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Farmacia: tra farmacia di servizi e esercizio commerciale

Farmacia
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[Le considerazioni espresse sono, esclusivamente, il risultano della elaborazione di studio personale dell’autore]

 

1. Premessa

C’è un aspetto, non trascurabile, del compito del giurista moderno che è la capacità di comprensione dei fenomeni socio economici nella loro complessità e nella prospettiva della reale modernizzazione.

I processi interpretativi ai quali, ormai, il giurista moderno deve fare riferimento non sono solo limitati ai settori di frontiera come il diritto delle tecnologie, il diritto aerospaziale o cosmico, la bioetica, la stessa Privacy alla luce della più moderna fenomenologia della ricerca (giusto per citarne alcuni), ma coinvolgono anche quelle categorie economiche che notoriamente sono caratterizzate da una apparente stabilità normativa.

C’è una complessità dei macrofenomeni globali ed una elaborazione molto più pratica ed a più immediato impatto socio economico che non può essere trascurata senza tentare di dare un indirizzo interpretativo.

La pandemia da virus Covid-19 ci sta aiutando a pensare che la salute non è un Monopolio nel quale collocare risorse economiche a solo fine di logica investimento-profitto, nè è concepibile un nuovo modo di lavorare ed interagire socialmente, che stabilizzi il distanziamento fisico come modalità parallela di relazione (anche qui il giurista troverebbe “pane per i suoi denti”).

Il complesso sistema, anche organizzativo, che sottende la tutela o gestione della salute, non può esser lasciato a se stesso e forse sarebbe il caso che anche l’operatore del diritto (chiunque esso sia: avvocato, legislatore, giudice, et altri) cominci a ragionare nella prospettiva della elaborazione ed approfondimento.

 

2. La Sentenza del Consiglio di Stato

Così, tanto per scendere nel concreto della nostra noiosa chiosa giurisprudenziale, non si può lasciare inosservato un recente caso esaminato dal Consiglio di Stato in materia di “Farmacia” (CdS n. 111 del 4 gennaio 2021), e non per la sua complessità, quanto per il fatto che la Giustizia Amministrativa ha, con l’occasione, tentato un excursus di per sé stimolante.

La Farmacia, esercizio intrinsecamente connesso all’esercizio della professione di Farmacista, malgrado l’evolversi della scienza, della tecnica e del commercio, è riuscito a mantenere uno status giuridico ben preciso che, fino a non molto tempo fa, ancora si distingueva per la attività di “dispensazione” dei farmaci, quasi a completamento della pratica di “prescrizione” di competenza del Medico.

Senza voler entrare nel merito della storia evolutiva di questa attività né volerne delineare scenari futuri, appare indiscusso che attualmente, la Farmacia ancora svolge un ruolo importante di congiunzione tra la pratica medica ed il cittadino/paziente, anche in virtù della capillare presenza sul territorio e della qualità del servizio nel contesto della più generale tutela della salute e del consumo di prodotti sanitari.

La censura principale sollevata in primo grado e sullo sfondo del giudizio di appello in Consiglio di Stato è, in estrema sintesi, che negli atti impugnati (la Sentenza del TAR Lazio è del 2012, la n. 1704 emessa dalla Sezione Terza-quater) il fisioterapista sarebbe stato autorizzato a svolgere in farmacia o a casa del paziente, prestazioni riabilitative e fisioterapiche assolutamente identiche a quelle che “solitamente” vengono erogate nell’ambulatorio medico, senza preoccuparsi di imporre che dette prestazioni fossero svolte, come in ambulatorio, alla presenza o quanto meno sotto il costante controllo del medico specialista in medicina fisica e riabilitazione, con conseguente indifferenza per la “qualità del personale operante”.

Mentre del tutto incontestata rimaneva la ragionevolezza del nuovo sistema riguardante la Farmacia, per il quale – quindi – nessuna contestazione sembra essere stata sollevata dai ricorrenti nel corso del giudizio. I ricorrenti si lamentavano dell’errore, che avrebbe compiuto il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, nel non aver riconosciuto al medico specialista uno specifico ruolo nell’ambito della erogazione delle prestazioni fisioterapiche all’interno della Farmacia, prestazioni identiche a quelle che solitamente vengono svolte in un ambulatorio medico specialistico, con conseguente grave danno potenziale per la salute del paziente e per la professionalità della figura del medico specializzato.

