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Capo III Ingresso in istituto e modalità del trattamento

Art. 22

Ammissione in istituto

1. Le direzioni degli istituti penitenziari devono ricevere le persone indicate nell’articolo 94 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e quelle che si costituiscono dichiarando che ciò fanno per dare esecuzione ad un provvedimento da cui consegue la privazione dello stato di libertà.

2. In ogni caso la persona viene sottoposta all’isolamento previsto dal n. 3) del primo comma dell’articolo 33 della legge soltanto se l’autorità giudiziaria abbia disposto in tal senso.

3. Quando viene ricevuta una persona, che non può essere trattenuta perché deve essere sottoposta a misura privativa della libertà diversa da quella alla cui esecuzione l’istituto è destinato, la direzione provvede ad informare il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ai fini dell’assegnazione.

4. In caso di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di delitto, la prescritta informazione all’autorità giudiziaria competente deve essere effettuata dalla polizia giudiziaria prima dell’introduzione del detenuto nell’istituto, al fine di consentire la tempestiva emanazione dell’eventuale provvedimento di sottoposizione all’isolamento di cui al comma 3. Allo stesso modo provvede il direttore nel caso di presentazione spontanea in istituto di persona a carico della quale non sia stato ancora emesso provvedimento restrittivo della libertà personale dall’autorità giudiziaria.

5. Il provvedimento dell’autorità giudiziaria che dispone l’isolamento deve precisare le modalità, i limiti e la durata dell’isolamento medesimo.

6. In caso di mancata indicazione dei predetti elementi, la direzione richiede all’autorità giudiziaria competente le integrazioni necessarie. Segnala in ogni caso l’eventuale insorgenza di stati di sofferenza psicofisica della persona.

7. Durante l’isolamento giudiziario possono avere contatti con il detenuto isolato, con l’osservanza delle modalità stabilite dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il personale nonché gli altri operatori penitenziari anche non appartenenti al personale dell’amministrazione incaricati, autorizzati o delegati dal direttore dell’istituto.

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Art. 23

Modalità dell’ingresso in istituto

 1. La direzione cura che il detenuto o l’internato all’atto del suo ingresso dalla libertà sia sottoposto a perquisizione personale, al rilievo delle impronte digitali e messo in grado di esercitare la facoltà prevista dal primo comma dell’articolo 29 della legge, con le modalità di cui all’articolo 62 del presente regolamento. Il soggetto è sottoposto a visita medica non oltre il giorno successivo.

2. Fermo restando quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 24, qualora dagli accertamenti sanitari o altrimenti, risulti che una persona condannata si trovi in una delle condizioni previste dagli articoli 146 e 147, primo comma, numeri 2) e 3), del codice penale, la direzione dell’istituto trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza per i provvedimenti di rispettiva competenza. La direzione provvede analogamente, quando la persona interessata si trovi in custodia cautelare, trasmettendo gli atti alla autorità giudiziaria procedente.

3. Un esperto dell’osservazione e trattamento effettua un colloquio con il detenuto o internato all’atto del suo ingresso in istituto, per verificare se, ed eventualmente con quali cautele, possa affrontare adeguatamente lo stato di restrizione. Il risultato di tali accertamenti è comunicato agli operatori incaricati per gli interventi opportuni e al gruppo degli operatori dell’osservazione e trattamento di cui all’articolo 29.

Gli eventuali aspetti di rischio sono anche segnalati agli organi giudiziari indicati nel comma 2. Se la persona ha problemi di tossicodipendenza, è segnalata anche al Servizio tossicodipendenze operante all’interno dell’istituto.

4. Dopo l’espletamento delle operazioni di cui ai commi precedenti e nel più breve tempo possibile, la direzione dell’istituto richiede al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria notizia su eventuali   recedenti detenzioni, al fine di acquisire la preesistente cartella personale.

5. Il direttore dell’istituto, o un operatore penitenziario da lui designato, svolge un colloquio con il soggetto, al fine di conoscere le notizie necessarie per le iscrizioni nel registro previsto dall’articolo 7 del Regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale di cui al decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334, e per iniziare la compilazione della cartella personale, nonché allo scopo di fornirgli le informazioni previste dal primo comma dell’articolo 32 della legge e di consegnargli l’estratto indicato nel comma 2 dall’articolo 69 del presente regolamento. In particolare, vengono forniti chiarimenti sulla possibilità di ammissione alle misure alternative alla detenzione e agli altri benefici penitenziari.

6. Qualora il detenuto o l’internato si rifiuti di fornire le sue generalità o quando vi siano fondati motivi per ritenere che le generalità fornite siano false, e sempre che non si riesca a conoscere altrimenti le esatte generalità, il soggetto è identificato sotto la provvisoria denominazione di «sconosciuto» a mezzo di fotografia e di riferimenti a connotati e contrassegni fisici e ne è fatto rapporto all’autorità giudiziaria.

7. Nel corso del colloquio il soggetto è invitato a segnalare gli eventuali problemi personali e familiari che richiedono interventi immediati. Di tali problemi la direzione informa il centro di servizio sociale.

8. Gli oggetti consegnati dal detenuto o dall’internato, nonché quelli rinvenuti sulla sua persona e che non possono essere lasciati in suo possesso, sono ritirati e depositati presso la direzione. Gli oggetti che non possono essere conservati sono venduti a beneficio del soggetto o inviati, a sue spese, alla persona da lui designata. Delle predette operazioni viene redatto verbale.

9. Degli oggetti consegnati dall’imputato o rinvenuti sulla sua persona è data notizia all’autorità giudiziaria che procede.

10. I contatti e gli interventi degli operatori penitenziari, degli assistenti volontari di cui all’articolo 78 della legge, dei rappresentanti della comunità esterna autorizzati ai sensi dell’articolo 17 della legge, nonché quelli degli operatori sociali e sanitari delle strutture e dei servizi assistenziali territoriali intesi alla prosecuzione dei programmi terapeutici o di trattamento educativo-sociale, istituzionalmente svolti con gli imputati, i condannati e gli internati non si considerano colloqui e ad essi non si applicano pertanto le disposizioni contenute nell’articolo 18 della legge e nell’articolo 37 del presente regolamento.

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Art. 24

Iscrizioni a registro

 1. Nel registro previsto dall’articolo 7 del regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale di cui al decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334, oltre alle iscrizioni relative alle persone ivi indicate, devono essere inserite, in ordine cronologico, analoghe iscrizioni relative ai detenuti e agli internati che entrano o escono dall’istituto a causa di trasferimento o di transito.

2. Il registro, prima che sia posto in uso, è presentato al direttore dell’istituto che ne fa numerare ciascuna pagina, vistandola e segnandola con sigillo del proprio ufficio. In fine del registro lo stesso direttore indica il numero complessivo delle pagine e vi appone la data e la sottoscrizione.

3. La disposizione di cui al comma 2 si osserva anche per il registro di cui all’articolo 123 del codice di procedura penale e dall’articolo 44 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271.

4. Le istanze, le impugnazioni e le dichiarazioni previste dall’articolo 123 del codice di procedura penale sono comunicate all’autorità giudiziaria mediante estratto o copia autentica. In caso di urgenza, si utilizza il mezzo di comunicazione più rapido. Le istanze dei detenuti e degli internati relative ai provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge sono trasmesse al magistrato di sorveglianza o al tribunale di sorveglianza entro tre giorni dalla loro presentazione.

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Art. 25

Albo degli avvocati

 1. Presso ogni istituto penitenziario è tenuto l’albo degli avvocati del circondario, che deve essere affisso in modo che i detenuti e gli internati ne possano prendere visione.

2. È fatto divieto agli operatori penitenziari di influire, direttamente o indirettamente, sulla scelta del difensore.

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Art. 26

Cartella personale

 1. Per ogni detenuto o internato è istituita una cartella personale, la cui compilazione inizia all’atto dell’ingresso in istituto dalla libertà. La cartella segue il soggetto in caso di trasferimento e resta custodita nell’archivio dell’istituto da cui il detenuto o l’internato è dimesso. Di tale custodia è data tempestiva notizia al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

2. L’intestazione della cartella personale è corredata dei dati anagrafici, delle impronte digitali, della fotografia e di ogni altro elemento necessario per la precisa identificazione della persona.

3. Nella cartella personale, oltre quanto stabilito dall’articolo 94 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, sono inseriti i dati e le indicazioni previsti dal quarto comma dell’articolo 13 della legge, con specifica menzione delle ricompense, delle sanzioni disciplinari e delle infrazioni che le hanno determinate, nonché della eventuale sospensione, condono ed estinzione delle sanzioni stesse, delle istanze e dei provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge, della sottoposizione al regime di sorveglianza particolare e del reclamo eventualmente proposto, nonché di ogni altro dato richiesto da disposizioni ministeriali.

