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Art. 609-septies - Querela di parte (1)

1. I delitti previsti dagli articoli 609-bis e 609-ter sono punibili a querela della persona offesa. (1-bis)

2. Salvo quanto previsto dall’articolo 597, terzo comma, il termine per la proposizione della querela è di dodici mesi. (1-ter).

3. La querela proposta è irrevocabile.

4. Si procede tuttavia d’ufficio:

1) se il fatto di cui all’articolo 609-bis è commesso nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto (2);

2) se il fatto è commesso dall’ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza (3);

3) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni;

4) se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio;

[5) se il fatto è commesso nell’ipotesi di cui all’articolo 609-quater, ultimo comma.] (4)

(1) Articolo aggiunto dall’art. 8, L. 66/1996.

(1-bis) Comma modificato dall’art. 13 della L. N. 69/2019. In precedenza era menzionato anche l’art. 609-quater tra i delitti punibili a querela.

(1-ter) Comma modificato dall’art. 13 della L. N. 69/2019. Il precedente termine per sporgere querela era di sei mesi.

(2) Numero così modificato dall’art. 7, L. 38/2006.

(3) Numero così sostituito dall’art. 7, L. 38/2006.

(4) Numero abrogato dalla L. N. 69/2019.

Rassegna di giurisprudenza

La qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio assume rilevanza ai fini della procedibilità di ufficio dei reati sessuali (art. 609-septies, comma 4, n. 3) solo nei casi in cui la posizione pubblicistica del colpevole abbia agevolato la commissione dell’abuso, rendendo la persona offesa maggiormente vulnerabile per il metus o per la soggezione psicologica derivante dalle funzioni esercitate (Sez. 3, 15181/2012).

In materia di reati sessuali, la procedibilità di ufficio nel caso previsto dall’art. 609-septies, comma quarto, n. 3, sussiste tutte le volte in cui la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio abbia agevolato la commissione del delitto attraverso il condizionamento o il timore suscitato nella persona offesa, non essendo invece necessario che l’abuso sia avvenuto durante l’espletamento, in senso tecnico, delle funzioni demandate al pubblico ufficiale (Sez. 3, 3637/2014).

La procedibilità d’ufficio del delitto di violenza sessuale commesso dall’incaricato di pubblico servizio non richiede l’abuso delle funzioni pubblicistiche svolte, essendo sufficiente il semplice collegamento tra le condotte illecite e le predette funzioni (Sez. 3, 50299/2014).

La procedibilità d’ufficio determinata dalla ipotesi di connessione prevista dall’art. 609-septies, comma quarto, n. 4 si verifica non solo quando vi è connessione in senso processuale (art. 12 CPP), ma anche quando v’è connessione in senso materiale, cioè ogni qualvolta l’indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l’accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l’uno in occasione dell’altro, oppure l’uno per occultare l’altro oppure ancora in uno degli altri collegamenti investigativi indicati nell’art. 371 CPP (Sez. 3, 10217/2015).

La procedibilità d’ufficio per il delitto di violenza sessuale in caso di connessione, prevista dall’art. 609-septies, con altro delitto perseguibile d’ufficio, ricomprende, non soltanto quella teleologica o materiale, ma altresì qualsiasi ipotesi di connessione idonea a fare venire meno le esigenze di riservatezza collegate al reato di cui all’art. 609-bis (Sez. 3, 47247/2005).

I reati di violenza sessuale sono procedibili senza necessità di querela anche nell’ipotesi di collegamento investigativo rilevante a norma dell’art. 371, comma secondo, CPP con un’altra fattispecie procedibile di ufficio (Sez. 3, 2856/2014).

È procedibile d’ufficio, ai sensi dell’art. 609-septies, comma quarto, n. 3, il reato di violenza sessuale commesso all’interno della struttura sanitaria ai danni di una paziente da un medico ospedaliero, rimanendo irrilevante che questi, per il rapporto di fiducia instauratosi con la paziente, abbia fissato le visite senza seguire il normale iter burocratico per l’accettazione, in quanto tale circostanza non modifica la natura pubblicistica del rapporto intercorso tra medico e vittima (Sez. 3, 28839/2008).

La ragione della perseguibilità d’ufficio dei delitti contro la libertà sessuale non risiede nel disinteresse dello Stato al perseguimento degli stessi, ma nella necessità di bilanciare l’esigenza del perseguimento dei colpevoli con l’esigenza della riservatezza delle persone offese, data la particolarissima natura di tali reati, in relazione ai molteplici contesti socioculturali nei quali gli stessi possono essere commessi.

Tale esigenza viene meno proprio nel caso in cui le indagini su fatti perseguibili d’ufficio abbiano attinto alla riservatezza delle persone offese per connessi reati sessuali, nel caso in cui questi siano stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità, ovvero  e questo è il caso più frequente  se la prova di un reato o di una circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza o se la prova di più reati deriva anche parzialmente dalla stessa fonte (Sez. 3, 2856/2014).

Ai fini della perseguibilità d’ufficio del reato di violenza sessuale per connessione con altro reato (procedibile d’ufficio), non è necessario che per quest’ultimo sia stata preventivamente esercitata l’azione penale, operando la connessione anche in caso di contestazione suppletiva dello stesso (Sez. 3, 616/2012).

La connessione con reato procedibile d’ufficio non viene meno a seguito del ritenuto assorbimento di detto ultimo reato nella fattispecie di violenza sessuale, ma solo all’esito di intervenuta assoluzione dal medesimo per insussistenza del fatto (Sez. 3, 11263/2008).