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Art. 600-quater - Detenzione di materiale pornografico (1)

1. Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 600-ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a euro 1.549.

2. La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 4, L. 269/1998 e poi così sostituito dall’art. 3, L. 38/2006.

Rassegna di giurisprudenza

Nel rispetto della volontà individuale del minore con specifico riguardo alla sfera di autonomia sessuale, il valido consenso che lo stesso può esprimere agli atti sessuali con persona minorenne o maggiorenne, ai sensi dell’art. 609-quater, si estende alle relative riprese, sicché è da escludere, in tali ipotesi, la configurazione del reato di produzione di materiale pornografico, sempre che le immagini o i video realizzati siano frutto di una libera scelta e siano destinati all’uso esclusivo dei partecipi all’atto. Al di fuori della ipotesi descritta, la destinazione delle immagini alla diffusione può integrare il reato di cui all’art. 600 ter, primo comma, ove sia stata deliberata sin dal momento della produzione del materiale pedopornografico. Viceversa, le autonome fattispecie di cui al terzo e al quarto comma dell’art. 600-ter ricorrono allorché una qualsiasi delle condotte di diffusione o offerta in esse previste sia posta in essere successivamente ed autonomamente rispetto alla ripresa legittimamente consentita ed al di fuori dei limiti sopra indicati (SU, 4616/2022).

Con riferimento alle pene inflitte per reati, quali quello di cui all’art. 600-quater, ricompresi nella stessa categoria disegnata dal comma 1-quater dell’art. 4-bis Ord. pen., per esse opera la presunzione di pericolosità superabile soltanto all’esito del periodo di osservazione della personalità, con conseguente sussistenza del divieto di sospensione dell’esecuzione sancite dall’art. 656, comma 9, CPP (Sez. 1, 50455/2017).

Ai fini della valutazione della natura pedopornografica del materiale in sequestro, non è sempre necessario stabilire con esattezza l’età delle persone filmate o fotografate, in particolare laddove le immagini diano conto di soggetti la cui conformazione dimostri un’età palesemente inferiore al limite dei diciotto anni quale discrimine per l’attribuzione al materiale di natura pedopornografica (Sez. 3, 1748/2017).

La detenzione di una fotografia riproducente un minorenne in evidente attività sessuale e di altre che riproducono il volto del medesimo minore con un’espressione riconducibile senz’altro a quell’attività integra il delitto di cui all’art. 600-quater (Sez. 3, 37241/2016).

Integra il delitto di cui all’art. 600-quater la cancellazione di files pedopornografici, “scaricati” da Internet, mediante l’allocazione nel “cestino” del sistema operativo del personal computer, in quanto gli stessi restano comunque disponibili mediante la semplice riattivazione dell’accesso al file (Sez. 3, 639/2011).

Il reato di cui all’art. 600-quater ha natura permanente, iniziando la sua consumazione nel momento in cui il reo si procura il materiale e cessando nel momento in cui quest’ultimo ne perde la disponibilità (Sez. 3, 29721/2010).

Non è configurabile il concorso tra il reato di detenzione di materiale pornografico ed il reato di pornografia minorile, dovendo applicarsi, in virtù della clausola di riserva di cui all’art. 600-quater, la più grave fattispecie di cui all’art. 600-ter, rispetto alla quale la detenzione costituisce, quindi, un “post factum” non punibile (Sez. 3, 29883/2015).

La prova del dolo del reato di detenzione di materiale pedopornografico, di cui all’art. 600-quater, può desumersi dal solo fatto che quanto scaricato sia stato collocato in supporti informatici diversi (ad esempio, nel “cestino” del sistema operativo), evidenziando tale attività una selezione consapevole dei “file”, senza che abbia alcuna rilevanza il fatto che non siano stati effettivamente visionati (Sez. 3, 48175/2017).

La configurabilità della circostanza aggravante della “ingente quantità” nel delitto di detenzione di materiale pedopornografico (previsto dall’art. 600-quater, comma secondo) impone al giudice di tener conto non solo del numero dei supporti informatici detenuti, dato di per sé indiziante, ma anche del numero di immagini, da considerare come obiettiva unità di misura, che ciascuno di essi contiene (Sez. 3, 39543/2017).

In tema di reato di detenzione di materiale pornografico, le condotte di procurarsi e detenere tale materiale non integrano due distinti reati ma rappresentano due diverse modalità di perpetrazione del medesimo illecito, sì che non possono concorrere tra loro, se riguardano lo stesso materiale; nell’ipotesi, invece, di materiale pedopornografico procurato in momenti diversi e poi detenuto, ricorre la continuazione tra i reati (Sez. 3, 38221/2017).

Integra il delitto di cui all’art. 600-quater l’accertato possesso di “files” pedopornografici successivamente cancellati dalla memoria accessibile del sistema operativo di personal computer, in quanto l’avvenuta cancellazione determina solo la cessazione della permanenza del reato e non, invece, un’elisione “ex tunc” della rilevanza penale della condotta per il periodo antecedente alla eliminazione dei “files” sino a quel momento detenuti (Sez. 3, 11044/2017).

In relazione al delitto di detenzione di materiale pedopornografico, previsto dall’art. 600-quater, sebbene non sia ammissibile l’impiego dell’attività di contrasto a mezzo di agente provocatore disciplinata dall’art. 14 L. 269/1988, è tuttavia legittimo e utilizzabile come prova il sequestro probatorio del corpo di reato, o delle cose pertinenti al reato, eventualmente rinvenuti attraverso siti web “civetta” (Sez. 3, 26432/2016).

Integra il delitto di detenzione di materiale pedopornografico la cancellazione di “files” pedopornografici, “scaricati” da internet, mediante l’allocazione nel “cestino” del sistema operativo del personal computer, in quanto gli stessi restano comunque disponibili mediante la semplice riattivazione dell’accesso al “file”, mentre solo per i “files” definitivamente cancellati può dirsi cessata la disponibilità e, quindi, la detenzione (Sez. 3, 24345/2015).

In tema di detenzione di materiale pornografico, la prova che i soggetti raffigurati nelle immagini riproducono effettivamente ragazze minori di anni diciotto può essere desunta anche dai connotati fisici delle adolescenti ritratte e dal prelievo dei “file” da siti “internet” il cui indirizzo “URL” evoca la minore età e denominazioni chiaramente riferibili a bambini o a contenuti pedopornografici (Sez. 3, 4678/2015).