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Fine del telefax nell’èra della PEC?

1. Breve storia del telefax nella PA

A differenza di altri ambiti, nell’amministrazione pubblica il telefax è stato trattato dapprima con sostanziale diffidenza. È questo il senso della legge 30 dicembre 1991, n. 412, c.d. Finanziaria del 1992, che per la prima volta ammise l’uso del telefax tra amministrazioni pubbliche (escludendo – si noti – i privati), a condizione di acquisire l’originale prima dell’atto finale del procedimento amministrativo de quo. Infatti, l’art. 6, recante la rubrica Im-piego di nuove tecnologie nella Pubblica amministrazione (praticamente “nuove” allora), prevedeva al comma 2:

Salvo che per gli atti aventi valore normativo, le comunicazioni tra amministrazioni pubbliche, enti pubblici, regioni ed enti locali che avvengano via telefax sono valide ai fini del procedimento amministrativo una volta che ne sia verificata la provenienza. Qualora dalle comunicazioni possano nascere diritti, doveri, legittime aspettative di terzi, prima dell’atto finale del procedimento dovrà essere acquisito agli atti l’originale della comunicazione.

Trattandosi di “diritti, doveri, legittime aspettative di terzi” la conclusione del procedimento amministrativo era di fatto condizionata all’acquisizione dell’originale. Questa è la norma per la quale ancor oggi i boiardi poco aperti all’innovazione lo richiedono ancora, dimenticando che, come vedremo, il telefax è da considerarsi un originale a tutti gli effetti di legge.

La norma in esame non è stata mai abrogata espressamente, ma è stata rivoluzionata da una serie di interventi del legislatore, tanto da risultare disapplicabile per lo jus superveniens, in armonia con l’art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile (preleggi) per palese incompatibilità. Sulla spinta della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. Bassanini 1), seguì infatti uno dei rispettivi regolamenti, emanato con il DPR 20 ottobre 1998, n. 403, art. 7, comma 3, il quale aveva così novellato:

I documenti trasmessi ad una pubblica amministrazione tramite fax, o con altro mezzo telematico o informatico idoneo ad accertare la fonte di provenienza del documento, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale attraverso il sistema postale.

Il regolamento in esame, assieme a quello sulla firma digitale (DPR 10 novembre 1997, n. 513) e a quello sul protocollo informatico (DPR 20 ottobre 1998, n. 428) venne abrogato dall’art. 77 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, recante le Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa, il cui art. 43, comma 6, del DPR 445/2000, tuttora vigente, dispone che:

I documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione tramite fax, o con altro mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale.

Riprendendo la norma del 1998 e pur mantenendo sostanzialmente intatto l’impianto originario, l’articolo in esame intervenne cassando la specifica “attraverso il sistema postale” e garantendo, con l’aggiunta di “chiunque”, l’equiparazione tra pubblico e privato nella trasmissione dei documenti informatici (qual è, appunto, il telefax). Non solo: è stato rispettato pienamente lo spirito innovatore della legge 59/1997, che nel primo periodo del 2° comma dell’art. 15 aveva avviato la rivoluzione digitale, nella parità tra privati e amministrazione pubblica:

Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge.

Recentemente il concetto è stato ribadito dall’art. 45, comma 1, del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’amministrazione digitale (CAD), che ha riportato pedissequamente la norma pregressa:

I documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico, ivi compreso il fax, idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale.

Forse una dimenticanza, come tante, del legislatore disattento e scoordinato al quale mai ci abitueremo, ma anche così non si comprendono le ragioni per le quali il CAD non abbia abrogato l’art. 43, comma 6, del DPR 445/2000, che continua a essere un riferimento per la giurisprudenza anche recente (ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 19 giugno 2009, n. 4151; Consiglio di Stato, sez. V, 14 aprile 2008, n. 1608).

Quel che è certo è che non va mai acquisito o richiesto l’originale (a meno di una trasmissione, anche parzialmente, illeggibile). In questo caso, infatti, verrebbero meno il principio di economicità e soprattutto il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo.

In conclusione, in base al principio che lex posterior derogat legi priori, possiamo rimarcare la norma superveniente e che quindi l’art. 7 della legge 412/1991 è da considerarsi disapplicato in virtù dell’art. 45 del D.Lgs. 82/2005 e non già dal DPR 445/2000, pur vigente parimenti, in quanto si tratta di una norma non di pari rango, che quindi non può incidere su una norma superiore nel rispetto della gerarchia delle fonti.

