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Art. 468 - Contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli e strumenti contraffatti

1. Chiunque contraffà il sigillo di un ente pubblico o di un pubblico ufficio, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso di tale sigillo contraffatto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032 (1).

2. La stessa pena si applica a chi contraffà altri strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione, fa uso di tali strumenti.

(1) Multa così aumentata dall’art. 113 della L. 689/1981.

Rassegna di giurisprudenza

Il reato previsto e punito dagli artt. 459 e 453 comma 1 n. 1 presuppone la detenzione e messa in circolazione di valori bollati alterati nel loro valore facciale (Sez. 5, 41010/2014). L’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 468 è rappresentato dalla contraffazione di pubblici sigilli o di strumenti destinati alla pubblica autenticazione, sicché la condotta sanzionata implica che si abbia la disponibilità di uno strumento idoneo non ad una sola ma a tante riproduzioni della stessa impronta. Evidente, quindi, la diversità della condotta e del bene giuridico tutelato nei due reati.

Nel secondo caso, oggetto della tutela penale è l’interesse a garantire il bene giuridico della pubblica fede attribuito a particolari mezzi simbolici mentre il reato di falsificazione di valori bollati tutela la legalità della circolazione delle monete e di altri mezzi di pagamento. Sotto un profilo generale ed astratto, non si verte in un’ipotesi di concorso apparente di norme e non è in questione l’applicazione del principio di specialità, così come delineato da SU, 20664/2017 (Sez. 5, 2954/2019).

Mentre l’ipotesi delittuosa prevista dall’art.469 presuppone una falsificazione dell’impronta del sigillo del pubblico ufficio, attuata, di volta in volta, con i più diversi mezzi, il reato previsto dall’art. 468 presuppone invece che si abbia la disponibilità di uno strumento idoneo non ad una sola, ma a tante riproduzioni della stessa impronta, facilmente attuabili mediante la semplice apposizione del sigillo sul documento falsificato (Sez. 5, 42621/2009).

Il delitto di cui all’articolo 468 descrive la condotta di chi confeziona o altera il sigillo di un ente pubblico o di un altro pubblico ufficio, ovvero di chi, non essendo concorso nella contraffazione, faccia uso di tale sigillo contraffatto. Per uso del sigillo si intende, ovviamente, non l’uso del documento sul quale appare l’impronta del sigillo stesso, ma l’atto dell’apporre il sigillo per ricavarne l’impronta (Sez. 5, 30550/2014).

Integra il reato di contraffazione, ai sensi dell’articolo 468, l’uso del sigillo contraffatto riproducente la dicitura “regolare revisione” apposta sulla carta di circolazione di determinati automezzi, mentre non ricorre la fattispecie della contraffazione delle impronte di una pubblica amministrazione, ai sensi della successiva norma dell’articolo 469 del codice penale, poiché in tale caso viene in evidenza l’impossibilità di una facile riproduzione seriale dell’impronta contraffatta, mentre, come nel caso di specie, la creazione di un falso strumento, che qualifica l’ipotesi ai sensi dell’articolo 468 codice penale, consente la riproduzione indefinita di atti falsi (Sez. 5, 51242/2014).

In materia di falsità di sigilli, l’art. 467 indica come oggetto materiale della contraffazione il sigillo dello Stato «destinato a essere apposto sugli atti del Governo», espressione con la quale si intende il cosiddetto grande sigillo dello Stato, che il Guardasigilli appone con il proprio visto sui documenti contenenti il testo di atti aventi forza di legge, per attestare con il visto il riscontro formale del documento e con l’impronta del sigillo l’acquisizione del documento agli atti ufficiali. La contraffazione del sigillo recante la dicitura «Repubblica Italiana» e il relativo stemma, in uso presso le Amministrazioni dello Stato, integra invece il reato ex art. 468 (Sez. 5, 13271/2000).