4. Tutti i provvedimenti del magistrato di sorveglianza e del tribunale di sorveglianza di cui all’articolo 14-ter e al capo VI del titolo I della legge sono comunicati alla direzione dell’istituto per la annotazione nella cartella personale. I provvedimenti relativi all’affidamento in prova al servizio sociale, al regime di semilibertà ed alla detenzione domiciliare sono altresì comunicati al centro di servizio sociale del luogo nel quale viene eseguita la misura alternativa alla detenzione.

5. Allo scadere di ogni semestre di custodia cautelare e di pena detentiva nella cartella personale di ciascun detenuto è annotato il giudizio espresso dalla direzione sugli elementi indicati nel comma 2 dell’articolo 103.

6. All’atto del trasferimento del detenuto o dell’internato in altro istituto nella cartella personale è annotato un giudizio complessivo sugli sviluppi del trattamento e sulla condotta tenuta.

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Art. 27

Osservazione della personalità

 1. L’osservazione scientifica della personalità è diretta all’accertamento dei bisogni di ciascun soggetto connessi alle eventuali carenze fisico-psichiche, affettive, educative e sociali, che sono state di pregiudizio all’instaurazione di una normale vita di relazione. Ai fini dell’osservazione si provvede all’acquisizione di dati giudiziari e penitenziari, clinici, psicologici e sociali e alla loro valutazione con riferimento al modo in cui il soggetto ha vissuto le sue esperienze e alla sua attuale disponibilità ad usufruire degli interventi del trattamento. Sulla base dei dati giudiziari acquisiti, viene espletata, con il condannato o l’internato, una riflessione sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle stesse per l’interessato medesimo e sulle possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato, incluso il risarcimento dovuto alla persona offesa.

2. All’inizio dell’esecuzione l’osservazione è specificamente rivolta, con la collaborazione del condannato o dell’internato, a desumere elementi per la formulazione del programma individualizzato di trattamento, il quale è compilato nel termine di nove mesi.

3. Nel corso del trattamento l’osservazione è rivolta ad accertare, attraverso l’esame del comportamento del soggetto e delle modificazioni intervenute nella sua vita di relazione, le eventuali nuove esigenze che richiedono una variazione del programma di trattamento.

4. L’osservazione e il trattamento dei detenuti e degli internati devono mantenere i caratteri della continuità in caso di trasferimento in altri istituti.

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Art. 28

Espletamento dell’osservazione della personalità

1. L’osservazione scientifica della personalità è espletata, di regola, presso gli stessi istituti dove si eseguono le pene e le misure di sicurezza.

2. Quando si ravvisa la necessità di procedere a particolari approfondimenti, i soggetti da osservare sono assegnati, su motivata proposta della direzione, ai centri di osservazione.

3. L’osservazione è condotta da personale dipendente dall’Amministrazione e, secondo le occorrenze, anche dai professionisti indicati nel secondo e quarto comma dell’articolo 80 della legge.

4. Le attività di osservazione si svolgono sotto la responsabilità del direttore dell’istituto e sono dal medesimo coordinate.

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Art. 29

Programma individualizzato di trattamento

1. Il programma di trattamento contiene le specifiche indicazioni di cui al terzo comma dell’articolo 13 della legge, secondo i principi indicati nel sesto comma dell’articolo 1 della stessa.

2. La compilazione del programma è effettuata da un gruppo di osservazione e trattamento presieduto dal direttore dell’istituto e composto dal personale e dagli esperti che hanno svolto le attività di osservazione indicate nell’articolo 28.

3. Il gruppo tiene riunioni periodiche, nel corso delle quali esamina gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati.

4. La segreteria tecnica del gruppo è affidata, di regola, all’educatore.

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Art. 30

Assegnazione dei detenuti e degli internati agli istituti

 1. I condannati e gli internati, all’inizio dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, sono provvisoriamente assegnati in un istituto destinato all’esecuzione del tipo di pena o di misura cui sono stati sottoposti, situato nell’ambito della regione di residenza. Qualora ciò non sia possibile per mancanza di tale istituto o per indisponibilità di posti, l’assegnazione deve avvenire ad altro istituto della stessa categoria situato in località prossima.

2. Nell’istituto di assegnazione provvisoria vengono espletate le attività di osservazione previste dall’articolo 13 della legge.

3. Sulla base della formulazione del programma di trattamento individualizzato viene disposta l’assegnazione definitiva.

4. Per l’assegnazione definitiva dei condannati e degli internati si ha riguardo alla corrispondenza fra le indicazioni del trattamento contenute nel programma individualizzato e il tipo di trattamento organizzato negli istituti ai sensi dell’articolo 115.

5. Alle assegnazioni provvisorie e definitive che comportino trasferimento dalla circoscrizione di un provveditorato regionale a quella di un altro provveditorato provvede il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Nell’ambito della stessa circoscrizione dispone il provveditore regionale, informandone il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, fatte salve le assegnazioni dei detenuti e degli internati riservate dalla vigente normativa alla competenza del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

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Art. 31

Raggruppamento nelle sezioni

 1. Gli istituti penitenziari, al fine di attuare la distribuzione dei condannati e degli internati secondo i criteri indicati nel secondo comma dell’articolo 14 della legge, sono organizzati in modo da realizzare nel loro interno suddivisioni in sezioni che consentano raggruppamenti limitati di soggetti.

2. Gli imputati che non sono sottoposti all’isolamento previsto dal n. 3) del primo comma dell’articolo 33 della legge, sono assegnati alle varie sezioni nelle quali l’istituto di custodia cautelare è suddiviso, in considerazione della loro età, di precedenti esperienze penitenziarie, della natura colposa o dolosa del reato ascritto e della indole dello stesso.

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Art. 32

Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari

 1. I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più agevole adottare le suddette cautele.

2. La permanenza dei motivi cautelari viene verificata semestralmente.

3. Si cura, inoltre, la collocazione più idonea di quei detenuti ed internati per i quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da parte dei compagni. Sono anche utilizzate apposite sezioni a tal fine, ma la assegnazione presso le stesse deve essere frequentemente riesaminata nei confronti delle singole persone per verificare il permanere delle ragioni della separazione delle stesse dalla comunità.

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Art. 33

Regime di sorveglianza particolare

1. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, quando, di propria iniziativa, o su segnalazione o proposta della direzione dell’istituto o su segnalazione dell’autorità giudiziaria, ritiene di disporre o prorogare la sottoposizione a regime di sorveglianza particolare di un detenuto o di un internato ai sensi dell’articolo 14-bis, primo comma, della legge, richiede al direttore dell’istituto la convocazione del consiglio di disciplina, affinché esprima parere nel termine di dieci giorni.

2. L’autorità giudiziaria deve far pervenire i pareri di cui al terzo comma dell’articolo 14-bis della legge al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria entro il termine di dieci giorni.

3. La direzione dell’istituto chiede preventivamente alla autorità giudiziaria competente ai sensi del secondo comma dell’articolo 11 della legge l’autorizzazione ad effettuare il visto di controllo sulla corrispondenza in arrivo ed in partenza, quando tale restrizione è prevista nel provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare. Il provvedimento dell’autorità giudiziaria viene emesso entro il termine di dieci giorni da quello in cui l’ufficio ha ricevuto la richiesta.

4. Del provvedimento che dispone in via provvisoria il regime di sorveglianza particolare e delle restrizioni a cui il detenuto o l’internato è sottoposto, è data comunicazione al medesimo, che sottoscrive per presa visione.

5. I provvedimenti che dispongono in via definitiva o che prorogano il regime di sorveglianza particolare sono comunicati dalla direzione dell’istituto al detenuto o internato mediante rilascio di copia integrale di essi e del provvedimento con cui in precedenza sia stata eventualmente disposta la sorveglianza particolare in via provvisoria.

6. Dei provvedimenti che dispongono o prorogano il regime di sorveglianza particolare e dei reclami proposti e del loro esito è presa nota nella cartella personale.

7. La direzione dell’istituto provvede, di volta in volta, ad inviare al magistrato di sorveglianza le copie di ciascuno dei predetti provvedimenti e degli eventuali reclami proposti dall’interessato.

8. Quando il detenuto o internato sottoposto al regime di sorveglianza particolare viene trasferito, anche temporaneamente, in altro istituto posto nella giurisdizione di un diverso ufficio di sorveglianza, la direzione dell’istituto di destinazione ne dà comunicazione a tale ufficio, trasmettendogli anche le copie dei provvedimenti e dei reclami di cui ai commi precedenti.

9. Il trasferimento ad altro istituto idoneo viene disposto quando nell’istituto in cui il detenuto o l’internato si trova non sia disponibile una sezione nella quale il regime di sorveglianza particolare possa essere attuato senza comportare pregiudizio per la popolazione detenuta o internata e senza pregiudicare l’ordine o la sicurezza. Ove sia necessario, il detenuto o internato sottoposto a regime di sorveglianza può essere trasferito in uno degli istituti o in una delle sezioni di cui all’articolo 32.

