Gare telematiche e firma digitale: il diritto amministrativo balbetta confuso se non possiede le basi del diritto dell’informatica
Può ancora oggi il diritto amministrativo, in una società che è sempre più digitalizzata, fare a meno delle conoscenze di base del diritto dell’informatica? Sembrerebbe proprio di no. E a riferirlo è il Tar Puglia – Bari.
Chi non sa, infatti, che, nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica per così dire “classica”, un’offerta non sottoscritta non è né valida né ricevibile, mancando in tal caso ogni certezza circa la provenienza, la serietà, l’affidabilità e l’insostituibilità dell’offerta stessa che solo la sottoscrizione può garantire? Non dovrebbe essere necessario far ricorso alla copiosa giurisprudenza sull’argomento per giungere alla conclusione che la sottoscrizione dell’offerta costituisca elemento essenziale della stessa e la sua carenza ne provochi l’inammissibilità anche quando manchi un’esplicita previsione in tal senso da parte della lex specialis di gara (ma nel caso se ne avesse bisogno, ne citiamo i più recenti ed autorevoli orientamenti: Consiglio di Stato sez. V, sent. n. 2317 del 20.4.2012; TAR Milano sez. I, sent. n. 728 del 7.3.2012, TAR Roma sez. I, sent. n. 3969 del 3.5.2012). Così dovrebbe essere anche quando gli strumenti di partecipazione ad una gara pubblica sono gli strumenti informatici!
Eppure quando si utilizzano, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, gli strumenti dell’ICT tutto ciò che appare assodato, chiaro, rispondente ai principi generali del diritto amministrativo, diventa improvvisamente incerto, lacunoso, farraginoso e dubitabile…come se il diritto amministrativo avesse due facce e tutto ciò che ha valore quando si utilizzano i mezzi classici di partecipazione alle gare non si possa applicare quando la tecnologia viene in aiuto del privato che intende parteciparvi.
A quanto pare, però, i giudici amministrativi non ci stanno più a relegare gli strumenti dell’ICT a orpelli dell’azione amministrativa: la tecnologia è uno strumento indispensabile per la semplificazione amministrativa e chi non la sa utilizzare e non sa applicare alla stessa i principi del diritto amministrativo è non solo anacronistico, ma, cosa più grave, contra legem.
È quanto, in sostanza, ha affermato con forza il TAR Puglia - Bari, Sez. I, con la sentenza n. 1019 del 24 maggio 2012 quando dichiara l’obbligatorietà della sottoscrizione dell’offerta con firma digitale in caso di gare telematiche.
E a nulla sono valse le argomentazioni a sostegno della tesi contraria, basate:
1) sulla mancata previsione, nel bando di gara, di tale modalità di sottoscrizione ai fini della validità dell’offerta;
2) sul fatto che il partecipante ha inviato l’offerta dopo essersi autenticato come fornitore nella piattaforma informatica della stazione appaltante attraverso l’inserimento dell’indirizzo di posta elettronica del referente e di un codice PIN (c.d. log in)[1].
Con riferimento alla prima giustificazione, nella sentenza si legge come controparte avesse censurato il provvedimento di esclusione, tra gli altri motivi, perché la sentenza del Consiglio di Stato in esso citata (ed enunciante il principio secondo cui la mancata sottoscrizione di un atto che costituisce uno dei documenti integranti la domanda di partecipazione alla gara da parte di un concorrente non può essere considerata in via di principio una irregolarità formale sanabile nel corso del procedimento perché fa venire meno la certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso - Cons. Stato, Sez. IV, 31.3.2010, n. 1832), si riferisse a “una gara tradizionale (cartacea), non già telematica”. Come se i principi generali del diritto amministrativo subissero delle eccezioni allorquando si utilizzino gli strumenti previsti dal Codice dell’amministrazione digitale (D. Lgs. n. 82/2005); in verità, il Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 163/2006), all’art. 77 comma 6, lett. b), prescrive che le offerte presentate per via telematica possano essere effettuate solo utilizzando la firma scritta digitale come definita e disciplinata dal citato D. Lgs. n. 82/2005!! Non deve più stupire dunque se l’organo giudicante abbia ritenuto questa disposizione da ultimo citata una norma imperativa prevalente sulle contrastanti prescrizioni legislative anteriori e su quelle di natura regolamentare[2]: la firma digitale, infatti, è l’unico strumento che, in genere e più in particolare nel caso di invio di offerta nell’ambito di una gara telematica, sia in grado di garantire circa la provenienza, l’integrità e, quindi, la serietà, l’affidabilità e l’insostituibilità dell’offerta stessa. Nel caso di specie, invece, la ditta partecipante aveva inviato il file di testo costituente offerta che riportava in calce solo l’indicazione del nome della società, senza quelle garanzie richieste dalla legge in merito all’integrità, paternità, autenticità, immodificabilità e sicurezza del documento elettronico.
