Divieto di immissioni e tutela della salute
Con riferimento al dato che costituisce la premessa del discorso (e cioè la portata dell’articolo 844 Codice Civile) può dirsi che la stessa collocazione sistematica della norma fa comprendere come la tutela in essa contenuta sia solo di tipo reale. La giurisprudenza ha avuto modo di puntualizzare che viene in considerazione un’azione reipersecutoria di natura reale che si inquadra nella figura più generale dell’azione negatoria che può essere esperita in via d’urgenza, è discusso se possa inserirsi nell’ambito dell’azione possessoria o se possa farsi luogo all’azione inibitoria.
Bisogna in primo luogo individuare l’esatta portata dell’articolo 844 Codice Civile, considerando la sua collocazione sistematica possiamo vedere come appaia evidente l’intenzione del legislatore di apprestare una tutela ai fondi che possono essere pregiudicati dalle immissioni altrui. Se questo è l’ambito applicativo della norma de qua la tutela della salute sembrerebbe esulare dalla portata dell’articolo 844 Codice Civile.
Laddove il legislatore prevede che il proprietario di un bene possa esercitare, in relazione al proprio diritto dominicale, dei poteri non limitabili (salvo l’ipotesi di abuso del diritto), in ragione della mancanza di limiti precisi all’esercizio dei poteri dominicali rilevano solo i limiti inerenti le ragioni funzionali e nel nostro caso il limite della funzione sociale della proprietà.
È in questi limiti che va valutata per esempio la figura dell’articolo 833 Codice Civile in cui si dice che quando il diritto di proprietà è utilizzato per realizzare scopi non coerenti con la funzione sociale della proprietà, ed in presenza di una sorta di "dolo specifico" di danno, (intentio nocendi) in questo caso si può giustificare l’intervento dell’autorità giudiziaria teso al risarcimento dei pregiudizi derivati ai terzi dall’uso "sfunzionale" del diritto di proprietà. Nell’ipotesi ex articolo 833 Codice Civile allora per potersi avere tutela risarcitoria occorrono due requisiti:
1) il superamento della funzione sociale della proprietà (si parla infatti di uso funzionale);
2) che l’uso sfunzionale sia accompagnato dall’intento di nuocere a terzi.
Si discute se si sia in presenza di un fatto illecito ex art. 2043 c.c. o se, invece, si abbia una fattispecie autonoma equiparabile quoad effectum al risarcimento del danno ma dotata di connotati propri essendo un illecito dominicale.
È possibile ritenere che a questa fattispecie di danno sia applicabile il regime dell’illecito aquiliano ma con connotati di specialità poiché: a) in capo a ciascun consociato c’è un generico dovere di astensione dall’ingerenza nella sfera giuridica altrui; b) dottrina e giurisprudenza ipotizzano un illecito aquiliano non sorretto da alcuna prova in ordine all’elemento psicologico, quest’ultimo sarebbe, infatti, in re ipsa, e cioè insito nel mancato rispetto del dovere di astensione; c) se è vero che solitamente il risarcimento del danno avviene o in forma specifica o per equivalente e se è vero che è richiesto il ripristino dei luoghi, troverebbe applicazione il disposto dell’art. 2058 c.c. ma senza i limiti previsti non rilevando l’eccessiva onerosità dell’attività ripristinatoria.
Da tutto ciò emerge come la tutela aquiliana dei diritti dominicali presenti in questo caso dei connotati diversi dal solito poiché è regolata dall’art. 2043 Codice Civile letto in combinato disposto con l’articolo 2058 Codice Civile.
In tema di rapporti di vicinato c’è un conflitto tra i poteri dominicali dei proprietari finitimi, e le norme dettate in materia di vicinato tendono proprio a regolare questo contrasto. Ci troviamo in un ambito diverso da quello di cui all’art. 833 Codice Civile poiché il legislatore ha inteso stabilire dei criteri di portata generale per individuare l’emulatività di un comportamento non potendo essere disciplinati specificatamente tutti i possibili tipi di conflitto.
L’art. 844 Codice Civile rientra nell’ambito della figura più generale dell’abuso del diritto? La risposta che dottrina e giurisprudenza danno al riguardo è che l’articolo 844 Codice Civile non può considerarsi un’ipotesi applicativa dell’articolo 833 Codice Civile perché il legislatore fissa la regola risolutiva del conflitto attraverso il riferimento alla "normale tollerabilità" delle immissioni. Tale criterio serve a stabilire la liceità/illiceità delle immissioni, perciò il legislatore considera questo limite come di carattere relativo consentendo al giudice di rimuoverlo attraverso un atto di autorizzazione che permette di considerare lecite le immissioni pur quando abbiano superato il limite della normale tollerabilità.