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Art. 34

Reclamo avverso il provvedimento di sorveglianza particolare

 1. Il reclamo avverso il provvedimento definitivo che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare, se proposto con atto ricevuto dal direttore dell’istituto, è iscritto nel registro previsto dall’articolo 123 del codice di procedura penale e dall’articolo 44 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 ed è trasmesso al più tardi entro il giorno successivo in copia autentica al tribunale di sorveglianza, al quale è altresì trasmessa copia della cartella personale dell’interessato e del provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare. In caso di urgenza, la comunicazione è fatta con il mezzo più rapido.

2. Il detenuto o l’internato, nel proporre reclamo, può nominare contestualmente il difensore.

3. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ove non ritenga di provvedere direttamente, può delegare il provveditore regionale o il direttore dell’istituto a presentare al tribunale di sorveglianza memorie relative al provvedimento avverso il quale il detenuto o l’internato ha proposto reclamo.

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Art. 35

Detenuti ed internati stranieri

 1. Nell’esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti di cittadini stranieri, si deve tenere conto delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali. Devono essere favorite possibilità di contatto con le autorità consolari del loro Paese.

2. Deve essere, inoltre, favorito l’intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato.

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Art. 36

Regolamento interno

 1. L’Amministrazione penitenziaria impartisce le direttive indicate nel primo comma dell’articolo 16 della legge, al fine di realizzare le differenti modalità trattamentali indicate nell’articolo 14 della legge stessa, anche attraverso la differenziazione degli istituti.

2. Il regolamento interno, oltre alle modalità degli interventi di trattamento e a quanto previsto dagli articoli 16 e 31 della legge e dagli articoli 8, 10, 11, 13, 14, 37, 67 e 74 del presente regolamento, disciplina, in ogni caso, le seguenti materie:

a) gli orari di apertura e di chiusura degli istituti;

b) orari relativi all’organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta o internata;

c) le modalità relative allo svolgimento dei vari servizi predisposti per i detenuti e per gli internati;

d) gli orari di permanenza nei locali comuni;

e) gli orari, i turni e le modalità di permanenza all’aperto;

f) i tempi e le modalità particolari per i colloqui e la corrispondenza anche telefonica;

g) le affissioni consentite e le relative modalità;

h) i giochi consentiti.

3. Il regolamento interno può disciplinare alcune delle materie sopra indicate in modo differenziato per particolari sezioni dell’istituto.

4. Nella predisposizione del regolamento interno, la commissione prevista dal secondo comma dell’articolo 16 della legge deve uniformarsi alle direttive impartite dall’Amministrazione penitenziaria ai sensi del primo comma dell’articolo 16 della legge e del comma 1 del presente articolo. Nel caso di direttive sopravvenute, le norme del regolamento interno non conformi ad esse cessano di avere applicazione e devono essere modificate dalla commissione, per uniformarle alle direttive medesime, entro venti giorni dal loro ricevimento.

5. Il regolamento interno deve essere portato a conoscenza dei detenuti e internati.

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Art. 37

Colloqui

 1. I colloqui dei condannati, degli internati e quelli degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado sono autorizzati dal direttore dell’istituto. I colloqui con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi.

2. Per i colloqui con gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, i richiedenti debbono presentare il permesso rilasciato dall’autorità giudiziaria che procede.

3. Le persone ammesse al colloquio sono identificate e, inoltre, sottoposte a controllo, con le modalità previste dal regolamento interno, al fine di garantire che non siano introdotti nell’istituto strumenti pericolosi o altri oggetti non ammessi.

4. Nel corso del colloquio deve essere mantenuto un comportamento corretto e tale non recare disturbo ad altri. Il personale preposto al controllo sospende dal colloquio le persone che tengono comportamento scorretto o molesto, riferendone al direttore, il quale decide sulla esclusione.

5. I colloqui avvengono in locali interni senza mezzi divisori o in spazi all’aperto a ciò destinati. Quando sussistono ragioni sanitarie o di sicurezza, i colloqui avvengono in locali interni comuni muniti di mezzi divisori. La direzione può consentire che, per speciali motivi, il colloquio si svolga in locale distinto. In ogni caso, i colloqui si svolgono sotto il controllo a vista del personale del Corpo di polizia penitenziaria.

6. Appositi locali sono destinati ai colloqui dei detenuti con i loro difensori.

7. Per i detenuti e gli internati infermi i colloqui possono avere luogo nell’infermeria.

8. I detenuti e gli internati usufruiscono di sei colloqui al mese. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell’articolo 4-bis della legge e per i quali si applichi il divieto di benefici ivi previsto, il numero di colloqui non può essere superiore a quattro al mese.

9. Ai soggetti gravemente infermi, o quando il colloquio si svolge con prole di età inferiore a dieci anni ovvero quando ricorrano particolari circostanze, possono essere concessi colloqui anche fuori dei limiti stabiliti nel comma 8.

10. Il colloquio ha la durata massima di un’ora. In considerazione di eccezionali circostanze, è consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o i conviventi. Il colloquio con i congiunti o conviventi è comunque prolungato sino a due ore quando i medesimi risiedono in un comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto, se nella settimana precedente il detenuto o l’internato non ha fruito di alcun colloquio e se le esigenze e l’organizzazione dell’istituto lo consentono. A ciascun colloquio con il detenuto o con l’internato possono partecipare non più di tre persone. È consentito di derogare a tale norma quando si tratti di congiunti o conviventi.

11. Qualora risulti che i familiari non mantengono rapporti con il detenuto o l’internato, la direzione ne fa segnalazione al centro di servizio sociale per gli opportuni interventi.

12. Del colloquio, con l’indicazione degli estremi del permesso, si fa annotazione in apposito registro.

13. Nei confronti dei detenuti che svolgono attività lavorativa articolata su tutti i giorni feriali, è favorito lo svolgimento dei colloqui nei giorni festivi, ove possibile.

 

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Art. 38

Corrispondenza epistolare e telegrafica

 1. I detenuti e gli internati sono ammessi a inviare e a ricevere corrispondenza epistolare e telegrafica. La direzione può consentire la ricezione di fax.

2. Al fine di consentire la corrispondenza, l’Amministrazione fornisce gratuitamente ai detenuti e agli internati, che non possono provvedervi a loro spese, settimanalmente, l’occorrente per scrivere una lettera e l’affrancatura ordinaria.

3. Presso lo spaccio dell’istituto devono essere sempre disponibili, per l’acquisto, gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza.

4. Sulla busta della corrispondenza epistolare in partenza il detenuto o l’internato deve apporre il proprio nome e cognome.

5. La corrispondenza in busta chiusa, in arrivo o in partenza, è sottoposta a ispezione al fine di rilevare l’eventuale presenza di valori o altri oggetti non consentiti. L’ispezione deve avvenire con modalità tali da garantire l’assenza di controlli sullo scritto.

6. La direzione, quando vi sia sospetto che nella corrispondenza epistolare, in arrivo o in partenza, siano inseriti contenuti che costituiscono elementi di reato o che possono determinare pericolo per l’ordine e la sicurezza, trattiene la missiva, facendone immediata segnalazione, per i provvedimenti del caso, al magistrato di sorveglianza, o, se trattasi di imputato sino alla pronuncia della sentenza di primo grado, all’autorità giudiziaria che procede.

7. La corrispondenza epistolare, sottoposta a visto di controllo su segnalazione o d’ufficio, è inoltrata o trattenuta su decisione del magistrato di sorveglianza o dell’autorità giudiziaria che procede.

8. Le disposizioni di cui ai commi 6 e 7 si applicano anche ai telegrammi e ai fax in arrivo.

9. Ove la direzione ritenga che un telegramma in partenza non debba essere inoltrato per i motivi di cui al comma 6, ne informa il magistrato di sorveglianza o l’autorità giudiziaria procedente, che decide se si debba o meno provvedere all’inoltro.

10. Il detenuto o l’internato viene immediatamente informato che la corrispondenza è stata trattenuta.

11. Non può essere sottoposta a visto di controllo la corrispondenza epistolare dei detenuti e degli internati indirizzata ad organismi internazionali amministrativi o giudiziari, preposti alla tutela dei diritti dell’uomo, di cui l’Italia fa parte.

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Art. 39

Corrispondenza telefonica

 1. In ogni istituto sono installati uno o più telefoni secondo le occorrenze.

2. I condannati e gli internati possono essere autorizzati dal direttore dell’istituto alla corrispondenza telefonica con i congiunti e conviventi, ovvero, allorché ricorrano ragionevoli e verificati motivi, con persone diverse dai congiunti e conviventi, una volta alla settimana. Essi possono, altresì, essere autorizzati ad effettuare una corrispondenza telefonica con i familiari o con le persone conviventi in occasione del loro rientro nell’istituto dal permesso o dalla licenza. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell’articolo 4-bis della legge e per i quali si applichi il divieto dei benefici ivi previsto, il numero dei colloqui telefonici non può essere superiore a due al mese.

