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Art. 649 - Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti

1. Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:

1) del coniuge non legalmente separato;

1-bis) della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso (1);

2) di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell’adottante o dell’adottato;

3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

2. I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato o della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso (2), ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll’autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell’affine in secondo grado con lui conviventi.

3. Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli artt. 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.

(1) Numero introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. c), DLGS 6/2017.

(2) Comma modificato dall’art. 1, comma 1, lett. d), DLGS 6/2017.

Rassegna di giurisprudenza

La minaccia o la mera violenza psichica non esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola negativa prevista dall'art. 649, terzo comma, opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica (fattispecie relativa ad una condotta di danneggiamento posta in essere in danno di un genitore con minaccia, in cui la Suprema corte ha ritenuto applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 649, trattandosi di reato patrimoniale in danno di ascendente, non accompagnato da violenza alla persona) (Sez. 6, 16469/2021).

L’esimente di cui all’art. 649 non opera laddove si tratti di delitti di cui all’art. 628, 629, 630 consumati; inoltre sia la violenza sia la minaccia possono costituire elemento costitutivo della fattispecie, ai fini della integrazione della materialità del delitto di estorsione (Sez. 6, 13853/2018).

I reati consumati di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione restano esclusi dall’area di applicabilità della previsione dell’art. 649, pur se posti in essere senza violenza alle persone, bensì con la sola minaccia (Sez. 2, 28141/2010).

Ed in tale pronuncia, con affermazione condivisibile, veniva precisato che non si è mai messo in discussione che, nelle ipotesi di delitto consumato di cui agli artt. 628 - 629 - 630, la causa di non punibilità non opera sempre e comunque sia che il reato sia stato commesso con violenza o con minaccia, proprio perché la testuale locuzione limitatrice “commesso con violenza alle persone” si riferisce unicamente ad “ogni altro delitto contro il patrimonio”: e cioè ad ogni delitto contro il patrimonio ulteriore e diverso rispetto a quelli espressamente e nominativamente indicati (artt. 628, 629, 630), dei quali dunque, pur se commessi in danno di prossimi congiunti, permane punibilità e perseguibilità d’ufficio ancorché connotati dal ricorso alla minaccia e non anche dalla violenza alle persona (Sez. 2, 55153/2018).

La causa soggettiva di esclusione della punibilità prevista dall’art. 649 non si estende al convivente more uxorio (Sez. 5, 28638/2016).

Non è applicabile l’esimente di cui all’art. 649 (fatti commessi in danno di congiunti) al reato di illecito uso di una carta di credito, nell’ipotesi in cui la condotta delittuosa sia stata posta in essere da un familiare del titolare della carta, stante la natura plurioffensiva del reato “de quo”, la cui dimensione lesiva trascende il mero patrimonio individuale per estendersi, in modo più o meno diretto; a valori riconducibili all’ambito dell’ordine pubblico, economico e della fede pubblica, mentre la previsione di cui all’art. 649 concerne esclusivamente i delitti contro il patrimonio ed ha una natura eccezionale che ne preclude l’applicazione in via analogica (Sez. 2, 15834/2011).

Il delitto consumato di estorsione è sempre escluso dall’ambito di operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 649, sia che risulti commesso con violenza fisica, che con minaccia, laddove la tentata estorsione commessa solo con violenza morale (rectius: minaccia) ricade nell’ambito applicativo della seconda parte dell’ultimo comma dell’art. 649.

Tale assetto normativo, del resto, non integra alcuna disparità di trattamento rilevante ai sensi dell’art. 3 Cost., in quanto le ipotesi tentate dei delitti comportano una lesione solo “potenziale” del bene giuridico tutelato e, pertanto, non irragionevolmente meritano, nel disegno legislativo, un trattamento meno severo rispetto alle rispettive fattispecie consumate (Sez. 6, 26619/2018).

In tema di reati contro il patrimonio commessi in danno di congiunti: a) la causa di non punibilità e la condizione di non procedibilità di cui ai commi primo e secondo dell’art. 649. si applicano anche alle ipotesi tentate dei delitti di cui agli artt. 628, 629 e 630; b) la suddetta causa di non punibilità non si applica e, quindi il soggetto agente è punibile, nel caso in cui le suddette condotte siano commesse con violenza alle persone (Sez. 2, 53631/2016).

L’autonomia del delitto tentato comporta che gli effetti giuridici sfavorevoli previsti con specifico richiamo di determinate norme incriminatrici vanno riferiti alle sole ipotesi di reato consumato e ciò in quanto le norme sfavorevoli sono di stretta interpretazione e, in difetto di espressa previsione, non possono trovare applicazione anche per le corrispondenti ipotesi di delitto tentato (fattispecie, nella quale la Corte ha ritenuto che tra i reati di cui agli artt. 628, 629 e 630, per i quali non opera, ai sensi dell’art. 649, comma terzo, prima parte, la causa di non punibilità prevista da detta disposizione, non rientra l’ipotesi dell’estorsione tentata) (Sez. 2, 5504/2014).