Fin qui in ambito di amministrazione pubblica. Per quanto riguarda invece la disciplina relativa all’utilizzo dei mezzi di telecomunicazione tra avvocati in ordine alla trasmissione di atti processuali, il telefax era stato ammesso dall’articolo unico della legge 7 giugno 1993, n. 183, contenente le Norme in materia di utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione per la trasmissione degli atti relativi a procedimenti giurisdizionali: ma questa è una tematica che esula, almeno per il momento, dalla nostra trattazione.

2. Il telefax come sistema di posta elettronica

Sembra strano, ma c’è ancor oggi chi ritiene che il telefax sia equiparabile a un documento cartaceo. Invece, la stampa su un supporto cartaceo, pur non più in presenza dell’orribile e svanente carta chimica, è solamente quello che potremmo chiamare l’id quod plerumque accidit, visto che il documento arriva su file e, invece di essere stampato, potrebbe essere memorizzato su supporto e formati digitali.

Il telefax è dunque un sistema di posta elettronica semplice, cioè un vettore insicuro, soggetto alla verifica della provenienza, che serve «ad accelerare il trasferimento della corrispondenza mediante la riproduzione a distanza – con l’utilizzazione di reti telefoniche e terminali facsimile – del contenuto di documenti» (Cassazione civile, sez. lav., 20 marzo 2009, n. 6911).

Esso inoltre rientra tra le riproduzioni meccaniche previste dall’art. 2712 c.c., con tutti i problemi probatori legati alla disconoscibilità dei fatti e delle cose rappresentate, nonostante qualche pronunciamento a favore del telefax in base al controllo del rapporto di trasmissione (ex multis, TAR Lazio - Roma, sez. III, 11 novembre 2008, n. 10013 e TAR Lazio - Roma, sez. III, 27 maggio 2008, n. 5113).

La vera differenza, però, tra telefax e posta elettronica è che il primo trasporta un file in formato immagine, cioè la rappresentazione grafica di un documento, che include di norma l’immagine della sottoscrizione (se presente) e che può essere accompagnato da un documento di identità, rientrando così nel novero delle modalità di presentazione delle istanze previste dall’art. 38 del DPR 445/2000. La seconda, invece, trasporta un messaggio testuale, inidoneo alla certificazione della provenienza. Diverso risulta il caso in cui, pur non essendo verificabile la provenienza del messaggio, la posta elettronica trasmetta in allegato un documento sottoscritto digitalmente o un documento grafico (tipicamente il pdf), quest’ultimo liberamente valutabile come riproduzione meccanica.

Fin qui nella prassi e nella giurisprudenza, visto che la legislazione italiana non ha certo fornito un contributo alla chiarezza tra i diversi vettori uti-lizzabili. Prendiamo come riferimento l’anno di nascita del CAD (2005) e, oltre a quanto ivi stabilito e riconfermato, esaminiamo qualche altra norma che disponga sull’utilizzo del telefax.

Per l’art. 2, comma 3, del DPR 8 luglio 2005, n. 169, contenente il regolamento per il riordino degli organi degli ordini professionali è indifferente che l’avviso di convocazione elettorale sia spedito «per posta prioritaria o per telefax o a mezzo posta elettronica certificata», mentre per il successivo art. 5, comma 5, il telefax è vettore esclusivo per la trasmissione della scheda elettorale al competente ministero.

Ancora: per l’art. 172, comma 1, del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, contenente il Codice delle assicurazioni, il contraente può recedere dall’assicurazione «mediante comunicazione da effettuarsi con raccomandata con avviso di ricevimento o consegnata a mano, ovvero a mezzo telefax».

E, infine: per il Ministero delle comunicazioni il Consiglio di amministrazione della RAI dal 2005 può essere convocato indistintamente con un telegramma, con il telefax e con la posta elettronica (DM 8 ottobre 2004, n. 15661, art. 23, comma 4).