Nel sostenere la propria tesi, gli appellanti (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa ed il Sindacato Italiano Medici di Medicina Fisica e Riabilitazione) segnalavano una serie di circostanze, dedotte nella regolamentazione vigente, riguardanti le attività di riabilitazione (“Linee-Guida del Ministro della Sanità per le attività di Riabilitazione”, di cui al D.M. pubblicato in Gazzetta Ufficiale 30 maggio1998, n. 124 ed il D.M. 14 settembre 1994, n. 741, recante “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista”), per le quali il fisioterapista dovrebbe sempre operare sotto al direzione di un medico specialista in riabilitazione e non, invece, operare senza alcun controllo nell’ambito di un “ambulatorio farmaceutico” (come verrebbe definita la Farmacia nello svolgere attività fisioterapiche).

Una situazione, per gli appellanti, peraltro idonea a realizzare una sostanziale coincidenza delle prestazioni seppur rese in circostanze molto diverse: con la assenza del medico specialista nel caso di prestazioni effettuate presso le farmacie, ovvero con la supervisione del medico specialista nel caso di prestazioni effettuate presso un ambulatorio medico o un centro fisioterapico.

Le istanze dei ricorrenti sono state integralmente rigettate dal Consiglio di Stato che, nel confermare la sentenza di primo grado, di fatto ha affermato che ciò che legittima la attività del fisioterapista, nell’ambito dei servizi svolti dalla Farmacia, è la presenza di una prescrizione del medico curante, ossia del medico di medicina generale, e non necessariamente quella del medico specialista.

Il percorso diagnostico terapeutico che l’attuale assetto assistenziale vuole delineare, che in realtà riflette anche la organizzazione territoriale della assistenza sanitaria di base, è che l’assistito si rivolga primariamente al proprio medico curante, soggetto legittimato a valutare clinicamente la situazione del paziente e a guidarlo nell’accesso alle prestazioni sanitarie erogate dal Servizio Sanitario Nazionale; per cui, effettuata la diagnosi, il medico di medicina generale ha dinanzi a se due possibilità: ritenersi competente ad assegnare il percorso di cura mediante la eventuale prescrizione (di farmaci, accertamenti diagnostici, terapie et altro), ovvero indirizzare verso l’intervento del medico specialista al fine di approfondire la diagnosi, considerata la complessità della patologia.

In un contesto così delineato si inserisce il ruolo della Farmacia, la quale sarebbe chiamata ad offrire servizi solo in una situazione di patologie di ridotto rilievo che, avendo comunque un costo per l’Erario, potrebbero essere così gestite con un approccio più semplice, sia dal punto di vista della organizzazione della assistenza, sia per la facilità e rapidità di accesso alle cure da parte dell’assistito.

 

3. La Farmacia dei Servizi

Una volta affermata la legittimità degli atti impugnati, il Consiglio di Stato prosegue cogliendo l’occasione per ripercorre la più recente evoluzione normativa che ha caratterizzato il sistema della Farmacia, senza tuttavia, apparentemente, cogliere alcune imperfezioni che continuano a segnare un disegno normativo che fatica a mantenere una propria collocazione socio economica.

Il punto della sentenza nel quale il Consiglio di Stato, facendo proprie le parole del giudice di primo grado, sembra non cogliere il punto nodale nel quale si trova la Farmacia, nel suo “continuo” processo di trasformazione, è il seguente: “se le farmacie svolgono istituzionalmente e obbligatoriamente un’attività commerciale, di compravendita di prodotti farmaceutici, che ne giustifica l’esistenza e l’articolata presenza sul territorio, alla quale possono aggiungere, ove lo ritengano conveniente, un’attività assolutamente residuale di mera assistenza all’utente del S.s.n. che ha difficoltà nella ricerca di un fisioterapista al quale affidare la realizzazione del programma di recupero, previsto dal medico di medicina generale autore della prescrizione, è stato nella appellata sentenza escluso che “l’assunzione di questa attività (libera e del tutto marginale rispetto a quella istituzionale) possa comportare una trasformazione della struttura tradizionale della farmacia e una radicale involuzione delle sue funzioni.”

