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Art. 69-bis

Procedimento in materia di liberazione anticipata

1. Sull’istanza di concessione della liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio senza la presenza delle parti, che è comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell’articolo 127 del codice di procedura penale.

2. Il magistrato di sorveglianza decide non prima di quindici giorni dalla richiesta del parere al pubblico ministero e anche in assenza di esso.

3. Avverso l’ordinanza di cui al comma 1 il difensore, l’interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio.

4. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi dell’articolo 678 del codice di procedura penale. Si applicano le disposizioni del quinto e del sesto comma dell’articolo 30-bis.

[5. Il tribunale di sorveglianza, ove nel corso dei procedimenti previsti dall’articolo 70, comma 1, sia stata presentata istanza per la concessione della liberazione anticipata, può trasmetterla al magistrato di sorveglianza. (1)]

(1) Comma abrogato dall’art. 3, comma 1, lett. d), D.Lgs. 123/2018.

Rassegna di giurisprudenza

L’ordinanza del magistrato di sorveglianza che decide sull'istanza di concessione della liberazione anticipata (art. 69-bis) deve essere notificata in ogni caso al difensore del condannato, se del caso nominato d'ufficio, legittimato a proporre reclamo. Quest’ultimo é soggetto alla disciplina generale in materia di impugnazioni (SU, 12581/2021). Il quesito cui hanno dato risposta le Sezioni unite era il seguente: “Se il reclamo ex art. 69-bis avverso il provvedimento in materia di liberazione anticipata debba essere considerato quale mero atto di sollecitazione ad un contraddittorio pieno, sì che detto provvedimento deve essere notificato ai soli soggetti che, al momento della decisione, risultano legittimati a proporre reclamo, senza alcun conseguente onere da parte del magistrato di designazione, in favore del detenuto che ne sia privo, di un difensore di ufficio, ovvero vada invece considerato quale vero e proprio atto di impugnazione, conseguendone quindi, da un fatto, l'obbligo di nomina del difensore di ufficio predetto cui notificare il provvedimento e, dall'altro, altresì, l'applicazione, a tale strumento, della disciplina delle impugnazioni, ivi compresa la previsione sulla necessaria esposizione dei motivi ex art. 581, comma 1, lett. d), CPP”.

Il procedimento per la concessione della libertà anticipata è disciplinato dall’art. 69-bis che costituisce lex specialis rispetto alla generale disciplina del procedimento di sorveglianza. Il provvedimento del magistrato di sorveglianza sulla liberazione anticipata è adottato, su istanza dell’interessato, sempre de plano «senza la presenza delle parti » (art. 69-bis, comma 1); in prima istanza è escluso in radice il rito della camera di consiglio partecipata; il contraddittorio è eventuale e differito, essendone contemplata la instaurazione solo in caso di impugnazione, davanti al giudice ad quem (art. 69-bis, comma 4); e, al riguardo, la impugnazione specificamente prevista dalla legge è costituita dal reclamo al TDS (art. 69-bis, comma 3) (Sez. 4, 4920/2020).

Non possono essere riproposte al magistrato di sorveglianza istanze sulle quali questi abbia già provveduto e contro le quali non sia stato tempestivamente azionato il reclamo al TDS (Sez. 1, 35796/2019).

I reclami al TDS contro le decisioni assunte dal magistrato di sorveglianza previsti dall’ordinamento penitenziario sono dalla costante giurisprudenza di legittimità qualificati come impugnazioni. Da tale qualificazione, ed in assenza di norme, di diritto processuale speciale, contenute nella stessa legge di ordinamento penitenziario, discende, con particolare riferimento al reclamo in materia di liberazione anticipata, l’applicabilità del precetto, di carattere generale (come tale applicabile a tutte le impugnazioni), contenuto nell’art. 581, lett. c), c.p.p. che, a pena di inammissibilità, sancita dal successivo art. 591, comma 1, lett. c), prevede che l’impugnazione deve contenere l’indicazione specifica dei motivi di critica alla sentenza impugnata sicché è inammissibile il reclamo al TDS privo di motivi (Sez. 7, 20305/2019).

L’art. 69-bis, comma 3, prevede che avverso l’ordinanza pronunciata in materia di liberazione anticipata, “il difensore, l’interessato e il PM possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio”. Detto termine, secondo la regola generale stabilita dall’art. 172, comma 4, cod. proc. pen., si calcola non computando l’ora o il giorno in cui è iniziata la decorrenza; e computando, invece, l’ultima ora o l’ultimo giorno (Sez. 1, 1026/2019).

È affetto da nullità assoluta, ai sensi dell’art. 178, comma primo, lett. a), c.p.p., per violazione delle norme sulla costituzione del giudice, il provvedimento di inammissibilità del reclamo, proposto avverso il rigetto del beneficio della liberazione anticipata, emesso dal presidente del TDS, dovendo la decisione essere adottata dal TDS (Sez. 1, 20010/2016). In effetti, il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de plano, ai sensi dell’art. 666, comma 2, c.p.p., soltanto con riguardo a una richiesta identica, per oggetto e per elementi giustificativi, ad altra già rigettata ovvero priva delle condizioni previste direttamente dalla legge e non con riferimento al reclamo al tribunale avverso le decisioni del magistrato di sorveglianza, che è riconducile al genus dell’impugnazione. Questa è la ragione basilare per la quale la dichiarazione di inammissibilità, ricorrendo una delle tassative ragioni indicate nell’art. 591 cod. proc. pen., è di competenza del giudice dell’impugnazione e, quindi, dell’organo collegiale, e non del presidente del TDS (Sez. 1, 53930/2018).

Il reclamo, disciplinato dall’art. 69-bis costituisce mezzo di impugnazione, con conseguente applicazione della disciplina processuale in tema di requisiti di ammissibilità, ai sensi degli artt. 581 ss. c.p.p. La norma di cui all’art. 583 c.p.p. richiede che la sottoscrizione della parte privata sia debitamente autenticata, prescrizione la cui inosservanza determina, ai sensi dell’art. 591, lett. c), c.p.p., la inammissibilità della impugnazione (Sez. 1, 17467/2018).