzionata rientra qualunque provvedimento alternativo al bando di gara, adottato per la scelta del contraente, ivi inclusi, pertanto, quelli statuenti l’affidamento diretto (Sez. 6, 13431/2017). Ne discende che l’ambito di applicazione della nuova disposizione si estende a qualsiasi forma di aggiudicazione che prescinda dalla celebrazione di una gara e alla stessa fase di selezione dello strumento di aggiudicazione, oltre che a tutte quelle situazioni in cui l’attività illecita si risolva nella stessa elusione del rispetto di una regolata procedura concorrenziale (Sez. 6, 36065/2018).

L’art. 353-bis è stato introdotto dalla L. 136/2010 per sanzionare quelle condotte di turbativa che non avrebbero potuto inquadrarsi nella fattispecie di cui all’art. 353, essendosi dunque fatto riferimento alle stesse condotte consistenti in violenza o minaccia, doni, promesse o collusioni o altri mezzi fraudolenti, che integrano il reato di cui all’art. 353, ma questa volta tali da turbare il procedimento amministrativo volto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione. È stato delineato un reato di pericolo che si perfeziona a prescindere dal fatto che la scelta del contraente sia stata realmente condizionata, purché sia ravvisabile un turbamento, nel senso che la procedura di predisposizione sia alterata o sviata nel suo regolare svolgimento, con individuazione del dolo specifico riferibile al condizionamento della modalità di scelta del contraente. È stato altresì rilevato che il riferimento all’atto equipollente consente di far rientrare nella previsione qualunque forma di aggiudicazione che prescinda dalla celebrazione di una vera e propria gara o in cui l’attività illecita si risolva nella stessa elusione del rispetto di una gara concorrenziale (Sez. 6, 36806/2018).

L’art. 353-bis sanziona chiunque, sulla scorta delle medesime condotte indicate dal precedente art. 353  quindi «con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti»  «turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione». Identico, quindi  come discende altresì dalla collocazione sistematica delle due norme  è il bene giuridico tutelato rispetto a quello oggetto della fattispecie di cui all’art. 353, poiché anche in questo caso la norma è diretta a colpire i comportamenti che, incidendo illecitamente sulla libera dialettica economica, mettono a repentaglio l’interesse della pubblica amministrazione di poter contrarre con il miglior offerente. Non così, invece, per ciò che concerne il momento di operatività della tutela apprestata dalle due disposizioni, che, nell’un caso (art. 353) richiede l’esistenza di una gara, comunque denominata; laddove, nell’altro caso (art. 353-bis), esso viene anticipato nel tempo  quando un bando (o altro atto equivalente) non sia stato adottato, anche ove la relativa procedura sia stata avviata senza essere però approdata al suo esito finale  nella consapevolezza che gli interessi meritevoli di tutela (come sopra specificati) possono essere lesi non solo da condotte successive ad un bando il cui contenuto sia stato determinato nel pieno rispetto della legalità, ma anche da comportamenti precedenti, in grado di avere influenza sulla formazione di detto contenuto. Il delitto previsto dall’art. 353-bis, è costruito, sulla stessa falsariga di quello previsto dall’art. 353, come reato di pericolo. L’azione consiste, dunque, nel turbare mediante atti predeterminati il procedimento amministrativo di formazione del bando, allo scopo di condizionare la scelta del contraente. Poiché il condizionamento del contenuto del bando è il fine dell’azione, è evidente che il reato si consuma indipendentemente dalla realizzazione del fine medesimo. Per integrare il delitto, dunque, non è necessario che il contenuto del bando venga effettivamente modificato in modo tale da condizionare la scelta del contraente, né, a maggior ragione, che la scelta del contraente venga effettivamente condizionata. È sufficiente, invece, che si verifichi un turbamento del processo amministrativo, ossia che la correttezza della procedura di predisposizione del bando sia messa concretamente in pericolo (Sez. 6, 29267/2018).

I delitti di cui agli artt. 353 e 353-bis sono configurabili in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, quale che sia il nomen iuris adottato ed anche in assenza di formalità, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, previamente indichi i criteri di selezione e di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto ed i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte (Sez. 6, 30730/2018).

I delitti di cui agli artt. 353 e 353-bis non sono configurabili quando manchi una qualsiasi forma di libera contesa tra concorrenti e, pertanto, ad esempio, quando vi sia una trattativa privata che sia svincolata da ogni schema concorsuale; quando, sia prevista solo una comparazione di offerte che la P.A. è libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione; o quando, nonostante la pluralità di soggetti interpellati, ciascuno presenti indipendentemente la propria offerta e l’amministrazione conservi piena libertà di scegliere secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati (Sez. 6, 57000/2018).