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Donazione - Cassazione Civile: è preclusa la revocazione per sopravvenienza di ulteriori figli della donazione effettuata in presenza di prole

Donazione - Cassazione Civile: è preclusa la revocazione per sopravvenienza di ulteriori figli della donazione effettuata in presenza di prole
Donazione - Cassazione Civile: è preclusa la revocazione per sopravvenienza di ulteriori figli della donazione effettuata in presenza di prole

L’articolo 803 del codice civile dispone che presupposto imprescindibile per il valido esercizio dell’azione di revocazione è l’assenza di figli o discendenti al momento in cui l’atto di liberalità viene compiuto.

Con la pronuncia del 2 marzo 2017, la Corte di Cassazione ha chiarito l’ambito applicativo della indicata disposizione, con particolare riferimento alla possibilità – o meno – di esperire l’azione di revocazione avverso una donazione avvenuta in un momento in cui già sussisteva prole, motivando tale richiesta in ragione della sopravvenienza di ulteriori figli e di un potenziale contrasto con l’articolo 3 della Costituzione per disparità di trattamento.

 

Il caso

Un soggetto conveniva in giudizio la propria ex moglie da cui si era separato, per ottenere la revocazione della donazione indiretta di un immobile avvenuta nel 1991, motivando la sua richiesta sulla scorta della sopravvenienza di altri figli successivi alla indicata donazione.            
La domanda veniva respinta nel merito. In particolare, si rilevava in primis che la donazione era avvenuta in un momento in cui era già nata la prima figlia dei coniugi – dalla cui relazione era nata successivamente una seconda figlia - e, in secundis, che il donante si risolveva a chiedere la revocazione della donazione solo al momento della nascita di un terzo figlio, nato dall’unione con un’altra donna ed a seguito della separazione.     
Ulteriormente, la Corte territoriale rilevava che il paventato contrasto dell’articolo 803 del codice civile con l’articolo 3 della Costituzione, formulato sul presupposto che la previsione codicistica avrebbe determinato una ingiustificata disparità di trattamento tra figli nati in costanza del precedente matrimonio e il figlio nato dall’unione con la nuova compagna, non sussisteva in quanto ratio della norma è quella di garantire un equo bilanciamento degli interessi dei soggetti coinvolti, tra questi anche quelli del donatario, la cui posizione non può essere sacrificata in qualsiasi caso di sopravvenienza di figli e prescindendo dal momento in cui la donazione è effettuata.     
Da ultimo, la Corte fondava le ragioni del proprio rigetto sul richiamato articolo 804 del codice civile il quale non prevede un nuovo termine di prescrizione ma un termine di decadenza, per le ragioni di seguito indicate.         
Promosso il ricorso per Cassazione., la Sesta Sezione Civile rimetteva la causa alla pubblica udienza.

 

