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Dissenso del condomino rispetto alle liti

Un'analisi dell'articolo 1132 del Codice Civile
Condominio
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Dissenso del condomino rispetto alle liti

Con una norma che costituisce una chiara eccezione rispetto al principio maggioritario che governa i rapporti tra condòmini, l’art. 1132 c.c. prevede il diritto, per il singolo condòmino, di separare la propria posizione rispetto a quella assunta dalla maggioranza assembleare, notificando un atto di dissenso alle liti che il condominio avesse deciso di promuovere o alle quali intendesse resistere.

Si tratta di un’eccezione così solida che l’art. 1138 c.c. prevede che tale diritto al dissenso non possa essere cancellato né menomato con diversa norma del regolamento condominiale.
 

Dissenso del condomino: natura, presupposti ed ambito di applicazione.

Il presupposto perché tale diritto possa essere esercitato è costituito, dunque, da una delibera assembleare, con la quale il condominio decida di dare corso ad un giudizio o di resistervi, che abbia ad oggetto parti comuni del condominio e che sia trattato in sede civile. 

Non è possibile, invece, esercitare tale diritto per quelle liti che rientrano nei poteri specifici dell’amministratore (ai sensi dell’art. 1130 co. 1 n. 4 C.c.) sino a che le stesse non siano oggetto di apposita delibera assembleare di ratifica o discussione (cfr. Cass. civ. Sez. II n. 2259 del 2.3.1998).

La norma, inoltre, non si applica alle liti tra il condominio ed il singolo condòmino, per quanto riguarda la posizione di quest’ultimo, poiché l’ammontare delle spese di lite ad esso relative dovranno essere stabilite col provvedimento che definisce il giudizio.

Infine, appare incerta l’applicazione dell’art. 1132 c.c. per quanto attiene al solo procedimento di mediazione, che non prosegua con un’attività giudiziale e dunque non determini una soccombenza. 

Da un lato, invero, sono certamente escluse dall’applicazione del diritto al dissenso le spese stragiudiziali sostenute dal condominio, ancorché propedeutiche all’attività giudiziale, quali ad esempio pareri legali dati in vista del giudizio (cfr. Trib. Firenze 4.12.206 n. 4149), dall’altro, il procedimento di mediazione è sovente condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e lo è certamente in materia condominiale): tuttavia ove lo stesso terminasse con un accordo o semplicemente non sfociasse in un successivo giudizio, in assenza di soccombenza (che mai può derivare da un procedimento di mediazione) requisito che espressamente la norma contempla, non sembra applicarsi l’art. 1132 c.c.

In ogni caso, è riconosciuto al dissenziente il diritto di impugnazione della delibera assembleare ex art. 1137 c.c., indipendentemente dall’esercizio del dissenso.

Forma del dissenso.

Appare pacifico in dottrina che il dissenso debba essere comunicato in forma scritta, poiché la norma si riferisce espressamente ad un “atto”. Il termine letterale, con cui si esplicita che esso deve essere “notificato” all’amministratore (o, in mancanza, a tutti i condòmini), in realtà viene interpretato dalla giurisprudenza come informativa senza forme solenni, ritenendosi idonea allo scopo una raccomandata con avviso di ricevimento (e quindi anche una PEC).

Vi è giurisprudenza di merito che ritiene che l’atto di dissenso possa essere anche annotato nel verbale assembleare, subito dopo la votazione alla quale il dissenziente abbia partecipato, naturalmente esprimendo voto contrario o astenendosi. (cfr. Trib. Monza 13.10.2005).
 

Dissenso del condomino; termine per l’esercizio del dissenso

La comunicazione deve avvenire, nel termine di trenta giorni dalla data dell’assemblea se il dissenziente vi era presente (personalmente o per delega) o dalla data di comunicazione del verbale se era assente, considerando tali termini come rispondenti al “giorno in cui il condòmino ha avuto notizia della deliberazione” come previsto dalla norma codicistica.

Poiché si tratta di un termine di decadenza, a mente dell’art. 2969 c.c., il suo decorso non può essere rilevato d’ufficio dal giudice.

Inoltre, dacché non è infrequente il caso in cui il verbale assembleare venga comunicato agli assenti con un’ampia distanza temporale dalla data di celebrazione dell’adunanza (o nel quale, persino, se ne ometta la comunicazione), è opportuno precisare anche come, secondo la migliore dottrina, nel caso in cui abbia avuta notizia della lite dopo che questa è iniziata, il condòmino possa esercitare il dissenso sino alla sua conclusione. Se, invece, esso ha avuta notizia dopo la sentenza, passata in giudicato, si ritiene che il condòmino non possa più esercitare il proprio dissenso nelle forme di cui all’art. 1132 ma che abbia, invece, azione di risarcimento nei confronti del condominio.


Dissenso del condomino: effetti del dissenso

Il primo e più importante effetto risiede, naturalmente, nella separazione della responsabilità del dissenziente da quella del condominio in caso di soccombenza nella lite. 

Pertanto, non potranno essere addebitate al condòmino dissenziente le spese anticipate dal condominio per il giudizio né quelle che il condominio dovesse corrispondere alle controparti in caso di soccombenza, pena la nullità della relativa delibera (cfr. Cass. civ. Sez. II n. 11126 del 15.5.2006; Cass. Civ. Sez. II n. 16092 del 29.7.2005).

Tuttavia, il dissenziente può comunque vedersi costretto a pagare le somme che i terzi creditori - all’esito del giudizio con soccombenza del condominio - esigano dal condominio e dunque dai condòmini pro quota, avendo in tal caso diritto di rivalsa verso gli altri condòmini ma esclusivamente per quanto avesse dovuto corrispondere a titolo di spese, interessi e danni conseguenti alla soccombenza nel giudizio e non anche per quanto fosse stato costretto a pagare, pro quota, in relazione all’oggetto della domanda giudiziale (e che, dunque, avrebbe dovuto comunque corrispondere ove non fosse stato promosso il giudizio).

Nel corso della lite, peraltro, il condòmino dissenziente può partecipare alle deliberazioni relative al prosieguo della controversia, non trattandosi in astratto di un’ipotesi di conflitto di interessi, la quale, eventualmente, dovrebbe invece configurarsi in concreto, realizzandosi solo a fronte di un conflitto tra ragioni personali del condòmino ed un contrario interesse istituzionale del condominio. In giurisprudenza, si è ammesso che il condòmino dissenziente possa votare concorrendo a formare la maggioranza su una delibera concernente l’abbandono della lite iniziata (Cass. civ. Sez. II n. 15360 del 5.12.2001).

In caso di vittoria, il dissenziente può decidere successivamente di trarre vantaggio dagli effetti della lite stessa e nel caso in cui abbia tratto vantaggio (secondo autorevole dottrina, in realtà, solamente nei limiti in cui abbia tratto vantaggio) dalla vittoria del condominio, è tenuto al pagamento delle spese di lite che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.

In conclusione, dunque, l’esercizio del dissenso alle liti consente al condòmino, seppure in via eccezionale, di isolare la propria responsabilità rispetto alle decisioni assembleari e, per quanto in tal modo non si possa riparare dall’effetto svantaggioso della lite sul piano sostanziale, quantomeno gli permette di estraniarsi dagli effetti processuali in caso di soccombenza, partecipandovi solamente in caso di vittoria.