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Crisi d'impresa: l’ennesima occasione mancata per via di un immobilismo parossistico

Impresa
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Lo scorso 18 ottobre 2020 il Consiglio dei Ministri n. 67 ha approvato il Decreto Legislativo correttivo del Codice della Crisi d’Impresa recependo le osservazioni rassegnate dalle Commissioni delle Camere allo Schema di Decreto Legislativo già approvato dal C.d.M. lo scorso 13 febbraio 2020. Invero, già lo scorso 23.06.2020 tale schema riceveva la formulazione di un parere favorevole da parte della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati e il successivo 9.07.2020 un parere favorevole con osservazioni da parte della Commissione Giustizia, nonché, ancora, ulteriore parere favorevole con osservazioni da parte delle Commissioni del Senato. Lo scorso 26 ottobre il Decreto legislativo n. 147/2020 è stato promulgato dal Presidente della Repubblica e finalmente è stato pubblicato in G.U. n. 276 il 5 novembre 2020.

È emblematico dell’immobilismo del legislatore viepiù rispetto alla radicata emergenza economica determinata dalla crisi Covid-19 il fatto che si pervenga a novembre ad un correttivo del CCI fondamentalmente – seppur con il recepimento di osservazioni – articolato allorquando l’effetto domino sull’economia delle imprese e del Paese non fosse nemmeno nell’aria. In sostanza, nel permanere all’esame di uno Schema di Decreto legislativo i cui lavori iniziarono a valle del CCI del febbraio 2019, approvando esso a febbraio 2020, con una serafica calma (o mera indifferenza) il legislatore delegato arriva a novembre 2020 con il correttivo di un combinato disposto che già dall’emanazione del CCI era criticato e che con il tracollo dell’economia che si prospetta a causa dell’emergenza sanitaria e dei provvedimenti adottati in questi mesi di partenza non sarà assolutamente congruo e misurato rispetto al panorama economico che si è determinato e che verrà determinandosi.

L’occasione di tutto quest’anno avrebbe dovuto essere di riformulare il correttivo alla luce degli indici economici e degli effetti afflittivi che l’emergenza sanitaria e le misure per contenere essa hanno prodotto e che quasi certamente produrranno negli anni a venire. Di contro l’impianto del CCI entrerà in vigore il 1° settembre 2021 e troverà un mondo economico totalmente diverso, travolgendolo.

Uno degli elementi oggetto di correttivo è dato dalla modifica del concetto di “crisi” di cui all’art. 2, lett. a) del CCI. Per effetto del correttivo con “crisi” si intende: “lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.

Tale definizione deve leggersi con la modifica dell’art. 13 del CCI nell’ambito del Titolo II rubricato Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, Capo I, Strumenti di Allerta. Tale articolo declina gli Indicatori e indici della crisi e il comma 1 viene integralmente sostituito (per vero rispetto al testo del CCI le modifiche sono piuttosto grammaticali e sintattiche): “Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere redittuale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e dell’assenza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto nell’articolo 24”. Articolo quest’ultimo relativo alla possibilità di applicazione di misure premiali all’imprenditore che tempestivamente proponga domanda di accesso alle procedure del CCI, come, tra le altre, la riduzione degli interessi o delle sanzioni sui debiti tributari durante la procedura di composizione assistita.

Nei fatti il Correttivo dimesso rispecchia per la maggior parte il testo dimesso nel febbraio 2020 allorquando non vi era ancora stata alcuna effettiva influenza dell’effetto Covid-19 e dei lockdown. Ed era frutto di una predisposizione financo di molto precedente. Ma non si è ritenuto in alcuna via di cogliere l’occasione di riformulare un effettivo correttivo (senza uscire dal seminato della delega) che potesse essere maggiormente consono alle circostanze determinatesi. Di fatto nelle “Linee Guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” dimesse lo scorso 15 settembre 2020 e che serviranno, quando completate nel più ampio Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, a determinare poi il quadro articolato e documentato da presentare alla Commissione Europea entro l’aprile del 2021 il Governo ha dichiarato il proprio obiettivo di realizzare la “riforma della disciplina della crisi d’impresa”.

Perché ad oggi tutte le misure di lockdown totale o parziale attuate in conseguenza della crisi emergenziale e la particolare scarsezza delle misure di sostegno alle imprese (piuttosto sbandierate e meramente sulla carta), viepiù nei fatti determinanti comunque mero indebitamento, hanno già determinato un sicuro aumento percentuale degli squilibri di carattere redittuale, patrimoniale o finanziario, e determineranno una altamente probabile non sostenibilità dei debiti per i mesi successivi, hanno compromesso le prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso senza parlare dell’effetto domino, stante il fatto che i tempi di attesa del Recovery Fund saranno lunghi. È altamente probabile infatti che i flussi di cassa dell’impresa non rendono sostenibili gli oneri dell’indebitamento e inadeguati i mezzi propri rispetto a quelli di terzi. E chiaramente i ritardi nei pagamenti saranno reiterati e viepiù significativi.

Il CCI entrerà in vigore il 1° settembre 2021, sì. E accoglierà a braccia aperte una platea di imprese pronte a subirne l’applicazione.

Ottimo lavoro.

Sarà per questo che da più parti si persiste nell’invocare un ulteriore slittamento dell’entrata in vigore del CCI. Ma ci sarà tempo per farlo, fino a settembre 2021. Con calma. E in fondo si comprenderà se quanto dichiarato nelle Linee Guida costituisca di per sé una sorta di anticipazione del fallimento del CCI in previsione di una riforma della riforma.