x

x

Art. 469 - Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione

1. Chiunque, con mezzi diversi dagli strumenti indicati negli articoli precedenti, contraffà le impronte di una pubblica autenticazione o certificazione, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso della cosa che reca l’impronta contraffatta, soggiace alle pene rispettivamente stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.

Rassegna di giurisprudenza

L’art. 469 presuppone la falsificazione di una impronta imposta dalla legge per garantire l’autenticità della provenienza (Sez. 2, 4419/2019).

Il reato di falsità materiale in atti pubblici concorre con quello di contraffazione delle impronte di una P.A. in ragione del diverso bene giuridico tutelato dalle due fattispecie che, per la prima, deve essere individuato nella fede pubblica documentale e, per la seconda, nella fiducia attribuita ai mezzi simbolici di autenticazione pubblica (Sez. 5, 7419/2014).

Integra gli estremi del delitto previsto dall’art. 469 la riproduzione, mediante un programma informatico, dell’impronta dell’ufficio postale su una falsa ricevuta attestante l’avvenuto pagamento relativo ad una imposizione tributaria (Sez. 5, 6352/2014).

Integra gli estremi del delitto di cui all’art. 469 la riproduzione, mediante un programma informatico, dell’impronta impressa dall’ufficio postale attestante l’avvenuto pagamento di bollettini di conto corrente (Sez. 5, 43369/2005).

Mentre l’ipotesi delittuosa prevista dall’art.469 presuppone una falsificazione dell’impronta del sigillo del pubblico ufficio, attuata, di volta in volta, con i più diversi mezzi, il reato previsto dall’art. 468 presuppone invece che si abbia la disponibilità di uno strumento idoneo non ad una sola, ma a tante riproduzioni della stessa impronta, facilmente attuabili mediante la semplice apposizione del sigillo sul documento falsificato (Sez. 5, 42621/2009).

Per impronta di pubblica autenticazione o certificazione si intende non solo quella proveniente da un ente pubblico, ma anche quella imposta dalla legge su determinati beni al fine di garantire al fruitore l’autenticità della provenienza e della correlativa certificazione (Sez. 5, 2708/2006).

Il sigillo fiscale ex art. 5 del Decreto del Ministro delle finanze del 13/7/2000 viene riportato sui titoli di accesso in base a un sistema automatizzato disciplinato dalla normativa pubblicistica e funzionale a consentire la verifica della validità del titolo, sicché, sotto questo profilo, esso risulta riconducibile nel genus degli strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione , finalizzati a garantire al fruitore l’autenticità della provenienza e della correlativa certificazione, sulla base di un crisma di certezza pubblica ad esso conferito dalla disciplina pubblicistica richiamata.

Né in senso contrario può argomentarsi sulla base della natura privatistica del biglietto della partita di calcio, in quanto ciò che viene in rilievo non è la natura della res sulla quale è impresso il contrassegno (Sez. 5, 2708/2006, relativa a lingotti solo apparentemente d’oro ed in realtà di metallo, recanti un’impronta contraffatta indicante falsamente la provenienza da una ditta autorizzata alla produzione, lavorazione e commercializzazione di metalli preziosi), ma la sua rappresentatività, sulla base di una disciplina pubblicistica (anche se non necessariamente statale, come si desume dalla soppressione, rispetto alla corrispondente previsione del codice Zanardelli, dei riferimenti alle disposizioni di legge o del Governo), di determinate qualità, stati o potenzialità della cosa, per riprendere le indicazioni fornite dalla Relazione Ministeriale sul Progetto del codice vigente, e, dunque, la garanzia offerta dal contrassegno della autenticità della provenienza e della correlativa certificazione.

Neppure decisivo è l’argomento incentrato sulle caratteristiche del sigillo fiscale, che non si concretizza in un simbolo (come il bollino SIAE); nessun dato normativo, infatti, consente di circoscrivere il contrassegno rilevante ai fini delle norme in esame a quelli che raffigurino caratteri ideografici ovvero alfabetici o numerici: la già richiamata Relazione Ministeriale, del resto, faceva riferimento, sul punto, ad attestazioni dell’autorità pubblica simboliche o meno (Sez. 5, 24276/2015).

La contraffazione del libretto di circolazione di una vettura, mediante la apposizione della falsa impronta della Motorizzazione civile, volta a far apparire adempiute le formalità di revisione, integra i reati di cui agli artt. 476, 482 e 469 e non anche la fattispecie di cui all’art. 80 comma diciassettesimo DLGS 285/1992, riguardante la mera esibizione agli organi competenti di una falsa revisione, ossia l’uso di un atto falso (Sez. 5, 23670/2004).

Integra il delitto di cui all’art. 469 e non quello di cui all’art. 489 (uso di atto falso) la condotta di colui che utilizza un documento di circolazione recante stampigliata l’impronta di un timbro della Motorizzazione civile contraffatto, considerato che la falsità di cui all’art. 489 riguarda gli atti e non i sigilli o le impronte (Sez. 5, 39452/2006).

Non vi è rapporto di specialità tra il reato di contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione (art. 469) ed il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi (art. 497-bis) (Sez. 2, 14772/2014).

Il reato di falsità materiale in atti pubblici concorre con quello di contraffazione delle impronte di una PA., in ragione del diverso bene giuridico tutelato dalle due fattispecie, che, per la prima, deve essere individuato nella fede pubblica documentale, per la seconda, nella fiducia attribuita ai mezzi simbolici di autenticazione pubblica (Sez. 4, 27973/2008).

Il delitto previsto dall’art. 469 non può concorrere con i reati di falsità in atti, quando il contrassegno sia elemento essenziale del documento, se la falsificazione del contrassegno risulti indispensabile ai fini della falsificazione del documento (Sez. 5, 13299/2000).