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Elezioni USA: stati chiave 2020

Elezioni usa
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Durante le scorse elezioni negli Stati Uniti, molto combattute e ancora in parte in una situazione incerta - manca in realtà solo il riconoscimento ufficiale dello sconfitto D. Trump, abbiamo molto sentito parlare di alcuni stati, rivelatisi chiave per la vittoria finale di Joe Biden: dalla Florida al Michigan fino alla California, dal peso notevole a causa del numero elevato di Grandi Elettori che garantisce. Alcuni di questi stati sono dei classici swing state (non esprimono mai una tendenza univoca nella scelta del candidato) altri sono stati fondamentali per la vittoria di Trump del 2016. Mauro Della Porta Raffo offre una breve panoramica del comportamento di questi stati nel corso della storia degli Usa fino alla vigilia delle più recenti elezioni.

 

PUNTATA 1

Florida

Due Senatori e ventisette Rappresentanti sulla base dei dati del Censimento del 2010. In totale, ventinove Grandi Elettori. È lo Stato con capitale Tallahassee un classico Swing State. Non è pertanto pregiudizialmente (capita negli USA di votare in questo modo) né democratico né repubblicano. In due occasioni (nel 1876 e nel 2000) ha determinato la Nomina di un GOP: Rutherford Hayes prima e George Walker Bush poi. La Florida è entrata nell’Unione nel 1845 e ha preso parte a quarantadue presidenziali. Al debutto, 1848, si è espressa per il whig Zachary Taylor, poi costantemente per Asinelli ed Elefantini. Da segnalare che nel 1860 fu con il southern democrat John Breckinridge. Che non votò quattro anni dopo perché Stato secessionista. Che appoggiò Hancock contro Garfield (1880). Che fu tra quanti si lasciarono affascinare tre volte dal grande oratore democratico e sempre perdente William Jennings Bryan... Che da allora alterna visite al GOP (Eisenhower, Nixon, Reagan e Herbert e Walker Bush e da ultimo Trump) a quelle in casa democratica (Carter, Bill Clinton, Obama), non per niente essendo, come detto, uno Swing State. Mid Term Elections 2018? Alla Camera quattordici Elefanti e tredici Asini. Come voterà il 3 novembre 2020? Chissà?

Georgia

Due Senatori e quattordici Rappresentanti sulla base dei dati del Censimento del 2010. In totale, sedici Grandi Elettori. Altro Stato Fondatore, la Georgia. Cinquantasette e non cinquantotto però le presidenziali alle quali ha partecipato perché nel 1864 era tra i Secessionisti. Due le volte in cui – come tutte le ex Colonie resesi indipendenti – si espresse agli inizi per George Washington, indipendente ed eletto all’unanimità con i suffragi di tutti i Grandi Elettori. Lo Stato con capitale Atlanta ha votato, ovviamente, ai tempi per i Democratico-Repubblicani (otto le circostanze preferendoli sempre ai Federalisti) e per i Whig (in tre occasioni). Sottolineando i momenti non usuali e i voti meno consueti: nel 1824, si è espresso per William Crawford; nel 1836 per hugh White; nel 1860 a favore del southern democrat John Breckinridge. Dal 1868 fino al 1960 compreso sempre e solamente democratico (ventiquattro volte di fila!). Nel 1964, poi, un cambio radicale, sostenendo invano il repubblicano Barry Goldwater. Quattro anni dopo, ecco la Georgia appoggiare il segregazionista George Wallace. Da quel momento, Carter e il primo Bill Clinton a parte, lo Stato si orienta verso gli Elefantini. Preferisce sia McCain che Romney a Obama e sceglie infine Trump. Mid Term Elections 2018? Dei quattordici Rappresentanti, nove vanno al GOP e cinque ai Dem. Si può ragionevolmente concludere che i sedici Grandi Elettori colà in palio andranno nel carniere repubblicano.

