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Commento al nuovo articolo 2215bis Codice Civile: ma siamo sicuri che la "marcatura temporale" è la "marca temporale"?

Il nuovo articolo 2215bis del codice civile italiano prevede l’apposizione della marcatura temporale e della firma digitale ogni tre mesi per la regolare tenuta informatica di libri, repertori e scritture. Ma cosa intende il legislatore per “marcatura temporale”? Siamo sicuri che questo termine si riferisca alla “marca temporale”?

Procediamo con ordine.

In quest’ultimo periodo il legislatore ci ha abituati a legislazioni in materia di diritto dell’informatica non particolarmente felici. Diciamo pure che l’art. 16 del Decreto “anti-crisi” (D. L. 185/2008, oggi convertito in Legge n. 2/2009) è un tipico esempio di sciatteria legislativa e contiene un agglomerato di norme frutto di compromessi dell’ultimo minuto ([1]). Compito del giurista dovrebbe essere quello di verificare le intenzioni del legislatore (che a volte sono buone) e provare con la sua interpretazione a non accodarsi alla lettera della norma e fornire così una visione più lucida e sistematica dell’ordinamento giuridico sottoposto al suo esame.

Norma di particolare rilievo contenuta in questa recente legislazione è proprio il comma 12 bis dell’art. 16 attraverso il quale è stato introdotto nel codice civile l’art. 2215 bis. Tale norma ha un innegabile pregio perché legittima finalmente nel nostro codice i documenti informatici, ma dà adito anche a non poche perplessità.

Nel nuovo art. 2215 bis c.c. si legge:” i libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento o che sono richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell’impresa possono essere formati e tenuti con strumenti informatici.

Le registrazioni contenute nei documenti di cui al primo comma debbono essere rese consultabili in ogni momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario e costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.

Gli obblighi di numerazione progressiva, vidimazione e gli altri obblighi previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture, ivi compreso quello di regolare tenuta dei medesimi, sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, ogni tre mesi a far data dalla messa in opera, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato, inerenti al documento contenente le registrazioni relative ai tre mesi precedenti.

Qualora per tre mesi non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all’atto di una nuova registrazione, e da tale apposizione decorre il periodo trimestrale di cui al terzo comma.”

Ciò che si vuol evidenziare è che, nonostante il legislatore abbia conferito visibilità ai documenti informatici nel nostro codice civile ([2]), l’articolo introdotto può consentire letture interpretative non in linea con il sistema giuridico ormai consolidato in tema di formazione e conservazione dei documenti informatici, come contenuto nel Codice dell’amministrazione digitale (D. Lgs. 82/2005), nelle normative tecniche dallo stesso richiamate (Deliberazione CNIPA n. 11/2004 e DPCM 13 gennaio 2004) e nelle recenti normative di settore (relative ai documenti fiscali, del lavoro e assicurativi).

Mettere in rilievo alcune incertezze terminologiche contenute nel 2215 bis, che stanno dando vita a interpretazioni sbagliate della normativa, non ha soltanto motivazioni di ordine semantico, ma al contrario mira a risolvere i tanti dubbi sollevati dal nuovo articolo: in questa materia, infatti, c’è assoluto bisogno di chiarezza e interpretazioni frettolose e non corrette andrebbero ad investire le modalità stesse attraverso le quali si deve realizzare il processo di conservazione digitale di documenti rilevanti per imprese e PA, mettendo in discussione procedure già da tempo avviate di tenuta informatica di registri e loro conservazione sostitutiva.

Ad una prima lettura il legislatore parrebbe aver previsto nell’articolo citato l’assolvimento degli obblighi di regolare tenuta informatica dei documenti, dei libri, repertori e scritture, e, quindi, di loro conservazione ogni tre mesi con apposizione della “marcatura temporale” e della firma digitale ad opera dell’imprenditore o di un suo delegato.

In verità ad una più attenta lettura, da un punto di vista giuridico, non è così!

Il testo di cui all’art. 2215 bis c.c. prevede l’assolvimento dei soli obblighi di regolare tenuta con strumenti informatici dei registri: l’apposizione ogni tre mesi a far data dalla messa in opera della “marcatura temporale” e della firma digitale dell’imprenditore serve solo a “formare” (=stabilizzare) correttamente il documento contenente le registrazioni relative ai tre mesi precedenti, in modo che esso possa “civilisticamente” assolvere le funzioni di numerazione progressiva e vidimazione ([3]).