Ma vi è di più. È sempre il codice dei contratti pubblici, all’art. 46 comma 1 bis, a prescrivere che “la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali”. Né vale a costituire sottoscrizione ai sensi degli articoli citati del codice dei contratti pubblici l’iscrizione all’Albo telematico della stazione appaltante e il fatto che i fornitori ivi iscritti potessero accedere al sistema solo dopo aver eseguito con successo una procedura di identificazione (log in): tale procedura, infatti, può, al massimo, rientrare nell’ambito delle firme elettroniche semplici[3] e, come tale, non è assolutamente idonea a fornire le garanzie di cui sopra[4].
A nulla vale, inoltre, il richiamo all’art. 64 comma 2 del D. Lgs. n. 82/2005 per affermare che l’autenticazione (intesa come identificazione informatica) da parte del fornitore nell’Albo e il suo ingresso nel sistema attraverso il PIN così ricevuto costituiscano procedura che possa consentire l’individuazione del soggetto che richiede il servizio. L’articolo a tal fine citato, infatti, riguarda l’erogazione e l’accesso dei cittadini ai servizi che la PA eroga telematicamente, non certo la ben più delicata partecipazione a gare telematiche!
La sottoscrizione, dunque, sia essa tradizionale, sia essa digitale nel caso di gara telematica, costituisce adempimento essenziale finalizzato a comprovare l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva dell’offerta al concorrente e, nel momento in cui si procede ad inviare l’offerta telematicamente, non si può prescindere dal sottoscriverla digitalmente.
Non si può, dunque, non accogliere di buon grado la sentenza in commento, poiché richiama l’attenzione di tutte le pubbliche amministrazioni al rispetto delle corrette procedure da implementare per gestire on-line i propri bandi di gara, attraverso il sistema delle aste elettroniche (ovvero un sistema informatico di negoziazione costituito da soluzioni e strumenti elettronici e telematici che consentono la presentazione delle offerte e la classificazione delle stesse secondo metodologie e criteri predefiniti, realizzato in conformità dell’articolo 77 del codice e con modalità e soluzioni che impediscono di operare variazioni sui documenti, sulle registrazioni di sistema e sulle altre rappresentazioni informatiche e telematiche degli atti e delle operazioni compiute nell’ambito delle procedure, secondo quanto stabilito dall’art. 289 del DPR 05/10/2010 n. 207).
In tal senso, preme evidenziare che attraverso tali piattaforme telematiche sarebbe auspicabile anche l’utilizzo congiunto di strumenti quali la Posta Elettronica Certificata e la Firma digitale, poiché questi ultimi sono in grado di offrire garanzie legalmente riconosciute in tema di verifica della provenienza e validità della trasmissione dei documenti, quindi di conseguenza anche sulla validità delle istanze e delle dichiarazioni e sulla conformità agli originali della documentazione inviata[5].
Il diritto amministrativo disciplina le gare pubbliche indipendentemente dal fatto che ad essere utilizzati siano gli strumenti dell’ICT: i principi rimangono gli stessi e devono essere applicati in toto, senza eccezioni dovute alla peculiarità dei mezzi adoperati.
Il diritto amministrativo, quindi, si veste oggi di nuovi colori attraverso il diritto dell’informatica e chi non li vuole vedere è destinato così a rimanere paralizzato in un nostalgico e perennemente bianco passato che non esiste più. Si ricorda in proposito un emblematico aforisma di Lucio Anneo Seneca: gran parte del progresso sta nella volontà di progredire …e anche i giuristi di oggi devono ricordarlo se vogliono correttamente applicare la fattispecie astratta contenuta nelle norme alle mutevoli esigenze della realtà digitale.
[1] In relazione a quest’ultima argomentazione la ricorrente è arrivata a sostenere l’assurda tesi secondo cui “la propria offerta, avendo rispettato detta procedura (con inserimento del codice PIN), è conforme alla previsione di cui all’art. 64, comma 2 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, risultando nel caso di specie la sottoscrizione una formalità ultronea ed irrazionale per un’asta on-line, oltre che impossibile data l’immaterialità del documento informatico contenente l’offerta economica”, come se un documento informatico non possa essere sottoscritto mediante gli strumenti delle firme elettroniche oggi disciplinate in maniera esaustiva all’interno del CAD!