Michigan

Due Senatori e quattordici Rappresentanti secondo i dati del Censimento del 2010. In totale, sedici Grandi Elettori. Oltre quattro milioni e mezzo di votanti e i sedici Grandi Elettori ai quali ha diritto lo Stato con capitale Lansing sono stati incamerati nel 2016 da Donald Trump per pochissimo: meno di undicimila voti. E si pensi che il Michigan non votava repubblicano dai tempi del George Herbert Bush 1988. Entrato nell’Unione in tempo per votare nel 1836 (per Van Buren). Altalenante fino all’Abraham Lincoln 1960. Decisamente repubblicano addirittura fino al 1928 (diciotto volte consecutive, compreso Blaine nel 1884 e il transfuga Teddy Roosevelt nel 1912). Si comporta in modo particolare con Franklin Delano Roosevelt che sostiene nel 1932, nel 1936, non nel 1940, e ancora nel 1944. Rifiuta poi Truman nel 1948. Segue Eisenhower, Kennedy e Johnson. Si oppone a Nixon nel 1968 per votarlo un quadriennio dopo. Quattro scelte repubblicane di fila, poi: Ford, Reagan, Reagan, G. H. Bush. E fino al secondo Obama, come detto, Asinelli, Al Gore e John Kerry inclusi. Mid Term Elections 2018? Sette Rappresentanti democratici, sei repubblicani, uno indipendente. Impossibile dire oggi cosa davvero succederà il 3 novembre 2020 e dove andrà il consistente e probabilmente decisivo malloppo di Delegati Nazionali colà in palio.

 

PUNTATA 2

Ohio

Due i Senatori e sedici i Rappresentanti secondo i dati del Censimento del 2010. In totale, diciotto Grandi Elettori. L’Ohio è considerato il vero e autentico Swing State. Dal 1964 opta sempre per il candidato poi vincente cambiando partito secondo momento e personalità del pretendente. Entrato nell’Unione nel 1803, lo Stato con capitale Columbus partecipa alle presidenziali dal successivo 1804. Jefferson, Jefferson, Madison, Madison, Monroe, Monroe il suo percorso democratico-repubblicano (mai un voto federalista) fino al 1824, allorquando, nel bailamme (nessun candidato raggiunse la maggioranza assoluta), opta invano per Jackson per il quale si pronuncerà anche nelle due seguenti circostanze vittoriose (1828 e 1832) nelle quali l’ex Generale si proporrà sostanzialmente quale democratico. William Harrison, whig, poi, quando perde da Van Buren e quando si prende la rivincita. Clay (W), inutilmente nel 1844 dell’Asinello Polk. Cass (D), invano; e John Fremont (il primo repubblicano candidato ma sconfitto) nel 1856. Dal 1860 di Lincoln (che sostiene), una lunga serie di voti repubblicani, tutti vincenti tranne i due (Blaine nel 1884 e il Benjamin Harrison in cerca di conferma del 1892) contrari a Cleveland. Prima di riprendere la via GOP con Harding, Coolidge e Hoover, preferisce Wilson nel 1912 e nel 1916. Tre volte (non nel 1944) Franklin Delano Roosevelt e poi Truman per i Democratici. I due Eisenhower e nel 1960 (ultima occasione nella quale sbaglia) Nixon e non Kennedy. Dopo di che, perfettamente coerente ai risultati nazionali, Johnson, Nixon, Nixon, Carter, Reagan, Reagan, George Herbert Bush, Clinton, Clinton, George Walker Bush, G. W. Bush, Obama, Obama, Trump in totali quattordici occasioni! Ora, è pur vero che l’esito delle Mid Term Elections del 2018 dice GOP (dodici gli Elefantini e solo quattro gli Asinelli), ma sembra proprio difficile aggiudicare in proiezione 3 novembre 2020 fin d’ora all’uno o all’altro partito i Grandi Elettori locali.

