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Di draghi, uomini, giardini e dipinti

Asia
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Oggi mi trovo qui, nella mia tana (no, non vi posso dire dove si trova, altrimenti verrebbe meno la sua funzione) a ragionare di cose d’Asia. Lascio che la mia mente vaghi, guidata da oggetti che vedo intorno a me e da ricordi che si dipanano nel tempo.

Nel mio studio, incorniciati alle pareti, vari draghi antichi ricamati in seta ed oro mi tengono compagnia e …

In Occidente il drago ha sempre simboleggiato il diavolo. San Giorgio a cavallo lo trafigge con una lancia per sconfiggere le forze del male. Anche nelle favole, a volte, si narra di principesse tenute prigioniere da draghi malefici.

Nell’antica Cina, invece, il drago nasce probabilmente dalla visione da parte dell’uomo dei fulmini in cielo. È  rappresentativo dell’energia della natura, associato all’elemento yang (maschile), che vive in armonia con quello yin (femminile). Per tale motivo, non è visto come un pericolo, ma qualcosa da rispettare e con cui convivere.

L’uomo occidentale, insegnava Feng Yu-lan, ha le sue radici nella polis greca, che era proiettata all’esterno mediate il commercio (e nella quale l’individuo aveva un ruolo importante).

L’uomo cinese, invece, faceva parete di una cultura nella quale non era il singolo a contare, ma il clan familiare inserito in una società contadina autosufficiente e ripiegata su se stessa (e quindi poco aperta alle innovazioni).

È stato così che Occidente ed Oriente hanno nel tempo seguito strade diverse.

Prendiamo i giardini, ad esempio.

In Occidente costituivano spesso ornamento di una abitazione signorile ed evidenziavano disegni geometrici tracciati mediante siepi ed alberi. In altre parole, la natura veniva addomesticata ad uso dell’uomo e soggiogata alla sua idea di bellezza.

La concezione cinese del giardino, all’opposto, era non estetica, ma filosofica. La casa (e quindi l’uomo) occupava uno spazio limitato rispetto a quello riservato alla natura (altrimenti avrebbe dato idea di superbia e volgarità).

Il giardino, poi, era impreziosito da rocce dalle forme bizzarre (quei massi venivano ripescati da laghi nelle cui acque erano lasciati per decenni, affinché fosse la natura stessa a scolpirli) e da acque che lo percorrevano lentamente permettendo la circolazione dell’energia vitale (qi). Questi due elementi, acqua e rocce, a loro volta simboleggiavano lo yin e lo yang, entrambi necessari ed in equilibrio, a manifestare armonia.

A volte si poteva scorgere in lontananza una pagoda, che dava l’impressione di essere anch’essa parte di quello spazio (in questo caso definito “paesaggio rubato”).

Un discreto sentiero si snodava in maniera tortuosa, permettendo di assaporare tutti gli scorci e creando l’impressione che il giardino fosse immenso anche se non lo era. In tale ambiente, l’uomo poteva lasciare fluire i pensieri, ragionare di poesia e filosofia, o ascoltare il canto dei propri uccelli preferiti, le cui gabbiette venivano al mattino fatte dondolare affinché la forza centrifuga facesse fare a quelle bestiole flessioni sulle zampette e quindi una ginnastica che li tenesse in buona salute.

L’uomo ha sempre amato dipingere ciò che lo colpiva profondamente ed osservare il frutto dei dipinti altrui.

Differente, però, è l’approccio dimostrato anche in questo campo tra occidentali e cinesi.

Di fronte ad un’opera d’arte l’uomo occidentale ne apprezza la bellezza, la maestria e lo stile di chi l’ha creata. Risale all’epoca storica e alle vicende personali dell’artista per cercare di comprenderne le sfumature.

Niente di tutto ciò avveniva nel caso di un dipinto cinese. Per prima cosa se ne ammiravano gli ideogrammi che lo rendevano unico. Non solo per la loro bellezza (la pittura ideografica veniva considerata superiore alle altre forme d’arte), ma soprattutto per il contenuto filosofico di quei versi. Questi, infatti, rappresentavano la via per un accesso mentale al dipinto, verso quei monti e fiumi, quella natura della quale si era parte e che, pertanto, non doveva essere dominata.

In altre parole, non si osservava un dipinto dall’esterno, ma in esso si entrava per compiere un percorso il cui fine era quello di percepire intimamente una sintonia con l’Universo.

Adesso, dopo queste digressioni e questo piccolo viaggio della mente nel tempo e nello spazio, mi accorgo di essere di nuovo nella mia casa. Infatti, ecco i draghi intorno a me. Per un attimo, ma solo per un attimo, mi viene il dubbio che forse siano loro ad osservare me.