Il giudice perciò diventa, in un certo senso, amministratore degli interessi dei proprietari dei fondi finitimi; chiaramente perciò il limite è fissato dalla legge, ma non è sufficiente un accertamento in ordine al superamento del limite occorrendo pur sempre l’intervento del giudice per contemperare gli interesse configgenti. Nell’articolo 833 Codice Civile il limite non è espressamente fissato, in quanto norma di chiusura che permette di risolvere tutti i problemi non codificati, pertanto il legislatore in mancanza di regole certe per la risoluzione del conflitto, connota questa fattispecie sia sotto il profilo psicologico sia con riferimento al connotato dell’assenza di qualunque utilità connessa al superamento del limite.
Intendendo l’assenza di utilità in termini ampi, ricomprendendo cioè sia il profilo del soddisfacimento economico che quello morale, si arriva ad una interpretatio abrogans della norma, poiché sarà sempre rinvenibile se non un’utilità economica quantomeno un soddisfacimento di carattere morale. Tutto ciò non ricorre nell’art. 844 Codice Civile dove un limite c’è ed è costituito dalla normale tollerabilità delle immissioni, una volta superato questo limite le immissioni che dovrebbero essere considerate illecite possono essere sottoposte ad un giudizio comparativo di interessi che permette di ottenere un’autorizzazione giudiziale al loro svolgimento, con la conseguenza che le immissioni autorizzate possono dare adito al più ad un indennizzo e non ad un risarcimento del danno; tale indennizzo però, in virtù dell’efficacia ex nunc dell’autorizzazione, si proietterà nel futuro, per le immissioni pregresse perciò rileverà pur sempre un illecito, di conseguenza il soggetto danneggiato potrà chiedere per esse il risarcimento del danno.
Laddove il giudice stabilisca che le immissioni eccedenti la normale tollerabilità debbano soccombere rispetto alle pretese del soggetto che le subisce, inibirà la prosecuzione dell’attività immissiva ed imporrà una condanna la risarcimento del danno arrecato all’immobile altrui.
Come valutare il limite della normale tollerabilità? L’articolo 844 Codice Civile fa riferimento allo stato dei luoghi, il richiamo al secondo criterio, quello del c.d. preuso, ha una valenza sussidiaria venendo in rilievo solo se l’accertamento in ordine al superamento del limite della normale tollerabilità abbia avuto esito incerto. Occorre stabilire alla luce di quali valutazioni è possibile affermare che si è avuto il superamento della soglia della normale tollerabilità. Non può trattarsi di immissione diretta (cioè guidata dall’opera dell’uomo) poiché questa ipotesi rientra nell’illecito aquiliano tout court, pertanto deve essere un’immissione indiretta (imputabile a fatti di terzi o ad eventi naturalistici) e deve presentare il carattere della corporalità (deve cioè ricadere sotto il sistema percettivo-sensoriale).
Non può prescindersi dal tipo di immissioni e dalla loro entità per verificare il superamento della soglia della normale tollerabilità, se questo limite non viene superato l’attività immissiva non presenterà profili di illiceità e non si darà luogo nemmeno ad un provvedimento di tipo indennitario, poiché l’indennizzo trova la sua ratio nel sacrificio dell’interesse del singolo a fronte dell’interesse della comunità.
Quando si parla di verifica della normale tollerabilità siamo nell’ambito della disciplina dei rapporti di vicinato, si pone il problema delle c.d. immissioni nocive per la salute. L’articolo 844 Codice Civile si può estendere oltre i limiti dei rapporti di vicinato? La tutela ex articolo 844 Codice Civile può essere invocata da chi vanta un diritto personalissimo? In passato parte della giurisprudenza ha escluso questa possibilità sulla base della considerazione della natura dell’articolo 844 Codice Civile, cioè di norma posta a tutela della proprietà. «La tutela del diritto alla salute, minacciato o leso da intollerabili immissioni, può ottenersi mediante l’emissione di un provvedimento cautelare inibitorio, fondato, in ragione della natura personale di un tale diritto, esclusivamente sull’articolo 32 Costituzione e non già sull’articolo 844 Codice Civile, per contro volto a disciplinare rapporti inerenti al diritto di proprietà su beni immobili» (Trib. Bologna, 20 luglio 1993), in quanto «l’azione proposta contro l’autore di immissioni sonore per la loro eliminazione, in quanto lesive del diritto alla salute, ha carattere personale e si esercita in applicazione dell’articolo 2058 capoverso Codice Civile, e non in via di interpretazione analogica dell’articolo 844 Codice Civile» (ex multis Corte Appello Milano, 17 luglio 1992).
Oggi parte della dottrina prevalente ritiene che pur se la salute non rientra tra gli interessi tutelati direttamente dall’articolo 844 Codice Civile, tuttavia attraverso un’interpretazione analogica di tale norma – con riguardo alle identiche modalità di violazione del diritto – è possibile estendere il rimedio inibitorio alla tutela della salute.
