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Corte di Giustizia UE: nozione di invito all’acquisto ai fini delle informazioni di cui tenere conto per pratiche commerciali sleali

Rinvio pregiudiziale –Direttiva 2005/29/CE – Artt. 2, lett. i), e 7, n. 4 – Comunicazione commerciale pubblicata in un giornale – Nozione di invito all’acquisto – Prezzo di partenza – Informazioni che devono essere contenute in un invito all’acquisto
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

Nel procedimento C‑122/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Marknadsdomstolen (Svezia), con decisione 4 marzo 2010, pervenuta in cancelleria l’8 marzo 2010, nella causa

Konsumentombudsmannen

contro

Ving Sverige AB,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente di sezione, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus, A. Ó Caoimh e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per il Konsumentombudsmannen, dalla sig.ra G. Wikström, in qualità di agente;

– per la Ving Sverige AB, dall’avv. D. Tornberg, advokat;

– per il governo svedese, dalle sig.re C. Meyer-Seitz e S. Johannesson, in qualità di agenti;

– per il governo tedesco, dal sig. T. Henze, in qualità di agente;

– per il governo spagnolo, dal sig. F. Díez Moreno, in qualità di agente;

– per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C.M. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti;

– per il governo polacco, dal sig. M. Szpunar, in qualità di agente;

– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra F. Penlington, in qualità di agente;

– per il governo norvegese, dalle sig.re J.T. Kaasin e I. Thue, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, dai sigg. W. Wils e J. Enegren, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 febbraio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione degli artt. 2, lett. i), e 7, n. 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149, pag. 22).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Konsumentombudsmannen (mediatore per la difesa dei consumatori) e la Ving Sverige AB (in prosieguo: la «Ving») in merito alla compatibilità di una comunicazione commerciale con la normativa nazionale in materia di misure di commercializzazione.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3 Il sesto ‘considerando’ della direttiva 2005/29 recita che essa «ravvicina (…) le legislazioni degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli interessi economici dei consumatori e, quindi, indirettamente gli interessi economici dei concorrenti legittimi».

4 Secondo il settimo ‘considerando’, la direttiva 2005/29 «riguarda le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti».

5 Il quattordicesimo ‘considerando’ di tale direttiva enuncia che essa elenca, per quanto concerne le omissioni ingannevoli, «un limitato novero di informazioni chiave necessarie affinché il consumatore possa prendere una decisione consapevole di natura commerciale. Tali informazioni non devono essere comunicate in ogni pubblicità, ma solo qualora il professionista inviti all’acquisto».

6 Il quindicesimo ‘considerando’ della richiamata direttiva precisa che «[q]ualora il diritto comunitario stabilisca obblighi di informazione riguardo a comunicazioni commerciali, pubblicità e marketing, tali informazioni sono considerate rilevanti ai fini della presente direttiva».

7 Dal diciottesimo ‘considerando’ della medesima direttiva emerge che «[c]onformemente al principio di proporzionalità, e per consentire l’efficace applicazione delle misure di protezione in essa previste, la presente direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici».

8 L’art. 1 della direttiva 2005/29 così prevede:

«La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori».

9 Secondo l’art. 2, lett. c), di tale direttiva, per «prodotto» si intende «qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni».

10 Dall’art. 2, lett. d), di detta direttiva risulta che le «pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori» sono costituite da «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori».

11 L’art. 2, lett. i), della medesima direttiva definisce come «invito all’acquisto» «una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto».

12 L’art. 2, lett. k), della direttiva 2005/29 definisce come «decisione di natura commerciale» «una decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto. Tale decisione può portare il consumatore a compiere un’azione o all’astenersi dal compierla».

13 Ai sensi dell’art. 7 della direttiva 2005/29:

«1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2. Una pratica commerciale è altresì considerata un’omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al paragrafo 1, tenendo conto degli aspetti di cui a detto paragrafo, o non indica l’intento commerciale della pratica stessa, qualora non risultino già evidenti dal contesto e quando, in uno o nell’altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per comunicare la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un’omissione di informazioni si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per mettere le informazioni a disposizione dei consumatori con altri mezzi.

4. Nel caso di un invito all’acquisto sono considerate rilevanti le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal contesto:

a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso;

b) l’indirizzo geografico e l’identità del professionista, come la sua denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l’indirizzo geografico e l’identità del professionista per conto del quale egli agisce;

c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore;

d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale;

e) l’esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto.

5. Sono considerati rilevanti gli obblighi di informazione, previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il marketing, di cui l’allegato II fornisce un elenco non completo».

Il diritto nazionale

14 La direttiva 2005/29 è stata recepita nel diritto interno con la legge 2008:486 sulle pratiche commerciali, il cui art. 12 così dispone:

«La pubblicità è considerata ingannevole quando l’impresa in una comunicazione commerciale offre un determinato prodotto ai consumatori indicandone il prezzo, ma senza fornire le seguenti informazioni rilevanti:

1) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione utilizzato e al prodotto stesso,

2) il prezzo e il prezzo per unità di misura indicati nei modi stabiliti dagli artt. 7‑10 della legge 2004:347 sulle informazioni sui prezzi,

3) l’identità e l’indirizzo geografico dell’impresa,

4) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dai normali usi del settore per il prodotto specifico,

5) le informazioni sul diritto di recesso o scioglimento del contratto che devono essere fornite ai consumatori a norma di legge.

La pubblicità è considerata altresì ingannevole quando un’impresa in una comunicazione commerciale offre ai consumatori un insieme di determinati prodotti indicando un prezzo globale, ma senza precisare nell’offerta le informazioni rilevanti di cui ai punti 1‑5 del primo comma».

Causa principale e questioni pregiudiziali

15 La Ving è un’agenzia di viaggi che organizza pacchetti vacanza con voli charter e di linea. La Ving vende anche biglietti aerei e pernottamenti in albergo a clienti per viaggi individuali. I viaggi sono venduti tramite Internet, per telefono, nei punti vendita dell’impresa e in agenzie di viaggi selezionate in tutta la Svezia.

16 Il 13 agosto 2008, la Ving ha fatto pubblicare una comunicazione commerciale in un quotidiano svedese nella quale proponeva viaggi a destinazione New York (Stati Uniti d’America) per un periodo compreso tra il mese di settembre e il mese di dicembre del 2008. Tale annuncio conteneva alcune informazioni, ossia, scritto a caratteri cubitali, «New York a partire da 7 820 corone», indi, sotto questo testo, a caratteri più piccoli, «Voli a partire da Arlanda con la British Airways e due notti all’albergo Bedford – Prezzo per persona, in camera doppia, tasse aeroportuali comprese. Notte supplementare a partire da 1 320 corone. Viaggi per date comprese tra settembre e dicembre. Numero di posti limitato», e in basso, a sinistra dell’annuncio, «Vingflex.se Tel. 0771‑995995».

17 Il 27 febbraio 2009, il Konsumentombudsmannen ha proposto ricorso contro la Ving dinanzi al giudice del rinvio sostenendo che tale comunicazione commerciale costituiva un invito all’acquisto comportante un’omissione ingannevole, in quanto le informazioni relative alle caratteristiche principali del viaggio, segnatamente il prezzo, erano insufficienti o assenti. Il Konsumentombudsmannen ha chiesto di ingiungere alla Ving di indicare un prezzo fisso nell’annuncio e di vietarle, a pena di ammende, di utilizzare un prezzo di partenza. Ha inoltre chiesto di ingiungere a tale agenzia di viaggi di specificare meglio sotto quale profilo e in che modo le caratteristiche principali del viaggio quali, ad esempio, le date, le opzioni offerte al consumatore o le caratteristiche analoghe influenzino il prezzo di partenza indicato nella comunicazione commerciale e in che maniera quest’ultimo possa variare.

