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Art. 600-quater.1 - Pornografia virtuale (1)

1. Le disposizioni di cui agli articoli 600-ter e 600-quater si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse, ma la pena è diminuita di un terzo.

2. Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 4, L. 38/2006.

Rassegna di giurisprudenza

Le modifiche apportate alle norme codicistiche dalla L. 38/2006 che dà attuazione alla Decisione Quadro n. 2004/68/GAI e mira a reprimere in maniera rafforzata e coordinata le forme di pornografia minorile impongono all’interprete di assumere come prospettiva prioritaria la posizione del singolo minore oggetto di comportamenti che attentano alla sua libertà ed al libero sviluppo della sua personalità.

Rispetto a tale prospettiva vengono in luce due diverse situazioni di offesa. La prima è rappresentata dal solo fatto che il minore come persona (e questo costituisce elemento che differenzia la presente fattispecie da quella che si occupa della pornografia minorile “virtuale”, art. 600-quater 1 c.p.), venga utilizzato o indotto a partecipare alla creazione di materiale pornografico ed alla realizzazione di spettacoli aventi analoga natura.

Già tali condotte, con il loro carattere di oscenità e, in molti casi, di vera perversione, comportano una offesa gravissima allo sviluppo della personalità del minore, tanto maggiore quanto più costui è lontano da uno stadio minimamente strutturato di maturità e di sviluppo. La seconda, che può rappresentare uno sviluppo della precedente, è costituito dalle diverse forme di diffusione del materiale pornografico ottenuto mediante l’utilizzazione di persone minori di età (Sez. 4, 22768/2015).

La prestazione sessuale eseguita in videoconferenza via web-chat, in modo da consentire al fruitore delle stesse di interagire in via diretta ed immediata con chi esegue la prestazione, con la possibilità di richiedere il compimento di determinati atti sessuali, assume il valore di prostituzione e rende configurabile il reato di sfruttamento della prostituzione nei confronti di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle prestazioni o che abbiano reso possibile i collegamenti via internet, atteso che l’attività di prostituzione può consistere anche nel compimento di atti sessuali di qualsiasi natura eseguiti su se stesso in presenza di colui che, pagando un compenso, ha richiesto una determinata prestazione al fine di soddisfare la propria libido, senza che avvenga alcun contatto fisico fra le parti (Sez. 3, 15158/2006).