Pennsylvania

Due Senatori e diciotto Rappresentanti secondo il Census del 2010. In totale, quindi, venti Grandi Elettori. È tra gli Stati decisivi nel 2016 la Pennsylvania. Dapprima – arrivati i risultati delle città – attribuito a Hillary Clinton e pertanto sulla carta geografica colorato di Blu, è andato, con il sopraggiungere dei voti delle periferie e delle campagne, mano mano scolorando per infine virare al rosso e consegnare i propri Grandi Elettori a Donald Trump. Significativa al massimo e valida nel Paese è la netta divisione percepibile tra gli elettori e colà percepita. Stato Fondatore, quello con capitale Harrisburg, a pertanto partecipato a tutte le cinquantotto elezioni. Stato che ha votato nelle prime due circostanze il Padre della Patria George Washington, indipendente ed eletto all’unanimità nel Collegio dei Grandi Elettori. Che ha successivamente optato, nel confronto tra Federalisti e Democratico-Repubblicani invariabilmente per questi ultimi (Jefferson, Madison, Monroe per due mandati a testa dal 1800 al 1820, quanto alle votazioni, e il primo dei tre anche nel 1796 quando perse da John Adams). Superato il davvero contrastato 1824 (nessuno raggiunse la maggioranza assoluta) preferendo Jackson (perdente), si esprime alternativamente per Democratici (lo stesso Jackson a due riprese, Van Buren, Polk e Pierce) o Whig (William Harrison e Taylor). Infinita o quasi la successiva adesione alle idee repubblicane. Lincoln sia nel fatidico 1860 che quattro anni dopo, per cominciare. Poi, non lasciandosi tentare né da Cleveland né da Wilson né addirittura nel 1932 dal primo Franklin Delano Roosevelt (con la parziale eccezione nel 1912 del fuoriuscito Teddy Roosevelt), sempre e soltanto GOP. Tre circostanze favorevoli a F.D. Roosevelt e il ritorno alla casa repubblicana: Dewey (perdente con Truman), Eisenhower nel 1952 e nel 1956. Kennedy, Johnson e l’Humphrey sconfitto nel 1968 i tre seguenti dem. Ancora un Elefante: Nixon (‘68 e ‘72). Carter, Asinello invece, nel 1976. Reagan, Reagan e George Herbert Bush, repubblicani, prima di passare per sei volte agli Asinelli: Clinton, Clinton, Gore, Kerry (questi due perdenti a livello nazionale), Obama, Obama. Del 2016 abbiamo detto. Molto difficile capire – anche alla luce del pareggio alle Mid Term Elections del 2018 (nove Rappresentanti a testa) – dove si collocheranno il 3 novembre 2020 i Grandi Elettori della senza dubbio complessa Pennsylvania

Wisconsin

Due Senatori e otto Rappresentanti secondo i dati del Censimento del 2010. In totale, quindi, dieci Grandi Elettori. Entra nell’Unione lo Stato con capitale Madison nel 1848, anno nel quale si oppone invano al vincente whig Zachary Taylor votando per il democratico Lewis Cass. Franklin Pierce invece, quattro anni dopo, la scelta coincidente con quella ancora dem del Paese. John Fremont, il primo e perdente (contro James Buchanan) repubblicano candidato a White house, è l’opzione del 1856. Il voto a favore dei GOP è una certezza, tanto che nel periodo che va dalla condivisa vittoria di Abraham Lincoln del 1860 addirittura al William Taft del 1908, il Wisconsin tradisce (tra virgolette) solo nel 1892 (scegliendo il Cleveland in cerca di una riuscita rivincita) e perdendo l’aderenza elettorale con la Nazione intera solo quando, nel 1884, si esprime per James Blaine (R). Woodrow Wilson, Asinello, nel 1912, e subito dopo Hughes, Elefantino, come l’Harding del 1920. 1924: un sostegno dovuto e naturalmente inutile quanto alla vittoria nazionale al vecchio proprio Governatore e grande riformatore Robert La Follette. Hoover, Elefantino, è nel 1928 il preferito prima delle tre (non lo sceglie nel 1944 preferendogli il Repubblicano Dewey) espressioni di voto per Franklin Delano Roosevelt. Stranamente, nel 1948, non appoggia lo stesso Dewey tornando ai Democratici e quindi nella circostanza a Truman. Appoggia Eisenhower due volte e Nixon quando perde da Kennedy nel 1960 le seguenti scelte GOP; il travolgente Asinello Johnson nel 1964. Poi, tutti in grado di vincere, Nixon, Nixon, Carter (parentesi dem), Reagan, Reagan. Dukakis e non il vice di Reagan George herbert Bush nel 1988. E fino al 2012 compreso (Bill Clinton e Obama in testa) esclusivamente democratici, compresi i perdenti Gore e Kerry del 2000 e del 2004. Ed eccoci al 2016, laddove un Donald Trump prevalente su hillary Rodham Clinton per all’incirca e soli undicimila suffragi popolari e per meno dell’uno per cento percentualmente parlando, cattura i dieci Grandi Elettori in palio tra i decisivi per la sua Presidenza. Mid Term Elections 2018? Cinque repubblicani e tre democratici: come in precedenza. Sarà il 3 novembre 2020 il Wisconsin nuovamente importantissimo. Da quale parte?