Nulla a che vedere, quindi, con la corretta conservazione digitale del registro!

Inoltre, occorre rilevare che il termine “marcatura temporale”non è rinvenibile in alcuna norma o provvedimento in materia di formazione del documento informatico e sua conservazione digitale.

Nella normativa attualmente in vigore è, infatti, possibile distinguere il riferimento temporale (informazione, contenente la data e l’ora, che viene associata ad uno o più documenti informatici) dalla marca temporale (evidenza informatica che consente di rendere opponibile a terzi un riferimento temporale) o ancora dalla validazione temporale ( risultato della procedura informatica con cui si attribuiscono, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili ai terzi). Nessuna definizione è specificamente associabile alla nozione di “marcatura temporale” utilizzata oggi dal legislatore.

In considerazione del fatto che la norma dell’art. 2215 bis del codice civile mira a garantire solo una corretta formazione del documento, attraverso la garanzia di immodificabilità e staticità fornita dalla firma digitale, si ritiene che l’imprenditore dovrà semplicemente assicurarne l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità, attraverso una precedente apposizione di una marcatura temporale interna, intesa come “riferimento temporale”, così da rendere i documenti consultabili in ogni momento, dopo aver reso i dati inalterabili e integri e aver assicurato la sequenzialità cronologica delle operazioni eseguite ([4]).

La tenuta trimestrale dei registri non può che essere interpretata in questo modo, soprattutto in considerazione delle caratteristiche di questa tipologia di documenti, i quali - come riferito in una recente Circolare dell’Agenzia delle Entrate (n. 36/E/2006) – sono soggetti per definizione ad aggiornamento continuo e, quindi, vanno “cristallizzati” nel tempo per poter assumere un valore giuridico di documento informatico.([5])

Il processo di conservazione digitale dei libri obbligatori e delle altre scritture contabili "formati su supporti informatici”, (regolarmente vidimati e numerati trimestralmente con l’apposizione del riferimento temporale e della firma digitale), deve considerarsi, invece, concluso annualmente soltanto con l’apposizione sull’insieme dei documenti ovvero su un’evidenza informatica contenente l’impronta o le impronte dei documenti informatici della firma digitale e della marca temporale a cura del responsabile della conservazione (come indicato nelle norme tecniche e nelle normative di settore che non sono state messe in discussione con la riforma contenuta nel “decreto anti-crisi”).

A parere di chi scrive, dunque, la fase di cui all’art. 2215 bis c.c., così come descritta nel provvedimento in esame, si deve intendere come antecedente al momento della conclusione del processo di conservazione digitale, il quale continua ad avvenire annualmente con l’apposizione della firma digitale e della marca temporale, così come previsto dall’art. 3 del DMEF 23 gennaio 2004: …..”Il processo di conservazione e’ effettuato con cadenza almeno quindicinale per le fatture e almeno annuale per i restanti documenti”.

E’ da rilevare, inoltre, che la norma di cui all’art. 2215 del c.c. ha valenza solo civilistica e non fiscale, pertanto si ritiene con certezza che nessuna modifica o abrogazione sia stata sancita dallo stesso e, quindi, la specifica regolamentazione dettata dal decreto ministeriale del 23 gennaio 2004 continua a essere normalmente applicabile.

La procedura sopra descritta è desumibile, si ripete, dalla lettura sistematica di tutta la normativa in tema di formazione e conservazione digitale dei documenti. Inoltre, l’interpretazione fornita eviterebbe anche - per quanto riguarda i libri contabili (libri giornale, registri IVA ecc.) - una illegittima disparità di trattamento con la regolare tenuta dei libri analogici nel caso in cui si dovesse per assurdo considerare obbligatorio assolvere gli obblighi di conservazione ogni tre mesi con firma digitale e marca temporale. La conclusione del processo di conservazione deve coincidere, infatti, con il momento in cui i libri devono essere obbligatoriamente stampati (conservazione sostitutiva con firma digitale e marca temporale = stampa del documento).



