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Art. 544-ter - Maltrattamento di animali (1)

1. Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro (2).

2. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

3. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.

(1) Articolo inserito dalla L. 189/2004.

(2) Comma così modificato dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 3, L. 201/2010.

Rassegna di giurisprudenza

L'art. 544-ter è una fattispecie penale a forma libera, qualificabile come norma a più fattispecie, con modalità diverse di concretizzazione dell'offesa ai bene giuridico, la cui eventuale plurima realizzazione configura comunque un solo reato (Sez. 3, 39159/2014). In particolare il primo comma differenzia la condotta di aver cagionato all'animale una lesione in assenza di necessità, caratterizzata dalla condotta di sottoposizione dell'animale a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche (Sez. 3, 44554/2018).

Nel reato di maltrattamento di animali il requisito della crudeltà o dell’assenza di necessità non è richiesto qualora la condotta determini una conseguenza diversa dalle lesioni, quale la sottoposizione dell'animale a comportamenti, a fatiche o a lavori insopportabili per le sue attitudini etologiche (Sez. 3, 37461/2019).

L’art. 544-ter è una fattispecie penale a forma libera, qualificabile come norma a più fattispecie, con modalità diverse di concretizzazione dell’offesa ai bene giuridico, la cui eventuale plurima realizzazione configura comunque un solo reato (Sez. 3, 39159/2014). In particolare il primo comma differenzia la condotta di aver cagionato all’animale una lesione in assenza di necessità, caratterizzata dalla condotta di sottoposizione dell’animale a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche (Sez. 3, 44554/2018).

Nella nozione di “necessità” degli art. 544-bis e ter rientra anche lo stato di necessità previsto dall’art. 54 nonché ogni altra situazione che induca all’uccisione o al maltrattamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti inevitabile (Sez. 3, 49672/2018).

In tema di delitti contro il sentimento per gli animali, ai fini della configurabilità dei reati di uccisione (art. 544-bis) e di maltrattamento di animali (art. 544-ter) non è necessaria la compiuta identificazione dell’animale offeso (Sez. 3, 3674/2018).

Il delitto previsto dall’art. 544-ter è delineato come reato a forma libera, e dà rilievo a due distinte condotte, ugualmente offensive del medesimo bene giuridico (il sentimento per gli animali), ossia il cagionare una lesione a un animale, ovvero il sottoporlo a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili, condotte che, in entrambi i casi, devono essere realizzate “per crudeltà o senza necessità”.

Orbene, si osserva che, essendo a forma libera, il delitto può essere realizzato anche con una condotta omissiva, purché l’agente sia destinatario di un obbligo giuridico di impedimento del verificarsi dell’evento lesivo. È proprio il caso del medico veterinario, che, ai sensi dell’art. 14 del codice deontologico dei medici veterinari, ha l’obbligo, nei casi di urgenza ai quali è presente, di prestare le prime cure agli animali nella misura delle sue capacità e rapportate allo specifico contesto, eventualmente anche solo attivandosi per assicurare ogni specifica e adeguata assistenza (Sez. 3, 38409/2018).

In materia di delitti contro il sentimento per gli animali, la fattispecie di maltrattamento di animali configura un reato a dolo specifico nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale è tenuta “per crudeltà”, mentre configura un reato a dolo generico quando la condotta è tenuta “senza necessità” (Sez. 3, 44822/2007).

Le condotte sanzionate dagli artt. 727, comma 2, e 544-ter, comma 1, e cioè la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze (art. 727, comma 2), e la determinazione, per crudeltà o senza necessità, di lesioni a un animale, o la sottoposizione dello stesso a sevizie o a comportamenti o fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche (art. 544-ter, comma 1), non sono tra loro astrattamente incompatibili, né tra le due fattispecie vi è un necessario rapporto di specialità (nel senso che l’ipotesi contravvenzionale debba rimanere necessariamente assorbita in quella delittuosa quando questa sia configurabile), in quanto la produzione delle lesioni, o la sottoposizione a sevizie o a comportamenti o fatiche insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’animale, non implicano e non presuppongono necessariamente la previa detenzione o custodia dei medesimi animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, potendo la determinazione delle lesioni o la sottoposizione alle sevizie o ai lavori insopportabili verificarsi anche in assenza della detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttive di gravi sofferenze, cosicché le due fattispecie possono tra loro concorrere, potendo la determinazione di lesioni all’animale aggiungersi alla sua custodia in condizioni incompatibili con la sua natura (come avvenuto nel caso in esame) (Sez. 3, 43164/2018).

Il criterio discretivo fra le fattispecie di cui agli artt. 544-ter e 727 comma 2 appare essere riconducibile al diverso atteggiamento soggettivo dell’agente nelle due diverse fattispecie criminose, essendo la prima connotata dalla necessaria sussistenza del dolo, persino nella forma specifica ove la condotta sia posta in essere per crudeltà o, comunque, nelle sue ordinarie forme ove la condotta sia realizzata senza necessità (Sez. 3, 44822/2007), mentre nel caso del reato di cui all’art. 727 la produzione delle gravi sofferenze, quale conseguenza della detenzione dell’animale secondo modalità improprie, deve essere evento non voluto dall’agente come contrario alle caratteristiche etologiche della bestia, ma derivante solo da una condotta colposa dell’agente (in tal Sez. 3, 21932/2016, in qui è stata appropriatamente differenziato, sotto il profilo della rilevanza penale, l’uso del collare addestrativo come tale da integrare la contravvenzione di cui all’art. 727 ove finalizzato a realizzare, con metodi incentrati su impulsi dolorosi in caso di risposte insoddisfacenti da pare dell’animale, tecniche di apprendimento di comportamenti conformi alle caratteristiche etologiche della bestia, e come tale da integrare, invece, la violazione dell’art. 544-ter la medesima metodica se, invece, finalizzata a reprimere, attraverso la sofferenza fisica, comportamenti ordinari dell’animale dettati dalle sue specificità naturalistiche; nella specie si trattava di reprimerne, attraverso impulsi dolorosi, la naturale inclinazione ad abbaiare, quale indubbia forma di manifestazione esterna di interne sensazioni) (Sez. 3, 8036/2018).

La contravvenzione dell’art. 2 e 30 lett. i), L. 157/1992 relativa alla detenzione dei cardellini, specie particolarmente protetta contenuta nell’allegato II della Convenzione di Berna, la contravvenzione di cui all’art. 727, secondo comma, relativa alla detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze e il delitto di cui all’art. 544-ter, relativo al maltrattamento di animali per crudeltà o senza necessità non sono in  rapporto di specialità tra loro e possono essere pertanto contestate congiuntamente (Sez. 3, 52837/2018).

L’ANPANA  associazione che ha come scopo statutario la tutela degli animali  va considerata persona offesa in relazione ai delitti contro il sentimento degli animali e dalla contravvenzione prevista dall’art. 727; essa, quindi, è legittimata a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione relativa ai predetti reati (Sez. 3, 34095/2006).