Tornando ai giorni nostri, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con Deliberazione 2 marzo 2010 (GU 20 marzo, n. 66), ha recentemente previsto all’art. 11, comma 1, che le richieste, le trasmissioni di documenti e le convocazioni ai destinatari siano effettuate attraverso uno dei seguenti sistemi: posta elettronica, raccomandata con av-viso di ricevimento, consegna a mano contro ricevuta, telex o telegramma e, infine, telefax con domanda di conferma scritta di ricevimento. L’Autorità li equipara tra di loro, pur non risultando equiparabili né da un punto di vista tecnologico né da un punto di vista giuridico. Inoltre non si può non rilevare l’inadeguatezza del telex, dismesso fin dal 1° gennaio 2002 (Ministero delle telecomunicazioni, Circolare 30 novembre 2001, n. 124932, GU 14.12.2001, n. 290).

In buona sostanza, il senso complessivo di quest’ultima disposizione è che fidarsi è bene ma, con i problemi di disconoscibilità e di verifica della fonte di provenienza del telefax, non fidarsi è meglio, tanto che a distanza di vent’anni dalla prima norma si richiedono ancora garanzie sull’effettività della sua ricezione.

3. Le responsabilità dei dirigenti tra telefax, posta ordinaria e PEC

Pur con una forzatura, il Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione, con Circolare 18 febbraio 2010, n. 1, ha ricordato che «la prosecuzione delle tradizionali forme di comunicazione configurano l’inosservanza di disposizioni di legge e una fattispecie di improprio uso di denaro pubblico».

La dose è stata rincarata con la Circolare 19 aprile 2010, n. 2, affermando che l’utilizzo della PEC da parte dei dirigenti è «rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance sia organizzativa, sia individuale previste dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni».

In buona sostanza, bisogna risparmiare attraverso l’utilizzo di canali di trasmissione parimenti sicuri e maggiormente economici, sia per l’amministrazione pubblica che per i cittadini e le imprese. In questa direzione va l’uso della PEC in luogo del telefax: analizziamone dunque le differenze.

Premesso che, come abbiamo visto, entrambi sono sistemi di posta elettronica, siamo di fronte a due notevoli vantaggi a favore della PEC. In primo luogo, si tratta di un vettore qualificato che, a differenza del telefax, garantisce con adeguate ricevute informatiche opponibili a terzi le avvenute trasmissione e ricezione, ivi compresa data e ora cert(ificat)e. In seconda istanza, la PEC ha solo un costo determinato dal canone annuo, quindi nessun costo sull’utenza telefonica, con notevoli risparmi in chiave di economicità dell’azione amministrativa.

Inoltre, dopo aver effettuato la scansione ottica del documento da spedire e attraverso un set di metadati rispettoso della diplomatica e dell’archivistica, sarà possibile far protocollare, classificare e fascicolare il documento o i documenti trasmessi direttamente attraverso il protocollo informatico, fino a far giungere sulla scrivania digitale di chiunque notizia o memoria dell’avvenuta trasmissione o ricezione. Nella pratica, invece di inserire il documento nella guida del telefax, bisognerà acquisirlo attraverso uno scanner di una qualsiasi postazione di protocollo informatico e conseguentemente gestirlo attraverso un motore di workflow management, sia per la corrispondenza esterna che per la corrispondenza interna tra unità organizzative responsabili o, soprattutto, tra diverse aree organizzative omogenee della stessa amministrazione.

Niente più dunque rapporti di trasmissione tradizionali (comunque inadeguati per provenienza e data certa, considerata la loro facilissima alterabilità), carta da caricare o inceppata, perché sarà il gestore PEC, quindi una terza parte fidata, a fornirci la ricevuta di presa in carico e quella di avvenuta ricezione e anche queste potranno essere classificate e fascicolate (non protocollate, perché data la loro natura non risulta necessario) in forma non presidiata e con buona pace del responsabile del procedimento amministrativo.

Come abbiamo già detto da queste pagine (https://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1927), gli uffici potranno far riferimento ad una sola casella di PEC, collegata al protocollo informatico, dalla quale poter far fare al sistema di gestione informatica dei documenti le operazioni appena descritte, in piena armonia con i principi generali dell’attività amministrativa contenuti nell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in particolare quelli inerenti all’efficienza e all’economicità, vera sfida per tutti i dirigenti.

In conclusione, la PEC ha gli stessi vantaggi del telefax, ma è un sistema molto più sicuro, molto più economico, che gode di una forza probatoria in grado di soddisfare pienamente la verifica della provenienza. Per queste ragioni, è lecito aspettarsi entro qualche anno, pur in mezzo a qualche sacca di arretratezza tecnologica delle amministrazioni resilienti, la fine del telefax nell’èra della PEC.