Ebbene, fermo restando che non si comprende come le attività “tradizionali” della Farmacia, quali quelle di dispensazione di prodotti farmaceutici, a cui peraltro si aggiunge, da diversi anni, la possibilità di erogare i medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente, ovvero in regime di assistenza domiciliare, residenziale e semi-residenziale, o ancora nella continuità assistenziale (servizi da attuarsi con provvedimenti amministrativi su base Regionale), di cui articolo 8 della Legge n. 405 del 2001 di conversione del Decreto Legge n. 347 del 18 settembre 2001, possano rappresentare una involuzione della proprie funzioni, peraltro storicamente eserciate da sempre dalla Farmacia, appare veramente difficile che il sistema delineato a partire dal Decreto Legislativo 3 ottobre 2009 n. 153 possa comportare un esercizio “del tutto marginale” rispetto alla istituzionale attività di erogazione o vendita di prodotti farmaceutici.

A ben leggere, infatti, l’appena citato Decreto Legislativo del 2009 ha individuato così i nuovi servizi erogati dalle farmacie nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale:

  • la partecipazione al servizio di assistenza domiciliare integrata a supporto delle attività del medico di medicina generale del pediatra di libera scelta, attraverso: a) la dispensazione e la consegna domiciliare di farmaci e dispositivi medici, b) la preparazione e la dispensazione a dimicilio delle miscele per la nutrizione artificiale e dei medicinali antidolorifici, c) la dispensazione per conto delle strutture sanitarie dei farmaci a distribuzione diretta, d) la messa a disposizione di operatori socio-sanitari, di infermieri e di fisioterapisti, per la effettuazione, a domicilio, di specifiche prestazioni professionali richieste dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta, con alcune limitazioni;
  • la collaborazione alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio, a favorire l’aderenza dei malati alle terapie mediche, anche attraverso la partecipazione a specifici programmi di farmacovigilanza;
  • la erogazione di servizi di primo livello per la realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale;
  • la erogazione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, in coerenza con le linee guida ed i percorsi diagnostico-terapeutici previsti per le specifiche patologie, su prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, anche avvalendosi di personale infermieristico, prevedendo anche l’inserimento delle farmacie tra i punti forniti di defibrillatori semiautomatici;
  • l’effettuazione di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo, restando in ogni caso esclusa l’attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti;
  • l’effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare;
  • la effettuazione di attività attraverso le quali gli assistiti possano prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, e provvedere al pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino, nonché ritirare i referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate.

Appare quindi difficile negare, da un lato, che la attività di dispensazione di medicinali da parte della Farmacia non abbia rappresentato solo una “mera” attività, e che possa non caratterizzarsi come involuzione considerato il crescente coinvolgimento negli anni anche verso forme nuove di dispensazione, dall’altro, che sia in atto “una profonda transizione del ruolo della farmacia da una (più tradizionale) attività di mera distribuzione di prodotti farmaceutici verso un ruolo di erogazione di prestazioni di servizi ...”.

 

4. Un difficile equilibrio

Già la riforma avvenuta con la Legge n. 475/1968 sul trasferimento della titolarità aveva dato una direzione più marcatamente imprenditoriale alla attività di Farmacia, che in precedenza e fin dalla sua istituzione, aveva visto una prevalenza dalla funzione istituzionale generata con il R.D. n. 1276/1934, seppur in un equilibrio convincente tra salvaguardia della sanità pubblica e aspetto imprenditoriale.

Una direzione imprenditoriale che, con la predetta riforma del ‘68, ancora manteneva un momento di controllo istituzionale nei passaggi di titolarità (inter vivos e mortis causa), per evitare che un eventuale aspetto speculativo potesse prevalere sulla funzione istituzionale.

Certamente, si trattava di una riforma ancora inquinata da elementi culturali che faticavano a distinguere l’aspetto relativo all’apporto di capitale rispetto alla qualifica di professionalità, quasi a non voler ammettere la possibilità di una coesistenza tra i due aspetti, ma che manteneva ancora un suo equilibrio nel contesto socio economico di quel periodo.

Un equilibrio che appare, effettivamente, sempre più difficile, laddove i rischi derivanti da una prevalenza delle logiche del profitto, anche se in maniera imprevedibile, potrebbero condizionare l’esercizio della funzione pubblica attribuita al farmacista nella gestione di farmaci dispensati dal Servizio Sanitario soprattutto, occorre dirlo, in un sistema ove l’assistenza farmaceutica coperta dal Servizio Sanitario Nazionale rimane elevata e preponderante.