Il ragionamento da cui sono partono i sostenitori di tale orientamento prende le mosse dalla valorizzazione del disposto di cui all’articolo 32 Costituzione, ampliando la portata dell’articolo 844 Codice Civile, è possibile utilizzare il criterio della normale tollerabilità per valutare l’illiceità delle immissioni che pregiudicano la salute dei terzi (vicini) e consentire all’autorità giudiziaria di inibire la prosecuzione dell’attività produttiva delle immissioni intollerabili. La Suprema Corte ha poi evidenziato che occorre distinguere due aspetti: quello della tutela dominicale e quello attinente alla tutela della salute; attualmente è nel senso di sganciare la tutela dominicale da quella aquiliana del diritto alla salute, non precludendo al proprietario il diritto di far valere la sua pretesa alla tutela del diritto alla salute, il giudice però dovrà valutare separatamente le due ipotesi. Con l’azione ex articolo 844 Codice Civile, infatti, si mira ad ottenere una tutela inibitoria/interdittiva e si richiede il risarcimento del danno relativamente ad un comportamento pregresso alla pronuncia inibitoria, accanto a questa pretesa interdittivo/inibitoria però ben si potrà chiedere il risarcimento del danno alla salute sub specie della salubrità ambientale. Secondo questa parte della giurisprudenza pertanto è possibile innestare nello stesso giudizio pretese che si fondano su lesioni di diritti diversi purché tale diversità sia esplicitata.
Tuttavia, va osservato che se è possibile ipotizzare un cumulo di domande in via ordinaria (azione inibitoria ex articolo 844 Codice Civile ed azione risarcitoria ex articoli 9, 32 Costituzione e 2043 Codice Civile) non è possibile fare altrettanto con l’azione in via d’urgenza, essendo diversi i rimedi soprattutto sotto il profilo procedurale.
Permane però il problema del se alla luce della valorizzazione dell’articolo 32 Costituzione e del suo collegamento con l’articolo 9 Costituzione sia possibile estendere la tutela ex articolo 844 Codice Civile a coloro che – indipendentemente dal fatto che siano titolari o meno di un diritto dominicale - svolgano continuativamente la loro attività, anche lavorativa, in un luogo esposto alle immissioni altrui.
Al riguardo in dottrina ed in giurisprudenza esistono orientamenti divergenti, alcuni autori hanno riconosciuto al disposto dell’articolo 844 Codice Civile una vis espansiva tale per cui la norma troverebbe applicazione essendo la salubrità ambientale un bene primario che consente la proiezione della norma de qua in chiave di tutela personalistica. Inoltre ampliando la normale tollerabilità fino a ricomprendere anche il concetto di nocività delle immissioni occorrerebbe utilizzare un criterio di più ampia portata che trascenda quello sociale dello stato dei luoghi. Per tale motivo in luogo del criterio topografico/sociale dello stato dei luoghi, si è pensato di utilizzare il parametro che la legge prevede per la tutela del c.d. ecosistema facendo ricorso alle tabelle all’uopo previste.
Si è posto poi un altro problema: quello relativo al se le autorizzazioni rilasciate alle aziende che provocano le immissioni nocive valgano a giustificare il superamento del limite della normale tollerabilità. Ed ancora, anche ammettendo che si versi nell’ambito di un’attività immissiva che, considerata alla luce delle predette tabelle non superi i limiti imposti, le tabelle sono da ritenersi esaustive e pertanto è da escludere una successiva valutazione comparativa da parte del giudice? In effetti, posto che viene in rilievo il diritto personalissimo della salute dovrebbe ritenersi risolto ipso iure il successivo contemperamento degli interessi in gioco, poiché il diritto alla salute prevale sulle ragioni economico-sociali, tuttavia alcuni autori sostengono che l’accertamento successivo vada comunque fatto al fine di consentire al soggetto di riportare le immissioni nei limiti della normale tollerabilità.
Pertanto un volta accertato se è possibile far valere ex articolo 844 Codice Civile una domanda avente ad oggetto un diritto personalissimo, il problema di porrà anche con riferimento alla legittimazione ad agire, per l’azione ex articolo 844 Codice Civile si tratterà di soggetti vantanti un diritto dominicale, con riferimento all’azione a tutela della salubrità ambientale, invece, il novero dei soggetti sarà più ampio, pertanto c’è un problema di verifica della coincidenza dei soggetti legittimati ad agire qualora le due azioni si cumulino.
Con riferimento al dato che costituisce la premessa del discorso (e cioè la portata dell’articolo 844 Codice Civile) può dirsi che la stessa collocazione sistematica della norma fa comprendere come la tutela in essa contenuta sia solo di tipo reale. La giurisprudenza ha avuto modo di puntualizzare che viene in considerazione un’azione reipersecutoria di natura reale che si inquadra nella figura più generale dell’azione negatoria che può essere esperita in via d’urgenza, è discusso se possa inserirsi nell’ambito dell’azione possessoria o se possa farsi luogo all’azione inibitoria.