[2] Si ricorda al riguardo che l’art. 253, comma 12 d.lgs. n. 163/2006 aveva stabilito un periodo transitorio di tre anni (dalla data di entrata in vigore di tale codice) per l’applicazione dell’art. 77 del d.lgs. 163/2006 e, quindi, ha concesso alle stazioni appaltanti la possibilità di non richiedere agli operatori economici l’utilizzo degli strumenti elettronici quale mezzo esclusivo di comunicazione, “salvo nel caso di ricorso all’asta elettronica e di procedura di gara interamente gestita con sistemi telematici”; tuttavia, tale periodo transitorio è ormai cessato e ora trova piena applicazione l’art. 77 d.lgs. n. 163/2006.
[3] La firma digitale viene definita dal CAD all’art. 1 comma 1 lett. s) come “un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrita’ di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici”. Mentre la firma elettronica semplice viene definita dalla lettera q) dello stesso articolo come firma elettronica: l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica. Ma tale tipologia di firma è tecnologicamente meno robusta, non garantisce gli stessi effetti formali e probatori della firma digitale e, quindi, è liberamente valutabile da un giudice ai sensi dell’art. 21 comma 1 del Codice dell’amministrazione digitale.
[4] In verità, accanto alla firma digitale (e alla firma elettronica qualificata), con effetti formali e probatori sostanzialmente analoghi, il nostro sistema giuridico prevede anche il genus più ampio e tecnologicamente neutrale della firma elettronica avanzata da intendersi come l’insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico che consentono l’identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati (art. 1 comma 1 lett. q-bis del Codice dell’amministrazione digitale). Difficilmente, però, tale tipologia di firma potrebbe adattarsi al caso di specie, a maggior ragione se la piattaforma informatica non sia stata sviluppata e predisposta proprio ai fini di garantire in modo oggettivo queste esigenze nell’inoltro dell’offerta.
[5] Utile appare la citazione dell’art. 65, lett a), del CAD, che individua come valido strumento di inoltro delle istanze e delle dichiarazioni alla PA l’utilizzo della firma digitale, così come l’art. 48 del CAD riconosce la PEC come idoneo strumento di trasmissione e ne parifica gli effetti giuridici alla lettera raccomandata A.R.
Può ancora oggi il diritto amministrativo, in una società che è sempre più digitalizzata, fare a meno delle conoscenze di base del diritto dell’informatica? Sembrerebbe proprio di no. E a riferirlo è il Tar Puglia – Bari.
Chi non sa, infatti, che, nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica per così dire “classica”, un’offerta non sottoscritta non è né valida né ricevibile, mancando in tal caso ogni certezza circa la provenienza, la serietà, l’affidabilità e l’insostituibilità dell’offerta stessa che solo la sottoscrizione può garantire? Non dovrebbe essere necessario far ricorso alla copiosa giurisprudenza sull’argomento per giungere alla conclusione che la sottoscrizione dell’offerta costituisca elemento essenziale della stessa e la sua carenza ne provochi l’inammissibilità anche quando manchi un’esplicita previsione in tal senso da parte della lex specialis di gara (ma nel caso se ne avesse bisogno, ne citiamo i più recenti ed autorevoli orientamenti: Consiglio di Stato sez. V, sent. n. 2317 del 20.4.2012; TAR Milano sez. I, sent. n. 728 del 7.3.2012, TAR Roma sez. I, sent. n. 3969 del 3.5.2012). Così dovrebbe essere anche quando gli strumenti di partecipazione ad una gara pubblica sono gli strumenti informatici!
Eppure quando si utilizzano, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, gli strumenti dell’ICT tutto ciò che appare assodato, chiaro, rispondente ai principi generali del diritto amministrativo, diventa improvvisamente incerto, lacunoso, farraginoso e dubitabile…come se il diritto amministrativo avesse due facce e tutto ciò che ha valore quando si utilizzano i mezzi classici di partecipazione alle gare non si possa applicare quando la tecnologia viene in aiuto del privato che intende parteciparvi.
A quanto pare, però, i giudici amministrativi non ci stanno più a relegare gli strumenti dell’ICT a orpelli dell’azione amministrativa: la tecnologia è uno strumento indispensabile per la semplificazione amministrativa e chi non la sa utilizzare e non sa applicare alla stessa i principi del diritto amministrativo è non solo anacronistico, ma, cosa più grave, contra legem.