3. L’autorizzazione può essere concessa, oltre i limiti stabiliti nel comma 2, in considerazione di motivi di urgenza o di particolare rilevanza, se la stessa si svolga con prole di età inferiore a dieci anni, nonché in caso di trasferimento del detenuto.

4. Gli imputati possono essere autorizzati alla corrispondenza telefonica con la frequenza e le modalità di cui ai commi 2 e 3 dall’autorità giudiziaria procedente o, dopo la sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza.

5. Il detenuto o l’internato che intende intrattenere corrispondenza telefonica deve rivolgere istanza scritta all’autorità competente, indicando il numero telefonico richiesto e le persone con cui deve corrispondere. L’autorizzazione concessa è efficace fino a che non ne intervenga la revoca. Nei casi di cui ai commi 2 e 3 il richiedente deve anche indicare i motivi che consentono l’autorizzazione, che resta efficace, se concessa, solo fino a che sussistono i motivi indicati. La decisione sulla richiesta, sia in caso di accoglimento che di rigetto, deve essere motivata.

6. Il contatto telefonico viene stabilito dal personale dell’istituto con le modalità tecnologiche disponibili. La durata massima di ciascuna conversazione telefonica è di dieci minuti.

7. L’autorità giudiziaria competente a disporre il visto di controllo sulla corrispondenza epistolare ai sensi dell’articolo 18 della legge può disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate a mezzo di idonee apparecchiature. È sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell’articolo 4-bis della legge.

8. La corrispondenza telefonica è effettuata a spese dell’interessato, anche mediante scheda telefonica prepagata.

9. La contabilizzazione della spesa avviene per ciascuna telefonata e contestualmente ad essa.

10. In caso di chiamata dall’esterno diretta ad avere corrispondenza telefonica con i detenuti e gli internati, all’interessato può essere data solo comunicazione del nominativo dichiarato dalla persona che ha chiamato, sempre che non ostino particolari motivi di cautela. Nel caso in cui la chiamata provenga da congiunto o convivente anch’esso detenuto si dà corso alla conversazione, purché entrambi siano stati regolarmente autorizzati ferme restando le disposizioni di cui al comma 7.

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Art. 40

Uso di apparecchi radio e di altri strumenti

 1. Ai detenuti e agli internati è consentito usare un apparecchio radio personale. Il direttore, inoltre, può autorizzare l’uso, anche nella camera di pernottamento, di personal computer e di lettori di nastri e di compact disc portatili per motivi di lavoro o di studio.

2. Apposite prescrizioni ministeriali stabiliranno le caratteristiche, le modalità di uso e la eventuale spesa convenzionale per energia elettrica.

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Art. 41

Corsi di istruzione a livello della scuola d’obbligo

 1. Il Ministero della pubblica istruzione, previe opportune intese con il Ministero della giustizia, impartisce direttive agli organi periferici della pubblica istruzione per l’organizzazione di corsi a livello della scuola d’obbligo, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 43, comma 1, relativamente alla scolarità obbligatoria nei corsi di istruzione secondaria superiore. L’attivazione, lo svolgimento e il coordinamento dei corsi di istruzione si attuano preferibilmente sulla base di protocolli di intesa fra i ministeri predetti.

2. Il dirigente dell’ufficio scolastico regionale, sulla base delle indicazioni e delle richieste formulate dalle direzioni degli istituti penitenziari e dai dirigenti scolastici, concerta con il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria la dislocazione e il tipo dei vari corsi a livello della scuola d’obbligo da istituire nell’ambito del provveditorato, secondo le esigenze della popolazione penitenziaria.

3. L’organizzazione didattica e lo svolgimento dei corsi sono curati dai competenti organi dell’amministrazione scolastica. Le direzioni degli istituti forniscono locali e attrezzature adeguate.

4. Le direzioni degli istituti curano che venga data adeguata informazione ai detenuti e agli internati dello svolgimento dei corsi scolastici e ne favoriscono la più ampia partecipazione. Le direzioni curano che gli orari di svolgimento dei corsi siano compatibili con la partecipazione di persone già impegnate in attività lavorativa o in altre attività organizzate nell’istituto. Sono evitati, in quanto possibile, i trasferimenti ad altri istituti dei detenuti ed internati impegnati in attività scolastiche, anche se motivati da esigenze di sfollamento, e qualunque intervento che possa interrompere la partecipazione a tali attività. Le direzioni, quando ritengono opportuno proporre il trasferimento di detenuti o internati che frequentano i corsi, acquisiscono in proposito il parere degli operatori dell’osservazione e trattamento e quello delle autorità scolastiche, pareri che sono uniti alla proposta di trasferimento trasmessa agli organi competenti a decidere. Se viene deciso il trasferimento, lo stesso è attuato, in quanto possibile, in un istituto che assicuri alla persona trasferita la continuità didattica.

5. Per lo svolgimento dei corsi e delle attività integrative dei relativi curricoli può essere utilizzato dalle autorità scolastiche, d’intesa con le direzioni degli istituti, il contributo volontario di persone qualificate, le quali operano sotto la responsabilità didattica del personale scolastico.

6. In ciascun istituto penitenziario è costituita una commissione didattica, con compiti consultivi e propositivi, della quale fanno parte il direttore dell’istituto, che la presiede, il responsabile dell’area trattamentale e gli insegnanti. La commissione è convocata dal direttore e formula un progetto annuale o pluriennale di istruzione.

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Art. 42

Corsi di formazione professionale

 1. Le direzioni degli istituti favoriscono la partecipazione dei detenuti a corsi di formazione professionale, in base alle esigenze della popolazione detenuta, italiana e straniera, e alle richieste del mercato del lavoro. A tal fine promuovono accordi con la regione e gli enti locali competenti. Ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 21 della legge, i corsi possono svolgersi in tutto o in parte, con particolare riferimento alle esercitazioni pratiche, all’esterno degli istituti.

2. L’Amministrazione penitenziaria promuove protocolli d’intesa con gli enti locali che garantiscano al detenuto o internato la continuità della frequenza e la possibilità di conseguire il titolo di qualificazione anche dopo la dimissione.

3. Le direzioni degli istituti possono fornire locali e attrezzature adeguate e possono progettare, d’intesa con il provveditorato regionale, attività formative rispondenti a esigenze particolari dei detenuti e degli internati e tali da sviluppare il lavoro penitenziario.

4. Le direzioni degli istituti curano che venga data adeguata informazione ai detenuti ed agli internati dello svolgimento dei corsi e ne favoriscono la più ampia partecipazione. Le direzioni curano che gli orari di svolgimento dei corsi siano compatibili con la partecipazione di persone già impegnate in attività lavorativa o in altre attività organizzate in istituto. Sono evitati, in quanto possibile, i trasferimenti ad altri istituti dei detenuti ed internati impegnati nei corsi, anche se motivati da esigenze di sfollamento, e qualunque intervento che possa interrompere la partecipazione a tali attività. Le direzioni, quando il trasferimento di detenuti o internati che frequentano i corsi derivi da motivi di opportunità, acquisiscono in proposito il parere degli operatori dell’osservazione e trattamento e quello degli insegnanti, pareri che sono uniti alla proposta di trasferimento trasmessa agli organi competenti a decidere. Se viene deciso il trasferimento, lo stesso è attuato, in quanto possibile, in un istituto che assicuri alla persona trasferita la continuità didattica.

5. Per lo svolgimento dei programmi e per le attività integrative di essi, può essere utilizzato d’intesa con le direzioni degli istituti, il contributo volontario di persone qualificate, le quali operano sotto la responsabilità del personale degli enti locali.

6. Si applica il comma 6 dell’articolo 41.

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Art. 43

Corsi di istruzione secondaria superiore

1. I corsi di istruzione secondaria superiore, comprensivi della scolarità obbligatoria prevista dalle vigenti disposizioni, sono organizzati, su richiesta dell’Amministrazione penitenziaria, dal ministero della pubblica istruzione a mezzo della istituzione di succursali di scuole del predetto livello in determinati istituti penitenziari. La dislocazione di tali succursali è decisa con riferimento alle indicazioni del protocollo di intesa di cui al comma 1 dell’articolo 41, assicurando la presenza di almeno una delle succursali predette in ogni regione.

2. A tali corsi sono ammessi detenuti e internati che manifestano seria aspirazione allo svolgimento degli studi e che debbano permanere in esecuzione della misura privativa della libertà per un periodo di tempo non inferiore ad un anno scolastico.

3. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 41.