18 La Ving contesta che la comunicazione commerciale in discorso costituisca un invito all’acquisto. In subordine, essa sostiene che le caratteristiche principali del prodotto sono state indicate in maniera adeguata al mezzo di comunicazione utilizzato e al prodotto in questione, e che il prezzo è stato indicato nel modo previsto dalla legge 2004:347 sulle informazioni sui prezzi.

19 La Ving nega inoltre che detta comunicazione commerciale costituisca una pratica sleale e che essa abbia omesso di fornire informazioni rilevanti e chiare. In via subordinata, la Ving asserisce che l’omissione delle informazioni controverse non ha influenzato e non era in grado di influenzare la capacità del destinatario di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

20 Ritenendo che la soluzione della controversia di cui è investito dipenda dall’interpretazione della direttiva 2005/29, il Marknadsdomstolen ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se il requisito espresso nella formulazione “pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto” di cui all’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 (…) debba essere interpretato nel senso che sussiste un invito all’acquisto quando le informazioni sul prodotto reclamizzato e sul relativo prezzo sono sufficienti per consentire al consumatore di prendere una decisione di acquisto oppure se è necessario che la comunicazione commerciale offra anche una concreta possibilità di acquistare il prodotto (ad esempio un buono d’ordine) oppure avvenga contestualmente a siffatta possibilità (ad esempio pubblicità all’esterno di locali commerciali).

2) Qualora in risposta al [primo] quesito si ritenga necessaria una concreta possibilità di acquistare il prodotto, se tale possibilità sussista già quando la comunicazione commerciale fa riferimento ad un numero telefonico o indirizzo Internet presso i quali ordinare il prodotto.

3) Se l’art. 2, lett. i), della direttiva [2005/29] debba essere interpretato nel senso che il requisito dell’indicazione del prezzo è soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo “a partire da”, ovvero il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o le categorie di prodotti reclamizzati e, contestualmente, il prodotto o le categorie di prodotti reclamizzati sono disponibili in altre versioni o con altri contenuti a prezzi non indicati.

4) Se l’art. 2, lett. i), della direttiva [2005/29] debba essere interpretato nel senso che il requisito delle caratteristiche di un prodotto è soddisfatto in presenza di una rappresentazione verbale o visiva del prodotto (…), cioè il prodotto è identificato, ma non descritto più in dettaglio.

5) In caso di risposta affermativa al [quarto] quesito, se ciò debba valere anche quando il prodotto reclamizzato è offerto in più versioni, ma la comunicazione commerciale si riferisce a esse solamente con una denominazione comune.

6) Se, nel caso di un invito all’acquisto, l’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva [2005/29] debba essere interpretato nel senso che è sufficiente che l’impresa indichi solamente alcune delle caratteristiche principali di un prodotto, rinviando per il resto al proprio sito Internet, a condizione che quest’ultimo fornisca informazioni rilevanti sulle caratteristiche principali, prezzo e altre condizioni applicabili al prodotto come richiesto [da detto] art. 7, n. 4.

7) Se l’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva [2005/29] debba essere interpretato nel senso che è sufficiente indicare un prezzo “a partire da” per considerare soddisfatto il requisito dell’indicazione del prezzo».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

21 La direttiva 2005/29 è diretta a ravvicinare le legislazioni degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli interessi economici dei consumatori e, quindi, indirettamente gli interessi economici dei concorrenti legittimi.

22 Ai fini dell’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2005/29, la nozione di consumatore riveste un’importanza fondamentale. Tale direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici.

23 La Corte ha già statuito che, per quanto concerne il carattere ingannevole di una pubblicità, i giudici nazionali devono prendere in considerazione la percezione da parte del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., in tal senso, sentenze 19 settembre 2006, causa C‑356/04, Lidl Belgium, Racc. pag. I‑8501, punto 78, e 18 novembre 2010, causa C‑159/09, Lidl, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).

24 Occorre poi rilevare che solo una pratica commerciale che sia stata precedentemente qualificata come invito all’acquisto rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 4, della direttiva 2005/29, mentre tutte le pratiche commerciali, compresi gli inviti all’acquisto, sono disciplinate dall’art. 7, nn. 1, 2, 3 e 5 di tale direttiva. L’invito all’acquisto, definito all’art. 2, lett. i), di detta direttiva, deve contenere un novero di informazioni chiave, elencate all’art. 7, n. 4, della medesima direttiva, di cui il consumatore ha bisogno per prendere una decisione consapevole di natura commerciale. In assenza di tali informazioni, che quest’ultima disposizione qualifica come rilevanti, un invito all’acquisto si considera ingannevole e quindi sleale, come emerge dagli artt. 5, n. 4, e 7 della direttiva 2005/29.

25 Si deve infine rammentare che, come emerge dal quindicesimo ‘considerando’ e dall’art. 7, n. 5, della direttiva 2005/29, le informazioni previste dal diritto dell’Unione e connesse alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il marketing, sono anch’esse considerate rilevanti. Nell’elenco non tassativo di tali disposizioni di diritto dell’Unione contenuto nell’allegato II della direttiva 2005/29 figura in particolare l’art. 3 della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (GU L 158, pag. 59).

26 La pertinenza di tale ultima disposizione dovrebbe pertanto essere verificata dal giudice nazionale, anche se le questioni ad essa attinenti non sono state sollevate né sono oggetto di dibattito dinanzi alla Corte.

Sulla prima questione

27 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’espressione «pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto», contenuta nell’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29, debba essere interpretata nel senso che subordina la qualificazione come invito all’acquisto all’esistenza di un mezzo concreto di acquistare il prodotto commercializzato o nel senso che sussiste un invito all’acquisto quando le informazioni sul prodotto in questione e sul relativo prezzo sono sufficienti per consentire al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale.

28 Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 22 delle sue conclusioni, l’invito all’acquisto è una forma particolare di pubblicità, che comporta un obbligo accresciuto di informazione in forza dell’art. 7, n. 4, della direttiva 2005/29.

29 Un’interpretazione non restrittiva della nozione di invito all’acquisto è la sola conforme a uno degli obiettivi di tale direttiva che, secondo il suo art. 1, consiste nel conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori.

30 Alla luce di tali precisazioni, l’espressione «pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto» dev’essere interpretata non come comportante l’aggiunta di un’ulteriore condizione necessaria per qualificare come tale un invito all’acquisto, bensì come indicante la finalità dei requisiti dettati in relazione alle caratteristiche e al prezzo del prodotto, affinché il consumatore disponga di informazioni sufficienti per consentirgli di effettuare un acquisto.

31 Tale conclusione è corroborata da un’interpretazione letterale fondata sull’impiego della congiunzione «pertanto» e si concilia con l’interpretazione teleologica dell’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29.

32 Ne consegue che, affinché una comunicazione commerciale possa essere qualificata come invito all’acquisto, non è necessario che essa offra un mezzo concreto di acquisto oppure che avvenga in prossimità o in occasione di un tale mezzo.

33 Stanti tali premesse, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’espressione «pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto», contenuta nell’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29, dev’essere interpretata nel senso che sussiste un invito all’acquisto quando le informazioni sul prodotto commercializzato e sul relativo prezzo sono sufficienti per consentire al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale, senza che sia necessario che la comunicazione commerciale comporti anche un mezzo concreto di acquistare il prodotto oppure che avvenga in prossimità o in occasione di un tale mezzo.

Sulla seconda questione

34 Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non è necessario risolvere la seconda.

