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Art. 148 - Infermità psichica sopravvenuta al condannato

1. Se, prima dell’esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale o durante l’esecuzione, sopravviene al condannato una infermità psichica, il giudice, qualora ritenga che l’infermità sia tale da impedire l’esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice può disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune, se la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto, e non si tratti di delinquente o contravventore abituale o professionale o di delinquente per tendenza.

2. La disposizione precedente si applica anche nel caso in cui, per infermità psichica sopravvenuta, il condannato alla pena di morte (1) deve essere ricoverato in un manicomio giudiziario (2).

3. Il provvedimento di ricovero è revocato, e il condannato è sottoposto alla esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno determinato tale provvedimento.

(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall’art. 1, DLGS LGT 224/1944 e sostituita con la pena dell’ergastolo.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 146/1975, ha dichiarato, fra l’altro, l’illegittimità dell’art. 148, nella parte in cui prevede che il giudice, nel disporre il ricovero in manicomio giudiziale del condannato caduto in stato d’infermità psichica durante l’esecuzione di pena restrittiva della libertà personale, ordini che la pena medesima sia sospesa; in applicazione dell’art. 27, L. 87/1953, l’illegittimità costituzionale dello stesso art. 148, nella parte in cui prevede che il giudice ordini la sospensione della pena anche nel caso in cui il condannato sia ricoverato in una casa di cura e di custodia ovvero in un manicomio comune (ospedale psichiatrico).

Rassegna giurisprudenziale

 

Il condannato affetto da infermità esclusivamente di tipo psichico, sopravvenuta alla condanna, che non abbia ricadute di tipo fisico non può accedere agli istituti del differimento obbligatorio o facoltativo della pena previsti dagli artt. 146 e 147, né alla particolare ipotesi di detenzione domiciliare "in deroga" di cui all’art. 47-ter Ord. pen., comma 1-ter, posto che nel corpo di tale disposizione vengono richiamate esclusivamente le condizioni di infermità fisica di cui agli artt. 146 e 147 e non anche quelle psichiche.

 

È piuttosto la norma di cui all’art. 148 ad occuparsi delle problematiche psichiatriche dei condannati ed a prescriverne la sottoposizione a misura di sicurezza quando lo stato morboso, preesistente o sopravvenuto nel corso dell’esecuzione, sia di ostacolo alla sua attuazione; dagli accertamenti condotti dai giudici di merito e dai rilievi svolti nel provvedimento impugnato non emerge però la ricorrenza di patologia tale, da rendere necessaria l’applicazione dei rimedi stabiliti dall’art. 148 (Sez. 1, 41574/2018).

 

Nella materia attinente ai ricoveri previsto dall’art. 148, il magistrato di sorveglianza è tenuto, ai fini della decisione, a norma del combinato disposto degli artt. 666 e 678, comma 1, CPP, a fissare l’udienza camerale nel contraddittorio delle parti, salvo che, sentito il PM, non ravvisi una causa d’inammissibilità. In nessun caso gli è consentito di procedere de plano e senza formalità (Sez. 1, 17449/2018).

 

Ai fini della concessione del provvedimento di cui all’art. 148, è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave e tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose, esigendo al contempo un trattamento terapeutico che non si possa agevolmente attuare nello stato di detenzione in corso di svolgimento (Sez. 1, 789/2014).

 

L’eventuale sopravvenuta infermità psichica, in ipotesi tale da non consentire l’esecuzione della pena, può dar luogo soltanto ai provvedimenti previsti dall’art. 148, di competenza del magistrato di sorveglianza (art. 69, comma 8, Ord. pen.) e del tutto estranei alle attribuzioni del GE (Sez. 1, 7929/2018).