La riforma del 2009 che ha ampliato i servizi erogabili della Farmacia non appare completamente attuata e ciò, con molta probabilità, per l’adesione volontaria allo svolgimento di tali servizi e per la necessità di dover implementare una serie di aspetti organizzativi di congiunzione, a seconda dei servizi, con il Servizio Sanitario Regionale, con la Medicina Generale e gli altri attori coinvolti (i.e. infermieri, erogatori di strumenti diagnostici, strutture sanitarie private, etc.). Si tratta di servizi che, oltre alla dispensazione di farmaci, richiedono una specifica organizzazione e investimenti economici ed in infrastrutture che verosimilmente devono essere attentamente ponderati prima di essere implementati.

Sul punto merita menzionare una complessa attività programmatica e regolamentare, anche mediante l’adozione di sperimentazioni gestionali, che vede interessate le Farmacie con le loro organizzazioni rappresentative territoriali, congiuntamente con le singole Regioni, a cui spettano le scelte ed i compiti organizzativi a livello territoriale.

In questo ambito rientrano le cosiddette “Farmacie di Comunità” già oggetto di specifica previsione nell’Accordo della Conferenza Stato Regioni n.167/CSR del 17 Ottobre 2019, Allegato 1, ed il conseguente Gruppo di Lavoro costituitosi nel Luglio del 2019. Si tratta di un Accordo complesso che contempla diversi servizi nei quali la Farmacia vedrebbe fortissime opportunità di coinvolgimento, dai cosiddetti Servizi Cognitivi (Riconciliazione della terapia Farmacologica, Monitoraggio dell’aderenza) ai Servizi Front Office (relativi alla attivazione e consultazione del Fascicolo Sanitario Elettronico) fino alla Telemedicina, attraverso l’uso dell’holter pressorio, della auto-spironometria e l’ECG.

Sullo sfondo di tali opportunità rimane un elemento qualificante, rappresentato dalla volontarietà della adesione da parte della singola Farmacia allo svolgimento di tali servizi, totalmente o parzialmente.

Tale aspetto ha una significatività giuridica importante che rileva sotto diversi aspetti, il primo legato alla osservanza “dei criteri fissati con decreto del Ministro del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dell’interno, in base ai quali garantire il rispetto delle norme vigenti in materia di patto di stabilità dirette agli enti locali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e senza incrementi di personale” (articolo 1, comma 3, del D Lgs n. 153/2009), il secondo alla libertà di aderire o meno (per cui non vi è alcun obbligo da parte del Farmacista titolare, nemmeno ricorrendo specifiche condizioni), il terzo concernente la formazione obbligatoria, devoluta agli Ordini professionali, del personale impiegato nello svolgimento di attività correlate ai servizi, il quarto riguardante la disponibilità di adeguate strutture, attrezzature e locali adeguatamente distinti rispetto a quelli adibiti all’esercizio commerciale.

La volontarietà della adesione da parte del Farmacista titolare non genera di per sé un cambiamento nell’oggetto della attività, semmai ne provoca un cambiamento attraverso l’ampliamento della attività di impresa verso attività svolte sotto un alveo fortemente intriso di compiti e finalità proprie di un servizio pubblico. Questo genera una necessaria coesistenza di attività caratterizzate da diversa natura, compiti e funzioni, che solo parzialmente una divisione fisica ed organizzativo-logistica sarebbe in grado di garantire e manifestare agli occhi dell’utente.

A parte la questione dei servizi, la cui natura istituzionale appare nei tratti caratteristici, potrebbe essere utile tentare una analisi delle fattispecie ulteriori che hanno accompagnato l’evoluzione del sistema Farmacie negli anni 2006-07; una analisi che potremmo così schematizzare:

Decreto Legge n. 223/2006Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”, pubblicato nella Gazz. Uff. 4 luglio 2006, n. 153

art 5, comma 1:

Gli esercizi commerciali possono effettuare attività di vendita al pubblico di medicinali da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica

Norma che conferma e preserva la funzione istituzionale e publicistica della Farmacia in quanto ad essa riserva la dispensazione di prodotti rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale.

