Consiglio di Stato: sospesa efficacia area C, tra separazione dei poteri e esigenze di programmazione

Il Consiglio di Stato, con una decisione oggetto di numerose polemiche (commenti alla sentenza si sono succeduti negli ultimi giorni su tutti i mezzi d’informazione) ha sospeso l’efficacia del provvedimento comunale che aveva istituito la ormai famosa “area C”, in forza del quale era imposto il pagamento di un ticket giornaliero a chiunque (pur con alcune eccezioni) avesse voluto accedere in auto al centro di Milano.

I giudici di Palazzo Spada hanno infatti ritenuto “carente il presupposto su cui si fonda il potere esercitato con il provvedimento impugnato”, prospettando così possibili profili di illegittimità della delibera emanata qualche mese fa dalla Giunta comunale (si ricorda che il provvedimento del Consiglio di Stato consiste in un’ordinanza cautelare, in cui viene effettuata solamente una valutazione prognostica del possibile esito del giudizio). La scelta di far pagare l’accesso al centro di Milano non sarebbe infatti supportata da una adeguata pianificazione, posto che si fonderebbe su atti generali oramai scaduti. In questo senso il Consiglio di Stato ha completamente rovesciato le determinazioni del TAR di Milano, che aveva invece ritenuto legittimo l’operato del Comune, proprio in ragione del richiamo effettuato dal provvedimento che ha istituito l’“area C” agli atti di programmazione generale.

La decisione segnalata certamente non chiude la partita relativa alla viabilità milanese. È forte però la sensazione che i giudici amministrativi, molto spesso, non resistano alla “tentazione” di sostituirsi all’amministrazione, superando i vincoli imposti dalla separazione tra poteri del nostro ordinamento: la sintetica motivazione con cui viene sospesa l’efficacia del provvedimento in questione sembra infatti costituire – pur fondandosi espressamente su vizi di natura formale e procedurale – espressione di un sindacato giurisdizionale che entra nel merito delle scelte dell’Amministrazione.

[Avv. Francesco Albisinni]

Il Consiglio di Stato, con una decisione oggetto di numerose polemiche (commenti alla sentenza si sono succeduti negli ultimi giorni su tutti i mezzi d’informazione) ha sospeso l’efficacia del provvedimento comunale che aveva istituito la ormai famosa “area C”, in forza del quale era imposto il pagamento di un ticket giornaliero a chiunque (pur con alcune eccezioni) avesse voluto accedere in auto al centro di Milano.

I giudici di Palazzo Spada hanno infatti ritenuto “carente il presupposto su cui si fonda il potere esercitato con il provvedimento impugnato”, prospettando così possibili profili di illegittimità della delibera emanata qualche mese fa dalla Giunta comunale (si ricorda che il provvedimento del Consiglio di Stato consiste in un’ordinanza cautelare, in cui viene effettuata solamente una valutazione prognostica del possibile esito del giudizio). La scelta di far pagare l’accesso al centro di Milano non sarebbe infatti supportata da una adeguata pianificazione, posto che si fonderebbe su atti generali oramai scaduti. In questo senso il Consiglio di Stato ha completamente rovesciato le determinazioni del TAR di Milano, che aveva invece ritenuto legittimo l’operato del Comune, proprio in ragione del richiamo effettuato dal provvedimento che ha istituito l’“area C” agli atti di programmazione generale.

La decisione segnalata certamente non chiude la partita relativa alla viabilità milanese. È forte però la sensazione che i giudici amministrativi, molto spesso, non resistano alla “tentazione” di sostituirsi all’amministrazione, superando i vincoli imposti dalla separazione tra poteri del nostro ordinamento: la sintetica motivazione con cui viene sospesa l’efficacia del provvedimento in questione sembra infatti costituire – pur fondandosi espressamente su vizi di natura formale e procedurale – espressione di un sindacato giurisdizionale che entra nel merito delle scelte dell’Amministrazione.

[Avv. Francesco Albisinni]