([1]) Per i primi commenti a tale nuova normativa si consiglia la lettura dell’articolo Tra le rassicuranti novità in materia di digitalizzazione documentale, che fine fa la PEC?, di A. LISI, pubblicato sul sito dell’Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti (A.N.O.R.C.) alla pagina http://www.anorc.it/notizia/86_Tra_le_rassicuranti_novit__in_materia_di_digitalizzazione_documentale__che_.html, di Liberare la marca temporale di R. FARINA e B. SANTACROCE, articolo pubblicato nel febbraio 2009 su Il Sole24Ore e anche dell’articolo di G. PENZO DORIA, Siamo tutti pubblici ufficiali? pubblicato su Lexitalia alla pagina http://www.lexitalia.it/articoli/penzodoria_codice.htm. Per una lettura più sistematica e aggiornata della normativa in materia di digitalizzazione documentale si consiglia la lettura della Guida Italia Oggi “Dalla Carta al Digitale”, a cura di A. LISI, in edicola dal 13 febbraio 2009.

([2]) Il nuovo art. 2215 bis contiene un altro importante principio in quanto legittima espressamente la delega ad altro soggetto del processo di sottoscrizione digitale per la corretta “stabilizzazione” e formazione del documento informatico.

([3]) Si ritiene, anche in considerazione di altri provvedimenti normativi emanati in tema di formazione e conservazione digitale dei documenti, che il termine “tenuta” del documento informatico non può essere inteso come conservazione. Si può constatare, infatti, che il legislatore ha usato tale termine con riferimento al momento dell’emissione (intesa come formazione) del documento informatico in modo da renderlo stabile e non modificabile per garantire l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità attraverso l’apposizione del riferimento temporale e della firma digitale.

Testualmente si legge, infatti, nella circolare 20/2008 (Libro unico del lavoro e attività ispettiva – art 39 e 40 del decreto legge n. 112 del 2008: prime istruzioni operative al personale ispettivo): “ riguardo alla tenuta dei supporti magnetici, ve precisato, ulteriormente, che i documenti statici e non modificabili devono essere emessi, al fine di garantire l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità, con l’apposizione del riferimento temporale e della sottoscrizione elettronica”. In tal caso il legislatore senza alcun dubbio ha inteso la fase della tenuta del documento informatico come quella in cui il documento stesso è reso statico e integro con l’attestazione della data e della firma. Infatti, in base allo stesso provvedimento, la firma digitale e la marca temporale e del responsabile della conservazione (attraverso le quali si considera concluso il processo di conservazione digitale) andranno applicate all’intera scritturazione di paghe e presenze scadenti il 16 del mese successivo con riferimento al blocco completo della scrittura, momento in cui si intenderà effettuata la conservazione digitale, e non alle singole operazioni (la quali dovranno, invece, essere emesse singolarmente con firma digitale e riferimento temporale a cura del tenutario).

Anche nel Regolamento Isvap n. 27 del 14 ottobre 2008, è prevista una distinzione tra la fase della compilazione (tenuta) e la fase della conservazione digitale dei documenti informatici. All’articolo 4 del regolamento è, infatti, previsto che i registri assicurativi siano formati su supporti informatici nel rispetto delle regole tecniche stabilite dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e dalle relative norme di attuazione, nonché del Decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2004 in materia di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici. Le annotazioni sui registri sono eseguite non oltre sessanta giorni dalla data delle operazioni cui si riferiscono. La compilazione dei registri informatici non può che essere intesa come la formazione e la tenuta degli stessi, fase in cui le annotazioni corrispondono al momento in cui i documenti informatici vengono “cristallizzati” nel tempo per assumere valore giuridico.

Nel successivo articolo 5 al punto 4 si stabilisce, infatti, che la conservazione dei registri formati su supporti informatici avviene nel rispetto delle regole stabilite per la conservazione dei documenti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e dalle relative disposizioni di attuazione (quindi, con firma digitale e marca temporale a cura del Responsabile della conservazione). In questo caso, la conservazione dei registri informatici su supporti informatici è effettuata alla chiusura di ciascun trimestre.

