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Giustizia e media: nuova proposta di legge su magistratura e stampa

L'iniziativa mira a regolamentare gli opachi intrecci tra giustizia e informazione
Giustizia e media
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Giustizia e media: una nuova proposta di legge

Giustizia e media: l’esame della nuova proposta di legge in materia di segreto investigativo e divieto di rivelazione e pubblicazione degli atti di indagine.

La lettura dell’articolata proposta normativa permette di apprezzare la ricerca di un punto di equilibrio tra le esigenze di pubblica informazione in occasione di vicende giudiziarie di pubblico interesse da un lato, e il diritto dei cittadini alla tutela della loro riservatezza, soprattutto quando risultano estranei al procedimento, da un altro lato.

La recente pubblicazione del video della caduta della funivia della Strage Mottarone-Stresa ha riaperto l’annoso e molto spesso inconcludente dibattito sul divieto di pubblicazione degli atti di indagine coperti dal segreto istruttorio.

L’opaco rapporto tra magistratura inquirente e giornalismo ha accompagnato la storia giudiziaria di questo paese ed ha determinato le fortune e le sfortune di migliaia di donne e uomini.

Alla Camera dei Deputati, è stato pubblicato il 25 giugno, il testo della proposta di legge n. 3090 in materia di segreto investigativo e divieto di rivelazioni e pubblicazione di conversazioni e immagini intercettate, di protezione dei dati personali, di tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni.

La lettura delle nuove norme, permette di apprezzare la ricerca di una linea di confine tra la presunzione di innocenza e tutela della riservatezza e le esigenze di pubblica informazione.

Il testo dell’articolata proposta di Legge n. 3090: “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, al codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, e al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in materia di segreto investigativo, di divieto di rivelazione e pubblicazione di conversazioni e immagini intercettate, di protezione dei dati personali, di tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di condanna del querelante e di segreto professionale, nonché disposizioni a tutela del soggetto diffamato”.

La proposta di legge interviene sul delicato rapporto fra giustizia e media e mira a trovare un punto di equilibrio tra le necessità investigative e le esigenze di pubblica informazione in occasione di vicende giudiziarie di pubblico interesse, da un lato, e il diritto dei cittadini alla tutela della loro riservatezza, soprattutto quando risultano estranei al procedimento, da un altro lato.

In questo già precario equilibrio tra giustizia e media, riveste un ruolo di primo piano lo strumento investigativo più invasivo e lesivo delle libertà personali: le intercettazioni.

Il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori tutelati, oltre che dalla Carta costituzionale (articoli 13 e 15), anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (articoli 8 e 10) e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848.

Più di recente, con la direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, si è stabilito che la presunzione di innocenza sarebbe violata se dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza presentassero l’indagato o imputato come colpevole fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Tali dichiarazioni o decisioni giudiziarie non dovrebbero rispecchiare l’idea che una persona sia colpevole.

La premessa della proposta di legge fa comprendere le intenzioni dei proponenti di apportare profonde modifiche alla situazione attuale, che le possiamo così sintetizzare:

  • l'introduzione del divieto di pubblicazione e diffusione sui mezzi informazione del nome del pubblico ministero titolare delle indagini per tutta la loro durata e fino alla conclusione dell'udienza preliminare (art. 329-bis c.p.p.);
  • la modifica dell’art. 57 c.p. con la possibilità di una delega di funzioni;
    l'introduzione del reato di rivelazione e pubblicazione delle conversazioni e delle immagini intercettate (art. 326-bis c.p.);
  • la modifica del reato di rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale (art. 379-bis c.p.);
  • la modifica dell’art. 595 c.p. (diffamazione) con abolizione della pena della reclusione;
  • l'introduzione del reato di “accesso abusivo ad atti del procedimento penale” (art. 617-octies c.p.)
  • l'introduzione del reato di “detenzione di documenti illecitamente formati o acquisiti” (art. 617-novies c.p.);
  • l'introduzione del reato di (Rivelazione del contenuto di documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni” (art. 617-decies c.p.);
  • l'istituzione di un apposito registro gestito dalla Procura per l’annotazione delle generalità di chi richiede le copie e degli atti del procedimento rilasciati (art. 116 c. 2-bis c.p.p.);
  • l'estensione della disciplina del segreto professionale per i giornalisti pubblicisti iscritti al rispettivo albo;
  • l'esclusione della colpa grave per riconoscere il diritto all’equa riparazione per l'ingiusta detenzione ed esclusione della facoltà di non rispondere fra le ragioni che possono concorrere a negare il medesimo diritto.

Giustizia e media: illustrazione delle disposizioni della proposta di legge n. 3090

La proposta di legge è composta da otto articoli.

L’articolo 1 stabilisce le finalità.