1. Breve storia del telefax nella PA

A differenza di altri ambiti, nell’amministrazione pubblica il telefax è stato trattato dapprima con sostanziale diffidenza. È questo il senso della legge 30 dicembre 1991, n. 412, c.d. Finanziaria del 1992, che per la prima volta ammise l’uso del telefax tra amministrazioni pubbliche (escludendo – si noti – i privati), a condizione di acquisire l’originale prima dell’atto finale del procedimento amministrativo de quo. Infatti, l’art. 6, recante la rubrica Im-piego di nuove tecnologie nella Pubblica amministrazione (praticamente “nuove” allora), prevedeva al comma 2:

Salvo che per gli atti aventi valore normativo, le comunicazioni tra amministrazioni pubbliche, enti pubblici, regioni ed enti locali che avvengano via telefax sono valide ai fini del procedimento amministrativo una volta che ne sia verificata la provenienza. Qualora dalle comunicazioni possano nascere diritti, doveri, legittime aspettative di terzi, prima dell’atto finale del procedimento dovrà essere acquisito agli atti l’originale della comunicazione.

Trattandosi di “diritti, doveri, legittime aspettative di terzi” la conclusione del procedimento amministrativo era di fatto condizionata all’acquisizione dell’originale. Questa è la norma per la quale ancor oggi i boiardi poco aperti all’innovazione lo richiedono ancora, dimenticando che, come vedremo, il telefax è da considerarsi un originale a tutti gli effetti di legge.

La norma in esame non è stata mai abrogata espressamente, ma è stata rivoluzionata da una serie di interventi del legislatore, tanto da risultare disapplicabile per lo jus superveniens, in armonia con l’art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile (preleggi) per palese incompatibilità. Sulla spinta della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. Bassanini 1), seguì infatti uno dei rispettivi regolamenti, emanato con il DPR 20 ottobre 1998, n. 403, art. 7, comma 3, il quale aveva così novellato:

I documenti trasmessi ad una pubblica amministrazione tramite fax, o con altro mezzo telematico o informatico idoneo ad accertare la fonte di provenienza del documento, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale attraverso il sistema postale.

Il regolamento in esame, assieme a quello sulla firma digitale (DPR 10 novembre 1997, n. 513) e a quello sul protocollo informatico (DPR 20 ottobre 1998, n. 428) venne abrogato dall’art. 77 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, recante le Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa, il cui art. 43, comma 6, del DPR 445/2000, tuttora vigente, dispone che:

I documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione tramite fax, o con altro mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale.

Riprendendo la norma del 1998 e pur mantenendo sostanzialmente intatto l’impianto originario, l’articolo in esame intervenne cassando la specifica “attraverso il sistema postale” e garantendo, con l’aggiunta di “chiunque”, l’equiparazione tra pubblico e privato nella trasmissione dei documenti informatici (qual è, appunto, il telefax). Non solo: è stato rispettato pienamente lo spirito innovatore della legge 59/1997, che nel primo periodo del 2° comma dell’art. 15 aveva avviato la rivoluzione digitale, nella parità tra privati e amministrazione pubblica:

Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge.

Recentemente il concetto è stato ribadito dall’art. 45, comma 1, del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’amministrazione digitale (CAD), che ha riportato pedissequamente la norma pregressa:

I documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico, ivi compreso il fax, idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale.

Forse una dimenticanza, come tante, del legislatore disattento e scoordinato al quale mai ci abitueremo, ma anche così non si comprendono le ragioni per le quali il CAD non abbia abrogato l’art. 43, comma 6, del DPR 445/2000, che continua a essere un riferimento per la giurisprudenza anche recente (ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 19 giugno 2009, n. 4151; Consiglio di Stato, sez. V, 14 aprile 2008, n. 1608).

Quel che è certo è che non va mai acquisito o richiesto l’originale (a meno di una trasmissione, anche parzialmente, illeggibile). In questo caso, infatti, verrebbero meno il principio di economicità e soprattutto il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo.

In conclusione, in base al principio che lex posterior derogat legi priori, possiamo rimarcare la norma superveniente e che quindi l’art. 7 della legge 412/1991 è da considerarsi disapplicato in virtù dell’art. 45 del D.Lgs. 82/2005 e non già dal DPR 445/2000, pur vigente parimenti, in quanto si tratta di una norma non di pari rango, che quindi non può incidere su una norma superiore nel rispetto della gerarchia delle fonti.