Bisogna in primo luogo individuare l’esatta portata dell’articolo 844 Codice Civile, considerando la sua collocazione sistematica possiamo vedere come appaia evidente l’intenzione del legislatore di apprestare una tutela ai fondi che possono essere pregiudicati dalle immissioni altrui. Se questo è l’ambito applicativo della norma de qua la tutela della salute sembrerebbe esulare dalla portata dell’articolo 844 Codice Civile.
Laddove il legislatore prevede che il proprietario di un bene possa esercitare, in relazione al proprio diritto dominicale, dei poteri non limitabili (salvo l’ipotesi di abuso del diritto), in ragione della mancanza di limiti precisi all’esercizio dei poteri dominicali rilevano solo i limiti inerenti le ragioni funzionali e nel nostro caso il limite della funzione sociale della proprietà.
È in questi limiti che va valutata per esempio la figura dell’articolo 833 Codice Civile in cui si dice che quando il diritto di proprietà è utilizzato per realizzare scopi non coerenti con la funzione sociale della proprietà, ed in presenza di una sorta di "dolo specifico" di danno, (intentio nocendi) in questo caso si può giustificare l’intervento dell’autorità giudiziaria teso al risarcimento dei pregiudizi derivati ai terzi dall’uso "sfunzionale" del diritto di proprietà. Nell’ipotesi ex articolo 833 Codice Civile allora per potersi avere tutela risarcitoria occorrono due requisiti:
1) il superamento della funzione sociale della proprietà (si parla infatti di uso funzionale);
2) che l’uso sfunzionale sia accompagnato dall’intento di nuocere a terzi.
Si discute se si sia in presenza di un fatto illecito ex art. 2043 c.c. o se, invece, si abbia una fattispecie autonoma equiparabile quoad effectum al risarcimento del danno ma dotata di connotati propri essendo un illecito dominicale.
È possibile ritenere che a questa fattispecie di danno sia applicabile il regime dell’illecito aquiliano ma con connotati di specialità poiché: a) in capo a ciascun consociato c’è un generico dovere di astensione dall’ingerenza nella sfera giuridica altrui; b) dottrina e giurisprudenza ipotizzano un illecito aquiliano non sorretto da alcuna prova in ordine all’elemento psicologico, quest’ultimo sarebbe, infatti, in re ipsa, e cioè insito nel mancato rispetto del dovere di astensione; c) se è vero che solitamente il risarcimento del danno avviene o in forma specifica o per equivalente e se è vero che è richiesto il ripristino dei luoghi, troverebbe applicazione il disposto dell’art. 2058 c.c. ma senza i limiti previsti non rilevando l’eccessiva onerosità dell’attività ripristinatoria.
Da tutto ciò emerge come la tutela aquiliana dei diritti dominicali presenti in questo caso dei connotati diversi dal solito poiché è regolata dall’art. 2043 Codice Civile letto in combinato disposto con l’articolo 2058 Codice Civile.
In tema di rapporti di vicinato c’è un conflitto tra i poteri dominicali dei proprietari finitimi, e le norme dettate in materia di vicinato tendono proprio a regolare questo contrasto. Ci troviamo in un ambito diverso da quello di cui all’art. 833 Codice Civile poiché il legislatore ha inteso stabilire dei criteri di portata generale per individuare l’emulatività di un comportamento non potendo essere disciplinati specificatamente tutti i possibili tipi di conflitto.
L’art. 844 Codice Civile rientra nell’ambito della figura più generale dell’abuso del diritto? La risposta che dottrina e giurisprudenza danno al riguardo è che l’articolo 844 Codice Civile non può considerarsi un’ipotesi applicativa dell’articolo 833 Codice Civile perché il legislatore fissa la regola risolutiva del conflitto attraverso il riferimento alla "normale tollerabilità" delle immissioni. Tale criterio serve a stabilire la liceità/illiceità delle immissioni, perciò il legislatore considera questo limite come di carattere relativo consentendo al giudice di rimuoverlo attraverso un atto di autorizzazione che permette di considerare lecite le immissioni pur quando abbiano superato il limite della normale tollerabilità.
Il giudice perciò diventa, in un certo senso, amministratore degli interessi dei proprietari dei fondi finitimi; chiaramente perciò il limite è fissato dalla legge, ma non è sufficiente un accertamento in ordine al superamento del limite occorrendo pur sempre l’intervento del giudice per contemperare gli interesse configgenti. Nell’articolo 833 Codice Civile il limite non è espressamente fissato, in quanto norma di chiusura che permette di risolvere tutti i problemi non codificati, pertanto il legislatore in mancanza di regole certe per la risoluzione del conflitto, connota questa fattispecie sia sotto il profilo psicologico sia con riferimento al connotato dell’assenza di qualunque utilità connessa al superamento del limite.
