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Art. 25-octies - Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio [44] [43]

1. In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote. Nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni si applica la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote. [45]

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui al comma 1 si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni.

3. In relazione agli illeciti di cui ai commi 1 e 2, il Ministero della giustizia, sentito il parere dell’UIF, formula le osservazioni di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

[43] Articolo inserito dall’art. 63, comma 3, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.

[44] Rubrica così modificata dall’art. 3, comma 5, lett. b), L. 15 dicembre 2014, n. 186.

[45] Comma così modificato dall’art. 3, comma 5, lett. a), L. 15 dicembre 2014, n. 186.

Elenco dei reati richiamati dalla norma

Art. 648 CP (Ricettazione)

Art. 648-bis CP (Riciclaggio)

Art. 648-ter CP (Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita)

Art. 648-ter.1 CP (Autoriciclaggio)

 

Rassegna di giurisprudenza

Ricettazione

La ratio della ricettazione (reato di cui, com’è ben noto, si discute quale sia il ben giuridico tutelato) consiste, sostanzialmente, nell’intento di bloccare “a valle” la circolazione di beni che siano provento di reato: infatti, il ricettatore è, spesso, punito più gravemente di chi abbia commesso il reato presupposto.

Con questo meccanismo, quindi, il legislatore tenta di “sterilizzare” anche il reato presupposto rendendolo poco appetibile per l’agente che intenda commetterlo proprio perché costui sa che, poi, non è facile commercializzare quel bene e, quindi, godere del profitto del reato.

La ricettazione è un reato a dolo specifico per tale dovendosi intendere quel reato che l’agente commette avendo di mira il raggiungimento di uno scopo, la cui realizzazione, peraltro, non è necessaria per la consumazione del reato: i suddetti reati, normalmente, si identificano dalle formule adoperate nelle singole norme (“allo scopo di “; al fine di “; “per” ecc.).

Il dolo va, infine, rigorosamente distinto dal movente che, secondo la giurisprudenza, è solo un mezzo per accertare il dolo. Il movente, infatti, è la causa psichica della condotta umana e costituisce lo stimolo che induce l’individuo ad agire; esso, quindi, si distingue dal dolo, che è l’elemento costitutivo del reato e riguarda la sfera della rappresentazione e volizione dell’evento. Il dolo specifico della ricettazione consiste nel “fine di procurare a sé o ad altri un profitto”.

La nozione di “profitto non è controversa in quanto, almeno nella giurisprudenza di legittimità, il profitto può essere anche non patrimoniale, potendo consistere in qualsiasi utilità o vantaggio, persino di ordine morale (Sez. 2, 15680/2016).

La prova della consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto può desumersi da qualsiasi elemento e quindi anche dalla mancata o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, che è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, spiegabile con un acquisto in mala fede (SU, 35535/2007; Sez. 2, 25429/2017).

In tema di ricettazione, il valore del bene è un elemento concorrente solo in via sussidiaria ai fini della valutazione dell’attenuante speciale della particolare tenuità del fatto, nel senso che, se esso non è particolarmente lieve, deve sempre escludersi la tenuità del fatto, mentre se è accertata la lieve consistenza economica del bene ricettato, può procedersi alla verifica della sussistenza degli ulteriori elementi, desumibili dall’art. 133 CP., che consentono di configurare l’attenuante “de qua”, e che va, al contrario, esclusa quando emergano elementi negativi, sia sotto il profilo strettamente obbiettivo (quale l’entità del profitto), sia sotto il profilo soggettivo della capacità a delinquere dell’agente (nella specie è stata esclusa la sussistenza dell’attenuante con riguardo alla ricettazione di reperti archeologici di valore) (Sez. 2, 51818/2013).

 

Riciclaggio

Con riguardo al reato previsto dall’art. 416-bis CP, non è configurabile il concorso fra i delitti di cui agli artt. 648-bis o 648-ter CP e quello di associazione mafiosa, quando la contestazione di riciclaggio o reimpiego nei confronti dell’associato abbia ad oggetto denaro, beni o utilità provenienti proprio dal delitto associativo, operando in tal caso la clausola di riserva contenuta nelle predette disposizioni.

Può invece configurarsi il concorso tra i reati sopra menzionati nel caso dell’associato che ricicli o reimpieghi proventi dei soli delitti-scopo alla cui realizzazione egli non abbia fornito alcun contributo causale (SU, 25191/2014) (pronuncia richiamata da Sez. 2, 24206/2018 che ne ha riconosciuto l’applicabilità anche quando sia contestata un’ipotesi associativa semplice ai sensi dell’art. 416 CP).

La plurioffensività dei delitti disciplinati dagli artt. 648-bis e 648-ter CP costituisce uno dei profili che giustificano l’affermazione che il delitto di riciclaggio è speciale rispetto alla ricettazione, ferma restando la loro reciproca distinzione anche per l’elemento materiale e per quello soggettivo (Sez. 2, 39709/2018).

Il delitto di riciclaggio si consuma con la realizzazione dell’effetto dissimulatorio conseguente alle condotte tipiche previste dall’art. 648-bis, comma 1, CP (sostituzione, trasferimento o altre operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di denaro, beni o altre utilità), non essendo invece necessario che il compendio “ripulito” sia restituito a chi l’aveva movimentato; ne deriva che il mero trasporto in altro luogo del bene riciclato esula dalla condotta tipica di trasferimento, che deve essere intesa in senso esclusivamente giuridico di movimentazione dissimulatoria (Sez. 2, 1857/2017).

