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Epifania a Lalibela

Etiopia
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Epifania a Lalibela

Qualcuno ha definito le religioni “oppio dei popoli”. Gandhi, al contrario, sosteneva che tutte le religioni sono come rami di uno stesso albero.

Personalmente le considero tra le più importanti manifestazioni delle culture dei vari popoli.

È pur vero che, nel corso della storia, spesso si sono verificate violenze ed episodi nefasti collegati alle varie religioni, ma questi sono stati originati dal fanatismo e dall’ignoranza più che dalle religioni stesse.

La mia ricerca mi ha portato questa volta a trascurare l’Asia per percorrere, invece, strade africane.

Il cristianesimo copto attribuisce a Gesù solo la natura divina e non anche quella umana, che secondo il cattolicesimo gli avrebbe permesso di soffrire sulla croce. Questo ha diviso per secoli le due correnti.

In Etiopia la più viva manifestazione della fede copta risiede probabilmente nelle cerimonie del Timkat, l’Epifania, festeggiata circa due settimane dopo quella cattolica.

È a Lalibela che la festa assume le caratteristiche più evocative. Questa località è sorta nel XII secolo come nuova Gerusalemme, essendo in quell’epoca assai pericoloso il pellegrinaggio alla città santa per via delle crociate e del conseguente scontro fra cristianesimo e islam.

Qui sono state realizzate le più imponenti chiese rupestri d’Etiopia, fra le quali Beta Georgios, a forma di croce.

Tutte sono munite di tre accessi separati, per uomini, religiosi, donne, e tutte sono orientate secondo un asse longitudinale Ovest-Est, a simboleggiare il percorso di illuminazione che trova il suo culmine nel tabot, il sancta sanctorum all’interno del quale è celata una copia dell’Arca dell’Alleanza.

La festa è attesa con trepidazione per un anno intero e oggi anche io posso finalmente assistere alle cerimonie.

La partecipazione dei fedeli è massiccia. Il clero, in paramenti sacri e riparato da ombrelli onorifici, avanza in processione lungo il percorso usuale, accompagnato dal suono di corte trombe e dalla vibrazione sorda dei tamburi. I canti e balli della gente sono ritmati dal battito delle mani.

La notte trascorre tra veglia e preghiere. All’alba i raggi del sole scavalcano la collina, illuminando finalmente la grande fonte battesimale a forma di croce. È il momento che tutti hanno agognato per ore.

Preghiere, canti e danze sacre dei religiosi sono scandite dal sistro, uno strumento metallico.

Dopo una veemente predica, il vescovo immerge la croce pastorale nell’acqua della fonte, così trasformandola in quella del Giordano. La folla viene poi spruzzata con l’acqua santificata in un simultaneo battesimo condiviso da tutti.

Ragazzi danzano gioiosi in gruppi compatti tenendo i bastoni sollevati verso il Cielo. Tutta la comunità è unita e partecipe. L’aria è colma di energia.