Intendendo l’assenza di utilità in termini ampi, ricomprendendo cioè sia il profilo del soddisfacimento economico che quello morale, si arriva ad una interpretatio abrogans della norma, poiché sarà sempre rinvenibile se non un’utilità economica quantomeno un soddisfacimento di carattere morale. Tutto ciò non ricorre nell’art. 844 Codice Civile dove un limite c’è ed è costituito dalla normale tollerabilità delle immissioni, una volta superato questo limite le immissioni che dovrebbero essere considerate illecite possono essere sottoposte ad un giudizio comparativo di interessi che permette di ottenere un’autorizzazione giudiziale al loro svolgimento, con la conseguenza che le immissioni autorizzate possono dare adito al più ad un indennizzo e non ad un risarcimento del danno; tale indennizzo però, in virtù dell’efficacia ex nunc dell’autorizzazione, si proietterà nel futuro, per le immissioni pregresse perciò rileverà pur sempre un illecito, di conseguenza il soggetto danneggiato potrà chiedere per esse il risarcimento del danno.
Laddove il giudice stabilisca che le immissioni eccedenti la normale tollerabilità debbano soccombere rispetto alle pretese del soggetto che le subisce, inibirà la prosecuzione dell’attività immissiva ed imporrà una condanna la risarcimento del danno arrecato all’immobile altrui.
Come valutare il limite della normale tollerabilità? L’articolo 844 Codice Civile fa riferimento allo stato dei luoghi, il richiamo al secondo criterio, quello del c.d. preuso, ha una valenza sussidiaria venendo in rilievo solo se l’accertamento in ordine al superamento del limite della normale tollerabilità abbia avuto esito incerto. Occorre stabilire alla luce di quali valutazioni è possibile affermare che si è avuto il superamento della soglia della normale tollerabilità. Non può trattarsi di immissione diretta (cioè guidata dall’opera dell’uomo) poiché questa ipotesi rientra nell’illecito aquiliano tout court, pertanto deve essere un’immissione indiretta (imputabile a fatti di terzi o ad eventi naturalistici) e deve presentare il carattere della corporalità (deve cioè ricadere sotto il sistema percettivo-sensoriale).
Non può prescindersi dal tipo di immissioni e dalla loro entità per verificare il superamento della soglia della normale tollerabilità, se questo limite non viene superato l’attività immissiva non presenterà profili di illiceità e non si darà luogo nemmeno ad un provvedimento di tipo indennitario, poiché l’indennizzo trova la sua ratio nel sacrificio dell’interesse del singolo a fronte dell’interesse della comunità.
Quando si parla di verifica della normale tollerabilità siamo nell’ambito della disciplina dei rapporti di vicinato, si pone il problema delle c.d. immissioni nocive per la salute. L’articolo 844 Codice Civile si può estendere oltre i limiti dei rapporti di vicinato? La tutela ex articolo 844 Codice Civile può essere invocata da chi vanta un diritto personalissimo? In passato parte della giurisprudenza ha escluso questa possibilità sulla base della considerazione della natura dell’articolo 844 Codice Civile, cioè di norma posta a tutela della proprietà. «La tutela del diritto alla salute, minacciato o leso da intollerabili immissioni, può ottenersi mediante l’emissione di un provvedimento cautelare inibitorio, fondato, in ragione della natura personale di un tale diritto, esclusivamente sull’articolo 32 Costituzione e non già sull’articolo 844 Codice Civile, per contro volto a disciplinare rapporti inerenti al diritto di proprietà su beni immobili» (Trib. Bologna, 20 luglio 1993), in quanto «l’azione proposta contro l’autore di immissioni sonore per la loro eliminazione, in quanto lesive del diritto alla salute, ha carattere personale e si esercita in applicazione dell’articolo 2058 capoverso Codice Civile, e non in via di interpretazione analogica dell’articolo 844 Codice Civile» (ex multis Corte Appello Milano, 17 luglio 1992).
Oggi parte della dottrina prevalente ritiene che pur se la salute non rientra tra gli interessi tutelati direttamente dall’articolo 844 Codice Civile, tuttavia attraverso un’interpretazione analogica di tale norma – con riguardo alle identiche modalità di violazione del diritto – è possibile estendere il rimedio inibitorio alla tutela della salute.
Il ragionamento da cui sono partono i sostenitori di tale orientamento prende le mosse dalla valorizzazione del disposto di cui all’articolo 32 Costituzione, ampliando la portata dell’articolo 844 Codice Civile, è possibile utilizzare il criterio della normale tollerabilità per valutare l’illiceità delle immissioni che pregiudicano la salute dei terzi (vicini) e consentire all’autorità giudiziaria di inibire la prosecuzione dell’attività produttiva delle immissioni intollerabili. La Suprema Corte ha poi evidenziato che occorre distinguere due aspetti: quello della tutela dominicale e quello attinente alla tutela della salute; attualmente è nel senso di sganciare la tutela dominicale da quella aquiliana del diritto alla salute, non precludendo al proprietario il diritto di far valere la sua pretesa alla tutela del diritto alla salute, il giudice però dovrà valutare separatamente le due ipotesi. Con l’azione ex articolo 844 Codice Civile, infatti, si mira ad ottenere una tutela inibitoria/interdittiva e si richiede il risarcimento del danno relativamente ad un comportamento pregresso alla pronuncia inibitoria, accanto a questa pretesa interdittivo/inibitoria però ben si potrà chiedere il risarcimento del danno alla salute sub specie della salubrità ambientale. Secondo questa parte della giurisprudenza pertanto è possibile innestare nello stesso giudizio pretese che si fondano su lesioni di diritti diversi purché tale diversità sia esplicitata. >Il problema di fondo è stabilire se sia possibile estendere la tutela ex articolo 844 Codice Civile anche ai diritti soggettivi personalissimi ed in particolare al diritto alla salute.