([4]) Anche l’aspetto della sequenzialità cronologica da seguire nella procedura di apposizione di riferimento temporale (marcatura temporale interna) e firma digitale è importante e conferma la correttezza della lettura interpretativa prospettata nel presente commento. Infatti, il riferimento temporale, inteso come attestazione della data interna al documento, deve essere apposto prima della firma digitale; la marca temporale, intesa come “estensione di validità del documento informatico” (art. 52 DPCM 13 gennaio 2004) ai fini della sua corretta conservazione, deve essere apposta dopo la firma digitale, a chiusura del processo. E, infatti, nell’art. 2215 bis questa consequenzialità è rispettata dove si legge testualmente: “(…) mediante apposizione, ogni tre mesi a far data dalla messa in opera, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato”.

([5]) L’art. 3 del DMEF del 23 gennaio 2004 prevede che:

1. I documenti informatici rilevanti ai fini tributari:

a) hanno la forma di documenti statici non modificabili;

b) sono emessi, al fine di garantirne l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità, con l’apposizione del riferimento temporale e della sottoscrizione elettronica;

c) sono esibiti secondo le modalità di cui all’art. 6;

d) sono memorizzati su qualsiasi supporto di cui sia garantita la leggibilità nel tempo, purchè sia assicurato l’ordine cronologico e non vi sia soluzione di continuità per ciascun periodo d’imposta;

inoltre, devono essere consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita Iva, alla data o associazioni logiche di questi ultimi.

2. Il processo di conservazione dei documenti informatici avviene mediante le modalità di memorizzazione previste al comma 1, lettera d), e secondo il procedimento indicato nell’art. 3 della deliberazione dell’AIPA n. 42 del 2001 e termina con la sottoscrizione elettronica e l’apposizione della marca temporale, in luogo del riferimento temporale, sull’insieme dei predetti documenti ovvero su un’evidenza informatica contenente l’impronta o le impronte dei documenti o di insiemi di essi da parte del responsabile della conservazione di cui all’art. 5 della deliberazione dell’AIPA n. 42 del 2001. Il processo di conservazione è effettuato con cadenza almeno quindicinale per le fatture e almeno annuale per i restanti documenti.

Ecco, dunque, come anche il DMEF 23 gennaio 2004 consente di differenziare correttamente il momento della tenuta del registro e successiva formazione del documento informatico dalla sua conservazione.

Il nuovo articolo 2215bis del codice civile italiano prevede l’apposizione della marcatura temporale e della firma digitale ogni tre mesi per la regolare tenuta informatica di libri, repertori e scritture. Ma cosa intende il legislatore per “marcatura temporale”? Siamo sicuri che questo termine si riferisca alla “marca temporale”?

Procediamo con ordine.

In quest’ultimo periodo il legislatore ci ha abituati a legislazioni in materia di diritto dell’informatica non particolarmente felici. Diciamo pure che l’art. 16 del Decreto “anti-crisi” (D. L. 185/2008, oggi convertito in Legge n. 2/2009) è un tipico esempio di sciatteria legislativa e contiene un agglomerato di norme frutto di compromessi dell’ultimo minuto ([1]). Compito del giurista dovrebbe essere quello di verificare le intenzioni del legislatore (che a volte sono buone) e provare con la sua interpretazione a non accodarsi alla lettera della norma e fornire così una visione più lucida e sistematica dell’ordinamento giuridico sottoposto al suo esame.

Norma di particolare rilievo contenuta in questa recente legislazione è proprio il comma 12 bis dell’art. 16 attraverso il quale è stato introdotto nel codice civile l’art. 2215 bis. Tale norma ha un innegabile pregio perché legittima finalmente nel nostro codice i documenti informatici, ma dà adito anche a non poche perplessità.

Nel nuovo art. 2215 bis c.c. si legge:” i libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento o che sono richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell’impresa possono essere formati e tenuti con strumenti informatici.

Le registrazioni contenute nei documenti di cui al primo comma debbono essere rese consultabili in ogni momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario e costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.

Gli obblighi di numerazione progressiva, vidimazione e gli altri obblighi previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture, ivi compreso quello di regolare tenuta dei medesimi, sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, ogni tre mesi a far data dalla messa in opera, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato, inerenti al documento contenente le registrazioni relative ai tre mesi precedenti.

Qualora per tre mesi non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all’atto di una nuova registrazione, e da tale apposizione decorre il periodo trimestrale di cui al terzo comma.”