Fin qui in ambito di amministrazione pubblica. Per quanto riguarda invece la disciplina relativa all’utilizzo dei mezzi di telecomunicazione tra avvocati in ordine alla trasmissione di atti processuali, il telefax era stato ammesso dall’articolo unico della legge 7 giugno 1993, n. 183, contenente le Norme in materia di utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione per la trasmissione degli atti relativi a procedimenti giurisdizionali: ma questa è una tematica che esula, almeno per il momento, dalla nostra trattazione.

2. Il telefax come sistema di posta elettronica

Sembra strano, ma c’è ancor oggi chi ritiene che il telefax sia equiparabile a un documento cartaceo. Invece, la stampa su un supporto cartaceo, pur non più in presenza dell’orribile e svanente carta chimica, è solamente quello che potremmo chiamare l’id quod plerumque accidit, visto che il documento arriva su file e, invece di essere stampato, potrebbe essere memorizzato su supporto e formati digitali.

Il telefax è dunque un sistema di posta elettronica semplice, cioè un vettore insicuro, soggetto alla verifica della provenienza, che serve «ad accelerare il trasferimento della corrispondenza mediante la riproduzione a distanza – con l’utilizzazione di reti telefoniche e terminali facsimile – del contenuto di documenti» (Cassazione civile, sez. lav., 20 marzo 2009, n. 6911).

Esso inoltre rientra tra le riproduzioni meccaniche previste dall’art. 2712 c.c., con tutti i problemi probatori legati alla disconoscibilità dei fatti e delle cose rappresentate, nonostante qualche pronunciamento a favore del telefax in base al controllo del rapporto di trasmissione (ex multis, TAR Lazio - Roma, sez. III, 11 novembre 2008, n. 10013 e TAR Lazio - Roma, sez. III, 27 maggio 2008, n. 5113).

La vera differenza, però, tra telefax e posta elettronica è che il primo trasporta un file in formato immagine, cioè la rappresentazione grafica di un documento, che include di norma l’immagine della sottoscrizione (se presente) e che può essere accompagnato da un documento di identità, rientrando così nel novero delle modalità di presentazione delle istanze previste dall’art. 38 del DPR 445/2000. La seconda, invece, trasporta un messaggio testuale, inidoneo alla certificazione della provenienza. Diverso risulta il caso in cui, pur non essendo verificabile la provenienza del messaggio, la posta elettronica trasmetta in allegato un documento sottoscritto digitalmente o un documento grafico (tipicamente il pdf), quest’ultimo liberamente valutabile come riproduzione meccanica.

Fin qui nella prassi e nella giurisprudenza, visto che la legislazione italiana non ha certo fornito un contributo alla chiarezza tra i diversi vettori uti-lizzabili. Prendiamo come riferimento l’anno di nascita del CAD (2005) e, oltre a quanto ivi stabilito e riconfermato, esaminiamo qualche altra norma che disponga sull’utilizzo del telefax.

Per l’art. 2, comma 3, del DPR 8 luglio 2005, n. 169, contenente il regolamento per il riordino degli organi degli ordini professionali è indifferente che l’avviso di convocazione elettorale sia spedito «per posta prioritaria o per telefax o a mezzo posta elettronica certificata», mentre per il successivo art. 5, comma 5, il telefax è vettore esclusivo per la trasmissione della scheda elettorale al competente ministero.

Ancora: per l’art. 172, comma 1, del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, contenente il Codice delle assicurazioni, il contraente può recedere dall’assicurazione «mediante comunicazione da effettuarsi con raccomandata con avviso di ricevimento o consegnata a mano, ovvero a mezzo telefax».

E, infine: per il Ministero delle comunicazioni il Consiglio di amministrazione della RAI dal 2005 può essere convocato indistintamente con un telegramma, con il telefax e con la posta elettronica (DM 8 ottobre 2004, n. 15661, art. 23, comma 4).