La decisione della Corte

In via preliminare, la Corte ha verificato la possibilità di fornire un’ulteriore interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 803 del codice civile. In particolare, detta disposizione potrebbe essere letta nel senso che la sopravvenienza di figli consentirebbe la revocazione della donazione anche ove quest’ultima sia avvenuta in un momento in cui vi era già prole; ricostruzione, questa che potrebbe essere avvalorata altresì da quanto disposto dall’articolo 804 del codice civile il quale, nel prevedere un differimento del termine per la proposizione della domanda ove sopravvengano altri figli, sembrerebbe riconoscere il diritto alla revocazione della donazione nei casi di nascita di ogni successivo discendente, e ciò indipendentemente dal fatto che il donante già avesse figli al momento del compimento dell’atto di liberalità.         
Tuttavia, la stessa Corte procede a chiarire i motivi per i quali una simile ricostruzione non abbia pregio, con particolare riferimento a quanto denunziato dal donante in termini di illegittimità costituzionale dell’articolo 803 del codice civile per violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione. 
In particolare, rinviando alla Sentenza n. 250/2000 della Corte Costituzionale, la Suprema Corte  evidenzia e conferma che la ratio dell’istituto sia quella di consentire al donante di riconsiderare l’opportunità della donazione effettuata nei casi di sopravvenienza di figli, in ragione dell’insorgenza di nuovi doveri cui il genitore - donante è tenuto ad adempiere.
Ed è sul punto che la Corte di Cassazione fa un passaggio importante in quanto, tenendo conto della “complessità della psiche umana” e, dunque, focalizzando l’attenzione sull’analisi della condizione psicologica in cui versa il donante al momento della donazione, circoscrive l’applicabilità dell’articolo 803 del codice civile ai soli casi in cui il donante, non avendo ancora prole, non abbia potuto adeguatamente valutare il loro interesse patrimoniale, dunque quando “non ha ancora provato il sentimento di amor filiale con la dedizione che esso determina”.   
Diverso è il caso di specie, in quanto il ricorrente aveva già un figlio alla data della donazione, pertanto deve necessariamente escludersi la possibilità di riconoscere il diritto alla revocazione della donazione essendo quest’ultima avvenuta in un momento in cui il donante aveva già provato l’affectio filialis e si era risolto a compiere l’atto di liberalità pur consapevole dei suoi doveri genitoriali.        
Né ha pregio la diversa lettura dell’articolo 804 del codice civile offerta dal ricorrente, ad avviso del quale il fatto che l’azione di revocazione vada proposta entro il termine di 5 anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo ovvero dalla scoperta dell’esistenza di un figlio o discendente, sembrerebbe confermare l’idea che il sopravvenire di ogni discendente comporti l’insorgenza di un nuovo ed autonomo diritto alla revocazione.           
Sul punto i giudici di legittimità, in linea con quanto già statuito in fase di merito, chiariscono innanzitutto che il termine previsto dall’articolo 804 del codice civile è un termine di decadenza e non di prescrizione, funzionale all’esercizio di un diritto potestativo con cui il donante, unilateralmente e  previo controllo del giudice, ottiene l’inefficacia della donazione senza alcuna particolare condotta riprovevole del donatario; in secondo luogo, sottolineano che detta possibilità comunque non può prescindere dal presupposto richiesto dall’articolo 803 del codice civile, vale a dire la totale assenza di figli o discendenti alla data della donazione.           
In ragione di quanto argomentato, la Suprema Corte ha respinto il ricorso, riconoscendo la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 803 del codice civile e decidendo conformemente ad esso.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza del 2 marzo 2017, n. 5345)

L’articolo 803 del codice civile dispone che presupposto imprescindibile per il valido esercizio dell’azione di revocazione è l’assenza di figli o discendenti al momento in cui l’atto di liberalità viene compiuto.

Con la pronuncia del 2 marzo 2017, la Corte di Cassazione ha chiarito l’ambito applicativo della indicata disposizione, con particolare riferimento alla possibilità – o meno – di esperire l’azione di revocazione avverso una donazione avvenuta in un momento in cui già sussisteva prole, motivando tale richiesta in ragione della sopravvenienza di ulteriori figli e di un potenziale contrasto con l’articolo 3 della Costituzione per disparità di trattamento.

 

Il caso

Un soggetto conveniva in giudizio la propria ex moglie da cui si era separato, per ottenere la revocazione della donazione indiretta di un immobile avvenuta nel 1991, motivando la sua richiesta sulla scorta della sopravvenienza di altri figli successivi alla indicata donazione.            
La domanda veniva respinta nel merito. In particolare, si rilevava in primis che la donazione era avvenuta in un momento in cui era già nata la prima figlia dei coniugi – dalla cui relazione era nata successivamente una seconda figlia - e, in secundis, che il donante si risolveva a chiedere la revocazione della donazione solo al momento della nascita di un terzo figlio, nato dall’unione con un’altra donna ed a seguito della separazione.     
Ulteriormente, la Corte territoriale rilevava che il paventato contrasto dell’articolo 803 del codice civile con l’articolo 3 della Costituzione, formulato sul presupposto che la previsione codicistica avrebbe determinato una ingiustificata disparità di trattamento tra figli nati in costanza del precedente matrimonio e il figlio nato dall’unione con la nuova compagna, non sussisteva in quanto ratio della norma è quella di garantire un equo bilanciamento degli interessi dei soggetti coinvolti, tra questi anche quelli del donatario, la cui posizione non può essere sacrificata in qualsiasi caso di sopravvenienza di figli e prescindendo dal momento in cui la donazione è effettuata.     
Da ultimo, la Corte fondava le ragioni del proprio rigetto sul richiamato articolo 804 del codice civile il quale non prevede un nuovo termine di prescrizione ma un termine di decadenza, per le ragioni di seguito indicate.         
Promosso il ricorso per Cassazione., la Sesta Sezione Civile rimetteva la causa alla pubblica udienza.

