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Art. 617-quater - Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (1)

1. Chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma.

3. I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa.

4. Tuttavia si procede d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso:

1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità;

2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema;

3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 6, L. 547/1993.

Rassegna di giurisprudenza

Il delitto di cui all’art. 617-quater può avvenire o mediante “fraudolenta” intercettazione delle comunicazioni, ossia mediante captazione eseguita con strumenti idonei a celare ai comunicanti l’illecita intromissione da parte dei soggetti agenti o mediante impedimento o interruzione delle comunicazioni (Sez. 6, 18713/2016).

Il privato il quale assume di aver subito una fraudolenta intercettazione delle proprie comunicazioni intercorse mediante un sistema informatico o telematico è, diversamente da quanto affermato nel decreto impugnato, legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione presentata in ordine al reato di cui all’art. 617-quater. La disposizione appena citata, infatti, come osserva in linea generale la dottrina, è volta a proteggere la libertà e la riservatezza delle nuove forme di comunicazione rese possibili dalla tecnologia informatica.

Ne consegue che titolare dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice è in primo luogo la persona parte o destinataria delle comunicazioni la cui riservatezza si assume violata (Sez. 6, 18713/2016).

Integra il delitto di intercettazione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quater, comma primo) la condotta di colui che si avvalga di mezzi atti ad eludere i meccanismi di sicurezza preordinati ad impedire l’accesso di estranei alle comunicazioni (fattispecie in cui si è escluso che abbiano rilievo la circostanza che l’autore di siffatta condotta rivesta la qualità di amministratore di sistema connessa alla qualità di responsabile dei servizi informatici, abilitato pertanto ad inserirsi nel sistema, perché tale qualità non lo abilita, comunque, ad accedere  come accaduto nella fattispecie – alla casella di posta elettronica del singolo account protetta da apposita password nonché la agevole identificabilità quale autore e installatore del programma di intercettazione dello stesso amministratore di sistema) (Sez. 5, 31135/2007).

L’attività di fraudolenta intercettazione di comunicazione informatiche (art. 617-quater) presuppone la previa installazione delle apparecchiature atte a realizzare tale intercettazione (art. 617-quinquies); e se è possibile la installazione senza l’intercettazione, non è possibile che si verifichi l’inverso.

Il legislatore, in altri termini, ha certamente voluto reprimere autonomamente anche la “semplice” opera di predisposizione delle apparecchiature atte a intercettare, anticipando la soglia di punibilità (di talché tiene certamente una condotta rilevante anche chi si limiti a installare apparecchiature atte a intercettare, impedire, interrompere comunicazioni telematiche), ma non si può ipotizzare che, in presenza di una effettiva attività di abusiva intercettazione, abbia voluto frazionare la condotta, ancorando la punibilità a due (distinte, ma conseguenti) azioni: la (necessitata) predisposizione e la (conseguente) intercettazione, trattandosi viceversa di un riconoscibile caso di progressione criminosa (Sez. 5, 4059/2016).