Con riferimento al dato che costituisce la premessa del discorso (e cioè la portata dell’articolo 844 Codice Civile) può dirsi che la stessa collocazione sistematica della norma fa comprendere come la tutela in essa contenuta sia solo di tipo reale. La giurisprudenza ha avuto modo di puntualizzare che viene in considerazione un’azione reipersecutoria di natura reale che si inquadra nella figura più generale dell’azione negatoria che può essere esperita in via d’urgenza, è discusso se possa inserirsi nell’ambito dell’azione possessoria o se possa farsi luogo all’azione inibitoria.
Bisogna in primo luogo individuare l’esatta portata dell’articolo 844 Codice Civile, considerando la sua collocazione sistematica possiamo vedere come appaia evidente l’intenzione del legislatore di apprestare una tutela ai fondi che possono essere pregiudicati dalle immissioni altrui. Se questo è l’ambito applicativo della norma de qua la tutela della salute sembrerebbe esulare dalla portata dell’articolo 844 Codice Civile.
Laddove il legislatore prevede che il proprietario di un bene possa esercitare, in relazione al proprio diritto dominicale, dei poteri non limitabili (salvo l’ipotesi di abuso del diritto), in ragione della mancanza di limiti precisi all’esercizio dei poteri dominicali rilevano solo i limiti inerenti le ragioni funzionali e nel nostro caso il limite della funzione sociale della proprietà.
È in questi limiti che va valutata per esempio la figura dell’articolo 833 Codice Civile in cui si dice che quando il diritto di proprietà è utilizzato per realizzare scopi non coerenti con la funzione sociale della proprietà, ed in presenza di una sorta di "dolo specifico" di danno, (intentio nocendi) in questo caso si può giustificare l’intervento dell’autorità giudiziaria teso al risarcimento dei pregiudizi derivati ai terzi dall’uso "sfunzionale" del diritto di proprietà. Nell’ipotesi ex articolo 833 Codice Civile allora per potersi avere tutela risarcitoria occorrono due requisiti:
1) il superamento della funzione sociale della proprietà (si parla infatti di uso funzionale);
2) che l’uso sfunzionale sia accompagnato dall’intento di nuocere a terzi.
Si discute se si sia in presenza di un fatto illecito ex art. 2043 c.c. o se, invece, si abbia una fattispecie autonoma equiparabile quoad effectum al risarcimento del danno ma dotata di connotati propri essendo un illecito dominicale.
È possibile ritenere che a questa fattispecie di danno sia applicabile il regime dell’illecito aquiliano ma con connotati di specialità poiché: a) in capo a ciascun consociato c’è un generico dovere di astensione dall’ingerenza nella sfera giuridica altrui; b) dottrina e giurisprudenza ipotizzano un illecito aquiliano non sorretto da alcuna prova in ordine all’elemento psicologico, quest’ultimo sarebbe, infatti, in re ipsa, e cioè insito nel mancato rispetto del dovere di astensione; c) se è vero che solitamente il risarcimento del danno avviene o in forma specifica o per equivalente e se è vero che è richiesto il ripristino dei luoghi, troverebbe applicazione il disposto dell’art. 2058 c.c. ma senza i limiti previsti non rilevando l’eccessiva onerosità dell’attività ripristinatoria.
Da tutto ciò emerge come la tutela aquiliana dei diritti dominicali presenti in questo caso dei connotati diversi dal solito poiché è regolata dall’art. 2043 Codice Civile letto in combinato disposto con l’articolo 2058 Codice Civile.
In tema di rapporti di vicinato c’è un conflitto tra i poteri dominicali dei proprietari finitimi, e le norme dettate in materia di vicinato tendono proprio a regolare questo contrasto. Ci troviamo in un ambito diverso da quello di cui all’art. 833 Codice Civile poiché il legislatore ha inteso stabilire dei criteri di portata generale per individuare l’emulatività di un comportamento non potendo essere disciplinati specificatamente tutti i possibili tipi di conflitto.