È quanto, in sostanza, ha affermato con forza il TAR Puglia - Bari, Sez. I, con la sentenza n. 1019 del 24 maggio 2012 quando dichiara l’obbligatorietà della sottoscrizione dell’offerta con firma digitale in caso di gare telematiche.
E a nulla sono valse le argomentazioni a sostegno della tesi contraria, basate:
1) sulla mancata previsione, nel bando di gara, di tale modalità di sottoscrizione ai fini della validità dell’offerta;
2) sul fatto che il partecipante ha inviato l’offerta dopo essersi autenticato come fornitore nella piattaforma informatica della stazione appaltante attraverso l’inserimento dell’indirizzo di posta elettronica del referente e di un codice PIN (c.d. log in)[1].
Con riferimento alla prima giustificazione, nella sentenza si legge come controparte avesse censurato il provvedimento di esclusione, tra gli altri motivi, perché la sentenza del Consiglio di Stato in esso citata (ed enunciante il principio secondo cui la mancata sottoscrizione di un atto che costituisce uno dei documenti integranti la domanda di partecipazione alla gara da parte di un concorrente non può essere considerata in via di principio una irregolarità formale sanabile nel corso del procedimento perché fa venire meno la certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso - Cons. Stato, Sez. IV, 31.3.2010, n. 1832), si riferisse a “una gara tradizionale (cartacea), non già telematica”. Come se i principi generali del diritto amministrativo subissero delle eccezioni allorquando si utilizzino gli strumenti previsti dal Codice dell’amministrazione digitale (D. Lgs. n. 82/2005); in verità, il Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 163/2006), all’art. 77 comma 6, lett. b), prescrive che le offerte presentate per via telematica possano essere effettuate solo utilizzando la firma scritta digitale come definita e disciplinata dal citato D. Lgs. n. 82/2005!! Non deve più stupire dunque se l’organo giudicante abbia ritenuto questa disposizione da ultimo citata una norma imperativa prevalente sulle contrastanti prescrizioni legislative anteriori e su quelle di natura regolamentare[2]: la firma digitale, infatti, è l’unico strumento che, in genere e più in particolare nel caso di invio di offerta nell’ambito di una gara telematica, sia in grado di garantire circa la provenienza, l’integrità e, quindi, la serietà, l’affidabilità e l’insostituibilità dell’offerta stessa. Nel caso di specie, invece, la ditta partecipante aveva inviato il file di testo costituente offerta che riportava in calce solo l’indicazione del nome della società, senza quelle garanzie richieste dalla legge in merito all’integrità, paternità, autenticità, immodificabilità e sicurezza del documento elettronico.
Ma vi è di più. È sempre il codice dei contratti pubblici, all’art. 46 comma 1 bis, a prescrivere che “la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali”. Né vale a costituire sottoscrizione ai sensi degli articoli citati del codice dei contratti pubblici l’iscrizione all’Albo telematico della stazione appaltante e il fatto che i fornitori ivi iscritti potessero accedere al sistema solo dopo aver eseguito con successo una procedura di identificazione (log in): tale procedura, infatti, può, al massimo, rientrare nell’ambito delle firme elettroniche semplici[3] e, come tale, non è assolutamente idonea a fornire le garanzie di cui sopra[4].
A nulla vale, inoltre, il richiamo all’art. 64 comma 2 del D. Lgs. n. 82/2005 per affermare che l’autenticazione (intesa come identificazione informatica) da parte del fornitore nell’Albo e il suo ingresso nel sistema attraverso il PIN così ricevuto costituiscano procedura che possa consentire l’individuazione del soggetto che richiede il servizio. L’articolo a tal fine citato, infatti, riguarda l’erogazione e l’accesso dei cittadini ai servizi che la PA eroga telematicamente, non certo la ben più delicata partecipazione a gare telematiche!
La sottoscrizione, dunque, sia essa tradizionale, sia essa digitale nel caso di gara telematica, costituisce adempimento essenziale finalizzato a comprovare l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva dell’offerta al concorrente e, nel momento in cui si procede ad inviare l’offerta telematicamente, non si può prescindere dal sottoscriverla digitalmente.
Non si può, dunque, non accogliere di buon grado la sentenza in commento, poiché richiama l’attenzione di tutte le pubbliche amministrazioni al rispetto delle corrette procedure da implementare per gestire on-line i propri bandi di gara, attraverso il sistema delle aste elettroniche (ovvero un sistema informatico di negoziazione costituito da soluzioni e strumenti elettronici e telematici che consentono la presentazione delle offerte e la classificazione delle stesse secondo metodologie e criteri predefiniti, realizzato in conformità dell’articolo 77 del codice e con modalità e soluzioni che impediscono di operare variazioni sui documenti, sulle registrazioni di sistema e sulle altre rappresentazioni informatiche e telematiche degli atti e delle operazioni compiute nell’ambito delle procedure, secondo quanto stabilito dall’art. 289 del DPR 05/10/2010 n. 207).
