CTP Alessandria: sono inerenti i costi relativi all’acquisto di caffè per i clienti di srl
1) costi asseritamente non inerenti, in particolare riferibili alla esposizione di costi per compensi all’amministratore unico ed al socio oltre a quelli relativi all’acquisto di caffè e
2) maggiori ricavi riguardanti recuperi a tassazione dei finanziamente asseritamente effettuati da due soci.
La Commissione Tributaria ha accolto parzialmente il ricorso.
Per il primo punto il giudicante ha valutato come non inerente alla gestione il costo per il comepenso all’amministratore mentre diversamente si è pronunciata in merito ai compensi devoluti al socio lavoratore ed a quelli relativi ai rifornimenti di caffè.
Non essendovi vincolo di subordinazione, all’amministratore di una società non possono imputarsi incassi a titolo diverso dal compenso. Infatti “la giurisprudenza ormai prevalente ha statuito, mutundo dai principi civilistici in tema di società, come il compenso dell’amministratore debba essere deliberato preventivamente dall’assemblea dei soci non essendo sufficiente che l’esborso da parte della società venga ratificato in sede di approvazione del bilancio consuntivo; e ciò per ciascun anno nel quale il compenso viene esborsato.” Nel caso di specie, per l’anno 2007, non essondovi stata delibera dell’asseblea in punto, detto costo non puo’ essere imputato alla gestione.
All’opposto, il compenso erogato a favore al socio lavoratore, deve essere riconosciuto quale inerente in quanto si qualifica come retribuzione per il lavoro svolto e non per l’amministrazione della società. Il fatto poi che siano stati regolarmente versati i contributi ed applicate le ritenute fiscali per entrambi i rapporti, non è questione influente sulla natura del rapporto, difatti “nel caso dell’amministratore i versamenti sono stati versati erroneamente mentre correttamente sono stati effettuati per il lavoratore”.
Da ultimo sono da considerarsi inerenti i costi relativi all’acquisto di caffè per il rifornimento della “macchinetta” presente nella sede dell’esercizio commerciale. Il caffè, offerto ai clienti della ditta, non può non considerarsi che “in rapporto di stretta correlazione” e dunque inerente in quanto, se così non fosse, dovrebbero escludersi dall’inerenza tutti i mezzi pubblicitari.
Per il secondo aspetto, riguardante i recuperi a tassazione dei finanziamenti asseritamente effettuati da due soci, l’Agenzia delle Entrate fonda la propria motivazione su due elementi: 1) il “comportamento contra legem” dell’amministratore che avrebbe effettuato finanziamenti alla società con l’intento di recuperarli successivamente e 2) la disponibilità economica di entrambi i soci non avrebbe permesso tali esborsi.
Sul punto la Commissione ha dichiarato che tali elementi “non possono essere considerati presunzioni tali da costituire elementi di giudizio”. Quelle dell’Ufficio, a parere della commissione, sono deduzioni a) non fondate su prove certe (in particolare il punto sub 2 e’ confutato dalla dichiarazione dei redditi del socio amministratore) e b) non sono tali da potersi considerare gravi, precise e concordanti in quanto b’) giustificate dalla ricorrente con la necessità di non apparire insolvente davanti ai fornitori abituali b’’) stante la possibilità di effettuare tali operazioni “contra legem”, prive di effetti pregiudizievoli per la società, da parte dei soggetti controllanti. Al contrario “è semmai il salto logico operato dall’Agenzia ad essere troppo ardito: finanziamento “irregolare” uguale a occultamento di attivo”.
In ultimo la Commissione non ha ritenuto attinente la decisione della Suprema Corte richiamata dall’Ufficio (n. 11988/2011) la quale afferma l’inversione dell’onere della prova (a carico del contribuente la prova dell’avvenuto conferimento e non dell’Agenzia), ogni qualvolta risulti un disavanzo di cassa. Nel caso in esame non ci si trova di fronte ad un disavanzo di cassa, ma di cassa che chiude in pareggio (o avanzo) grazie ai conferimenti ritenuti inattendibili dall’Ufficio. Da cio’ consegue che “l’onere della prova, a fronte di una spiegazione tutto sommato possibile, incombe a chi ne contesta la veridicità”.
In definitiva la Commissione ha dichiarato come non inerente solo il costo relativo al compenso per l’amministratore unico della societè ammettendone il recupero da parte dell’Ufficio, il resto dei costi ed i maggiori ricavi evidenziati dall’Agenzia invece sono giustificati e quindi non costituiscono motivo di rettifica del reddito della società ai fini Ires, Irap ed Iva.
(Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria, Sentenza 23 novembre 2011, n.86)
[Dott.ssa Valeria Borioni]
1) costi asseritamente non inerenti, in particolare riferibili alla esposizione di costi per compensi all’amministratore unico ed al socio oltre a quelli relativi all’acquisto di caffè e
2) maggiori ricavi riguardanti recuperi a tassazione dei finanziamente asseritamente effettuati da due soci.
La Commissione Tributaria ha accolto parzialmente il ricorso.
Per il primo punto il giudicante ha valutato come non inerente alla gestione il costo per il comepenso all’amministratore mentre diversamente si è pronunciata in merito ai compensi devoluti al socio lavoratore ed a quelli relativi ai rifornimenti di caffè.
Non essendovi vincolo di subordinazione, all’amministratore di una società non possono imputarsi incassi a titolo diverso dal compenso. Infatti “la giurisprudenza ormai prevalente ha statuito, mutundo dai principi civilistici in tema di società, come il compenso dell’amministratore debba essere deliberato preventivamente dall’assemblea dei soci non essendo sufficiente che l’esborso da parte della società venga ratificato in sede di approvazione del bilancio consuntivo; e ciò per ciascun anno nel quale il compenso viene esborsato.” Nel caso di specie, per l’anno 2007, non essondovi stata delibera dell’asseblea in punto, detto costo non puo’ essere imputato alla gestione.
All’opposto, il compenso erogato a favore al socio lavoratore, deve essere riconosciuto quale inerente in quanto si qualifica come retribuzione per il lavoro svolto e non per l’amministrazione della società. Il fatto poi che siano stati regolarmente versati i contributi ed applicate le ritenute fiscali per entrambi i rapporti, non è questione influente sulla natura del rapporto, difatti “nel caso dell’amministratore i versamenti sono stati versati erroneamente mentre correttamente sono stati effettuati per il lavoratore”.
Da ultimo sono da considerarsi inerenti i costi relativi all’acquisto di caffè per il rifornimento della “macchinetta” presente nella sede dell’esercizio commerciale. Il caffè, offerto ai clienti della ditta, non può non considerarsi che “in rapporto di stretta correlazione” e dunque inerente in quanto, se così non fosse, dovrebbero escludersi dall’inerenza tutti i mezzi pubblicitari.
Per il secondo aspetto, riguardante i recuperi a tassazione dei finanziamenti asseritamente effettuati da due soci, l’Agenzia delle Entrate fonda la propria motivazione su due elementi: 1) il “comportamento contra legem” dell’amministratore che avrebbe effettuato finanziamenti alla società con l’intento di recuperarli successivamente e 2) la disponibilità economica di entrambi i soci non avrebbe permesso tali esborsi.
Sul punto la Commissione ha dichiarato che tali elementi “non possono essere considerati presunzioni tali da costituire elementi di giudizio”. Quelle dell’Ufficio, a parere della commissione, sono deduzioni a) non fondate su prove certe (in particolare il punto sub 2 e’ confutato dalla dichiarazione dei redditi del socio amministratore) e b) non sono tali da potersi considerare gravi, precise e concordanti in quanto b’) giustificate dalla ricorrente con la necessità di non apparire insolvente davanti ai fornitori abituali b’’) stante la possibilità di effettuare tali operazioni “contra legem”, prive di effetti pregiudizievoli per la società, da parte dei soggetti controllanti. Al contrario “è semmai il salto logico operato dall’Agenzia ad essere troppo ardito: finanziamento “irregolare” uguale a occultamento di attivo”.
In ultimo la Commissione non ha ritenuto attinente la decisione della Suprema Corte richiamata dall’Ufficio (n. 11988/2011) la quale afferma l’inversione dell’onere della prova (a carico del contribuente la prova dell’avvenuto conferimento e non dell’Agenzia), ogni qualvolta risulti un disavanzo di cassa. Nel caso in esame non ci si trova di fronte ad un disavanzo di cassa, ma di cassa che chiude in pareggio (o avanzo) grazie ai conferimenti ritenuti inattendibili dall’Ufficio. Da cio’ consegue che “l’onere della prova, a fronte di una spiegazione tutto sommato possibile, incombe a chi ne contesta la veridicità”.
In definitiva la Commissione ha dichiarato come non inerente solo il costo relativo al compenso per l’amministratore unico della societè ammettendone il recupero da parte dell’Ufficio, il resto dei costi ed i maggiori ricavi evidenziati dall’Agenzia invece sono giustificati e quindi non costituiscono motivo di rettifica del reddito della società ai fini Ires, Irap ed Iva.
(Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria, Sentenza 23 novembre 2011, n.86)
[Dott.ssa Valeria Borioni]