4. Per agevolare i condannati e gli internati che non siano in condizioni di frequentare i corsi regolari, la direzione dell’istituto può concordare con un vicino istituto d’istruzione secondaria superiore le modalità di organizzazione di percorsi individuali di preparazione agli esami per l’accesso agli anni di studio intermedi dei corsi di istruzione secondaria superiore. A tal fine possono essere utilizzate anche persone dotate della necessaria qualificazione professionale. Analoga agevolazione è offerta agli imputati.

5. Sono stabilite intese con le autorità scolastiche per offrire la possibilità agli studenti di sostenere gli esami previsti per i vari corsi.

6. Qualora non sia possibile rendere compatibile lo svolgimento dei corsi di studio con quello della attività di lavoro, come previsto dal comma 4 dell’articolo 41, i condannati e gli internati, durante la frequenza dei corsi previsti dal comma 1 del presente articolo, sono esonerati dal lavoro. Coloro che seguono i corsi di preparazione di cui al comma 4 possono essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta.

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Art. 44

Studi universitari

1.  I detenuti e gli internati che risultano iscritti ai corsi di studio universitari o che siano in possesso dei requisiti per l’iscrizione a tali corsi sono agevolati per il compimento degli studi.

2.  A tal fine, sono stabilite le opportune intese con le autorità accademiche per consentire agli studenti di usufruire di ogni possibile aiuto e di sostenere gli esami.

3.  Coloro che seguono corsi universitari possono essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta, in considerazione dell’impegno e del profitto dimostrati.

4.  I detenuti e internati studenti universitari sono assegnati, ove possibile, in camere e reparti adeguati allo svolgimento dello studio, rendendo, inoltre, disponibili per loro appositi locali comuni. Gli studenti possono essere autorizzati a tenere nella propria camera e negli altri locali di studio i libri, le pubblicazioni e tutti gli strumenti didattici necessari al loro studio.

 

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Art. 45

Benefici economici per gli studenti

 1. Per la frequenza dei corsi di formazione professionale è corrisposto un sussidio orario nella misura determinata con decreto ministeriale.

2. I corsi possono svolgersi anche durante le ore lavorative solo nel caso in cui non risulti possibile lo svolgimento in tempi diversi da quelli delle attività di studio e di lavoro. In tal caso i detenuti e gli internati che li frequentano percepiscono, per il lavoro prestato, una mercede proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto, oltre al sussidio previsto nel comma 1 per le ore di effettiva frequenza ai corsi.

3. Per la frequenza ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado i detenuti ricevono un sussidio giornaliero nella misura determinata con decreto ministeriale per ciascuna giornata di frequenza o di assenza non volontaria. Nell’intervallo tra la chiusura dell’anno scolastico e l’inizio del nuovo corso agli studenti è corrisposto un sussidio ridotto per i giorni feriali, nella misura determinata con decreto ministeriale, purché abbiano superato con esito positivo il corso effettuato nell’anno scolastico e non percepiscano mercede.

4. A conclusione di ciascun anno scolastico agli studenti che seguono corsi individuali di scuola di istruzione secondaria di secondo grado e che hanno superato gli esami con effetti legali, nonché agli studenti che seguono corsi presso università pubbliche o equiparate e che hanno superato tutti gli esami del loro anno, vengono rimborsate, qualora versino in disagiate condizioni economiche, le spese sostenute per tasse, contributi scolastici e libri di testo, e viene corrisposto un premio di rendimento nella misura stabilita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

5. I corsi a livello di scuola d’obbligo possono svolgersi anche durante le ore lavorative solo nel caso in cui non risulti possibile lo svolgimento in tempi diversi da quelli delle attività di studio e di lavoro, come indicato nel comma 4 dell’articolo 41. In tal caso, i detenuti e gli internati che li frequentano percepiscono, per il lavoro prestato, una mercede proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto.

6. Ai detenuti e agli internati che hanno superato con esito positivo il corso frequentato, è corrisposto un premio di rendimento nella misura stabilita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

7. I soggetti che fruiscono di assegni o borse di studio non percepiscono i benefici economici previsti dal presente articolo.

8. L’importo complessivo dei sussidi e dei premi di rendimento previsti dal presente articolo, è determinato annualmente con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

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Art. 46

Esclusione dai corsi di istruzione e di formazione professionale

1. Il detenuto o l’internato che, nei corsi di istruzione, anche individuale, o in quello di formazione professionale, tenga un comportamento che configuri sostanziale inadempimento dei suoi compiti è escluso dal corso.

2. Il provvedimento di esclusione dal corso è adottato dal direttore dell’istituto sentito il parere del gruppo di osservazione e trattamento e delle autorità scolastiche e deve essere motivato, particolarmente nel caso in cui l’esclusione sia disposta in difformità dal parere espresso dalle autorità predette. Il provvedimento può essere sempre revocato ove il complessivo comportamento del detenuto o dell’internato ne consenta la riammissione ai corsi.

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Art. 47

Organizzazione del lavoro

 1. Le lavorazioni penitenziarie, sia all’interno sia all’esterno dell’istituto, possono essere organizzate e gestite dalle direzioni degli istituti secondo le linee programmatiche determinate dai provveditorati. Allo stesso modo possono essere organizzate e gestite da imprese pubbliche e private e, in particolare, da imprese cooperative sociali, in locali concessi in comodato dalle direzioni. I rapporti fra la direzione e le imprese sono definiti con convenzioni che regolano anche l’eventuale utilizzazione, eventualmente in comodato, dei locali e delle attrezzature già esistenti negli istituti, nonché le modalità di addebito all’impresa delle spese sostenute per lo svolgimento dell’attività produttiva. I detenuti e internati che prestano la propria opera in tali lavorazioni dipendono, quanto al rapporto di lavoro, direttamente dalle imprese che le gestiscono. I datori di lavoro sono tenuti a versare alla direzione dell’istituto la retribuzione dovuta al lavoratore, al netto delle ritenute previste dalla legge, e l’importo degli eventuali assegni per il nucleo familiare sulla base della documentazione inviata dalla direzione. I datori di lavoro devono dimostrare alla direzione l’adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.

2. Le lavorazioni interne dell’istituto sono organizzate, in quanto possibile, in locali esterni alle sezioni detentive, attrezzati con spazi per la consumazione dei pasti durante l’orario di lavoro.

3. Le convenzioni di cui al comma 1, particolarmente con cooperative sociali, possono anche avere ad oggetto servizi interni, come quello di somministrazione del vitto, di pulizia e di manutenzione dei fabbricati.

4. L’Amministrazione penitenziaria deve, di regola, utilizzare le lavorazioni penitenziarie per le forniture di vestiario e corredo, nonché per le forniture di arredi e quant’altro necessario negli istituti. Gli ordinativi di lavoro fra gli istituti non implicano alcun rapporto economico fra gli stessi, dovendosi solo accertare da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria o del provveditorato regionale, secondo la rispettiva competenza, la fondatezza della richiesta e la possibilità di produzione dei beni necessari presso l’istituto al quale l’ordinativo viene indirizzato. Il ricorso per le forniture suindicate a imprese esterne si giustifica soltanto quando vi sia una significativa convenienza economica, per la valutazione della quale si deve tenere conto anche della funzione essenziale di attuazione del trattamento penitenziario alla quale devono assolvere le lavorazioni penitenziarie.

5. La produzione è destinata a soddisfare, nell’ordine, le commesse dell’Amministrazione penitenziaria, delle altre amministrazioni statali, di enti pubblici e di privati.

6. Le commesse di lavoro delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici sono distribuite dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che a tal fine tiene gli opportuni contatti anche con i Provveditorati dello Stato. Le direzioni possono accogliere direttamente le commesse di lavoro provenienti dai privati.

7. Quando le commesse provengono da imprese pubbliche o private può essere convenuto che il committente fornisca materie prime e accessorie, attrezzature e personale tecnico. Del valore di queste prestazioni si tiene conto al fine di determinare le incidenze sui costi e il conseguente prezzo dei prodotti.

8. Se le commesse non sono sufficienti ad assorbire la capacità di mano d’opera delle lavorazioni penitenziarie, l’Amministrazione, previa analisi delle possibilità di assorbimento del mercato, può organizzare e gestire lavorazioni dirette alla produzione di determinati beni che vengono offerti in libera vendita anche a mezzo di imprese pubbliche.

9. Le direzioni degli istituti penitenziari, quando, per favorire la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro, ritengono opportuno vendere i prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo ai sensi del tredicesimo comma dell’articolo 20 della legge, richiedono informazioni sui prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all’ingrosso della zona in cui è situato l’istituto alla camera di commercio, industria, artigianato, agricoltura, o all’ufficio tecnico erariale o all’autorità comunale, al fine di stabilire i prezzi di vendita dei prodotti.

