End of Waste: applicabile il Regolamento UE sui rottami metallici

Da ieri, 9 ottobre 2011, è pienamente applicabile il Regolamento UE n. 333/2011 del 31 marzo 2011, recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati “rifiuti”.

Esso rappresenta il primo esempio di attuazione dell’art. 6 della direttiva 2008/98/CE (direttiva-quadro sui rifiuti) in materia di End of Waste e stabilisce, appunto, i criteri che determinano quando determinate tipologie di rottami (ossia, soltanto quelli di ferro, acciaio e alluminio) cessano di essere considerati (giuridicamente) “rifiuti”.

Poiché si tratta di un Regolamento, le sue disposizioni – come è noto – sono direttamente applicabili, ossia non necessitano di essere recepite da un’apposita normativa italiana. Esse, pertanto, anche in forza di quanto stabilito dall’art. 184-ter, comma 2, d. lgs. 152/2006 (inserito dal d. lgs. 205/2010), si sostituiscono a quelle interne sinora applicabili (ci si riferisce, in particolare, alle norme tecniche di cui al DM 5 febbraio 1998).

Gli allegati del Regolamento fissano i criteri che vanno rispettati al fine di poter “trasformare” – mediante un’operazione di recupero – il rottame metallico da “rifiuto” a “non rifiuto”, esonerandolo così dal gravoso regime giuridico dei rifiuti e reimmettendolo nel circuito dei beni, in vista di ulteriori utilizzi industriali.

Tali criteri riguardano le tipologie dei rifiuti recuperabili, i trattamenti da eseguirsi e le caratteristiche dei rottami ottenuti dall’operazione di recupero.

Da segnalare, in particolare, che il Regolamento:

• stabilisce che i rottami cessano di essere considerati rifiuti allorché rispettino le condizioni previste dai citati allegati del Regolamento stesso «all’atto della cessione dal produttore ad un altro detentore» (il concetto di «cessione», peraltro, suscita qualche incertezza interpretativa; non a caso, le versioni del Regolamento in lingua diversa dall’italiano usano il termine, giuridicamente più “neutro”, di «trasferimento»);

• detta delle specifiche definizioni di «produttore» e «detentore» del rottame (da intendersi come – rispettivamente – «il detentore che cede ad un altro detentore rottami metallici che per la prima volta hanno cessato di essere considerati rifiuti» e «la persona fisica o giuridica che è in possesso dei rottami metallici») che si aggiungono alle corrispondenti definizioni di «produttore» e «detentore» del rifiuto previste dalla normativa generale sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE e d. lgs. 152/2006); per evitare di ingenerare confusione sarebbe forse stato più opportuno utilizzare una diversa terminologia;

• obbliga il produttore o l’importatore a stilare, per ciascuna partita di rottami metallici, una apposita “dichiarazione di conformità” in base al modello di cui all’allegato III del Regolamento stesso;

• impone al produttore di applicare un sistema di gestione della qualità volto a dimostrare la conformità ai criteri che esso fissa. Tale sistema – che dev’essere valutato ogni tre anni da un organismo accreditato – deve prevedere specifici procedimenti documentati riguardanti, ad esempio, il controllo di accettazione dei rifiuti utilizzati, il monitoraggio dei processi e delle tecniche di trattamento, il monitoraggio della qualità dei rottami metallici ottenuti dall’operazione di recupero, la formazione del personale, ecc.

Una più approfondita valutazione in merito alla disciplina in esame potrà essere effettuata dopo un congruo periodo di applicazione della stessa.

Sia soltanto consentito osservare come gli “entusiasmi” (in larga misura giustificati) suscitati dall’uscita del Regolamento n. 333/2011 abbiano forse nascosto alcun profili critici, che non pare siano stati adeguatamente considerati né in sede di redazione della norma, né, successivamente, da parte delle Istituzioni europee ed italiane. Ci si riferisce, in particolare, alla rigidità ed inderogabilità di taluni criteri, all’assenza di un regime di gradualità nell’applicazione del Regolamento agli impianti esistenti e all’ombra di incertezza che la sua diretta operatività getta sulla legittimità delle attività in corso (ad esempio: qual è la sorte delle attività di recupero in regime semplificato che non siano conformi al Regolamento? che valore hanno le autorizzazioni ordinarie aventi ad oggetto operazioni di recupero che non consentano tuttavia di ottenere rottami metallici aventi le caratteristiche imposte dal Regolamento?).