Ciò che si vuol evidenziare è che, nonostante il legislatore abbia conferito visibilità ai documenti informatici nel nostro codice civile ([2]), l’articolo introdotto può consentire letture interpretative non in linea con il sistema giuridico ormai consolidato in tema di formazione e conservazione dei documenti informatici, come contenuto nel Codice dell’amministrazione digitale (D. Lgs. 82/2005), nelle normative tecniche dallo stesso richiamate (Deliberazione CNIPA n. 11/2004 e DPCM 13 gennaio 2004) e nelle recenti normative di settore (relative ai documenti fiscali, del lavoro e assicurativi).

Mettere in rilievo alcune incertezze terminologiche contenute nel 2215 bis, che stanno dando vita a interpretazioni sbagliate della normativa, non ha soltanto motivazioni di ordine semantico, ma al contrario mira a risolvere i tanti dubbi sollevati dal nuovo articolo: in questa materia, infatti, c’è assoluto bisogno di chiarezza e interpretazioni frettolose e non corrette andrebbero ad investire le modalità stesse attraverso le quali si deve realizzare il processo di conservazione digitale di documenti rilevanti per imprese e PA, mettendo in discussione procedure già da tempo avviate di tenuta informatica di registri e loro conservazione sostitutiva.

Ad una prima lettura il legislatore parrebbe aver previsto nell’articolo citato l’assolvimento degli obblighi di regolare tenuta informatica dei documenti, dei libri, repertori e scritture, e, quindi, di loro conservazione ogni tre mesi con apposizione della “marcatura temporale” e della firma digitale ad opera dell’imprenditore o di un suo delegato.

In verità ad una più attenta lettura, da un punto di vista giuridico, non è così!

Il testo di cui all’art. 2215 bis c.c. prevede l’assolvimento dei soli obblighi di regolare tenuta con strumenti informatici dei registri: l’apposizione ogni tre mesi a far data dalla messa in opera della “marcatura temporale” e della firma digitale dell’imprenditore serve solo a “formare” (=stabilizzare) correttamente il documento contenente le registrazioni relative ai tre mesi precedenti, in modo che esso possa “civilisticamente” assolvere le funzioni di numerazione progressiva e vidimazione ([3]).

Nulla a che vedere, quindi, con la corretta conservazione digitale del registro!

Inoltre, occorre rilevare che il termine “marcatura temporale”non è rinvenibile in alcuna norma o provvedimento in materia di formazione del documento informatico e sua conservazione digitale.

Nella normativa attualmente in vigore è, infatti, possibile distinguere il riferimento temporale (informazione, contenente la data e l’ora, che viene associata ad uno o più documenti informatici) dalla marca temporale (evidenza informatica che consente di rendere opponibile a terzi un riferimento temporale) o ancora dalla validazione temporale ( risultato della procedura informatica con cui si attribuiscono, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili ai terzi). Nessuna definizione è specificamente associabile alla nozione di “marcatura temporale” utilizzata oggi dal legislatore.

In considerazione del fatto che la norma dell’art. 2215 bis del codice civile mira a garantire solo una corretta formazione del documento, attraverso la garanzia di immodificabilità e staticità fornita dalla firma digitale, si ritiene che l’imprenditore dovrà semplicemente assicurarne l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità, attraverso una precedente apposizione di una marcatura temporale interna, intesa come “riferimento temporale”, così da rendere i documenti consultabili in ogni momento, dopo aver reso i dati inalterabili e integri e aver assicurato la sequenzialità cronologica delle operazioni eseguite ([4]).

La tenuta trimestrale dei registri non può che essere interpretata in questo modo, soprattutto in considerazione delle caratteristiche di questa tipologia di documenti, i quali - come riferito in una recente Circolare dell’Agenzia delle Entrate (n. 36/E/2006) – sono soggetti per definizione ad aggiornamento continuo e, quindi, vanno “cristallizzati” nel tempo per poter assumere un valore giuridico di documento informatico.([5])

Il processo di conservazione digitale dei libri obbligatori e delle altre scritture contabili "formati su supporti informatici”, (regolarmente vidimati e numerati trimestralmente con l’apposizione del riferimento temporale e della firma digitale), deve considerarsi, invece, concluso annualmente soltanto con l’apposizione sull’insieme dei documenti ovvero su un’evidenza informatica contenente l’impronta o le impronte dei documenti informatici della firma digitale e della marca temporale a cura del responsabile della conservazione (come indicato nelle norme tecniche e nelle normative di settore che non sono state messe in discussione con la riforma contenuta nel “decreto anti-crisi”).