10. I posti di lavoro a disposizione della popolazione detenuta di ciascun istituto sono fissati in un’apposita tabella predisposta dalla direzione e distinta tra lavorazioni interne, lavorazioni esterne, servizi di istituto. Nella tabella sono, altresì, indicati i posti di lavoro disponibili all’interno per il lavoro a domicilio, nonché i posti di lavoro disponibili all’esterno. La tabella è modificata secondo il variare della situazione ed è approvata dal provveditore regionale.

11. Negli istituti per minorenni particolare cura è esplicata nell’organizzazione delle attività lavorative per la formazione professionale.

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Art. 48

Lavoro esterno

 1. L’ammissione dei condannati e degli internati al lavoro all’esterno è disposta dalle direzioni solo quando ne è prevista la possibilità nel programma di trattamento e diviene esecutiva solo quando il provvedimento sia stato approvato dal magistrato di sorveglianza ai sensi del quarto comma dell’articolo 21 della legge.

2. L’ammissione degli imputati al lavoro all’esterno, disposta dalle direzioni su autorizzazione della competente autorità giudiziaria ai sensi del secondo comma dell’articolo 21 della legge, è comunicata al magistrato di sorveglianza.

3. La direzione dell’istituto deve motivare la richiesta di approvazione del provvedimento o la richiesta di autorizzazione all’ammissione al lavoro all’esterno, anche con riguardo all’opportunità della previsione della scorta, corredandola di tutta la necessaria documentazione.

4. Il magistrato di sorveglianza o l’autorità giudiziaria procedente, a seconda dei casi, nell’approvare il provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno del condannato o internato o nell’autorizzare l’ammissione al lavoro all’esterno dell’imputato, deve tenere conto del tipo di reato, della durata, effettiva o prevista, della misura privativa della libertà e della residua parte di essa, nonché dell’esigenza di prevenire il pericolo che l’ammesso al lavoro all’esterno commetta altri reati.

5. I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all’esterno indossano abiti civili; ad essi non possono essere imposte manette.

6. La scorta dei detenuti e degli internati ammessi al lavoro all’esterno, qualora sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza, è effettuata dal personale del Corpo di polizia penitenziaria con le modalità stabilite dalla direzione dell’istituto. Il personale del Corpo di polizia penitenziaria specificamente comandato, nonché il personale della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri possono effettuare controlli del detenuto durante il lavoro all’esterno.

7. L’accompagnamento dei minori ai luoghi di lavoro esterno, qualora sia ritenuto necessario per motivi di sicurezza, può essere effettuato da personale dell’Amministrazione penitenziaria appartenente a ogni qualifica.

8. Al fine di consentire l’assegnazione dei detenuti e degli internati al lavoro all’esterno il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ricerca, nell’ambito della disciplina vigente, forme di collaborazione con le autorità competenti.

9. Il provveditore regionale impartisce disposizioni alle direzioni degli istituti dipendenti per favorire la piena occupazione dei posti di lavoro disponibili all’esterno.

10. I datori di lavoro dei detenuti o internati sono tenuti a versare alla direzione dell’istituto la retribuzione, al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti, dovuta al lavoratore e l’importo degli eventuali assegni per il nucleo familiare sulla base della documentazione inviata alla direzione. I datori di lavoro devono dimostrare alla stessa direzione l’adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.

11. I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all’esterno esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi, con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla esecuzione della misura privata della libertà.

12. L’ammissione al lavoro all’esterno per lo svolgimento di lavoro autonomo può essere disposta, ove sussistano le condizioni di cui al primo comma dell’articolo 21 della legge, solo se trattasi di attività regolarmente autorizzata dagli organi competenti ed il detenuto o l’internato dimostri di possedere le attitudini necessarie e si possa dedicare ad essa con impegno professionale. Il detenuto o l’internato è tenuto a versare alla direzione dell’istituto l’utile finanziario derivante dal lavoro autonomo svolto e su di esso vengono effettuati i prelievi ai sensi del primo comma dell’articolo 24 della legge.

13. Nel provvedimento di assegnazione al lavoro all’esterno senza scorta devono essere indicate le prescrizioni che il detenuto o internato deve impegnarsi per iscritto a rispettare durante il tempo da trascorrere fuori dall’istituto, nonché quelle relative agli orari di uscita e di rientro, tenuto anche conto della esigenza di consumazione dei pasti e del mantenimento dei rapporti con la famiglia, secondo le indicazioni del programma di trattamento. Inoltre, l’orario di rientro deve essere fissato all’interno di una fascia oraria che preveda l’ipotesi di ritardo per forza maggiore. Scaduto il termine previsto da tale fascia oraria, viene inoltrato a carico del detenuto rapporto per il reato previsto dall’articolo 385 del codice penale.

14. La direzione dell’istituto provvede a consegnare al detenuto o internato ed a trasmettere al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al provveditore regionale ed al direttore del centro di servizio sociale copia del provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno, dandone notizia all’autorità di pubblica sicurezza del luogo in cui si dovrà svolgere il lavoro all’esterno.

15. Le eventuali modifiche delle prescrizioni e la revoca del provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno sono comunicate al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al provveditore regionale e al magistrato di sorveglianza, per i condannati e gli internati, o alla autorità giudiziaria procedente, per gli imputati. La revoca del provvedimento di ammissione al lavoro esterno diviene esecutiva dopo l’approvazione del magistrato di sorveglianza. Il direttore dell’istituto può disporre con provvedimento motivato la sospensione dell’efficacia dell’ammissione al lavoro all’esterno in attesa della approvazione da parte del magistrato di sorveglianza del provvedimento di revoca.

16. I controlli di cui al terzo comma dell’articolo 21 della legge sono diretti a verificare che il detenuto o l’internato osservi le prescrizioni dettategli e che il lavoro si svolga nel pieno rispetto dei diritti e della dignità.

17. La disposizione di cui al terzo comma dell’articolo 21 della legge si applica anche nel caso di ammissione al lavoro all’esterno per svolgere un lavoro autonomo.

18. Quando il lavoro si svolge presso imprese pubbliche, il direttore dell’istituto cura l’adozione di precisi accordi con i responsabili di dette imprese per l’immediata segnalazione alla direzione stessa di eventuali comportamenti del detenuto o internato lavoratore che richiedano interventi di controllo.

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Art. 49

Criteri di priorità per l’assegnazione al lavoro all’interno degli istituti

 1. Nella determinazione delle priorità per l’assegnazione dei detenuti e degli internati al lavoro si ha riguardo agli elementi indicati nel sesto comma dell’articolo 20 della legge.

2. Il direttore dell’istituto assicura imparzialità e trasparenza nelle assegnazioni al lavoro avvalendosi anche del gruppo di osservazione e trattamento.

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Art. 50

Obbligo del lavoro

 1. I condannati e i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro, che non siano stati ammessi al regime di semilibertà o al lavoro all’esterno o non siano stati autorizzati a svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche o lavoro a domicilio, per i quali non sia disponibile un lavoro rispondente ai criteri indicati nel sesto comma dell’articolo 20 della legge, sono tenuti a svolgere un’altra attività lavorativa tra quelle organizzate nell’istituto.

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Art. 51

Attività artigianali, intellettuali o artistiche

 1. Le attività artigianali, intellettuali e artistiche si svolgono, fuori delle ore destinate al lavoro ordinario, in appositi locali o, in casi particolari, nelle camere, se ciò non comporti l’uso di attrezzi ingombranti o pericolosi o non arrechi molestia.

2. Gli imputati possono essere ammessi ad esercitare tali attività, a loro richiesta, anche nelle ore dedicate al lavoro.

3. I condannati e gli internati che richiedono di svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche durante le ore di lavoro, possono esservi autorizzati ed esonerati dal lavoro ordinario, quando dimostrino di possedere le attitudini previste dal quattordicesimo comma dell’articolo 20 della legge e si dedichino ad esse con impegno professionale.

4. Le autorizzazioni, sentito il gruppo di osservazione e trattamento, sono date dal direttore dell’istituto che determina le prescrizioni da osservare anche in relazione al rimborso delle spese eventualmente sostenute dall’Amministrazione.

5. Può essere consentito l’invio dei beni prodotti a destinatari fuori dall’istituto, senza spese per l’Amministrazione.

6. Sull’utile finanziario derivante dall’attività artigianale, intellettuale o artistica, percepito dal condannato o dall’internato, anche in semilibertà o al lavoro all’esterno, vengono effettuati i prelievi ai sensi dell’articolo 24, primo comma, della legge.

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Art. 52

Lavoro a domicilio

 1. Il lavoro a domicilio all’interno dell’istituto penitenziario può essere svolto, nel rispetto della normativa in materia, anche durante le ore destinate al lavoro ordinario, con l’osservanza delle modalità e condizioni di cui all’articolo 51.

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Art. 53

Esclusione dalle attività lavorative

1. L’esclusione dall’attività lavorativa è adottata dal direttore dell’istituto, sentito il parere dei componenti del gruppo di osservazione, nonché, se del caso, del preposto alle lavorazioni e del datore di lavoro, nei casi in cui il detenuto o l’internato manifesti un sostanziale rifiuto nell’adempimento dei suoi compiti e doveri lavorativi.