Tra il reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e quello di riciclaggio, nonché tra quest’ultimo e quello di ricettazione vi è rapporto di specialità, che discende dal diverso elemento soggettivo richiesto dalle tre fattispecie incriminatrici, essendo comune l’elemento materiale della disponibilità di denaro o altra utilità di provenienza illecita: il delitto di cui all’art. 648 CP richiede una generica finalità di profitto, quello di cui all’art. 648-bis CP lo scopo ulteriore di far perdere le tracce dell’origine illecita, quello, infine, di cui all’art. 648-ter CP che tale scopo sia perseguito mediante l’impiego delle risorse in attività economiche o finanziarie (Sez. 2, 33076/2016).Il reato di riciclaggio, pur essendo a consumazione istantanea, è reato a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti e lo esegua con modalità frammentarie e progressive (Sez. 2, 29611/2016).

 

Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita

Integra il solo delitto di impiego di beni di provenienza illecita, nel quale rimangono assorbiti quelli di ricettazione e di riciclaggio, colui che realizza, in un contesto unitario caratterizzato sin dall’origine dal fine di reimpiego dei beni in attività economiche o finanziarie, le condotte tipiche di tutte e tre le fattispecie menzionate (Sez. 2, 54410/2018).

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante relativa alla professionalità dell’attività svolta, prevista dall’art. 648-ter, comma 2, CP, non rilevano esclusivamente le attività per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione ad un particolare albo o una speciale abilitazione, ma qualunque attività economica o finanziaria diretta a creare nuovi beni e servizi o allo scambio e distribuzione di beni nel mercato del consumo (Sez. 2, 3026/2017).

Ai fini della configurabilità del delitto di impiego di denaro, beni ed altre utilità di provenienza illecita, di cui all’art. 648-ter CP, la nozione di attività economica o finanziaria è desumibile dagli artt. 2082, 2135 e 2195 CC e fa riferimento non solo all’attività produttiva in senso stretto, ossia a quella diretta a creare nuovi beni o servizi, ma anche a quella di scambio e di distribuzione dei beni nel mercato del consumo, nonché ad ogni altra attività che possa rientrare in una di quelle elencate nelle menzionate norme del codice civile (nella fattispecie si è ritenuto che possa rientrare nella nozione di attività economica l’ agevolazione della distribuzione di prodotti commercializzati da una società, oggetto di intestazione fittizia ex art. 12-quinquies DL 306/1992, trattandosi di attività d’incremento dei profitti di un’impresa che opera illecitamente) (Sez. 2, 33076/2016).

Per la configurabilità del reato di cui all’art. 648-ter CP non occorre che il reimpiego del danaro o degli altri beni provenienti da delitto avvenga in attività lecite, né che tali attività siano svolte professionalmente; non è altresì necessario che la condotta di reimpiego presenti connotazioni dissimulatorie, volte ad ostacolare l’individuazione o l’accertamento della provenienza illecita dei beni (Sez. 2, 9026/2014).

Il delitto di cui all’art. 648-ter CP è configurabile anche se per il reato presupposto, commesso all’estero, sia stata disposta dall’autorità giudiziaria straniera l’archiviazione per ragioni esclusivamente processuali che non escludono la sussistenza del reato (Sez. 2, 47218/2013).

Il sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 648-ter CP può riguardare una intera società e il relativo compendio aziendale quando sia riscontrabile un inquinamento dell’intera attività della stessa, così da rendere impossibile distinguere tra la parte lecita dei capitali e quella illecita (fattispecie attinente ad una società che aveva utilizzato capitali di provenienza illecita, riconducibili al gestore del patrimonio di un sodalizio di stampo mafioso, per coprire crisi di liquidità, onorare gli impegni assunti con le banche e i fornitori, ed incrementare l’attività aziendale) (Sez. 1, 2737/2011).

 

Autoriciclaggio

La norma di cui all’art. 648-ter.1 CP punisce le attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano la caratteristica specifica di essere idonee ad “ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.

Ai fini dell’integrazione dell’illecito è, pertanto, necessario che la condotta sia dotata di particolare capacità dissimulatoria, sia cioè idonea a provare che l’autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto attuare un impiego finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto sicchè rilevano penalmente tutte le condotte di sostituzione che avvengano attraverso la reimmissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro o dei beni di provenienza illecita, finalizzate a conseguire un concreto effetto dissimulatorio che sostanzia il quid pluris che differenzia la condotta di godimento personale, insuscettibile di sanzione, dall’occultamento del profitto illecito, penalmente rilevante.

Il rastrellamento di liquidità attraverso le condotte estorsive enucleate in incolpazione e, in particolare, per effetto della mancata corresponsione degli anticipi solo formalmente versati in contanti, delle quattordicesime mensilità, del corrispettivo dei permessi non goduti e il successivo utilizzo per pagare provvigioni o altri benefit aziendali in nero in favore dei venditori della società integrano una condotta di reimmissione dei fondi illeciti nel circuito aziendale, concretamente ed efficacemente elusiva dell’identificazione della provenienza delittuosa della provvista.

La condotta di autoriciclaggio non presuppone e non implica che l’autore di essa ponga in essere anche un trasferimento fittizio ad un terzo dei cespiti rivenienti dal reato presupposto, in quanto l’eventuale coinvolgimento di un soggetto “prestanome” impedisce di ricomprendere tale ulteriore condotta in quelle operazioni idonee ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, indicate nel predetto art. 648-ter.1 CP e riferibili al solo soggetto agente del reato di autoriciclaggio (si veda Sez. 2, 3935/2017) (fattispecie in cui è stato contestato l’illecito amministrativo dipendente dal delitto di autoriciclaggio previsto dall’art. 25-octies per l’avvenuto impiego nell’attività imprenditoriale del danaro proveniente dal delitto di estorsione continuata in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delle somme) (Sez. 2, 25979/2018).