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Disinnescata la riforma sulla legittima difesa: sempre necessaria la violenza o minaccia

Pontile
Ph. Marta Stranges / Pontile

Affinché possa operare la scriminate della legittima difesa domiciliare è comunque necessaria, anche dopo la riforma dell’istituto intervenuta nel 2019, la reazione ad una violenza o minaccia o, quantomeno, il pericolo di aggressione. Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 40414 del 2 ottobre 2019.

Il caso in esame: lesioni personali aggravate e presunta legittima difesa

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano ritenuto l’imputato penalmente responsabile del reato di lesioni personali aggravate, condannandolo alla pena di otto mesi di reclusione. Era accaduto che questo, una volta rientrato in casa, dopo aver notato che qualcuno vi si era introdotto in sua assenza, asportandovi anche degli oggetti, aveva udito dei rumori provenire dalla porta della propria abitazione e aveva colpito con una mazza da baseball il soggetto che vi aveva fatto ingresso in quel momento, suo conoscente ma non immediatamente riconosciuto.

In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto non sussistente la causa di giustificazione della legittima difesa, in quanto, pur essendosi verificata un’intrusione nel domicilio, non vi era stata alcuna aggressione alla persona.

L’imputato aveva, pertanto, proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in ragione del mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa di cui all’articolo 52 Codice Penale, quantomeno nella forma putativa, per errore incolpevole dell’agente determinato dal comportamento della persona offesa e per la mancata qualificazione del fatto in lesioni personali colpose per eccesso colposo ex articolo 55 Codice Penale.

La decisione della Suprema Corte: presupposti perché operi la legittima difesa domiciliare presunta

Al fine di dare soluzione al quesito giuridico proposto, i giudici di legittimità hanno individuato il principio di diritto adottato dalla decisione di merito impugnata, secondo cui “anche dopo le modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006 n. 59 la causa di giustificazione di cui all’art. 52 cod. pen. non consente un’indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora, ma presuppone un attacco, nell’ambiente domestico, alla propria o all’altrui incolumità, o, quanto meno, un pericolo di aggressione”.

Nel caso in esame, invero, vi era stata, secondo la stessa ricostruzione dell’imputato, la mera introduzione nell’appartamento da parte della persona offesa, non accompagnata da altre circostanze rilevanti ai fini dell’operatività della presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa di cui al comma secondo dell’articolo 52 Codice Penale, né, ancor prima, idonee a far sorgere la stessa necessità di difendersi da un’offesa ingiusta: “la stessa repentinità della condotta – osserva la Corte – non lascia spazio alla creazione di quella situazione di pericolo attuale richiesto dalla norma, essendosi piuttosto l’azione risolta in un attacco preventivo che in quanto tale non può giammai assumere i connotati della legittima difesa, che presuppone, per sua stessa definizione, l’esigenza di difendersi da una ingiusta aggressione”.

Secondo la Suprema Corte – e qui risiede l’estrema rilevanza della presente pronuncia – i requisiti fattuali che legittimano la scriminante de quo sopra evidenziati non sarebbero mutati con la novella del 2019 (Legge 26 aprile 2019, n. 36), che ha modificato gli articoli 52 e 55 Codice Penale, introducendo presunzioni legali (presunzione di sussistenza della scriminante in caso intrusione domiciliare, violenta o con minaccia, di cui al comma 4 dell’articolo 52 Codice Penale) e riqualificazioni (presunzione di proporzionalità di cui al comma 3 del medesimo articolo 52 Codice Penale), “solo apparentemente rafforzate in termini di assolutezza dall’avverbio “sempre” adoperato dal Legislatore, dal momento che è, comunque, rimasta “in vita” l’ipotesi dell’eccesso colposo di cui all’articolo 55 Codice Penale (prevedendo la modifica che ha interessato anche tale disposizione normativa esclusivamente la non punibilità, e per la sola ipotesi della salvaguardia della propria o altrui incolumità, anche in caso di eccesso colposo giustificato da situazione di minorata difesa ovvero di grave turbamento)”.

A giudizio della Cassazione, dunque, “nella nuova ipotesi della cd. legittima difesa domiciliare presunta – quella cioè posta in essere contro l’intromissione nel domicilio – affinché l’azione lesiva del soggetto agente possa essere presuntivamente ritenuta scriminata occorre che l’intrusione nell’abitazione sia avvenuta con violenza o minaccia”, circostanza questa non emersa nel giudizio di merito.

La valutazione della legittima difesa rimane, pertanto, ancorata ai parametri interpretativi, ordinari, preesistenti, individuati dalla giurisprudenza nella vigenza del testo legislativo precedente alla riforma da ultimo intervenuta.

Anche con riferimento all’istituto dell’eccesso colposo, la Corte giunge a conclusioni non dissimili dalle precedenti.

A giudizio della Cassazione, la Corte territoriale avrebbe correttamente escluso la configurabilità dell’eccesso colposo, “perché, stante l’insussistenza dei requisiti della aggressione ingiusta attuale e della necessità di difendersi, non si tratta di stabilire la proporzionalità della difesa rispetto all’offesa mancando proprio a monte il bisogno di rimuovere un pericolo attuale”.

Secondo un principio, prima logico che giuridico, più volte evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, “se non è giuridicamente prospettabile l’esimente della legittima difesa, non è, concettualmente, ipotizzabile neppure l’eccesso colposo”.

L’eccesso colposo, infatti, presuppone la sussistenza di tutti i requisiti fattuali richiesti dall’articolo 52 Codice Penale e il superamento – colposo – dei limiti ad essa immanenti: “il presupposto su cui si fondano sia l’esimente della legittima difesa che l’eccesso colposo è costituito dall’esigenza di rimuovere il pericolo di un’aggressione mediante una reazione proporzionata e adeguata, l’eccesso colposo si distingue per un’erronea valutazione del pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati; ne deriva che, una volta esclusi gli elementi costitutivi della scriminante, non v’è spazio ovviamente – per l’inesistenza di una offesa dalla quale difendersi – per la configurazione di un eccesso colposo”.

Per i giudici di legittimità, la modifica dell’articolo 55 Codice Penale introdotta dalla Legge n. 36/2019 non muterebbe i termini interpretativi di cui sopra, “rimanendo in ogni caso ancorata la sussistenza dell’eccesso colposo alla ricorrenza dei presupposti della legittima difesa, escludendo il nuovo comma 2 di tale articolo unicamente la punibilità in caso di grave turbamento o minorata difesa (nel senso che in tali situazioni sarebbe scusato anche l’eccesso di difesa)”.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.