Ibidem al Comma 4

L’obbligo di chi commercia all’ingrosso farmaci di detenere almeno il 90 per cento delle specialità in commercio non si applica ai medicinali non ammessi a rimborso da parte del servizio sanitario nazionale

Norma che conferma e preserva la funzione istituzionale e publicistica della Farmacia in quanto ad essa riserva un onere che non si spiegherebbe se non in virtù del munus publicum ad essa attribuito

Ibidem al comma 6-ter

Ampliamento a quattro il numero massimo di farmacie nelle stessa provincia dove ha sede legale, di cui può essere titolare ciascuna società

Norma che sembra celare una ratio per lo più commerciale, ampliando l’opportunità di sviluppo ed investimento commerciale nelle Farmacie

Legge 124/2017 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, pubblicata nella Gazz. Uff. 14 agosto 2017, n. 189.

articolo 1 comma 157

  • La titolarità della Farmacia estesa alle società di capitali ed alle società cooperative a responsabilità limitata
  • Incompatibilità dell’esercizio della titolarità della farmacia con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l’esercizio della professione medica

Norma che di fatto adegua la Farmacia alle modalità di svolgere impresa, seppur con un regime che sembra di esclusività e non commistione con altre realtà imprenditoriali e professioni commerciali associati all’uso di prodotti farmaceutici

 

5. Conclusioni

Il sistema Farmacia sembra rappresentare un equilibrio, per certi versi unico ed interessante nel panorama normativo italiano; tuttavia, appare ancora legato a una funzione di servizio pubblico con uno scenario che, qualora dovesse trovare attuazione, si vedrebbe proiettato verso un futuro come centro di servizi e di congiunzione tra Servizio Sanitario Nazionale e cittadino.

Ma, evidentemente, le tentazioni di esercizio commerciale attraverso la realizzazione di profitti legati alla vendita di farmaci e prodotti sanitari, anche se associata al mantenimento di una organizzazione logistica importante del negozio, rende maggiormente in termini economici rispetto all’espletamento dei servizi che, a loro volta, comporterebbero degli investimenti ulteriori. Investimenti che, sulla base della timida propensione della parte pubblica ad estendersi verso il sistema Farmacia, appaiono ragionevolmente rischiosi.

Eppure, qualora la Farmacia dei servizi dovesse veramente decollare, il legislatore potrebbe accorgersi che la funzione pubblica non è il pezzo di un puzzle che si compone con la funzione commerciale: in fin dei conti nulla vieta, ad esempio, che l’effettuazione di un test diagnostico (funzione pubblica) possa accompagnarsi al successivo acquisto di un prodotto sanitario con funzionalitá inerenti alla patologia o disagio salutistico interessato (funzione commerciale) e ció anche sulla base del legittimo consiglio di un operatore sanitario qualificato.

Le liberalizzazioni hanno comportato l’uscita dello Stato dal controllo societario, ma sui banchi del Diritto Amministrativo dell’Economia ci hanno insegnato che la partecipazione azionaria non è l’unico modo per indirizzare l’economia, anche l’attribuzione o la costituzione di un munus in capo ad un soggetto privato e la contestuale stringente regolamentazione che ne consegue rischia di creare fenomeni insoliti.

Chissá, magari, piú che ripensare la funzione della Farmacia non si possa ripensare la professione del Farmacista, in fin dei conti la prima è sorta perché esiste una professione e non perché esiste un commercio.

Bibliografia essenziale

  • Consiglio di Stato Sentenza n. 111/2021;
  • TAR Lazio Sentenza n. 1704/2012;
  • Valeria Zampaglione, Nuove Prospettive in tema di passaggio generazionale delle Farmacie, Notariato n. 4/2020;
  • P. Guida – A. Rutolo – D. Boggiali, Le Società per la gestione delle farmacie private, Studio n. 75-2018 del Consiglio Nazionale del Notariato;
  • Bruno Riccardo Nicoloso, La Farmacia dei Servizi nell’Area della salute e nell’Area del Salutare, Rassegna di Diritto Farmaceutico e della Salute 2020;
  • Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato, Bollettino n. 43 anno XXVIII 19 novembre 2019, Provvedimento n.27409 SGR/Gruppo Crimi;
  • Irene Picciano, Profili concorrenziali negli accordi di cooperazione tra imprese legati alla emergenza Covid19: la Comunicazione della Autorità della Concorrenza e del Mercato, I Contratti n. 4/2020;
  • https://l-jus.it/il-giurista-nel-diritto-postmoderno/;
  • Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, Rep. Atti 167 del 17 ottobre 2019;
  • Grazia Bocale, Le Societá di capitali nella titolaritá delle farmacie private. Riflessioni sulla difficile prevenzione delle incompatibilita e del conflitto di interessi, Osservatorio di Diritto Sanitario 1 aprile 2020.