Tornando ai giorni nostri, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con Deliberazione 2 marzo 2010 (GU 20 marzo, n. 66), ha recentemente previsto all’art. 11, comma 1, che le richieste, le trasmissioni di documenti e le convocazioni ai destinatari siano effettuate attraverso uno dei seguenti sistemi: posta elettronica, raccomandata con av-viso di ricevimento, consegna a mano contro ricevuta, telex o telegramma e, infine, telefax con domanda di conferma scritta di ricevimento. L’Autorità li equipara tra di loro, pur non risultando equiparabili né da un punto di vista tecnologico né da un punto di vista giuridico. Inoltre non si può non rilevare l’inadeguatezza del telex, dismesso fin dal 1° gennaio 2002 (Ministero delle telecomunicazioni, Circolare 30 novembre 2001, n. 124932, GU 14.12.2001, n. 290).

In buona sostanza, il senso complessivo di quest’ultima disposizione è che fidarsi è bene ma, con i problemi di disconoscibilità e di verifica della fonte di provenienza del telefax, non fidarsi è meglio, tanto che a distanza di vent’anni dalla prima norma si richiedono ancora garanzie sull’effettività della sua ricezione.

3. Le responsabilità dei dirigenti tra telefax, posta ordinaria e PEC

Pur con una forzatura, il Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione, con Circolare 18 febbraio 2010, n. 1, ha ricordato che «la prosecuzione delle tradizionali forme di comunicazione configurano l’inosservanza di disposizioni di legge e una fattispecie di improprio uso di denaro pubblico».

La dose è stata rincarata con la Circolare 19 aprile 2010, n. 2, affermando che l’utilizzo della PEC da parte dei dirigenti è «rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance sia organizzativa, sia individuale previste dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni».

In buona sostanza, bisogna risparmiare attraverso l’utilizzo di canali di trasmissione parimenti sicuri e maggiormente economici, sia per l’amministrazione pubblica che per i cittadini e le imprese. In questa direzione va l’uso della PEC in luogo del telefax: analizziamone dunque le differenze.

Premesso che, come abbiamo visto, entrambi sono sistemi di posta elettronica, siamo di fronte a due notevoli vantaggi a favore della PEC. In primo luogo, si tratta di un vettore qualificato che, a differenza del telefax, garantisce con adeguate ricevute informatiche opponibili a terzi le avvenute trasmissione e ricezione, ivi compresa data e ora cert(ificat)e. In seconda istanza, la PEC ha solo un costo determinato dal canone annuo, quindi nessun costo sull’utenza telefonica, con notevoli risparmi in chiave di economicità dell’azione amministrativa.

Inoltre, dopo aver effettuato la scansione ottica del documento da spedire e attraverso un set di metadati rispettoso della diplomatica e dell’archivistica, sarà possibile far protocollare, classificare e fascicolare il documento o i documenti trasmessi direttamente attraverso il protocollo informatico, fino a far giungere sulla scrivania digitale di chiunque notizia o memoria dell’avvenuta trasmissione o ricezione. Nella pratica, invece di inserire il documento nella guida del telefax, bisognerà acquisirlo attraverso uno scanner di una qualsiasi postazione di protocollo informatico e conseguentemente gestirlo attraverso un motore di workflow management, sia per la corrispondenza esterna che per la corrispondenza interna tra unità organizzative responsabili o, soprattutto, tra diverse aree organizzative omogenee della stessa amministrazione.

Niente più dunque rapporti di trasmissione tradizionali (comunque inadeguati per provenienza e data certa, considerata la loro facilissima alterabilità), carta da caricare o inceppata, perché sarà il gestore PEC, quindi una terza parte fidata, a fornirci la ricevuta di presa in carico e quella di avvenuta ricezione e anche queste potranno essere classificate e fascicolate (non protocollate, perché data la loro natura non risulta necessario) in forma non presidiata e con buona pace del responsabile del procedimento amministrativo.

Come abbiamo già detto da queste pagine (https://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1927), gli uffici potranno far riferimento ad una sola casella di PEC, collegata al protocollo informatico, dalla quale poter far fare al sistema di gestione informatica dei documenti le operazioni appena descritte, in piena armonia con i principi generali dell’attività amministrativa contenuti nell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in particolare quelli inerenti all’efficienza e all’economicità, vera sfida per tutti i dirigenti.

In conclusione, la PEC ha gli stessi vantaggi del telefax, ma è un sistema molto più sicuro, molto più economico, che gode di una forza probatoria in grado di soddisfare pienamente la verifica della provenienza. Per queste ragioni, è lecito aspettarsi entro qualche anno, pur in mezzo a qualche sacca di arretratezza tecnologica delle amministrazioni resilienti, la fine del telefax nell’èra della PEC.