Sulla terza questione

35 Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede se l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto è soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, ovverosia il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o il tipo di prodotti commercializzato, quando esso è disponibile anche in altre varianti, o con un contenuto diverso, a prezzi non indicati.

36 Poiché l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 non prevede l’indicazione di un prezzo finale, non si può escludere, a priori, che il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto sia soddisfatto dalla menzione di un prezzo di partenza.

37 Detta disposizione stabilisce che un invito all’acquisto deve indicare il prezzo del prodotto in forme appropriate a seconda del mezzo impiegato per la comunicazione commerciale. Ciò precisato, è ipotizzabile che, a causa del supporto utilizzato, sia difficile mostrare il prezzo del prodotto per ciascuna delle sue varianti.

38 Inoltre, lo stesso art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29 ammette, in materia di omissioni ingannevoli, che, in considerazione della natura del prodotto, un professionista possa non essere ragionevolmente in grado di comunicare in anticipo il prezzo finale.

39 Se, d’altro canto, la menzione di un prezzo di partenza si dovesse considerare insufficiente a soddisfare il requisito relativo all’indicazione del prezzo cui fa riferimento l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29, sarebbe facile, per il professionista, indicare soltanto un prezzo di partenza al fine di sottrarre la comunicazione commerciale in questione alla qualificazione come invito all’acquisto e, pertanto, al rispetto dell’art. 7, n. 4, di tale direttiva. Siffatta interpretazione nuocerebbe all’effetto utile della richiamata direttiva, come rammentato ai punti 28 e 29 della presente sentenza.

40 Da quanto precede discende che un prezzo di partenza può soddisfare il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto ai sensi dell’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29, in quanto, a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione commerciale, tale menzione consenta al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale.

41 Si deve di conseguenza risolvere la terza questione dichiarando che l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto può considerarsi soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, ovverosia il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o il tipo di prodotti commercializzato, quando esso è disponibile anche in altre varianti o con un contenuto diverso, a prezzi non indicati. Spetta al giudice del rinvio verificare, a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione commerciale, se la menzione di un prezzo di partenza consenta al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale.

Sulla quarta e quinta questione

42 Con la quarta e la quinta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che una rappresentazione verbale o visiva del prodotto permette di soddisfare il requisito relativo all’indicazione delle caratteristiche del prodotto, anche nel caso in cui una stessa rappresentazione verbale o visiva sia utilizzata per designare un prodotto offerto in più varianti.

43 La nozione di prodotto come definita all’art. 2, lett. c), della richiamata direttiva si riferisce a qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni.

44 Tuttavia, le informazioni relative alle caratteristiche del prodotto possono variare notevolmente a seconda della natura di quest’ultimo.

45 Poiché l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 stabilisce che le caratteristiche del prodotto siano indicate in forme appropriate a seconda del mezzo impiegato, a tal fine dev’essere preso in considerazione il supporto della comunicazione commerciale. Non si può richiedere lo stesso grado di precisione nella descrizione di un prodotto a prescindere dalla forma – radiofonica, televisiva, elettronica o cartacea – rivestita dalla comunicazione commerciale.

46 Una rappresentazione verbale o visiva può consentire al consumatore di farsi un’opinione sulla natura e le caratteristiche del prodotto al fine di prendere una decisione di natura commerciale anche nel caso in cui tale medesima rappresentazione designi un prodotto offerto in più varianti.

47 Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, il prezzo di partenza può permettere al consumatore di comprendere che il prodotto che è riuscito a individuare esiste in altre varianti.

48 Spetta al giudice nazionale stabilire, caso per caso, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione, se il consumatore disponga di informazioni sufficienti a identificare e distinguere il prodotto al fine di prendere una decisione di natura commerciale.

49 Si deve pertanto risolvere la quarta e la quinta questione dichiarando che l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che una rappresentazione verbale o visiva del prodotto permette di soddisfare il requisito relativo all’indicazione delle caratteristiche del prodotto, anche nel caso in cui una stessa rappresentazione verbale o visiva sia utilizzata per designare un prodotto offerto in più varianti. Spetta al giudice del rinvio stabilire, caso per caso, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione, se il consumatore disponga di informazioni sufficienti a identificare e distinguere il prodotto al fine di prendere una decisione di natura commerciale.

Sulla sesta questione

50 Con la sesta questione, il giudice nazionale chiede se l’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che è sufficiente che il professionista indichi solamente alcune delle caratteristiche principali di un prodotto, rinviando per il resto al proprio sito Internet, a condizione che quest’ultimo fornisca informazioni rilevanti sulle caratteristiche principali del prodotto, sul prezzo e su altre condizioni, come richiesto dall’art. 7, n. 4, di tale direttiva.

51 Occorre ricordare che le pratiche commerciali che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 4, della direttiva 2005/29 richiedono una valutazione caso per caso, mentre le pratiche commerciali cui fa riferimento l’allegato I della richiamata direttiva sono considerate sleali in ogni situazione (v., in tal senso, sentenze 23 aprile 2009, cause riunite C‑261/07 e C‑299/07, VTB-VAB, Racc. pag. I‑2949, punto 56, nonché 14 gennaio 2010, causa C‑304/08, Plus Warenhandelsgesellschaft, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45).

52 L’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 fa riferimento alle caratteristiche principali del prodotto senza tuttavia definire tale nozione o fornire un elenco tassativo. Ciononostante si precisa che è necessario tenere conto, da un lato, del mezzo di comunicazione utilizzato e, dall’altro, del prodotto di cui trattasi.

53 Tale disposizione va interpretata in combinato disposto con l’art. 7, n. 1, di tale direttiva, secondo il quale la pratica commerciale dev’essere valutata in considerazione, in particolare, della fattispecie concreta, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato.

54 Occorre anche rilevare che l’art. 7, n. 3, di detta direttiva prevede espressamente che, per decidere se vi sia stata un’omissione di informazioni, si tiene conto delle restrizioni di spazio e di tempo del mezzo di comunicazione impiegato nonché delle misure adottate dal professionista per mettere tali informazioni a disposizione del consumatore con altri mezzi.

55 Ne consegue che la portata delle informazioni relative alle caratteristiche principali di un prodotto, che un professionista è tenuto a comunicare nell’ambito di un invito all’acquisto, dev’essere valutata a seconda del contesto di tale invito, della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto impiegato per la comunicazione.

56 Da quanto precede risulta che l’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 non osta a che, in un invito all’acquisto, solo alcune caratteristiche principali del prodotto siano menzionate, se il professionista rimanda per il resto al proprio sito Internet, a condizione che tale sito fornisca le informazioni rilevanti relative alle caratteristiche principali del prodotto, al prezzo e alle altre condizioni, come richiesto dall’art. 7 di tale direttiva.

57 Occorre tuttavia ricordare che, secondo l’art. 7, n. 5, della direttiva 2005/29, sono considerate rilevanti le informazioni, previste dal diritto dell’Unione, connesse alle comunicazioni commerciali, e di cui un elenco non tassativo figura all’allegato II di tale direttiva. Tra i testi cui fa riferimento tale allegato, compare l’art. 3 della direttiva 90/314, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso», il cui n. 2 elenca alcune informazioni che devono essere contenute nell’opuscolo riguardante questo tipo di viaggi, vacanze e circuiti.