In tal senso, preme evidenziare che attraverso tali piattaforme telematiche sarebbe auspicabile anche l’utilizzo congiunto di strumenti quali la Posta Elettronica Certificata e la Firma digitale, poiché questi ultimi sono in grado di offrire garanzie legalmente riconosciute in tema di verifica della provenienza e validità della trasmissione dei documenti, quindi di conseguenza anche sulla validità delle istanze e delle dichiarazioni e sulla conformità agli originali della documentazione inviata[5].
Il diritto amministrativo disciplina le gare pubbliche indipendentemente dal fatto che ad essere utilizzati siano gli strumenti dell’ICT: i principi rimangono gli stessi e devono essere applicati in toto, senza eccezioni dovute alla peculiarità dei mezzi adoperati.
Il diritto amministrativo, quindi, si veste oggi di nuovi colori attraverso il diritto dell’informatica e chi non li vuole vedere è destinato così a rimanere paralizzato in un nostalgico e perennemente bianco passato che non esiste più. Si ricorda in proposito un emblematico aforisma di Lucio Anneo Seneca: gran parte del progresso sta nella volontà di progredire …e anche i giuristi di oggi devono ricordarlo se vogliono correttamente applicare la fattispecie astratta contenuta nelle norme alle mutevoli esigenze della realtà digitale.
[1] In relazione a quest’ultima argomentazione la ricorrente è arrivata a sostenere l’assurda tesi secondo cui “la propria offerta, avendo rispettato detta procedura (con inserimento del codice PIN), è conforme alla previsione di cui all’art. 64, comma 2 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, risultando nel caso di specie la sottoscrizione una formalità ultronea ed irrazionale per un’asta on-line, oltre che impossibile data l’immaterialità del documento informatico contenente l’offerta economica”, come se un documento informatico non possa essere sottoscritto mediante gli strumenti delle firme elettroniche oggi disciplinate in maniera esaustiva all’interno del CAD!
[2] Si ricorda al riguardo che l’art. 253, comma 12 d.lgs. n. 163/2006 aveva stabilito un periodo transitorio di tre anni (dalla data di entrata in vigore di tale codice) per l’applicazione dell’art. 77 del d.lgs. 163/2006 e, quindi, ha concesso alle stazioni appaltanti la possibilità di non richiedere agli operatori economici l’utilizzo degli strumenti elettronici quale mezzo esclusivo di comunicazione, “salvo nel caso di ricorso all’asta elettronica e di procedura di gara interamente gestita con sistemi telematici”; tuttavia, tale periodo transitorio è ormai cessato e ora trova piena applicazione l’art. 77 d.lgs. n. 163/2006.
[3] La firma digitale viene definita dal CAD all’art. 1 comma 1 lett. s) come “un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrita’ di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici”. Mentre la firma elettronica semplice viene definita dalla lettera q) dello stesso articolo come firma elettronica: l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica. Ma tale tipologia di firma è tecnologicamente meno robusta, non garantisce gli stessi effetti formali e probatori della firma digitale e, quindi, è liberamente valutabile da un giudice ai sensi dell’art. 21 comma 1 del Codice dell’amministrazione digitale.
[4] In verità, accanto alla firma digitale (e alla firma elettronica qualificata), con effetti formali e probatori sostanzialmente analoghi, il nostro sistema giuridico prevede anche il genus più ampio e tecnologicamente neutrale della firma elettronica avanzata da intendersi come l’insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico che consentono l’identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati (art. 1 comma 1 lett. q-bis del Codice dell’amministrazione digitale). Difficilmente, però, tale tipologia di firma potrebbe adattarsi al caso di specie, a maggior ragione se la piattaforma informatica non sia stata sviluppata e predisposta proprio ai fini di garantire in modo oggettivo queste esigenze nell’inoltro dell’offerta.
[5] Utile appare la citazione dell’art. 65, lett a), del CAD, che individua come valido strumento di inoltro delle istanze e delle dichiarazioni alla PA l’utilizzo della firma digitale, così come l’art. 48 del CAD riconosce la PEC come idoneo strumento di trasmissione e ne parifica gli effetti giuridici alla lettera raccomandata A.R.