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Consiglio di Stato: se il lavoratore non riposa subisce danno esistenziale

La sentenza in esame riguarda il caso di alcuni dipendenti di una società di trasporto ferroviario locale campano, che avevano prestato servizio durante i giorni festivi e, pur ricevendo la maggiorazione di stipendio, non avevano invece goduto del corrispondente riposo compensativo. I lavoratori, in particolare, chiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale derivante da usura psicofisica per il mancato riposo durante l’arco di dieci anni.

La società datrice di lavoro lamentava da un lato il mancato assolvimento dell’onere della prova circa l’effettivo danno subito dai propri dipendenti, dall’altro l’intervenuta prescrizione quinquennale delle eventuali somme spettanti ai lavoratori, in quanto da corrispondersi periodicamente e quindi prescrivibili in cinque anni ex articolo 2948, n. 4, del Codice Civile.

Il Consiglio di Stato, nell’Adunanza Plenaria, rigettando l’appello proposto dalla società datrice di lavoro, ha elaborato i seguenti principi di diritto:

1) “nell’ipotesi in cui il dipendente pubblico chieda in giudizio il risarcimento per danno da usura psicofisica, deducendo che tale danno sia stato provocato dal frequente mancato godimento del riposo settimanale, reiterato nell’arco di un notevole periodo complessivo di tempo, senza che egli abbia fruito di riposo compensativo ed ancorché abbia percepito le previste maggiorazioni retributive per lo svolgimento di attività lavorativa in giorno festivo, deve ritenersi soddisfatto dal ricorrente l’onere di allegazione concernente sia l’oggetto della domanda che le circostanze costituenti il fatto base su cui essa si fonda, sicché il giudice possa far ricorso alle presunzioni basate sulle regole di esperienza, per ritenere provato il fatto conseguenza del pregiudizio subito dall’istante”;

 2) “l’attribuzione patrimoniale rivendicata da un dipendente pubblico per danno da usura psicofisica, derivante dalla perdita del riposo settimanale, ha natura risarcitoria e non retributiva, non consistendo in una voce ordinaria o straordinaria della retribuzione da corrispondersi periodicamente e destinata a compensare l’eccedenza della prestazione lavorativa, bensì essendo diretta ad indennizzare ai sensi dell’articolo 2059 Codice Civile il lavoratore per il predetto danno correlato all’inadempimento contrattuale del datore di lavoro; pertanto essa si prescrive nell’ordinario termine decennale di cui all’articolo 2946 Codice Civile, e non nel termine breve (quinquennale) di cui ai successivi articoli 2947, previsto per il risarcimento aquiliano, e 2948, n. 4, previsto per i crediti”.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, ha pertanto rigettato l’appello proposto e ha condannato la società datrice di lavoro al pagamento del danno esistenziale in favore dei lavoratori.

 (Consiglio di Stato - Sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, Sentenza 19 aprile 2013, n. 7)

La sentenza in esame riguarda il caso di alcuni dipendenti di una società di trasporto ferroviario locale campano, che avevano prestato servizio durante i giorni festivi e, pur ricevendo la maggiorazione di stipendio, non avevano invece goduto del corrispondente riposo compensativo. I lavoratori, in particolare, chiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale derivante da usura psicofisica per il mancato riposo durante l’arco di dieci anni.


La società datrice di lavoro lamentava da un lato il mancato assolvimento dell’onere della prova circa l’effettivo danno subito dai propri dipendenti, dall’altro l’intervenuta prescrizione quinquennale delle eventuali somme spettanti ai lavoratori, in quanto da corrispondersi periodicamente e quindi prescrivibili in cinque anni ex articolo 2948, n. 4, del Codice Civile.

Il Consiglio di Stato, nell’Adunanza Plenaria, rigettando l’appello proposto dalla società datrice di lavoro, ha elaborato i seguenti principi di diritto:

1) “nell’ipotesi in cui il dipendente pubblico chieda in giudizio il risarcimento per danno da usura psicofisica, deducendo che tale danno sia stato provocato dal frequente mancato godimento del riposo settimanale, reiterato nell’arco di un notevole periodo complessivo di tempo, senza che egli abbia fruito di riposo compensativo ed ancorché abbia percepito le previste maggiorazioni retributive per lo svolgimento di attività lavorativa in giorno festivo, deve ritenersi soddisfatto dal ricorrente l’onere di allegazione concernente sia l’oggetto della domanda che le circostanze costituenti il fatto base su cui essa si fonda, sicché il giudice possa far ricorso alle presunzioni basate sulle regole di esperienza, per ritenere provato il fatto conseguenza del pregiudizio subito dall’istante”;

 2) “l’attribuzione patrimoniale rivendicata da un dipendente pubblico per danno da usura psicofisica, derivante dalla perdita del riposo settimanale, ha natura risarcitoria e non retributiva, non consistendo in una voce ordinaria o straordinaria della retribuzione da corrispondersi periodicamente e destinata a compensare l’eccedenza della prestazione lavorativa, bensì essendo diretta ad indennizzare ai sensi dell’articolo 2059 Codice Civile il lavoratore per il predetto danno correlato all’inadempimento contrattuale del datore di lavoro; pertanto essa si prescrive nell’ordinario termine decennale di cui all’articolo 2946 Codice Civile, e non nel termine breve (quinquennale) di cui ai successivi articoli 2947, previsto per il risarcimento aquiliano, e 2948, n. 4, previsto per i crediti”.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, ha pertanto rigettato l’appello proposto e ha condannato la società datrice di lavoro al pagamento del danno esistenziale in favore dei lavoratori.

 (Consiglio di Stato - Sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, Sentenza 19 aprile 2013, n. 7)