58 Spetta al giudice del rinvio valutare, caso per caso, prendendo in considerazione il contesto dell’invito all’acquisto, il mezzo di comunicazione impiegato nonché la natura e le caratteristiche del prodotto, se la sola indicazione di alcune caratteristiche principali del prodotto permetta al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

59 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la sesta questione dichiarando che l’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che può essere sufficiente che il professionista indichi solamente alcune delle caratteristiche principali di un prodotto, rinviando per il resto al proprio sito Internet, a condizione che tale sito fornisca le informazioni rilevanti relative alle caratteristiche principali del prodotto, al prezzo e alle altre condizioni, come richiesto dall’art. 7 di tale direttiva. Spetta al giudice del rinvio valutare, caso per caso, prendendo in considerazione il contesto dell’invito all’acquisto, il mezzo di comunicazione impiegato nonché la natura e le caratteristiche del prodotto, se la sola indicazione di alcune caratteristiche principali del prodotto permetta al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

Sulla settima questione

60 Con la settima questione, il giudice del rinvio chiede se l’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che è sufficiente indicare un prezzo di partenza per considerare soddisfatto il requisito dell’indicazione del prezzo.

61 Rispetto alla terza questione, la presente questione richiede considerazioni di ordine diverso.

62 Infatti, mentre l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 è preposto a definire l’invito all’acquisto, l’art. 7, n. 4, lett. c), di tale direttiva stabilisce informazioni che, in occasione di un invito all’acquisto, devono essere considerate come rilevanti.

63 Orbene, se è vero che le informazioni relative al prezzo sono considerate, in linea di principio, rilevanti secondo l’art. 7, n. 4, di detta direttiva, resta il fatto che la lett. c) di tale disposizione prevede che, se la natura del prodotto comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le informazioni debbano riportare le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore.

64 La sola indicazione di un prezzo di partenza può quindi essere giustificata in casi in cui il prezzo non può ragionevolmente essere calcolato in anticipo, tenuto conto, in particolare, della natura e delle caratteristiche del prodotto. Dagli elementi versati agli atti si evince che, per determinare il prezzo finale di un viaggio, è possibile prendere in considerazione un certo numero di fattori variabili, in particolare il momento in cui è effettuata la prenotazione e l’attrattiva della destinazione, in ragione dello svolgersi di eventi religiosi, artistici o sportivi, delle particolarità delle condizioni stagionali nonché delle date e degli orari del viaggio.

65 Tuttavia, se nell’invito all’acquisto compare soltanto il prezzo di partenza, senza che siano indicate le modalità di calcolo del prezzo finale né, se del caso, le spese aggiuntive o la menzione che tali spese sono a carico del consumatore, occorre chiedersi se tale informazione sia sufficiente per consentire al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale o se non si debba invece concludere che sussistono omissioni ingannevoli sotto il profilo dell’art. 7 della direttiva 2005/29.

66 Si deve considerare che l’art. 7, n. 3, della direttiva 2005/29 precisa che, qualora il mezzo di comunicazione impiegato per comunicare la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un’omissione di informazioni si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per mettere le informazioni a disposizione dei consumatori con altri mezzi.

67 Le indicazioni fornite dalla richiamata disposizione relative agli elementi da prendere in considerazione al fine di stabilire se la pratica commerciale debba essere qualificata come omissione ingannevole sono applicabili agli inviti all’acquisto di cui all’art. 7, n. 4, di detta direttiva.

68 La portata dell’informazione relativa al prezzo sarà determinata a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto, ma anche del mezzo di comunicazione utilizzato per l’invito all’acquisto e in considerazione delle informazioni supplementari eventualmente fornite dal professionista.

69 La sola indicazione di un prezzo di partenza in un invito all’acquisto non può quindi essere considerata di per sé come un’omissione ingannevole.

70 Spetta al giudice nazionale stabilire se l’indicazione di un prezzo di partenza sia sufficiente affinché siano considerati soddisfatti i requisiti relativi alla menzione del prezzo come definiti all’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29.

71 Il giudice del rinvio dovrà segnatamente verificare se l’omissione delle modalità di calcolo del prezzo finale impedisca al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale e, di conseguenza, lo induca a prendere una decisione di natura commerciale che non avrebbe preso altrimenti. A tale giudice spetta altresì prendere in considerazioni i limiti inerenti al supporto impiegato per la comunicazione, la natura e le caratteristiche del prodotto nonché le altre misure che il professionista ha effettivamente adottato per mettere le informazioni a disposizione del consumatore.

72 Occorre di conseguenza risolvere la settima questione dichiarando che l’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che la sola indicazione di un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, in un invito all’acquisto non può essere considerata di per sé come un’omissione ingannevole. Spetta al giudice del rinvio stabilire se l’indicazione di un prezzo di partenza sia sufficiente affinché siano considerati soddisfatti i requisiti relativi alla menzione del prezzo come definiti da detta disposizione. Tale giudice dovrà segnatamente verificare se l’omissione delle modalità di calcolo del prezzo finale impedisca al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale e, di conseguenza, lo induca a prendere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Ad esso spetta altresì prendere in considerazione i limiti inerenti al supporto impiegato per la comunicazione, la natura e le caratteristiche del prodotto nonché le altre misure che il professionista ha effettivamente adottato per mettere le informazioni a disposizione del consumatore.

Sulle spese

73 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1) L’espressione «pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto», contenuta nell’art. 2, lett. i), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), dev’essere interpretata nel senso che sussiste un invito all’acquisto quando le informazioni sul prodotto commercializzato e sul relativo prezzo sono sufficienti per consentire al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale, senza che sia necessario che la comunicazione commerciale comporti anche un mezzo concreto di acquistare il prodotto oppure che avvenga in prossimità o in occasione di un tale mezzo.

2) L’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto può considerarsi soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, ovverosia il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o il tipo di prodotti commercializzato, quando esso è disponibile anche in altre varianti o con un contenuto diverso, a prezzi non indicati. Spetta al giudice del rinvio verificare, a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione commerciale, se la menzione di un prezzo di partenza consenta al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale.

3) L’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che una rappresentazione verbale o visiva del prodotto permette di soddisfare il requisito relativo all’indicazione delle caratteristiche del prodotto, anche nel caso in cui una stessa rappresentazione verbale o visiva sia utilizzata per designare un prodotto offerto in più varianti. Spetta al giudice del rinvio stabilire, a seconda dei casi, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione, se il consumatore disponga di informazioni sufficienti a identificare e distinguere il prodotto al fine di prendere una decisione di natura commerciale.

4) L’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che può essere sufficiente che il professionista indichi solamente alcune delle caratteristiche principali di un prodotto, rinviando per il resto al proprio sito Internet, a condizione che tale sito fornisca le informazioni rilevanti relative alle caratteristiche principali del prodotto, al prezzo e alle altre condizioni, come richiesto dall’art. 7 di tale direttiva. Spetta al giudice del rinvio valutare, caso per caso, prendendo in considerazione il contesto dell’invito all’acquisto, il mezzo di comunicazione impiegato nonché la natura e le caratteristiche del prodotto, se la sola indicazione di alcune caratteristiche principali del prodotto permetta al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

5) L’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che la sola indicazione di un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, in un invito all’acquisto non può essere considerata di per sé come un’omissione ingannevole. Spetta al giudice del rinvio stabilire se l’indicazione di un prezzo di partenza sia sufficiente affinché siano considerati soddisfatti i requisiti relativi alla menzione del prezzo come definiti da detta disposizione. Tale giudice dovrà segnatamente verificare se l’omissione delle modalità di calcolo del prezzo finale impedisca al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale e, di conseguenza, lo induca a prendere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Ad esso spetta altresì prendere in considerazione i limiti inerenti al supporto impiegato per la comunicazione, la natura e le caratteristiche del prodotto nonché le altre misure che il professionista ha effettivamente adottato per mettere le informazioni a disposizione del consumatore.

