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Gabriele Battaglia: Massa per velocità

massa per la velocità di Gabriele Battaglia
massa per la velocità di Gabriele Battaglia

Vi sono nel mondo luoghi (città, Paesi o addirittura continenti) che esercitano una particolare sorta di fascinazione su persone, a loro volta particolari, che non possono sottrarsene (anche chi scrive l’ha sperimentato di persona).

È questo il caso della Cina su Gabriele Battaglia. Si autodefinisce “merce svalutata sul mercato del lavoro”, vive in quel Paese da anni, a volte ne fugge lontano, ma inutilmente, perché l’impulso a tornarvi è troppo forte. E questo nonostante la Pechino di oggi (dove risiede) non sia più la città di un tempo (che lui rimpiange), il “luogo dove tutto è possibile, il luogo della meraviglia quotidiana”.

Ad ogni modo, resta convinto che la dimensione massiva e la velocità della Cina mettano in moto processi epocali e che solo da lì si possa osservare l’evolversi del mondo.

In “Massa per velocità: un racconto dalla Cina profonda” (Prospero Editore) descrive così da un lato l’espandersi delle comunità residenziali perimetrale dove vive il nuovo ceto medio che si è formato sulla proprietà immobiliare, e dall’altro l’espulsione dei lavoratori migranti dal cuore della città, che può così essere messo a valore. Il boom economico e la liquidità in eccesso, infatti, nascono fondamentalmente da queste due forme di valorizzazione del capitale: lo sfruttamento del lavoro migrante e la speculazione immobiliare.

La nuova Cina che si delinea, secondo il progetto ufficiale, è e sarà il risultato della progressiva urbanizzazione dei contadini e dei lavoratori migranti in nuove megalopoli (la edificazione delle quali implica creazione di lavoro, utilizzo di cemento e ferro prodotti in eccedenza, riduzione nelle aree urbane dell’inquinamento dovuto a stufe a carbone per riscaldamento, nuova domanda di beni di consumo) collegate mediante alta velocità.

Fare diventare città la campagna, tuttavia, crea anche nuove contraddizioni, come quella di portare milioni di contadini a trasferirsi in palazzoni di decine di piani costruiti nelle campagne per loro, cedere i terreni che avevano in gestione, abbandonare i propri campi ed animali e con essi la microeconomia del villaggio.

Inoltre, in un Paese di contenuta crescita dei salari e di bassa remunerazione dei depositi bancari, il mattone è diventato l’investimento privilegiato di molti, che si aspettano una costante crescita di valore perché è sempre andata così. Questo ha prodotto una bolla immobiliare con almeno 50 città fantasma, perché si è ridotta la fascia degli acquirenti di prime case mentre è aumentata la richiesta di seconde o terze abitazioni per investimento.

Il 30% del PIL cinese dipende dal settore immobiliare e quindi il governo e le banche statali lo sostengono anche in assenza di garanzie, esponendosi così a rischi finanziari cospicui, in una sorta di bolla garantita (del resto, nel 30% di cinesi che detengono il 70% del patrimonio immobiliare non mancano certo gli alti funzionari).

Nel 2018, con la rimozione dell’art. 79 della Costituzione, è stato eliminato il limite dei due mandati quinquennali per la presidenza della Repubblica Popolare e Xi Jinping è succeduto a se stesso anche alla Segreteria del Partito ed alla Presidenza della Commissione Militare. Del resto, per facilitare la cosa, nell’autunno precedente aveva impedito l’inserimento di qualsiasi rappresentante della sesta generazione di leader nel comitato permanente del Politburo, cioè aveva praticamente escluso un eventuale erede, divenendo di fatto un moderno imperatore.

Questo disinvolto modo di agire richiama alla mente, ad esempio, come nello Shanxi la gente creasse buche nelle strade cosicché il carbone caricato sugli autocarri tracimava e poteva essere raccolto dai più lesti.

Il socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era elaborato da Xi Jinping trova il suo mandato celeste nell’estirpazione di ogni idea di conflitto, sostituita da riforma morale, servizio al popolo, ambientalismo, patriottismo. Il proletariato che accarezza il sogno di divenire ceto medio rappresenta la base del sostegno a Xi Jinping e alla sua concezione della società del moderato benessere.

In Cina si deve pensare tutti allo stesso modo, così si ritiene che le difficoltà potranno essere superate e si andrà verso un futuro migliore per tutti. In tale contesto, anche la pandemia può tornare utile per guadagnare nuovi mercati e compattare il Paese facendo vedere che si fa meglio dell’Occidente.

I cittadini vengono tracciati informaticamente, ai lavoratori è richiesto di disinfettare la propria postazione di lavoro, nei locali viene utilizzata la ventilazione forzata, e può capitare di vedere cartoni separatori nella mensa e ascensori azionati con stuzzicadenti per non far toccare i tasti con le dita.

Tutti partecipano, ma la mobilitazione è diretta dallo Stato, è una mobilitazione che incoraggia il sostegno, ma si rivolge alla burocrazia. C’è paura di fare eccessivo affidamento sulle masse ed esigenza del loro controllo.

La continua interazione tra base della società e governo ha come fine l’uscita dalla povertà degli ultimi, l’eliminazione della corruzione, la trasformazione della Cina in potenza globale e, adesso, il contenimento della pandemia.

La realizzazione di tale programma è la garanzia della stabilità sociale: solo così la maggioranza della popolazione può continuare il proprio progresso sotto la guida illuminata, ferma e rassicurante del Partito (negli ultimi 40 anni il consenso al Partito si è basato sul boom economico e la promessa di benessere).

Così Xi Jinping diventa Xi Dada, lo zio paterno, il Presidente del popolo e fa accettare qualsiasi sacrificio e l’eliminazione di ogni dissenso. Xi Jinping si presenta come colui che consente di tenere insieme gli elementi positivi della cultura tradizionale cinese (confucianesimo, taoismo, buddhismo), l’uguaglianza del socialismo, l’efficienza economica del capitalismo.

Come dice a Battaglia un uomo in occasione della Festa della Repubblica: “Mao ci ha rimessi in piedi, Deng ci ha fatto guadagnare soldi, Xi renderà grande la nazione”.

La modernizzazione rurale cerca di risolvere diversi problemi contemporaneamente: il divario dei redditi in città e in campagna, il calo della produzione alimentare interna, la debole domanda interna, il sistema di previdenza sociale inadeguato. Sussiste, tuttavia, il pregiudizio per cui i contadini sono per definizione arretrati, per cui non si punta ad una loro elevazione culturale, ma solo ad una crescita produttiva, di ricchezza, di consumi.

Mentre in Occidente Calvino descrive il successo terreno accompagnato da una vita frugale come segno della Grazia, in Cina si cerca di realizzare una società nella quale le doti dei più capaci vadano a beneficio della collettività (welfare autoritario), ma la realtà dice che la disuguaglianza sociale è tuttora pari a quella statunitense.

Di questo e di altro ci narra Gabriele Battaglia, tornato per l’ennesima volta in Cina “per vedere se ne vale ancora la pena”.