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Art. 24-ter - Delitti di criminalità organizzata [9]

1. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 416-ter e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché ai delitti previsti dall’ articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

2. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui all’articolo 416 del codice penale, ad esclusione del sesto comma, ovvero di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), numero 5), del codice di procedura penale, si applica la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.

3. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’ articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

4. Se l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nei commi 1 e 2, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 16, comma 3.

[9] Articolo inserito dall’art. 2, comma 29, L. 15 luglio 2009, n. 94.

Elenco dei reati richiamati dalla norma

Art. 416 comma 6 CP (Associazione a delinquere diretta a diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601, 601-bis e 602, nonché all’articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché agli articoli 22, commi 3 e 4, e 22-bis, comma 1, della legge 1° aprile 1999, n. 91)

Art. 416 CP (in relazione ai delitti fine compiuti nell’ambito del generico programma criminoso dell’associazione)

Art. 416-bis CP (Associazione di tipo mafioso)

Art. 416-ter CP (Scambio elettorale politico-mafioso)

Art. 630 CP (Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione)

Art. 407 comma 2 lett. a) n. 5 CPP (delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall’articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110)

Art. 7 DL 152/91 convertito in L. 203/1991 (Aggravante ad effetto speciale applicabile ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo)

Art. 74 DPR 309/1990 (Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope)

 

Rassegna di giurisprudenza

Le più recenti dinamiche delle organizzazioni mafiose dimostrano che queste sono in quanto tali produttive di ricchezze illecite. Il comma 3 dell’art. 416bis CP esprime la “differenza ontologica” dell’associazione mafiosa rispetto a quella semplice, alla luce della descrizione ampia dei mezzi usati e dei fini perseguiti dalla stessa.

E peraltro è ancora lo stesso art. 416bis CP che, al comma 7, con la disposizione sulla confisca obbligatoria delle cose che sono il prezzo il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego del reato associativo mafioso, a dimostrare che il legislatore presuppone che l’associazione in quanto tale sia produttiva di ricchezze illecite (SU, 25191/2014).

La configurabilità di un profitto conseguente alla commissione del reato di associazione per delinquere trova una ineludibile conferma testuale nell’art. 24-ter, a norma del quale nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del profitto del reato di cui all’art. 416 CP commesso nell’interesse od a vantaggio dell’ente stesso: detta disposizione, ove si accedesse all’orientamento che esclude tout court la possibilità di enucleare un profitto direttamente ed immediatamente derivante dalla commissione del reato di associazione per delinquere ex art. 416 CP, prevedrebbe un illecito da reato in nessun caso sanzionabile, per l’impossibilità della confisca del profitto del reato stabilita in generale dall’art. 19, in difetto sempre e comunque di un profitto confiscabile.

Una tale opzione interpretativa, che si risolverebbe – di fatto – nel ritenere che la previsione di cui all’art. 24-ter sia priva di effettiva portata innovativa, non è, peraltro, consentita (Sez. 2, 30255/2017).

Il profitto del reato di associazione per delinquere, sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente (art. 11, L. 146/2006), è costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguenti dall’insieme dei reati- fine, dai quali è del tutto autonomo e la cui esecuzione è agevolata dall’esistenza di una stabile struttura organizzata e dal comune progetto delinquenziale (Sez. 6, 3635/2014).

Il delitto di associazione per delinquere è in sé idoneo a generare un profitto illecito, costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguiti dall’insieme dei reati fine, siano essi attribuibili ad uno o a più associati, anche non identificati, posto che l’istituzione della societas sceleris è funzionale alla ripartizione degli utili derivanti dalla realizzazione di un programma criminoso (indirizzo condiviso da Sez. 3, 26271/2015, Sez. 3, 46162/2015; Sez. 2, 6507/2015 e Sez. 5, 15205/2016).

In senso contrario: Il profitto derivante dalla commissione del reato di associazione a delinquere non può essere identificato puramente e semplicemente con le utilità ricavate dai singoli reati-fine.

Una simile prassi interpretativa violerebbe il principio di tassatività del sistema sanzionatorio configurato dal D. Lgs. 231/2001 e trasformerebbe la fattispecie associativa in una disposizione “aperta”, dal contenuto elastico, potenzialmente idoneo a ricomprendere nel novero dei reati-presupposto qualsiasi fattispecie di reato, con il pericolo di un’ingiustificata dilatazione dell’area di potenziale responsabilità dell’ente collettivo.

Non sarebbe, invece, viziato da violazione di legge il provvedimento che individuasse il profitto con riferimento specifico all’associazione criminale, la quale è normalmente destinataria dei profitti realizzati attraverso i vari reati fine, che costituiscono il motivo della sua costituzione e la stessa ragione di sussistenza della societas sceleris (Sez. 3, 5869/2011).

Ed ancora, nella medesima prospettiva: l’associazione per delinquere non genera in sé, autonomamente, dai reati fine, vantaggi economici qualificabili come profitto, poiché il mero fatto di associarsi non è di per sé produttivo di ricchezze illecite (Sez. 1, 7860/2015).

Poiché i reati fiscali rientrano nel programma associativo dell’organizzazione criminale transnazionale imputabile all’ente ex art. 3, comma 1, lett. c), è del tutto legittimo il sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 11 della medesima legge, anche del profitto dei reati di frode fiscale, per un valore corrispondente all’intero importo del prodotto, profitto o prezzo del reato nei confronti di ciascuno (Sez. 2, 28689/2014).

Il sequestro preventivo del profitto del reato disposto nei confronti dell’ente imputato ai sensi dell’art. 24-ter per il delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione di reati di evasione fiscale trova legittimazione, in relazione al complesso dei vantaggi conseguiti dall’insieme dei reati fine, direttamente nell’art. 24-ter, prescindendo dalla imputabilità all’ente dei reati fine (Sez. 6, 19051/2013).

La questione della prova di un accordo criminale intervenuto fra alcuni operatori e alcuni dirigenti per procurare all’associazione i mezzi finanziari con condotte illecite diventa cruciale.

La ritenuta natura confessionale di S. (l’iniziale si riferisce al nome di un culto religioso, dotato di una capillare organizzazione – NdA), e quindi il carattere lecito della sua attività, sposta radicalmente il piano del discorso poiché, in tal caso, il supposto sodalizio criminale fra gli odierni imputati non può più trovare supporto nelle direttive e nell’organizzazione dell’associazione lecita, ma solo in uno specifico accordo tra alcuni operatori e alcuni dirigenti di talune sedi, finalizzati a eludere i fini statutari della confessione.

Sicché, una volta accertata la natura confessionale della chiesa di S., il reato di associazione per delinquere può ritenersi sussistente solo se vi è la prova che gli imputati hanno costituito un gruppo illecito autonomo, all’interno ed in contrasto con i fini confessionali dell’organizzazione di cui pur fanno parte (Corte di Appello di Milano, decisioni del 5 novembre 1993 e del 5 ottobre 2010).