Firme

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

Nel procedimento C‑122/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Marknadsdomstolen (Svezia), con decisione 4 marzo 2010, pervenuta in cancelleria l’8 marzo 2010, nella causa

Konsumentombudsmannen

contro

Ving Sverige AB,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente di sezione, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus, A. Ó Caoimh e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per il Konsumentombudsmannen, dalla sig.ra G. Wikström, in qualità di agente;

– per la Ving Sverige AB, dall’avv. D. Tornberg, advokat;

– per il governo svedese, dalle sig.re C. Meyer-Seitz e S. Johannesson, in qualità di agenti;

– per il governo tedesco, dal sig. T. Henze, in qualità di agente;

– per il governo spagnolo, dal sig. F. Díez Moreno, in qualità di agente;

– per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C.M. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti;

– per il governo polacco, dal sig. M. Szpunar, in qualità di agente;

– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra F. Penlington, in qualità di agente;

– per il governo norvegese, dalle sig.re J.T. Kaasin e I. Thue, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, dai sigg. W. Wils e J. Enegren, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 febbraio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione degli artt. 2, lett. i), e 7, n. 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149, pag. 22).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Konsumentombudsmannen (mediatore per la difesa dei consumatori) e la Ving Sverige AB (in prosieguo: la «Ving») in merito alla compatibilità di una comunicazione commerciale con la normativa nazionale in materia di misure di commercializzazione.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3 Il sesto ‘considerando’ della direttiva 2005/29 recita che essa «ravvicina (…) le legislazioni degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli interessi economici dei consumatori e, quindi, indirettamente gli interessi economici dei concorrenti legittimi».

4 Secondo il settimo ‘considerando’, la direttiva 2005/29 «riguarda le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti».

5 Il quattordicesimo ‘considerando’ di tale direttiva enuncia che essa elenca, per quanto concerne le omissioni ingannevoli, «un limitato novero di informazioni chiave necessarie affinché il consumatore possa prendere una decisione consapevole di natura commerciale. Tali informazioni non devono essere comunicate in ogni pubblicità, ma solo qualora il professionista inviti all’acquisto».

6 Il quindicesimo ‘considerando’ della richiamata direttiva precisa che «[q]ualora il diritto comunitario stabilisca obblighi di informazione riguardo a comunicazioni commerciali, pubblicità e marketing, tali informazioni sono considerate rilevanti ai fini della presente direttiva».

7 Dal diciottesimo ‘considerando’ della medesima direttiva emerge che «[c]onformemente al principio di proporzionalità, e per consentire l’efficace applicazione delle misure di protezione in essa previste, la presente direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici».

8 L’art. 1 della direttiva 2005/29 così prevede:

«La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori».

9 Secondo l’art. 2, lett. c), di tale direttiva, per «prodotto» si intende «qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni».

10 Dall’art. 2, lett. d), di detta direttiva risulta che le «pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori» sono costituite da «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori».

11 L’art. 2, lett. i), della medesima direttiva definisce come «invito all’acquisto» «una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto».

12 L’art. 2, lett. k), della direttiva 2005/29 definisce come «decisione di natura commerciale» «una decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto. Tale decisione può portare il consumatore a compiere un’azione o all’astenersi dal compierla».

13 Ai sensi dell’art. 7 della direttiva 2005/29:

«1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2. Una pratica commerciale è altresì considerata un’omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al paragrafo 1, tenendo conto degli aspetti di cui a detto paragrafo, o non indica l’intento commerciale della pratica stessa, qualora non risultino già evidenti dal contesto e quando, in uno o nell’altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per comunicare la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un’omissione di informazioni si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per mettere le informazioni a disposizione dei consumatori con altri mezzi.

4. Nel caso di un invito all’acquisto sono considerate rilevanti le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal contesto:

a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso;

b) l’indirizzo geografico e l’identità del professionista, come la sua denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l’indirizzo geografico e l’identità del professionista per conto del quale egli agisce;

c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore;

d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale;

e) l’esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto.

5. Sono considerati rilevanti gli obblighi di informazione, previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il marketing, di cui l’allegato II fornisce un elenco non completo».

Il diritto nazionale

14 La direttiva 2005/29 è stata recepita nel diritto interno con la legge 2008:486 sulle pratiche commerciali, il cui art. 12 così dispone:

«La pubblicità è considerata ingannevole quando l’impresa in una comunicazione commerciale offre un determinato prodotto ai consumatori indicandone il prezzo, ma senza fornire le seguenti informazioni rilevanti:

1) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione utilizzato e al prodotto stesso,

2) il prezzo e il prezzo per unità di misura indicati nei modi stabiliti dagli artt. 7‑10 della legge 2004:347 sulle informazioni sui prezzi,

3) l’identità e l’indirizzo geografico dell’impresa,

4) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dai normali usi del settore per il prodotto specifico,

5) le informazioni sul diritto di recesso o scioglimento del contratto che devono essere fornite ai consumatori a norma di legge.

La pubblicità è considerata altresì ingannevole quando un’impresa in una comunicazione commerciale offre ai consumatori un insieme di determinati prodotti indicando un prezzo globale, ma senza precisare nell’offerta le informazioni rilevanti di cui ai punti 1‑5 del primo comma».

Causa principale e questioni pregiudiziali

15 La Ving è un’agenzia di viaggi che organizza pacchetti vacanza con voli charter e di linea. La Ving vende anche biglietti aerei e pernottamenti in albergo a clienti per viaggi individuali. I viaggi sono venduti tramite Internet, per telefono, nei punti vendita dell’impresa e in agenzie di viaggi selezionate in tutta la Svezia.

16 Il 13 agosto 2008, la Ving ha fatto pubblicare una comunicazione commerciale in un quotidiano svedese nella quale proponeva viaggi a destinazione New York (Stati Uniti d’America) per un periodo compreso tra il mese di settembre e il mese di dicembre del 2008. Tale annuncio conteneva alcune informazioni, ossia, scritto a caratteri cubitali, «New York a partire da 7 820 corone», indi, sotto questo testo, a caratteri più piccoli, «Voli a partire da Arlanda con la British Airways e due notti all’albergo Bedford – Prezzo per persona, in camera doppia, tasse aeroportuali comprese. Notte supplementare a partire da 1 320 corone. Viaggi per date comprese tra settembre e dicembre. Numero di posti limitato», e in basso, a sinistra dell’annuncio, «Vingflex.se Tel. 0771‑995995».

17 Il 27 febbraio 2009, il Konsumentombudsmannen ha proposto ricorso contro la Ving dinanzi al giudice del rinvio sostenendo che tale comunicazione commerciale costituiva un invito all’acquisto comportante un’omissione ingannevole, in quanto le informazioni relative alle caratteristiche principali del viaggio, segnatamente il prezzo, erano insufficienti o assenti. Il Konsumentombudsmannen ha chiesto di ingiungere alla Ving di indicare un prezzo fisso nell’annuncio e di vietarle, a pena di ammende, di utilizzare un prezzo di partenza. Ha inoltre chiesto di ingiungere a tale agenzia di viaggi di specificare meglio sotto quale profilo e in che modo le caratteristiche principali del viaggio quali, ad esempio, le date, le opzioni offerte al consumatore o le caratteristiche analoghe influenzino il prezzo di partenza indicato nella comunicazione commerciale e in che maniera quest’ultimo possa variare.

18 La Ving contesta che la comunicazione commerciale in discorso costituisca un invito all’acquisto. In subordine, essa sostiene che le caratteristiche principali del prodotto sono state indicate in maniera adeguata al mezzo di comunicazione utilizzato e al prodotto in questione, e che il prezzo è stato indicato nel modo previsto dalla legge 2004:347 sulle informazioni sui prezzi.