L’art. 844 Codice Civile rientra nell’ambito della figura più generale dell’abuso del diritto? La risposta che dottrina e giurisprudenza danno al riguardo è che l’articolo 844 Codice Civile non può considerarsi un’ipotesi applicativa dell’articolo 833 Codice Civile perché il legislatore fissa la regola risolutiva del conflitto attraverso il riferimento alla "normale tollerabilità" delle immissioni. Tale criterio serve a stabilire la liceità/illiceità delle immissioni, perciò il legislatore considera questo limite come di carattere relativo consentendo al giudice di rimuoverlo attraverso un atto di autorizzazione che permette di considerare lecite le immissioni pur quando abbiano superato il limite della normale tollerabilità.
Il giudice perciò diventa, in un certo senso, amministratore degli interessi dei proprietari dei fondi finitimi; chiaramente perciò il limite è fissato dalla legge, ma non è sufficiente un accertamento in ordine al superamento del limite occorrendo pur sempre l’intervento del giudice per contemperare gli interesse configgenti. Nell’articolo 833 Codice Civile il limite non è espressamente fissato, in quanto norma di chiusura che permette di risolvere tutti i problemi non codificati, pertanto il legislatore in mancanza di regole certe per la risoluzione del conflitto, connota questa fattispecie sia sotto il profilo psicologico sia con riferimento al connotato dell’assenza di qualunque utilità connessa al superamento del limite.
Intendendo l’assenza di utilità in termini ampi, ricomprendendo cioè sia il profilo del soddisfacimento economico che quello morale, si arriva ad una interpretatio abrogans della norma, poiché sarà sempre rinvenibile se non un’utilità economica quantomeno un soddisfacimento di carattere morale. Tutto ciò non ricorre nell’art. 844 Codice Civile dove un limite c’è ed è costituito dalla normale tollerabilità delle immissioni, una volta superato questo limite le immissioni che dovrebbero essere considerate illecite possono essere sottoposte ad un giudizio comparativo di interessi che permette di ottenere un’autorizzazione giudiziale al loro svolgimento, con la conseguenza che le immissioni autorizzate possono dare adito al più ad un indennizzo e non ad un risarcimento del danno; tale indennizzo però, in virtù dell’efficacia ex nunc dell’autorizzazione, si proietterà nel futuro, per le immissioni pregresse perciò rileverà pur sempre un illecito, di conseguenza il soggetto danneggiato potrà chiedere per esse il risarcimento del danno.
Laddove il giudice stabilisca che le immissioni eccedenti la normale tollerabilità debbano soccombere rispetto alle pretese del soggetto che le subisce, inibirà la prosecuzione dell’attività immissiva ed imporrà una condanna la risarcimento del danno arrecato all’immobile altrui.
Come valutare il limite della normale tollerabilità? L’articolo 844 Codice Civile fa riferimento allo stato dei luoghi, il richiamo al secondo criterio, quello del c.d. preuso, ha una valenza sussidiaria venendo in rilievo solo se l’accertamento in ordine al superamento del limite della normale tollerabilità abbia avuto esito incerto. Occorre stabilire alla luce di quali valutazioni è possibile affermare che si è avuto il superamento della soglia della normale tollerabilità. Non può trattarsi di immissione diretta (cioè guidata dall’opera dell’uomo) poiché questa ipotesi rientra nell’illecito aquiliano tout court, pertanto deve essere un’immissione indiretta (imputabile a fatti di terzi o ad eventi naturalistici) e deve presentare il carattere della corporalità (deve cioè ricadere sotto il sistema percettivo-sensoriale).
Non può prescindersi dal tipo di immissioni e dalla loro entità per verificare il superamento della soglia della normale tollerabilità, se questo limite non viene superato l’attività immissiva non presenterà profili di illiceità e non si darà luogo nemmeno ad un provvedimento di tipo indennitario, poiché l’indennizzo trova la sua ratio nel sacrificio dell’interesse del singolo a fronte dell’interesse della comunità.
Quando si parla di verifica della normale tollerabilità siamo nell’ambito della disciplina dei rapporti di vicinato, si pone il problema delle c.d. immissioni nocive per la salute. L’articolo 844 Codice Civile si può estendere oltre i limiti dei rapporti di vicinato? La tutela ex articolo 844 Codice Civile può essere invocata da chi vanta un diritto personalissimo? In passato parte della giurisprudenza ha escluso questa possibilità sulla base della considerazione della natura dell’articolo 844 Codice Civile, cioè di norma posta a tutela della proprietà. «La tutela del diritto alla salute, minacciato o leso da intollerabili immissioni, può ottenersi mediante l’emissione di un provvedimento cautelare inibitorio, fondato, in ragione della natura personale di un tale diritto, esclusivamente sull’articolo 32 Costituzione e non già sull’articolo 844 Codice Civile, per contro volto a disciplinare rapporti inerenti al diritto di proprietà su beni immobili» (Trib. Bologna, 20 luglio 1993), in quanto «l’azione proposta contro l’autore di immissioni sonore per la loro eliminazione, in quanto lesive del diritto alla salute, ha carattere personale e si esercita in applicazione dell’articolo 2058 capoverso Codice Civile, e non in via di interpretazione analogica dell’articolo 844 Codice Civile» (ex multis Corte Appello Milano, 17 luglio 1992).