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Art. 54

Lavoro in semilibertà

 1. I datori di lavoro dei condannati e degli internati in regime di semilibertà sono tenuti a versare alla direzione dell’istituto la retribuzione al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti e l’importo degli eventuali assegni per il nucleo familiare dovuti al lavoratore. I datori di lavoro devono anche dimostrare alla stessa direzione l’adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.

2. I condannati e gli internati ammessi al lavoro in semilibertà esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla esecuzione della misura privativa della libertà.

3. I condannati e gli internati ammessi al lavoro autonomo in semilibertà versano alla direzione dell’istituto i corrispettivi al netto delle ritenute non appena percepiti.

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Art. 55

Assegni per il nucleo familiare

 1. I detenuti e gli internati lavoratori devono fornire alla direzione dell’istituto la documentazione, per essi prescritta, intesa a dimostrare il diritto agli assegni per il nucleo familiare per le persone a carico.

2. Qualora il detenuto o l’internato non provveda a fornire la documentazione, la direzione ne informa le persone a carico, invitandole a provvedervi.

3. Ove i soggetti o le persone a carico incontrino difficoltà nella produzione dei documenti richiesti, la direzione provvede direttamente all’acquisizione, chiedendo agli uffici competenti le certificazioni necessarie.

4. Gli importi sono consegnati direttamente alle persone a carico o spediti alle stesse.

5. Se la persona a carico è incapace, gli assegni sono versati al suo legale rappresentante o, se questi è lo stesso detenuto o internato, alla persona a cui l’incapace è affidato.

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Art. 56

Prelievi sulla remunerazione

 1. Il prelievo della quota di remunerazione a titolo di rimborso delle spese di mantenimento e i prelievi previsti dal secondo comma, numeri 1) e 3), dell’articolo 145 del codice penale nei confronti dei condannati si effettuano in occasione di ogni liquidazione della remunerazione.

2. Ferma restando la competenza del giudice dell’esecuzione per le controversie relative all’attribuzione e alla liquidazione delle spese di mantenimento, sui reclami relativi all’ordine seguito nei prelievi di cui all’articolo 145 del codice penale decide il magistrato di sorveglianza.

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Art. 57

Peculio

 1. Il peculio dei condannati e degli internati si distingue in fondo vincolato e fondo disponibile.

2. È destinata al fondo vincolato la quota di un quinto della mercede. La rimanente parte del peculio costituisce il fondo disponibile, che non può superare il limite di due milioni di lire. L’eventuale eccedenza non fa parte del peculio e, salvo che non debba essere immediatamente utilizzata per spese inerenti alla difesa legale, al pagamento di multe o ammende, nonché al pagamento di debiti, viene inviata ai familiari o conviventi secondo le indicazioni dell’interessato, o depositata a suo nome presso un istituto bancario o un ufficio postale.

3. Il fondo vincolato non può essere utilizzato nel corso della esecuzione delle misure privative della libertà. Tuttavia, in considerazione di particolari motivi, il direttore dell’istituto può autorizzare l’utilizzazione di parte del fondo vincolato.

4. Il fondo disponibile può essere usato per invii ai familiari o conviventi, per acquisti autorizzati, per la corrispondenza, per spese inerenti alla difesa legale, al pagamento di multe, ammende o debiti e per tutti gli altri usi rispondenti a finalità trattamentali. Il pagamento delle spese inerenti alla difesa legale avviene su presentazione della parcella o della richiesta scritta di anticipo sulla medesima, recante l’indicazione degli estremi del procedimento, se questo è in corso; una copia della parcella o della richiesta di anticipo viene conservata dalla direzione dell’istituto.

5. Il peculio degli imputati è interamente disponibile e non può superare il limite di quattro milioni.

6. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria stabilisce, all’inizio di ciascun anno, l’ammontare delle somme che possono essere spese per gli acquisti e la corrispondenza e di quelle che possono essere inviate ai familiari o conviventi.

7. La disposizione del comma 6 è derogabile su autorizzazione del direttore dell’istituto solo per acquisti di strumenti, oggetti e libri occorrenti per attività di studio e di lavoro.

8. La direzione dell’istituto, alla fine di ciascun anno finanziario, procede alla determinazione e all’accredito degli interessi legali maturati sul peculio di ciascun detenuto o internato presente nell’istituto.

9. Gli interessi si calcolano sui saldi di fine mese.

10. Al detenuto o all’internato dimesso la direzione dell’istituto corrisponde la somma costituente il peculio e l’importo degli interessi maturati. Il fondo dei detenuti e degli internati eccedente gli ordinari bisogni della cassa dell’istituto per il servizio relativo al fondo stesso è versato alla Cassa depositi e prestiti. L’ammontare degli interessi corrisposti dalla Cassa depositi e prestiti è versato all’erario.

11. Al condannato o all’internato ammesso al regime di semilibertà sono consegnate somme in contanti prelevate dal fondo disponibile, in relazione alle spese che egli deve sostenere, anche in eccesso al limite fissato nel comma 6.

12. Al detenuto o all’internato in permesso o in licenza è consegnata una somma in contanti prelevata dal peculio disponibile, nella misura richiesta dalle circostanze.

13. I limiti di somme determinati nel presente articolo possono essere variati con decreto del Ministro della giustizia.

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Art. 58

Manifestazioni della libertà religiosa

 1. I detenuti e gli internati hanno diritto di partecipare ai riti della loro confessione religiosa purché compatibili con l’ordine e la sicurezza dell’istituto e non contrari alla legge, secondo le disposizioni del presente articolo.

2. È consentito ai detenuti e agli internati che lo desiderino di esporre, nella propria camera individuale o nel proprio spazio di appartenenza nella camera a più posti, immagini e simboli della propria confessione religiosa.

3. È consentito, durante il tempo libero, a singoli detenuti e internati di praticare il culto della propria professione religiosa, purché non si esprima in comportamenti molesti per la comunità.

4. Per la celebrazione dei riti del culto cattolico, ogni istituto è dotato di una o più cappelle in relazione alle esigenze del servizio religioso. Fino all’entrata in vigore della disciplina che sarà adottata a seguito delle intese di cui all’articolo 11, comma 2, dell’Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121, le pratiche di culto, l’istruzione e l’assistenza spirituale dei cattolici sono assicurate da uno o più cappellani in relazione alle esigenze medesime; negli istituti in cui operano più cappellani, l’incarico di coordinare il servizio religioso è affidato ad uno di essi dal provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, ovvero, se trattasi di istituti per minorenni, dal direttore del centro di rieducazione minorenni, sentito l’ispettore dei cappellani.

5. Per l’istruzione religiosa o le pratiche di culto di appartenenti ad altre confessioni religiose, anche in assenza di ministri di culto, la direzione dell’istituto mette a disposizione idonei locali.

6. La direzione dell’istituto, al fine di assicurare ai detenuti e agli internati che ne facciano richiesta, l’istruzione e l’assistenza spirituale, nonché la celebrazione dei riti delle confessioni diverse da quella cattolica, si avvale dei ministri di culto indicati da quelle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato italiano sono regolati con legge; si avvale altresì dei ministri di culto indicati a tal fine dal Ministero dell’interno; può, comunque, fare ricorso, anche fuori dei casi suindicati, a quanto disposto dall’articolo 17, secondo comma, della legge.

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Art. 59

Attività culturali, ricreative e sportive

 1. I programmi delle attività culturali, ricreative e sportive sono articolati in modo da favorire possibilità di espressioni differenziate. Tali attività devono essere organizzate in modo da favorire la partecipazione dei detenuti e internati lavoratori e studenti.

2. I programmi delle attività sportive sono rivolti, in particolare, ai giovani; per il loro svolgimento deve essere sollecitata la collaborazione degli enti nazionali e locali preposti alla cura delle attività sportive.

3. I rappresentanti dei detenuti e degli internati nella commissione prevista dall’articolo 27 della legge sono nominati con le modalità indicate dall’articolo 67 del presente regolamento, nel numero di tre o cinque, rispettivamente, per gli istituti con un numero di detenuti o di internati presenti non superiore o superiore a cinquecento unità.

4. La commissione, avvalendosi anche della collaborazione dei detenuti e degli internati indicati nell’articolo 71, cura l’organizzazione delle varie attività in corrispondenza alle previsioni dei programmi.

5. Le riunioni delle commissioni si svolgono durante il tempo libero.

6. Nella organizzazione e nello svolgimento delle attività, la direzione può avvalersi dell’opera degli assistenti volontari e delle persone indicate nell’articolo 17 della legge.

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Art. 60

Attività organizzate per i detenuti e gli internati che non lavorano

1. La direzione si adopera per organizzare, in coincidenza con le ore di lavoro, attività di tempo libero per i soggetti che, indipendentemente dalla loro volontà, non svolgono attività lavorativa.

