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Art. 600 septies.2 - Pene accessorie (1)

1. Alla condanna o all’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti previsti dalla presente sezione e per il delitto di cui all’articolo 414-bis del presente codice conseguono:

1) la perdita della responsabilità genitoriale, quando la qualità di genitore è prevista quale circostanza aggravante del reato (2);

2) l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela o all’amministrazione di sostegno;

3) la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa;

4) l’interdizione temporanea dai pubblici uffici; l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque in seguito alla condanna alla reclusione da tre a cinque anni, ferma restando, comunque, l’applicazione dell’articolo 29, primo comma, quanto all’interdizione perpetua.

2. La condanna o l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dalla presente sezione e per il delitto di cui all’articolo 414-bis del presente codice, quando commessi in danno di minori, comporta in ogni caso l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori.

3. In ogni caso è disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza di esercizio o della concessione o dell’autorizzazione per le emittenti radiotelevisive.

(1) Articolo aggiunto dalla lettera m) del comma 1 dell’art. 4, L. 172/2012.

(2) Numero così modificato dall’art. 93, comma 1, lettera t), DLGS 154/2013.

Rassegna di giurisprudenza

La pena accessoria dell’interdizione perpetua da qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori, di cui all’art. 600 septies.2, va disposta anche in caso di detenzione di materiale pedopornografico “virtuale” (fattispecie relativa a fotomontaggio di frammenti di fotografie e video di volti e corpi di minori, nella quale la Corte ha affermato che il riferimento, nella disposizione citata, alle condotte “in danno di minori”, non implica necessariamente l’esistenza e l’individuazione di uno specifico soggetto minorenne danneggiato dal reato, essendo sufficiente che la condotta abbia avuto ad oggetto minorenni e sia stata idonea, potenzialmente, a pregiudicarli) (Sez. 3, 22262/2017).

La pena accessoria dell’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela va disposta, in ordine al reato di cui all’art. 600-quater, anche nel caso di applicazione della pena inferiore ai due anni, trattandosi di statuizione sottratta al potere discrezionale del giudice (in motivazione si è osservato che l’art. 600-septies.2 deroga alla regola generale di cui all’art. 445 CPP) (Sez. 3, 48590/2016).

L’art. 600 septies.2 prevede che alla condanna o all’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del cod. proc. pen. conseguono le pene accessorie, previste nell’articolo stesso. Questa disposizione, specifica per i delitti in oggetto, prevale sulla generale disposizione dell’art. 445, comma 1, CPP. La norma ha contenuto analogo e speculare alla disposizione dell’art. 609-nonies e, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità per le pene accessorie previste da tale ultimo articolo, deve ritenersi, anche per l’art. 600-septies.2, che le pene accessorie si applicano per il patteggiamento, anche nei casi di applicazione di una pena inferiore ai due anni; trattandosi di statuizione sottratta al potere discrezionale del giudice (Sez. 3, 48590/2016).

Il legislatore nazionale, dando esecuzione alla Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale siglata il 25 ottobre 2007, ha, con L. 172/2012, inserito l’art. 600-septies.2 in base al quale, sotto la rubrica “Pene accessorie”, si prevede che: “Alla condanna o all’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti previsti dalla presente sezione e per il delitto di cui all’articolo 414-bis del presente codice conseguono: 1) la perdita della potestà genitoriale, quando la qualità di genitore È prevista quale circostanza aggravante del reato; 2) l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela o all’amministrazione di sostegno; 3) la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa; 4) l’interdizione temporanea dai pubblici uffici; l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque in seguito alla condanna alla reclusione da tre a cinque anni, ferma restando, comunque, l’applicazione dell’articolo 29, primo comma, quanto all’interdizione perpetua.

La condanna o l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dalla presente sezione e per il delitto di cui all’articolo 414-bis del presente codice, quando commessi in danno di minori, comporta in ogni caso l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori. In ogni caso è disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza di esercizio o della concessione o dell’autorizzazione per le emittenti radiotelevisive”. Tale disposizione, sostanzialmente innovativa rispetto alla più favorevole previgente disciplina, è entrata in vigore, stante l’ordinario termine di vocatio legis di cui all’art. 73 Cost. non oggetto di espressa deroga legislativa, in data 23 ottobre 2012.

Ciò posto è evidente che siffatta previsione, con la quale è stato introdotto, sotto il profilo della applicabilità di una nuova pena accessoria, un trattamento sanzionatorio più gravoso, sia applicabile solo in relazione ai fatti costituenti reato commessi a decorrere da tale data. Infatti, come peraltro puntualizzato anche in sede di legittimità, il principio di legalità della pena e quello di applicazione, in caso di successione di leggi penali, della legge più favorevole operano anche con riferimento alle pene accessorie (Sez. 3, 3941/2014).