19 La Ving nega inoltre che detta comunicazione commerciale costituisca una pratica sleale e che essa abbia omesso di fornire informazioni rilevanti e chiare. In via subordinata, la Ving asserisce che l’omissione delle informazioni controverse non ha influenzato e non era in grado di influenzare la capacità del destinatario di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

20 Ritenendo che la soluzione della controversia di cui è investito dipenda dall’interpretazione della direttiva 2005/29, il Marknadsdomstolen ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se il requisito espresso nella formulazione “pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto” di cui all’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 (…) debba essere interpretato nel senso che sussiste un invito all’acquisto quando le informazioni sul prodotto reclamizzato e sul relativo prezzo sono sufficienti per consentire al consumatore di prendere una decisione di acquisto oppure se è necessario che la comunicazione commerciale offra anche una concreta possibilità di acquistare il prodotto (ad esempio un buono d’ordine) oppure avvenga contestualmente a siffatta possibilità (ad esempio pubblicità all’esterno di locali commerciali).

2) Qualora in risposta al [primo] quesito si ritenga necessaria una concreta possibilità di acquistare il prodotto, se tale possibilità sussista già quando la comunicazione commerciale fa riferimento ad un numero telefonico o indirizzo Internet presso i quali ordinare il prodotto.

3) Se l’art. 2, lett. i), della direttiva [2005/29] debba essere interpretato nel senso che il requisito dell’indicazione del prezzo è soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo “a partire da”, ovvero il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o le categorie di prodotti reclamizzati e, contestualmente, il prodotto o le categorie di prodotti reclamizzati sono disponibili in altre versioni o con altri contenuti a prezzi non indicati.

4) Se l’art. 2, lett. i), della direttiva [2005/29] debba essere interpretato nel senso che il requisito delle caratteristiche di un prodotto è soddisfatto in presenza di una rappresentazione verbale o visiva del prodotto (…), cioè il prodotto è identificato, ma non descritto più in dettaglio.

5) In caso di risposta affermativa al [quarto] quesito, se ciò debba valere anche quando il prodotto reclamizzato è offerto in più versioni, ma la comunicazione commerciale si riferisce a esse solamente con una denominazione comune.

6) Se, nel caso di un invito all’acquisto, l’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva [2005/29] debba essere interpretato nel senso che è sufficiente che l’impresa indichi solamente alcune delle caratteristiche principali di un prodotto, rinviando per il resto al proprio sito Internet, a condizione che quest’ultimo fornisca informazioni rilevanti sulle caratteristiche principali, prezzo e altre condizioni applicabili al prodotto come richiesto [da detto] art. 7, n. 4.

7) Se l’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva [2005/29] debba essere interpretato nel senso che è sufficiente indicare un prezzo “a partire da” per considerare soddisfatto il requisito dell’indicazione del prezzo».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

21 La direttiva 2005/29 è diretta a ravvicinare le legislazioni degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli interessi economici dei consumatori e, quindi, indirettamente gli interessi economici dei concorrenti legittimi.

22 Ai fini dell’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2005/29, la nozione di consumatore riveste un’importanza fondamentale. Tale direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici.

23 La Corte ha già statuito che, per quanto concerne il carattere ingannevole di una pubblicità, i giudici nazionali devono prendere in considerazione la percezione da parte del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., in tal senso, sentenze 19 settembre 2006, causa C‑356/04, Lidl Belgium, Racc. pag. I‑8501, punto 78, e 18 novembre 2010, causa C‑159/09, Lidl, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).

24 Occorre poi rilevare che solo una pratica commerciale che sia stata precedentemente qualificata come invito all’acquisto rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 4, della direttiva 2005/29, mentre tutte le pratiche commerciali, compresi gli inviti all’acquisto, sono disciplinate dall’art. 7, nn. 1, 2, 3 e 5 di tale direttiva. L’invito all’acquisto, definito all’art. 2, lett. i), di detta direttiva, deve contenere un novero di informazioni chiave, elencate all’art. 7, n. 4, della medesima direttiva, di cui il consumatore ha bisogno per prendere una decisione consapevole di natura commerciale. In assenza di tali informazioni, che quest’ultima disposizione qualifica come rilevanti, un invito all’acquisto si considera ingannevole e quindi sleale, come emerge dagli artt. 5, n. 4, e 7 della direttiva 2005/29.

25 Si deve infine rammentare che, come emerge dal quindicesimo ‘considerando’ e dall’art. 7, n. 5, della direttiva 2005/29, le informazioni previste dal diritto dell’Unione e connesse alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il marketing, sono anch’esse considerate rilevanti. Nell’elenco non tassativo di tali disposizioni di diritto dell’Unione contenuto nell’allegato II della direttiva 2005/29 figura in particolare l’art. 3 della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (GU L 158, pag. 59).

26 La pertinenza di tale ultima disposizione dovrebbe pertanto essere verificata dal giudice nazionale, anche se le questioni ad essa attinenti non sono state sollevate né sono oggetto di dibattito dinanzi alla Corte.

Sulla prima questione

27 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’espressione «pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto», contenuta nell’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29, debba essere interpretata nel senso che subordina la qualificazione come invito all’acquisto all’esistenza di un mezzo concreto di acquistare il prodotto commercializzato o nel senso che sussiste un invito all’acquisto quando le informazioni sul prodotto in questione e sul relativo prezzo sono sufficienti per consentire al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale.

28 Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 22 delle sue conclusioni, l’invito all’acquisto è una forma particolare di pubblicità, che comporta un obbligo accresciuto di informazione in forza dell’art. 7, n. 4, della direttiva 2005/29.

29 Un’interpretazione non restrittiva della nozione di invito all’acquisto è la sola conforme a uno degli obiettivi di tale direttiva che, secondo il suo art. 1, consiste nel conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori.

30 Alla luce di tali precisazioni, l’espressione «pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto» dev’essere interpretata non come comportante l’aggiunta di un’ulteriore condizione necessaria per qualificare come tale un invito all’acquisto, bensì come indicante la finalità dei requisiti dettati in relazione alle caratteristiche e al prezzo del prodotto, affinché il consumatore disponga di informazioni sufficienti per consentirgli di effettuare un acquisto.

31 Tale conclusione è corroborata da un’interpretazione letterale fondata sull’impiego della congiunzione «pertanto» e si concilia con l’interpretazione teleologica dell’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29.

32 Ne consegue che, affinché una comunicazione commerciale possa essere qualificata come invito all’acquisto, non è necessario che essa offra un mezzo concreto di acquisto oppure che avvenga in prossimità o in occasione di un tale mezzo.

33 Stanti tali premesse, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’espressione «pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto», contenuta nell’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29, dev’essere interpretata nel senso che sussiste un invito all’acquisto quando le informazioni sul prodotto commercializzato e sul relativo prezzo sono sufficienti per consentire al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale, senza che sia necessario che la comunicazione commerciale comporti anche un mezzo concreto di acquistare il prodotto oppure che avvenga in prossimità o in occasione di un tale mezzo.

Sulla seconda questione

34 Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non è necessario risolvere la seconda.

Sulla terza questione

35 Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede se l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto è soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, ovverosia il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o il tipo di prodotti commercializzato, quando esso è disponibile anche in altre varianti, o con un contenuto diverso, a prezzi non indicati.

36 Poiché l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 non prevede l’indicazione di un prezzo finale, non si può escludere, a priori, che il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto sia soddisfatto dalla menzione di un prezzo di partenza.