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Art. 61

Rapporti con la famiglia e progressione nel trattamento

1. La predisposizione dei programmi di intervento per la cura dei rapporti dei detenuti e degli internati con le loro famiglie è concertata fra i rappresentanti delle direzioni degli istituti e dei centri di servizio sociale.

2. Particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all’allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale. A tal fine, secondo le specifiche indicazioni del gruppo di osservazione, il direttore dell’istituto può:

a)  concedere colloqui oltre quelli previsti dall’articolo 37;

b)  autorizzare la visita da parte delle persone ammesse ai colloqui, con il permesso di trascorrere parte della giornata insieme a loro in appositi locali o all’aperto e di consumare un pasto in compagnia, ferme restando le modalità previste dal secondo comma dell’articolo 18 della legge.

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Art. 62

Comunicazione dell’ingresso in istituto

 1. Immediatamente dopo l’ingresso nell’istituto penitenziario, sia in caso di provenienza dalla libertà, sia in caso di trasferimento, al detenuto e all’internato viene richiesto, da parte degli operatori penitenziari, se intenda dar notizia del fatto a un congiunto o ad altra persona indicata e, in caso positivo, se vuole avvalersi del mezzo postale ordinario o telegrafico. Della dichiarazione è redatto processo verbale.

2. La comunicazione, contenuta in una lettera in busta aperta o in modulo di telegramma e limitata alla sola notizia relativa al primo ingresso nell’istituto penitenziario o all’avvenuto trasferimento, è presentata alla direzione, che provvede immediatamente all’inoltro, a carico dell’interessato. Se si tratta di minore o di detenuto o internato privo di fondi, la spesa è a carico dell’Amministrazione.

3. Se si tratta di straniero, l’ingresso nell’istituto è comunicato all’autorità consolare nei casi e con le modalità previste dalla normativa vigente.

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Art. 63

Comunicazione di infermità e di decessi

 1. In caso di grave infermità fisica o psichica o di decesso di un detenuto o di un internato, la direzione dell’istituto ne dà immediata comunicazione a un congiunto e alla persona eventualmente da lui indicata, a cura e spese dell’Amministrazione con il mezzo più rapido e le modalità più opportune.

2. Non appena la direzione dell’istituto ha notizia della grave infermità o del decesso di un congiunto del detenuto o dell’internato, o di altra persona con cui questi è abitualmente in contatto, deve darne immediata comunicazione all’interessato nelle forme più convenienti.

3. Del decesso di un detenuto o di un internato è data immediata comunicazione anche al magistrato di sorveglianza.

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Art. 64

Permessi

 1. I permessi previsti dal primo e secondo comma dell’articolo 30 della legge sono concessi su domanda e hanno una durata massima di cinque giorni, oltre al tempo necessario per raggiungere il luogo dove il detenuto o l’internato deve recarsi.

2. Nel provvedimento di concessione sono stabilite le opportune prescrizioni ed è in ogni caso specificato se il detenuto o l’internato deve o meno essere scortato per tutto o per parte del tempo del permesso, avuto riguardo alla personalità del soggetto e all’indole del reato di cui è imputato o per il quale è stato condannato.

3. Al fine di acquisire elementi di valutazione sulla personalità del soggetto, il magistrato di sorveglianza o la competente autorità giudiziaria chiede alla direzione dell’istituto le necessarie informazioni.

4. Per i permessi di durata superiore alle dodici ore può esser disposto che il detenuto o l’internato trascorra la notte in un istituto penitenziario.

5. Le operazioni di scorta sono effettuate dal Corpo di polizia penitenziaria. Nel provvedimento di concessione del permesso possono essere specificate le modalità.

6. Nel caso in cui risulti che il permesso deve essere eseguito in luogo diverso da quello indicato nel provvedimento, vengono rinnovati con la massima urgenza, se necessario, gli accertamenti con riferimento alla situazione e al luogo di effettiva esecuzione. Il conseguente provvedimento è comunicato ai sensi del terzo comma dell’articolo 30-bis della legge.

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Art. 65

Permessi premio

1. Il direttore dell’istituto deve corredare la domanda del condannato di concessione del permesso premio con l’estratto della cartella personale contenente tutte le notizie di cui all’articolo 26, esprimendo il proprio parere motivato al magistrato di sorveglianza, avuto riguardo alla condotta del condannato, alla sua pericolosità sociale, ai motivi addotti, ai risultati dell’osservazione scientifica della personalità espletata e del trattamento rieducativo praticato, nonché alla durata della pena detentiva inflitta ed alla durata della pena ancora da scontare.

2. Nell’adottare il provvedimento di concessione il magistrato di sorveglianza stabilisce le opportune prescrizioni relative alla dimora e, ove occorra, al domicilio del condannato durante il permesso, sulla base delle informazioni eventualmente assunte, ad integrazione di quelle già disponibili, a mezzo degli organi di polizia.

3. Durante il permesso premio, i controlli del condannato sono effettuati dall’Arma dei carabinieri o dalla Polizia di Stato. In casi particolari l’Amministrazione penitenziaria può disporre ulteriori controlli da parte del personale del Corpo di polizia penitenziaria.

4. In fase di esecuzione del provvedimento, gli operatori penitenziari, designati dal direttore dell’istituto e da quello del centro di servizio sociale, forniscono, se necessario, al condannato e ai servizi assistenziali territoriali le indicazioni utili a stabilire validi collegamenti per gli eventuali problemi di competenza degli enti locali.

5. Qualora il permesso premio debba essere fruito in un comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto, il direttore dell’istituto di provenienza ne dà comunicazione alla direzione dell’istituto ed al centro di servizio sociale territorialmente competenti, affinché, di concerto con gli operatori sociali del territorio, possano effettuare gli interventi di competenza secondo quanto previsto dai commi 4 e 6, riferendo poi alle direzioni dell’istituto e del centro di servizio sociale competenti.

6. Il condannato in permesso, in caso di necessità, può rivolgersi all’istituto ed al centro di servizio sociale territorialmente competenti, che saranno informati e forniti di documentazione adeguata nei tempi più rapidi. L’interessato può segnalare le proprie esigenze, in ordine alle quali l’istituto o il centro si attiva per dare la più opportuna e tempestiva risposta secondo le rispettive competenze istituzionali.

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Art. 66

Comunicazioni all’autorità di pubblica sicurezza

 1. Dei provvedimenti esecutivi di concessione dei permessi previsti dagli articoli 64 e 65 il direttore dell’istituto presso il quale l’interessato si trova dà notizia senza ritardo al questore e all’ufficio di polizia nel cui territorio è sito il comune ove il permesso deve essere fruito.

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Art. 67

Garanzie di sorteggio delle rappresentanze

 1. Le modalità dei sorteggi dei componenti delle rappresentanze previste dagli articoli 9, 12, 20 e 27 della legge sono disciplinate dal regolamento interno in maniera da garantire uguali possibilità di nomina per tutti i detenuti e gli internati. Con il medesimo sorteggio sono nominati i rappresentanti in carica e i loro sostituti.

2. I detenuti e gli internati nominati nelle rappresentanze previste dagli articoli 12, 20 e 27 della legge durano in carica quattro mesi.

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Art. 68

Partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa

 1.  La direzione dell’istituto promuove la partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa, avvalendosi dei contributi di privati cittadini e delle istituzioni o associazioni pubbliche o private previste dall’articolo 17 della legge.

2.  La direzione dell’istituto esamina con i privati e con gli appartenenti alle istituzioni o associazioni le iniziative da realizzare all’interno dell’istituto e trasmette proposte al magistrato di sorveglianza, con il suo parere, anche in ordine ai compiti da svolgere e alle modalità della loro esecuzione.

3. Il magistrato di sorveglianza, nell’autorizzare gli ingressi in istituto, stabilisce le condizioni che devono essere rispettate nello svolgimento dei compiti.

4. La direzione dell’istituto cura che le iniziative indicate ai commi precedenti siano svolte in piena integrazione con gli operatori penitenziari. A tal fine, le persone autorizzate hanno accesso agli istituti secondo le modalità e i tempi previsti per le attività alle quali collaborano.

5. In caso di inosservanza delle condizioni o di comportamento pregiudizievole all’ordine e alla sicurezza dell’istituto, il direttore comunica al magistrato di sorveglianza il venir meno del proprio parere favorevole, per i provvedimenti conseguenti, disponendo eventualmente, con provvedimento motivato, la sospensione dell’efficacia del provvedimento autorizzativo.

6. Al fine di sollecitare la disponibilità di persone ed enti idonei e per programmarne periodicamente la collaborazione, la direzione dell’istituto e quella del centro servizio sociale, di concerto fra loro, curano la partecipazione della comunità al reinserimento sociale dei condannati e degli internati e le possibili forme di essa.

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