(notizia a cura dell’avv. Andrea Martelli, andrea.martelli@buttiandpartners.com)

Da ieri, 9 ottobre 2011, è pienamente applicabile il Regolamento UE n. 333/2011 del 31 marzo 2011, recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati “rifiuti”.

Esso rappresenta il primo esempio di attuazione dell’art. 6 della direttiva 2008/98/CE (direttiva-quadro sui rifiuti) in materia di End of Waste e stabilisce, appunto, i criteri che determinano quando determinate tipologie di rottami (ossia, soltanto quelli di ferro, acciaio e alluminio) cessano di essere considerati (giuridicamente) “rifiuti”.

Poiché si tratta di un Regolamento, le sue disposizioni – come è noto – sono direttamente applicabili, ossia non necessitano di essere recepite da un’apposita normativa italiana. Esse, pertanto, anche in forza di quanto stabilito dall’art. 184-ter, comma 2, d. lgs. 152/2006 (inserito dal d. lgs. 205/2010), si sostituiscono a quelle interne sinora applicabili (ci si riferisce, in particolare, alle norme tecniche di cui al DM 5 febbraio 1998).

Gli allegati del Regolamento fissano i criteri che vanno rispettati al fine di poter “trasformare” – mediante un’operazione di recupero – il rottame metallico da “rifiuto” a “non rifiuto”, esonerandolo così dal gravoso regime giuridico dei rifiuti e reimmettendolo nel circuito dei beni, in vista di ulteriori utilizzi industriali.

Tali criteri riguardano le tipologie dei rifiuti recuperabili, i trattamenti da eseguirsi e le caratteristiche dei rottami ottenuti dall’operazione di recupero.

Da segnalare, in particolare, che il Regolamento:

• stabilisce che i rottami cessano di essere considerati rifiuti allorché rispettino le condizioni previste dai citati allegati del Regolamento stesso «all’atto della cessione dal produttore ad un altro detentore» (il concetto di «cessione», peraltro, suscita qualche incertezza interpretativa; non a caso, le versioni del Regolamento in lingua diversa dall’italiano usano il termine, giuridicamente più “neutro”, di «trasferimento»);

• detta delle specifiche definizioni di «produttore» e «detentore» del rottame (da intendersi come – rispettivamente – «il detentore che cede ad un altro detentore rottami metallici che per la prima volta hanno cessato di essere considerati rifiuti» e «la persona fisica o giuridica che è in possesso dei rottami metallici») che si aggiungono alle corrispondenti definizioni di «produttore» e «detentore» del rifiuto previste dalla normativa generale sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE e d. lgs. 152/2006); per evitare di ingenerare confusione sarebbe forse stato più opportuno utilizzare una diversa terminologia;

• obbliga il produttore o l’importatore a stilare, per ciascuna partita di rottami metallici, una apposita “dichiarazione di conformità” in base al modello di cui all’allegato III del Regolamento stesso;

• impone al produttore di applicare un sistema di gestione della qualità volto a dimostrare la conformità ai criteri che esso fissa. Tale sistema – che dev’essere valutato ogni tre anni da un organismo accreditato – deve prevedere specifici procedimenti documentati riguardanti, ad esempio, il controllo di accettazione dei rifiuti utilizzati, il monitoraggio dei processi e delle tecniche di trattamento, il monitoraggio della qualità dei rottami metallici ottenuti dall’operazione di recupero, la formazione del personale, ecc.

Una più approfondita valutazione in merito alla disciplina in esame potrà essere effettuata dopo un congruo periodo di applicazione della stessa.

Sia soltanto consentito osservare come gli “entusiasmi” (in larga misura giustificati) suscitati dall’uscita del Regolamento n. 333/2011 abbiano forse nascosto alcun profili critici, che non pare siano stati adeguatamente considerati né in sede di redazione della norma, né, successivamente, da parte delle Istituzioni europee ed italiane. Ci si riferisce, in particolare, alla rigidità ed inderogabilità di taluni criteri, all’assenza di un regime di gradualità nell’applicazione del Regolamento agli impianti esistenti e all’ombra di incertezza che la sua diretta operatività getta sulla legittimità delle attività in corso (ad esempio: qual è la sorte delle attività di recupero in regime semplificato che non siano conformi al Regolamento? che valore hanno le autorizzazioni ordinarie aventi ad oggetto operazioni di recupero che non consentano tuttavia di ottenere rottami metallici aventi le caratteristiche imposte dal Regolamento?).

(notizia a cura dell’avv. Andrea Martelli, andrea.martelli@buttiandpartners.com)