37 Detta disposizione stabilisce che un invito all’acquisto deve indicare il prezzo del prodotto in forme appropriate a seconda del mezzo impiegato per la comunicazione commerciale. Ciò precisato, è ipotizzabile che, a causa del supporto utilizzato, sia difficile mostrare il prezzo del prodotto per ciascuna delle sue varianti.

38 Inoltre, lo stesso art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29 ammette, in materia di omissioni ingannevoli, che, in considerazione della natura del prodotto, un professionista possa non essere ragionevolmente in grado di comunicare in anticipo il prezzo finale.

39 Se, d’altro canto, la menzione di un prezzo di partenza si dovesse considerare insufficiente a soddisfare il requisito relativo all’indicazione del prezzo cui fa riferimento l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29, sarebbe facile, per il professionista, indicare soltanto un prezzo di partenza al fine di sottrarre la comunicazione commerciale in questione alla qualificazione come invito all’acquisto e, pertanto, al rispetto dell’art. 7, n. 4, di tale direttiva. Siffatta interpretazione nuocerebbe all’effetto utile della richiamata direttiva, come rammentato ai punti 28 e 29 della presente sentenza.

40 Da quanto precede discende che un prezzo di partenza può soddisfare il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto ai sensi dell’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29, in quanto, a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione commerciale, tale menzione consenta al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale.

41 Si deve di conseguenza risolvere la terza questione dichiarando che l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto può considerarsi soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, ovverosia il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o il tipo di prodotti commercializzato, quando esso è disponibile anche in altre varianti o con un contenuto diverso, a prezzi non indicati. Spetta al giudice del rinvio verificare, a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione commerciale, se la menzione di un prezzo di partenza consenta al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale.

Sulla quarta e quinta questione

42 Con la quarta e la quinta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che una rappresentazione verbale o visiva del prodotto permette di soddisfare il requisito relativo all’indicazione delle caratteristiche del prodotto, anche nel caso in cui una stessa rappresentazione verbale o visiva sia utilizzata per designare un prodotto offerto in più varianti.

43 La nozione di prodotto come definita all’art. 2, lett. c), della richiamata direttiva si riferisce a qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni.

44 Tuttavia, le informazioni relative alle caratteristiche del prodotto possono variare notevolmente a seconda della natura di quest’ultimo.

45 Poiché l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 stabilisce che le caratteristiche del prodotto siano indicate in forme appropriate a seconda del mezzo impiegato, a tal fine dev’essere preso in considerazione il supporto della comunicazione commerciale. Non si può richiedere lo stesso grado di precisione nella descrizione di un prodotto a prescindere dalla forma – radiofonica, televisiva, elettronica o cartacea – rivestita dalla comunicazione commerciale.

46 Una rappresentazione verbale o visiva può consentire al consumatore di farsi un’opinione sulla natura e le caratteristiche del prodotto al fine di prendere una decisione di natura commerciale anche nel caso in cui tale medesima rappresentazione designi un prodotto offerto in più varianti.

47 Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, il prezzo di partenza può permettere al consumatore di comprendere che il prodotto che è riuscito a individuare esiste in altre varianti.

48 Spetta al giudice nazionale stabilire, caso per caso, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione, se il consumatore disponga di informazioni sufficienti a identificare e distinguere il prodotto al fine di prendere una decisione di natura commerciale.

49 Si deve pertanto risolvere la quarta e la quinta questione dichiarando che l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che una rappresentazione verbale o visiva del prodotto permette di soddisfare il requisito relativo all’indicazione delle caratteristiche del prodotto, anche nel caso in cui una stessa rappresentazione verbale o visiva sia utilizzata per designare un prodotto offerto in più varianti. Spetta al giudice del rinvio stabilire, caso per caso, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione, se il consumatore disponga di informazioni sufficienti a identificare e distinguere il prodotto al fine di prendere una decisione di natura commerciale.

Sulla sesta questione

50 Con la sesta questione, il giudice nazionale chiede se l’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che è sufficiente che il professionista indichi solamente alcune delle caratteristiche principali di un prodotto, rinviando per il resto al proprio sito Internet, a condizione che quest’ultimo fornisca informazioni rilevanti sulle caratteristiche principali del prodotto, sul prezzo e su altre condizioni, come richiesto dall’art. 7, n. 4, di tale direttiva.

51 Occorre ricordare che le pratiche commerciali che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 4, della direttiva 2005/29 richiedono una valutazione caso per caso, mentre le pratiche commerciali cui fa riferimento l’allegato I della richiamata direttiva sono considerate sleali in ogni situazione (v., in tal senso, sentenze 23 aprile 2009, cause riunite C‑261/07 e C‑299/07, VTB-VAB, Racc. pag. I‑2949, punto 56, nonché 14 gennaio 2010, causa C‑304/08, Plus Warenhandelsgesellschaft, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45).

52 L’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 fa riferimento alle caratteristiche principali del prodotto senza tuttavia definire tale nozione o fornire un elenco tassativo. Ciononostante si precisa che è necessario tenere conto, da un lato, del mezzo di comunicazione utilizzato e, dall’altro, del prodotto di cui trattasi.

53 Tale disposizione va interpretata in combinato disposto con l’art. 7, n. 1, di tale direttiva, secondo il quale la pratica commerciale dev’essere valutata in considerazione, in particolare, della fattispecie concreta, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato.

54 Occorre anche rilevare che l’art. 7, n. 3, di detta direttiva prevede espressamente che, per decidere se vi sia stata un’omissione di informazioni, si tiene conto delle restrizioni di spazio e di tempo del mezzo di comunicazione impiegato nonché delle misure adottate dal professionista per mettere tali informazioni a disposizione del consumatore con altri mezzi.

55 Ne consegue che la portata delle informazioni relative alle caratteristiche principali di un prodotto, che un professionista è tenuto a comunicare nell’ambito di un invito all’acquisto, dev’essere valutata a seconda del contesto di tale invito, della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto impiegato per la comunicazione.

56 Da quanto precede risulta che l’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 non osta a che, in un invito all’acquisto, solo alcune caratteristiche principali del prodotto siano menzionate, se il professionista rimanda per il resto al proprio sito Internet, a condizione che tale sito fornisca le informazioni rilevanti relative alle caratteristiche principali del prodotto, al prezzo e alle altre condizioni, come richiesto dall’art. 7 di tale direttiva.

57 Occorre tuttavia ricordare che, secondo l’art. 7, n. 5, della direttiva 2005/29, sono considerate rilevanti le informazioni, previste dal diritto dell’Unione, connesse alle comunicazioni commerciali, e di cui un elenco non tassativo figura all’allegato II di tale direttiva. Tra i testi cui fa riferimento tale allegato, compare l’art. 3 della direttiva 90/314, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso», il cui n. 2 elenca alcune informazioni che devono essere contenute nell’opuscolo riguardante questo tipo di viaggi, vacanze e circuiti.

58 Spetta al giudice del rinvio valutare, caso per caso, prendendo in considerazione il contesto dell’invito all’acquisto, il mezzo di comunicazione impiegato nonché la natura e le caratteristiche del prodotto, se la sola indicazione di alcune caratteristiche principali del prodotto permetta al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

59 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la sesta questione dichiarando che l’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che può essere sufficiente che il professionista indichi solamente alcune delle caratteristiche principali di un prodotto, rinviando per il resto al proprio sito Internet, a condizione che tale sito fornisca le informazioni rilevanti relative alle caratteristiche principali del prodotto, al prezzo e alle altre condizioni, come richiesto dall’art. 7 di tale direttiva. Spetta al giudice del rinvio valutare, caso per caso, prendendo in considerazione il contesto dell’invito all’acquisto, il mezzo di comunicazione impiegato nonché la natura e le caratteristiche del prodotto, se la sola indicazione di alcune caratteristiche principali del prodotto permetta al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

Sulla settima questione

60 Con la settima questione, il giudice del rinvio chiede se l’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che è sufficiente indicare un prezzo di partenza per considerare soddisfatto il requisito dell’indicazione del prezzo.