 

La decisione della Corte

In via preliminare, la Corte ha verificato la possibilità di fornire un’ulteriore interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 803 del codice civile. In particolare, detta disposizione potrebbe essere letta nel senso che la sopravvenienza di figli consentirebbe la revocazione della donazione anche ove quest’ultima sia avvenuta in un momento in cui vi era già prole; ricostruzione, questa che potrebbe essere avvalorata altresì da quanto disposto dall’articolo 804 del codice civile il quale, nel prevedere un differimento del termine per la proposizione della domanda ove sopravvengano altri figli, sembrerebbe riconoscere il diritto alla revocazione della donazione nei casi di nascita di ogni successivo discendente, e ciò indipendentemente dal fatto che il donante già avesse figli al momento del compimento dell’atto di liberalità.         
Tuttavia, la stessa Corte procede a chiarire i motivi per i quali una simile ricostruzione non abbia pregio, con particolare riferimento a quanto denunziato dal donante in termini di illegittimità costituzionale dell’articolo 803 del codice civile per violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione. 
In particolare, rinviando alla Sentenza n. 250/2000 della Corte Costituzionale, la Suprema Corte  evidenzia e conferma che la ratio dell’istituto sia quella di consentire al donante di riconsiderare l’opportunità della donazione effettuata nei casi di sopravvenienza di figli, in ragione dell’insorgenza di nuovi doveri cui il genitore - donante è tenuto ad adempiere.
Ed è sul punto che la Corte di Cassazione fa un passaggio importante in quanto, tenendo conto della “complessità della psiche umana” e, dunque, focalizzando l’attenzione sull’analisi della condizione psicologica in cui versa il donante al momento della donazione, circoscrive l’applicabilità dell’articolo 803 del codice civile ai soli casi in cui il donante, non avendo ancora prole, non abbia potuto adeguatamente valutare il loro interesse patrimoniale, dunque quando “non ha ancora provato il sentimento di amor filiale con la dedizione che esso determina”.   
Diverso è il caso di specie, in quanto il ricorrente aveva già un figlio alla data della donazione, pertanto deve necessariamente escludersi la possibilità di riconoscere il diritto alla revocazione della donazione essendo quest’ultima avvenuta in un momento in cui il donante aveva già provato l’affectio filialis e si era risolto a compiere l’atto di liberalità pur consapevole dei suoi doveri genitoriali.        
Né ha pregio la diversa lettura dell’articolo 804 del codice civile offerta dal ricorrente, ad avviso del quale il fatto che l’azione di revocazione vada proposta entro il termine di 5 anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo ovvero dalla scoperta dell’esistenza di un figlio o discendente, sembrerebbe confermare l’idea che il sopravvenire di ogni discendente comporti l’insorgenza di un nuovo ed autonomo diritto alla revocazione.           
Sul punto i giudici di legittimità, in linea con quanto già statuito in fase di merito, chiariscono innanzitutto che il termine previsto dall’articolo 804 del codice civile è un termine di decadenza e non di prescrizione, funzionale all’esercizio di un diritto potestativo con cui il donante, unilateralmente e  previo controllo del giudice, ottiene l’inefficacia della donazione senza alcuna particolare condotta riprovevole del donatario; in secondo luogo, sottolineano che detta possibilità comunque non può prescindere dal presupposto richiesto dall’articolo 803 del codice civile, vale a dire la totale assenza di figli o discendenti alla data della donazione.           
In ragione di quanto argomentato, la Suprema Corte ha respinto il ricorso, riconoscendo la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 803 del codice civile e decidendo conformemente ad esso.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza del 2 marzo 2017, n. 5345)