L’art. 600-septies è stato introdotto dall’art. 7 L. 269/1998, e nella sua prima formulazione prevedeva delle pene accessorie nel caso di condanna per i delitti previsti dagli artt. 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quater (detenzione di materiale pornografico) e 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile); tutti delitti inseriti nella sezione I (Dei delitti contro la personalità individuale) del capo III, titolo XII, libro II del codice penale, caratterizzati dalla tutela contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno di soggetti minori.

In tale prima formulazione era assente qualsiasi riferimento ai “delitti di cui alla sezione prima” o a reati diversi da quelli in essa espressamente indicati, e non era prevista alcuna forma di confisca. Una prima modifica è intervenuta con l’art. 15 L. 228/2003, con la quale è stata introdotta una forma di confisca per equivalente in relazione ai reati di cui agli articoli «previsti dalla presente sezione», vale a dire quelli sopra indicati, oltre a quelli già previsti in tale sezione, vale a dire gli artt. 600, 601 e 602, oggetto di modifica legislativa proprio ad opera della L. 228/2003.

Un’ulteriore modifica è stata apportata con la L. 38/2006, in materia di “Lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet”, con la quale è stato introdotto un secondo comma all’art. 600-septies che prevedeva, in caso di condanna per i reati dianzi menzionati, «l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori». Si tratta di una ulteriore pena accessoria che continua a riguardare soltanto la tutela dei minori in ambito penale.

Infine, la L. 172/2012, intitolata: «Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno», con l’art. 4, comma 1, ha sostituito l’art. 600-septies con l’attuale formulazione, che prevede la confisca «per i delitti previsti dalla presente sezione», nonché per i reati in materia di violenza sessuale ai danni di minori.

Si tratta, come è reso evidente dal titolo della legge, di confisca che continua a riguardare, essenzialmente, reati che tutelano persone offese di minore età. Poco prima dell’introduzione di quest’ultima modifica, la L. 148/2011 aveva introdotto nuove “Misure a sostegno dell’occupazione”, tra cui la nuova fattispecie incriminatrice di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” di cui all’art. 603-bis (poi modificata nel 2016), inserita nella stessa Sezione I in cui è collocato l’art. 600-septies.

Alla luce di quanto sopra, si deve ritenere che il mero dato formale costituito dal fatto che l’ultima versione dell’art. 600-septies sia entrato in vigore in epoca successiva alla introduzione della norma di cui all’art. 603-bis non comporti l’automatica applicabilità a tale specifico reato di quella ipotesi di confisca, sulla base del mero richiamo, ivi contenuto, ai «delitti previsti dalla presente sezione».

Anzitutto, dalla analisi della ratio introduttiva dell’art. 600-septies e dal tenore delle stesse modifiche legislative ad esso apportate nel corso degli anni, appare evidente che tale disposizione ha sempre avuto lo scopo di contrastare in maniera più efficace fenomeni di abuso nei confronti dei minori (legati alla prostituzione, alla pornografia o a condotte di violenza sessuale), mediante la previsione di sanzioni aggiuntive per i responsabili di tali specifici delitti, costituite da pene accessorie e dalla confisca di beni costituenti prodotto, prezzo o provento dei reati in questione. In tutti gli interventi normativi che hanno apportato modifiche all’art. 600-septies cod. pen. non vi è mai stato alcun riferimento  neppure implicito  al reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

I lavori preparatori dell’ultima modifica dell’art. 600-septies (quella del 2012) risalgono addirittura al 2010, epoca precedente all’introduzione nell’ordinamento (nel 2011) dell’art. 603-bis; sicché pare evidente che vi sia stato un difetto di coordinamento fra i due interventi legislativi, con particolare riguardo a quello del 2012 per l’art. 600-septies, che non ha in alcun modo considerato  nel mantenere la dizione «delitti previsti dalla presente sezione»  che in quella stessa sezione del codice penale era stato nel frattempo introdotto un nuovo articolo (603-bis) contenente una fattispecie penale del tutto autonoma e distinta rispetto ai reati della sezione diretti alla tutela dei minori, nei soli confronti dei quali era finalizzata tale confisca, visto che la modifica legislativa aveva ad oggetto proprio la ratifica della Convenzione di Lanzarote del 2007 per la protezione dei minori vittime di sfruttamento e di abuso sessuale.

Allo stesso modo, nessun riferimento alla confisca ex art. 600-septies è presente nel provvedimento legislativo che ha introdotto l’art. 603-bis. In buona sostanza, dai suddetti interventi normativi non è dato ricavare alcun dato sistematico né alcuna esplicita intenzione del legislatore di prevedere la confisca ex art. 600-septies anche ai casi di condanna per il reato di cui all’art. 603-bis. La conferma di quanto precede è fornita dall’art. 600-septies.2, anch’esso introdotto con la L. 172/2012, che, pur riportando la stessa espressione dell’art. 600-septies («delitti previsti dalla stessa sezione»), prevede per tali delitti pene accessorie (perdita della responsabilità genitoriale, interdizione perpetua da uffici attinenti alla tutela, curatela o amministrazione di sostegno, perdita del diritto agli alimenti e esclusione dalla successione della persona offesa) coerenti con i reati a tutela di vittime minorenni ma del tutto incongruenti rispetto alla tutela di lavoratori vittime di intermediazione illecita e di sfruttamento di cui all’art. 603-bis.