A parere di chi scrive, dunque, la fase di cui all’art. 2215 bis c.c., così come descritta nel provvedimento in esame, si deve intendere come antecedente al momento della conclusione del processo di conservazione digitale, il quale continua ad avvenire annualmente con l’apposizione della firma digitale e della marca temporale, così come previsto dall’art. 3 del DMEF 23 gennaio 2004: …..”Il processo di conservazione e’ effettuato con cadenza almeno quindicinale per le fatture e almeno annuale per i restanti documenti”.

E’ da rilevare, inoltre, che la norma di cui all’art. 2215 del c.c. ha valenza solo civilistica e non fiscale, pertanto si ritiene con certezza che nessuna modifica o abrogazione sia stata sancita dallo stesso e, quindi, la specifica regolamentazione dettata dal decreto ministeriale del 23 gennaio 2004 continua a essere normalmente applicabile.

La procedura sopra descritta è desumibile, si ripete, dalla lettura sistematica di tutta la normativa in tema di formazione e conservazione digitale dei documenti. Inoltre, l’interpretazione fornita eviterebbe anche - per quanto riguarda i libri contabili (libri giornale, registri IVA ecc.) - una illegittima disparità di trattamento con la regolare tenuta dei libri analogici nel caso in cui si dovesse per assurdo considerare obbligatorio assolvere gli obblighi di conservazione ogni tre mesi con firma digitale e marca temporale. La conclusione del processo di conservazione deve coincidere, infatti, con il momento in cui i libri devono essere obbligatoriamente stampati (conservazione sostitutiva con firma digitale e marca temporale = stampa del documento).



([1]) Per i primi commenti a tale nuova normativa si consiglia la lettura dell’articolo Tra le rassicuranti novità in materia di digitalizzazione documentale, che fine fa la PEC?, di A. LISI, pubblicato sul sito dell’Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti (A.N.O.R.C.) alla pagina http://www.anorc.it/notizia/86_Tra_le_rassicuranti_novit__in_materia_di_digitalizzazione_documentale__che_.html, di Liberare la marca temporale di R. FARINA e B. SANTACROCE, articolo pubblicato nel febbraio 2009 su Il Sole24Ore e anche dell’articolo di G. PENZO DORIA, Siamo tutti pubblici ufficiali? pubblicato su Lexitalia alla pagina http://www.lexitalia.it/articoli/penzodoria_codice.htm. Per una lettura più sistematica e aggiornata della normativa in materia di digitalizzazione documentale si consiglia la lettura della Guida Italia Oggi “Dalla Carta al Digitale”, a cura di A. LISI, in edicola dal 13 febbraio 2009.

([2]) Il nuovo art. 2215 bis contiene un altro importante principio in quanto legittima espressamente la delega ad altro soggetto del processo di sottoscrizione digitale per la corretta “stabilizzazione” e formazione del documento informatico.

([3]) Si ritiene, anche in considerazione di altri provvedimenti normativi emanati in tema di formazione e conservazione digitale dei documenti, che il termine “tenuta” del documento informatico non può essere inteso come conservazione. Si può constatare, infatti, che il legislatore ha usato tale termine con riferimento al momento dell’emissione (intesa come formazione) del documento informatico in modo da renderlo stabile e non modificabile per garantire l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità attraverso l’apposizione del riferimento temporale e della firma digitale.

