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Art. 474-bis - Confisca (1)

1. Nei casi di cui agli articoli 473 e 474 è sempre ordinata, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, a chiunque appartenenti.

2. Quando non è possibile eseguire il provvedimento di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto. Si applica il terzo comma dell’articolo 322-ter.

3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 240, commi terzo e quarto, se si tratta di cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, ovvero che ne sono l’oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, appartenenti a persona estranea al reato medesimo, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l’illecito impiego, anche occasionale, o l’illecita provenienza e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza.

4. Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma del titolo II del libro sesto del codice di procedura penale.

(1) Articolo aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 15, L. 99/2009.

Rassegna di giurisprudenza

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 474-bis, il valore dei beni da sottoporre a vincolo deve essere adeguato e proporzionato al prezzo o al profitto del reato e il giudice, nel compiere tale verifica, deve fare riferimento alle valutazioni di mercato degli stessi, avendo riguardo al momento in cui il sequestro viene disposto (Sez. 3, 9146/2016).

L’obbligo di vigilanza previsto dall’art. 474-bis non rappresenta un ulteriore obbligo disposto dalla norma in esame, quanto piuttosto un obbligo che deve discendere dalle clausole contrattuali stabilite per l’utilizzazione del bene.

Ed invero, interpretare, diversamente, l’art. 474-bis, nel senso cioè che il terzo proprietario della cosa debba in ogni caso, da un lato, prevedere l’illecito impiego della cosa e, dall’altro, vigilare sull’uso della cosa, significa affermare che la norma pone, in sostanza, delle clausole imperative ai contratti di trasferimento di detti beni e dei divieti a detto trasferimento, vietando di affittare o noleggiare o dare in comodato beni potenzialmente utilizzabili per la contraffazione a soggetti che prevedibilmente useranno detti beni con modalità illecite e imponendo in ogni caso di vigilare sull’uso che viene fatta della cosa che è stata ceduta non in proprietà. Ciò è palesemente contrario alla volontà del legislatore.

Occorre, invece, approdare alla esegesi opposta della norma in esame, e cioè giungere alla conclusione per la quale, a seconda della natura del bene oggetto del trasferimento, il terzo proprietario che chiede la restituzione dovrà dimostrare di non avere potuto prevedere l’illecito impiego del bene nella misura in cui il rapporto contrattuale gli permetteva di prevederlo e di avere adempiuto all’obbligo di vigilanza nella misura in cui la legge e i contratti gli permettevano di vigilare sull’uso della cosa.

È proprio l’ipotesi della locazione di un immobile, risultato trasformato in laboratorio per la realizzazione di prodotti contraffatti. In realtà, il proprietario non può imporre un “uso lecito” dell’immobile e, nel rapporto contrattuale, la previsione della destinazione futura dell’appartamento sarà limitata alla sua destinazione a civile abitazione o a ufficio; allo stesso modo, la vigilanza possibile da parte del proprietario sarà quella prevista dalla legge e dal contratto (Sez. 1, 25625/2013).

Le cose che soggiacciono a confisca obbligatoria non possono essere restituite in nessun caso all’interessato, anche quando siano state sequestrate per finalità probatorie, perché l’art. 324, comma 7, CPP – che stabilisce che la revoca del provvedimento di sequestro non può essere disposta nei casi indicati dall’art. 240, comma 2, – è espressamente richiamato dall’art. 257 CPP, relativo al riesame del provvedimento di sequestro probatorio (Sez. 2, 35100/2015).

L’inclusione del risparmio di spesa fra le forme del profitto del reato è erronea in relazione alla fattispecie ex art. 433 allorché i beni contraffatti non siano stati ancora commercializzati. Ne consegue l’illegittimità del sequestro a fini di confisca di importi equivalenti al presunto risparmio (Sez. 5, 7999/2016).

Sono oggetto di confisca obbligatoria, e quindi di sequestro preventivo ad essa funzionale, gli immobili utilizzati per il deposito di prodotti commerciali contraffatti, in quanto si tratta di beni che sono serviti a commettere il reato di commercio di prodotti con segni falsi (Sez. 2, 27961/2011).

L’art. 324, comma settimo, CPP prevede che “la revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati nell’articolo 240 comma 2 del codice penale”. La disposizione in esame, onde evitare che un bene sia restituito e successivamente confiscato - pone un limite alla revoca del sequestro che non può essere disposto nei casi indicati dall’art. 240 comma secondo. La regola, traducendosi in un’eccezione alla revocabilità del sequestro che è regola generale, non è suscettibile di interpretazione estensiva e, di conseguenza, non è applicabile a tutti i casi di confisca obbligatoria per altre previsioni normative.

Inoltre, il dettato dell’art. 240, comma secondo, non è sovrapponibile a quello dell’art. 517-quater che, in virtù della norma di raccordo dell’art. 474-bis, prevede la confisca obbligatoria delle res che servirono o furono destinate a commettere il reato o ne costituiscono l’oggetto, il prodotto o il prezzo o il profitto. Di conseguenza, l’art. 474-bis dispone la misura di sicurezza obbligatoria in situazioni che, a norma dell’art. 240 comma primo, prevedono una ablazione facoltativa e, tranne per il prezzo del reato, non riproduce le previsioni dell’art. 240 comma secondo (Sez. 3, 17716/2015).

Per espressa disposizione normativa (art. 474-bis), nei casi di cui agli articoli 473 e 474 è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, a chiunque appartenenti. Ai sensi del terzo comma dell’art. 474-bis spetta, poi, al terzo titolare dei beni sequestrati (che servirono o furono destinati a commettere il reato) dimostrare, per sottrarsi al sequestro, di non averne potuto prevedere l’illecito impiego, anche occasionale, o l’illecita provenienza e di non essere incorso in un difetto di vigilanza (Sez. 5, 41040/2015).

Il  ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (SU, 25932/2008).

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, attesa la natura sanzionatoria di quest’ultima, non richiede specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente il “fumus criminis” e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o prezzo dell’ipotizzato reato) (Sez. 3, 18311/2014).

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato, le divergenze sulla esatta determinazione del valore dei beni oggetto dell’ablazione costituiscono una “quaestio facti” il cui esame è precluso in sede di legittimità (Sez. 2, 17584/2013).

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il giudice che emette il provvedimento ablativo è tenuto soltanto ad indicare l’importo complessivo da sequestrare, mentre l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al “quantum” indicato nel sequestro è riservata alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero (Sez. 3, 37848/2014).

Le finalità e le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono di per sé idonee a realizzare quelle proprie del sequestro conservativo, sicché è ammissibile non solo la coesistenza dei due sequestri sugli stessi beni, ma anche il succedersi nel tempo dei vincoli reali, sempre che ne ricorrano i presupposti di applicazione. Peraltro la ratio sottesa al sequestro conservativo è essenzialmente quella recuperatoria di crediti, pubblici o privati ed ha una portata operativa che travalica gli ambiti del tradizionale sequestro preventivo, ma anche quelli del sequestro funzionale alla confisca di valore (Sez. 2, 7046/2014).

Nella nozione di profitto funzionale alla confisca rientrano non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa (Sez. 2, 45389/2008).