È infatti evidente che quelle pene accessorie non hanno alcuna attinenza con la condotta incriminatrice in disamina, riconducibile al fenomeno del cd. “caporalato” (forma illegale di organizzazione della manodopera attraverso intermediari che reclutano persone per destinarle al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento), rispetto al quale la modifica introdotta con la L. 199/2016 ha aggiunto, quale condotta punibile, quella del datore di lavoro che “utilizza, assume o impiega” direttamente lavoratori in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno.

Si tratta di una tipologia di reati posti a tutela dell’occupazione, diretti a punire condotte distorsive del mercato del lavoro (Sez. 5, 14591/2014), aventi scopi e finalità diverse rispetto a quelle riconducibili ai reati per la protezione dei minori di cui alla Convenzione di Lanzarote del 2007, cui si ricollega la confisca prevista dall’art. 600-septies nella sua vigente formulazione.

Ciò è tanto vero che, non a caso, per il reato di cui all’art. 603-bis. sono state previste, dall’art. 603-ter, specifiche pene accessorie, autonome e distinte rispetto a quelle di cui all’art. 600-septies.2, a conferma della particolare specificità del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro rispetto agli altri delitti previsti nella stessa sezione a tutela dei minori, cui è ricollegata la confisca ex art. 600-septies.

Di contro, se si dovesse seguire il ragionamento dell’ordinanza impugnata, si dovrebbero applicare al reato in disamina anche le sanzioni accessorie di cui all’art. 600-septies.2, come già detto del tutto incongruenti rispetto al delitto di sfruttamento del lavoro, e ciò soltanto perché anche in quella norma è inserita l’espressione (che a questo punto può definirsi equivoca) «per i delitti previsti dalla stessa sezione», che, come è ormai chiaro a questo punto della trattazione, è la risultante di un difetto di coordinamento intervenuto fra disposizioni legislative succedutesi nel tempo ed aventi ratio e finalità diverse, in nessun modo sovrapponibili.

Un ulteriore argomento a favore della tesi qui propugnata, giustamente enunciato dalla difesa dei ricorrenti, è che se la confisca di cui all’art. 600-septies fosse stata suscettibile di essere applicata anche al reato di sfruttamento della manodopera, non si comprenderebbe la ragione dell’introduzione, con L. 199/2016, dell’art. 603-bis.2 (in vigore dal 4.11.2016), che prevede, appunto, una specifica ipotesi di confisca obbligatoria - diretta o per equivalente - per il reato di cui all’art. 603-bis. Pare evidente che la volontà del legislatore, in questo caso, sia stata proprio quella di introdurre ex novo una ipotesi di confisca obbligatoria specificamente delineata per la fattispecie criminosa previste dall’art. 603-bis.

Tale interpretazione è anche imposta da ragioni di necessaria determinatezza della norma penale e di prevedibilità della relativa sanzione, in ossequio a quanto previsto dagli artt. 25 Cost., 7 CEDU e 2, comma 1, che impongono di non limitarsi al dato letterale e “topografico” per cogliere l’esatto significato di norme penali a carattere sanzionatorio, aventi significativa incidenza sulla libertà e/o sul patrimonio dei soggetti indagati. Sotto questo profilo, non può sfuggire l’indubbia genericità ed equivocità dell’espressione «delitti previsti dalla presente sezione», che di per sé non può ritenersi sufficiente, alla luce di quanto detto, per poter ricondurre al reato di cui all’art. 603-bis una previsione di confisca (art. 600-septies) che, peraltro, per quanto consta, non ha mai trovato concreta applicazione in relazione al reato in questione, non essendosi riscontrato al riguardo alcun precedente giudiziario specifico.

Si deve, dunque, convenire che l’espressione «delitti previsti dalla presente sezione» di cui all’art. 600-septies non può fare riferimento anche al reato di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera di cui all’art. 603-bis. Ciò in quanto, sulla base di una interpretazione storica e sistematica della norma, della sua ratio e della chiara intenzione del legislatore di circoscrivere la confisca di cui alla norma citata - al di là del dato letterale-topografico in essa riportato - ai delitti finalizzati alla tutela di minori vittime di abusi, non è possibile estendere al reato di cui all’art. 603-bis la portata applicativa della confisca prevista dall’art. art. 600- septies (Sez. 4, 54024/2018).