Testualmente si legge, infatti, nella circolare 20/2008 (Libro unico del lavoro e attività ispettiva – art 39 e 40 del decreto legge n. 112 del 2008: prime istruzioni operative al personale ispettivo): “ riguardo alla tenuta dei supporti magnetici, ve precisato, ulteriormente, che i documenti statici e non modificabili devono essere emessi, al fine di garantire l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità, con l’apposizione del riferimento temporale e della sottoscrizione elettronica”. In tal caso il legislatore senza alcun dubbio ha inteso la fase della tenuta del documento informatico come quella in cui il documento stesso è reso statico e integro con l’attestazione della data e della firma. Infatti, in base allo stesso provvedimento, la firma digitale e la marca temporale e del responsabile della conservazione (attraverso le quali si considera concluso il processo di conservazione digitale) andranno applicate all’intera scritturazione di paghe e presenze scadenti il 16 del mese successivo con riferimento al blocco completo della scrittura, momento in cui si intenderà effettuata la conservazione digitale, e non alle singole operazioni (la quali dovranno, invece, essere emesse singolarmente con firma digitale e riferimento temporale a cura del tenutario).

Anche nel Regolamento Isvap n. 27 del 14 ottobre 2008, è prevista una distinzione tra la fase della compilazione (tenuta) e la fase della conservazione digitale dei documenti informatici. All’articolo 4 del regolamento è, infatti, previsto che i registri assicurativi siano formati su supporti informatici nel rispetto delle regole tecniche stabilite dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e dalle relative norme di attuazione, nonché del Decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2004 in materia di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici. Le annotazioni sui registri sono eseguite non oltre sessanta giorni dalla data delle operazioni cui si riferiscono. La compilazione dei registri informatici non può che essere intesa come la formazione e la tenuta degli stessi, fase in cui le annotazioni corrispondono al momento in cui i documenti informatici vengono “cristallizzati” nel tempo per assumere valore giuridico.

Nel successivo articolo 5 al punto 4 si stabilisce, infatti, che la conservazione dei registri formati su supporti informatici avviene nel rispetto delle regole stabilite per la conservazione dei documenti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e dalle relative disposizioni di attuazione (quindi, con firma digitale e marca temporale a cura del Responsabile della conservazione). In questo caso, la conservazione dei registri informatici su supporti informatici è effettuata alla chiusura di ciascun trimestre.

([4]) Anche l’aspetto della sequenzialità cronologica da seguire nella procedura di apposizione di riferimento temporale (marcatura temporale interna) e firma digitale è importante e conferma la correttezza della lettura interpretativa prospettata nel presente commento. Infatti, il riferimento temporale, inteso come attestazione della data interna al documento, deve essere apposto prima della firma digitale; la marca temporale, intesa come “estensione di validità del documento informatico” (art. 52 DPCM 13 gennaio 2004) ai fini della sua corretta conservazione, deve essere apposta dopo la firma digitale, a chiusura del processo. E, infatti, nell’art. 2215 bis questa consequenzialità è rispettata dove si legge testualmente: “(…) mediante apposizione, ogni tre mesi a far data dalla messa in opera, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato”.

([5]) L’art. 3 del DMEF del 23 gennaio 2004 prevede che:

1. I documenti informatici rilevanti ai fini tributari:

a) hanno la forma di documenti statici non modificabili;

b) sono emessi, al fine di garantirne l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità, con l’apposizione del riferimento temporale e della sottoscrizione elettronica;

c) sono esibiti secondo le modalità di cui all’art. 6;

d) sono memorizzati su qualsiasi supporto di cui sia garantita la leggibilità nel tempo, purchè sia assicurato l’ordine cronologico e non vi sia soluzione di continuità per ciascun periodo d’imposta;

inoltre, devono essere consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita Iva, alla data o associazioni logiche di questi ultimi.

2. Il processo di conservazione dei documenti informatici avviene mediante le modalità di memorizzazione previste al comma 1, lettera d), e secondo il procedimento indicato nell’art. 3 della deliberazione dell’AIPA n. 42 del 2001 e termina con la sottoscrizione elettronica e l’apposizione della marca temporale, in luogo del riferimento temporale, sull’insieme dei predetti documenti ovvero su un’evidenza informatica contenente l’impronta o le impronte dei documenti o di insiemi di essi da parte del responsabile della conservazione di cui all’art. 5 della deliberazione dell’AIPA n. 42 del 2001. Il processo di conservazione è effettuato con cadenza almeno quindicinale per le fatture e almeno annuale per i restanti documenti.

Ecco, dunque, come anche il DMEF 23 gennaio 2004 consente di differenziare correttamente il momento della tenuta del registro e successiva formazione del documento informatico dalla sua conservazione.