Oggi parte della dottrina prevalente ritiene che pur se la salute non rientra tra gli interessi tutelati direttamente dall’articolo 844 Codice Civile, tuttavia attraverso un’interpretazione analogica di tale norma – con riguardo alle identiche modalità di violazione del diritto – è possibile estendere il rimedio inibitorio alla tutela della salute.
Il ragionamento da cui sono partono i sostenitori di tale orientamento prende le mosse dalla valorizzazione del disposto di cui all’articolo 32 Costituzione, ampliando la portata dell’articolo 844 Codice Civile, è possibile utilizzare il criterio della normale tollerabilità per valutare l’illiceità delle immissioni che pregiudicano la salute dei terzi (vicini) e consentire all’autorità giudiziaria di inibire la prosecuzione dell’attività produttiva delle immissioni intollerabili. La Suprema Corte ha poi evidenziato che occorre distinguere due aspetti: quello della tutela dominicale e quello attinente alla tutela della salute; attualmente è nel senso di sganciare la tutela dominicale da quella aquiliana del diritto alla salute, non precludendo al proprietario il diritto di far valere la sua pretesa alla tutela del diritto alla salute, il giudice però dovrà valutare separatamente le due ipotesi. Con l’azione ex articolo 844 Codice Civile, infatti, si mira ad ottenere una tutela inibitoria/interdittiva e si richiede il risarcimento del danno relativamente ad un comportamento pregresso alla pronuncia inibitoria, accanto a questa pretesa interdittivo/inibitoria però ben si potrà chiedere il risarcimento del danno alla salute sub specie della salubrità ambientale. Secondo questa parte della giurisprudenza pertanto è possibile innestare nello stesso giudizio pretese che si fondano su lesioni di diritti diversi purché tale diversità sia esplicitata.
Tuttavia, va osservato che se è possibile ipotizzare un cumulo di domande in via ordinaria (azione inibitoria ex articolo 844 Codice Civile ed azione risarcitoria ex articoli 9, 32 Costituzione e 2043 Codice Civile) non è possibile fare altrettanto con l’azione in via d’urgenza, essendo diversi i rimedi soprattutto sotto il profilo procedurale.
Permane però il problema del se alla luce della valorizzazione dell’articolo 32 Costituzione e del suo collegamento con l’articolo 9 Costituzione sia possibile estendere la tutela ex articolo 844 Codice Civile a coloro che – indipendentemente dal fatto che siano titolari o meno di un diritto dominicale - svolgano continuativamente la loro attività, anche lavorativa, in un luogo esposto alle immissioni altrui.
Al riguardo in dottrina ed in giurisprudenza esistono orientamenti divergenti, alcuni autori hanno riconosciuto al disposto dell’articolo 844 Codice Civile una vis espansiva tale per cui la norma troverebbe applicazione essendo la salubrità ambientale un bene primario che consente la proiezione della norma de qua in chiave di tutela personalistica. Inoltre ampliando la normale tollerabilità fino a ricomprendere anche il concetto di nocività delle immissioni occorrerebbe utilizzare un criterio di più ampia portata che trascenda quello sociale dello stato dei luoghi. Per tale motivo in luogo del criterio topografico/sociale dello stato dei luoghi, si è pensato di utilizzare il parametro che la legge prevede per la tutela del c.d. ecosistema facendo ricorso alle tabelle all’uopo previste.
Si è posto poi un altro problema: quello relativo al se le autorizzazioni rilasciate alle aziende che provocano le immissioni nocive valgano a giustificare il superamento del limite della normale tollerabilità. Ed ancora, anche ammettendo che si versi nell’ambito di un’attività immissiva che, considerata alla luce delle predette tabelle non superi i limiti imposti, le tabelle sono da ritenersi esaustive e pertanto è da escludere una successiva valutazione comparativa da parte del giudice? In effetti, posto che viene in rilievo il diritto personalissimo della salute dovrebbe ritenersi risolto ipso iure il successivo contemperamento degli interessi in gioco, poiché il diritto alla salute prevale sulle ragioni economico-sociali, tuttavia alcuni autori sostengono che l’accertamento successivo vada comunque fatto al fine di consentire al soggetto di riportare le immissioni nei limiti della normale tollerabilità.
Pertanto un volta accertato se è possibile far valere ex articolo 844 Codice Civile una domanda avente ad oggetto un diritto personalissimo, il problema di porrà anche con riferimento alla legittimazione ad agire, per l’azione ex articolo 844 Codice Civile si tratterà di soggetti vantanti un diritto dominicale, con riferimento all’azione a tutela della salubrità ambientale, invece, il novero dei soggetti sarà più ampio, pertanto c’è un problema di verifica della coincidenza dei soggetti legittimati ad agire qualora le due azioni si cumulino.