61 Rispetto alla terza questione, la presente questione richiede considerazioni di ordine diverso.

62 Infatti, mentre l’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 è preposto a definire l’invito all’acquisto, l’art. 7, n. 4, lett. c), di tale direttiva stabilisce informazioni che, in occasione di un invito all’acquisto, devono essere considerate come rilevanti.

63 Orbene, se è vero che le informazioni relative al prezzo sono considerate, in linea di principio, rilevanti secondo l’art. 7, n. 4, di detta direttiva, resta il fatto che la lett. c) di tale disposizione prevede che, se la natura del prodotto comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le informazioni debbano riportare le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore.

64 La sola indicazione di un prezzo di partenza può quindi essere giustificata in casi in cui il prezzo non può ragionevolmente essere calcolato in anticipo, tenuto conto, in particolare, della natura e delle caratteristiche del prodotto. Dagli elementi versati agli atti si evince che, per determinare il prezzo finale di un viaggio, è possibile prendere in considerazione un certo numero di fattori variabili, in particolare il momento in cui è effettuata la prenotazione e l’attrattiva della destinazione, in ragione dello svolgersi di eventi religiosi, artistici o sportivi, delle particolarità delle condizioni stagionali nonché delle date e degli orari del viaggio.

65 Tuttavia, se nell’invito all’acquisto compare soltanto il prezzo di partenza, senza che siano indicate le modalità di calcolo del prezzo finale né, se del caso, le spese aggiuntive o la menzione che tali spese sono a carico del consumatore, occorre chiedersi se tale informazione sia sufficiente per consentire al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale o se non si debba invece concludere che sussistono omissioni ingannevoli sotto il profilo dell’art. 7 della direttiva 2005/29.

66 Si deve considerare che l’art. 7, n. 3, della direttiva 2005/29 precisa che, qualora il mezzo di comunicazione impiegato per comunicare la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un’omissione di informazioni si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per mettere le informazioni a disposizione dei consumatori con altri mezzi.

67 Le indicazioni fornite dalla richiamata disposizione relative agli elementi da prendere in considerazione al fine di stabilire se la pratica commerciale debba essere qualificata come omissione ingannevole sono applicabili agli inviti all’acquisto di cui all’art. 7, n. 4, di detta direttiva.

68 La portata dell’informazione relativa al prezzo sarà determinata a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto, ma anche del mezzo di comunicazione utilizzato per l’invito all’acquisto e in considerazione delle informazioni supplementari eventualmente fornite dal professionista.

69 La sola indicazione di un prezzo di partenza in un invito all’acquisto non può quindi essere considerata di per sé come un’omissione ingannevole.

70 Spetta al giudice nazionale stabilire se l’indicazione di un prezzo di partenza sia sufficiente affinché siano considerati soddisfatti i requisiti relativi alla menzione del prezzo come definiti all’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29.

71 Il giudice del rinvio dovrà segnatamente verificare se l’omissione delle modalità di calcolo del prezzo finale impedisca al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale e, di conseguenza, lo induca a prendere una decisione di natura commerciale che non avrebbe preso altrimenti. A tale giudice spetta altresì prendere in considerazioni i limiti inerenti al supporto impiegato per la comunicazione, la natura e le caratteristiche del prodotto nonché le altre misure che il professionista ha effettivamente adottato per mettere le informazioni a disposizione del consumatore.

72 Occorre di conseguenza risolvere la settima questione dichiarando che l’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che la sola indicazione di un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, in un invito all’acquisto non può essere considerata di per sé come un’omissione ingannevole. Spetta al giudice del rinvio stabilire se l’indicazione di un prezzo di partenza sia sufficiente affinché siano considerati soddisfatti i requisiti relativi alla menzione del prezzo come definiti da detta disposizione. Tale giudice dovrà segnatamente verificare se l’omissione delle modalità di calcolo del prezzo finale impedisca al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale e, di conseguenza, lo induca a prendere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Ad esso spetta altresì prendere in considerazione i limiti inerenti al supporto impiegato per la comunicazione, la natura e le caratteristiche del prodotto nonché le altre misure che il professionista ha effettivamente adottato per mettere le informazioni a disposizione del consumatore.

Sulle spese

73 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1) L’espressione «pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto», contenuta nell’art. 2, lett. i), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), dev’essere interpretata nel senso che sussiste un invito all’acquisto quando le informazioni sul prodotto commercializzato e sul relativo prezzo sono sufficienti per consentire al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale, senza che sia necessario che la comunicazione commerciale comporti anche un mezzo concreto di acquistare il prodotto oppure che avvenga in prossimità o in occasione di un tale mezzo.

2) L’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che il requisito relativo all’indicazione del prezzo del prodotto può considerarsi soddisfatto se la comunicazione commerciale contiene un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, ovverosia il prezzo minimo al quale è possibile acquistare il prodotto o il tipo di prodotti commercializzato, quando esso è disponibile anche in altre varianti o con un contenuto diverso, a prezzi non indicati. Spetta al giudice del rinvio verificare, a seconda della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione commerciale, se la menzione di un prezzo di partenza consenta al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale.

3) L’art. 2, lett. i), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che una rappresentazione verbale o visiva del prodotto permette di soddisfare il requisito relativo all’indicazione delle caratteristiche del prodotto, anche nel caso in cui una stessa rappresentazione verbale o visiva sia utilizzata per designare un prodotto offerto in più varianti. Spetta al giudice del rinvio stabilire, a seconda dei casi, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del prodotto nonché del supporto utilizzato per la comunicazione, se il consumatore disponga di informazioni sufficienti a identificare e distinguere il prodotto al fine di prendere una decisione di natura commerciale.

4) L’art. 7, n. 4, lett. a), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che può essere sufficiente che il professionista indichi solamente alcune delle caratteristiche principali di un prodotto, rinviando per il resto al proprio sito Internet, a condizione che tale sito fornisca le informazioni rilevanti relative alle caratteristiche principali del prodotto, al prezzo e alle altre condizioni, come richiesto dall’art. 7 di tale direttiva. Spetta al giudice del rinvio valutare, caso per caso, prendendo in considerazione il contesto dell’invito all’acquisto, il mezzo di comunicazione impiegato nonché la natura e le caratteristiche del prodotto, se la sola indicazione di alcune caratteristiche principali del prodotto permetta al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

5) L’art. 7, n. 4, lett. c), della direttiva 2005/29 dev’essere interpretato nel senso che la sola indicazione di un prezzo «a partire da», o prezzo di partenza, in un invito all’acquisto non può essere considerata di per sé come un’omissione ingannevole. Spetta al giudice del rinvio stabilire se l’indicazione di un prezzo di partenza sia sufficiente affinché siano considerati soddisfatti i requisiti relativi alla menzione del prezzo come definiti da detta disposizione. Tale giudice dovrà segnatamente verificare se l’omissione delle modalità di calcolo del prezzo finale impedisca al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale e, di conseguenza, lo induca a prendere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Ad esso spetta altresì prendere in considerazione i limiti inerenti al supporto impiegato per la comunicazione, la natura e le caratteristiche del prodotto nonché le altre misure che il professionista ha effettivamente adottato per mettere le informazioni a disposizione del consumatore.

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