L’articolo 2 prevede modifiche al codice penale: innanzitutto, si sostituisce l’articolo 57, relativo alla responsabilità colposa del direttore per omesso controllo sul contenuto della pubblicazione, la cui rubrica modificata non fa più riferimento alla sola stampa periodica, bensì ai reati commessi con il mezzo della stampa o di altri prodotti editoriali registrati. In particolare, si prevedono la riduzione della pena di un terzo e l’abolizione della pena accessoria dell’interdizione dalla professione di gior- nalista; la possibilità di delegare le funzioni di vigilanza da parte del direttore o del vicedirettore responsabile a uno o più gior- nalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni, non escludendo l’obbligo di vigilanza in capo agli stessi in ordine al cor- retto svolgimento da parte del delegato delle funzioni trasferite. In secondo luogo, si introduce una nuova ipotesi di reato (articolo 326-bis), per rafforzare la tutela del segreto investigativo, prevedendo il divieto di rivelazione e di pubblicazione delle conversazioni e delle immagini intercettate che punta a non destabilizzare il libero convincimento del giudice sia per le modalità con cui vengono riportate le intercettazioni estrapolate da vicende giudiziarie sia per l’interpretazione che viene offerta senza contraddittorio. Inoltre, con la sostituzione dell’articolo 379-bis si intende specificare l’ambito di applicazione della rivelazione di atti di un procedimento penale coperti dal segreto e, di conseguenza, aggravare la pena per l’ipotesi base, prevedendo poi un’ipotesi colposa della fattispecie e individuando un’aggravante qualora il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio. Si sostituisce l’articolo 595 in tema di diffamazione, abolendo la pena della reclusione e aumentando la multa da 3.000 a 10.000 euro. Come per la diffamazione a mezzo stampa, l’attribuzione di un fatto determinato costituisce un’aggravante, punita con la multa fino a un massimo di 15.000 euro (invece della reclusione fino a due anni o della multa fino a 2.065 euro). Un’ulteriore aggravante (aumento della multa della metà) – prevista dal nuovo terzo comma – è costituita dall’aver commesso il reato con un qualsiasi mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico. Rispetto al testo vigente viene di fatto eliminata l’ipotesi aggravata dell’offesa recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o a una sua rappresentanza o a un’autorità costituita in collegio, prevista dall’attuale quarto comma dell’articolo 595. Infine, si inseriscono, dopo l’articolo 617-septies, tre nuove fattispecie di reato, rispettivamente di accesso abusivo ad atti del procedimento penale, di detenzione di documenti illecitamente formati o acquisiti e di rivelazione del contenuto di documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, e si modifica l’articolo 684 aggravando la sanzione e stabilendo la pubblicazione della sentenza in caso di condanna.

L’articolo 3 prevede modifiche al codice di procedura penale in materia di: divieto di pubblicazione degli atti di un procedimento penale anche se non più coperti dal segreto fino alla conclusione delle indagini preliminari (articolo 114, comma 2); divieto di pubblicazione delle intercettazioni fino alla sentenza di primo grado, precludendo sempre quelle non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454 (articolo 114, comma 2-bis); divieto di pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari, consentendola solo per riassunto dopo che la persona sottoposta alle indagini ovvero il suo difensore ne abbiano avuto conoscenza ad eccezione delle parti che riproducono i contenuti delle intercettazioni (articolo 114, comma 2-ter); possibilità di pubblicazione del contenuto degli atti non coperti dal segreto dopo l’avviso di conclusione delle indagini di cui all’articolo 415-bis (articolo 114, comma 7); istituzione di un apposito registro gestito dalla procura per l’annotazione delle generalità di chi richiede le copie e degli atti del procedimento rilasciati (articolo 116, comma 2-bis); criteri di valutazione dei risultati delle intercettazioni affinché il giudice del dibattimento possa utilizzarli come prova solo dopo che gli altri elementi ne confermino l’attendibilità (articolo 192, comma 4-bis); estensione della disciplina del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti iscritti al rispettivo albo, consentendo loro di non deporre su quanto hanno conosciuto in ragione della loro professione, fatti salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria (articolo 200, comma 3); segreto delle intercettazioni (articolo 269, comma 1); utilizzabilità delle intercettazioni in altri procedimenti civili, amministrativi e disciplinari (articolo 270, comma 1); esclusione della colpa grave per riconoscere il diritto all’equa riparazione per l’ingiusta detenzione ed esclusione della facoltà di non rispondere fra le ragioni che possono concorrere a negare il medesimo diritto (articolo 314, commi 1 e 1-bis); sequestro preventivo dei dati informatici, rendendoli inaccessibili agli utenti perché la libera circolazione potrebbe aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati (articolo 321, comma 1-bis); divieto di pubblicazione e diffusione sui mezzi di informazione del nome del pubblico ministero durante le indagini preliminari (articolo 329- bis); divieto di pubblicazione dei risultati delle intercettazioni (articolo 329-ter); condanna del querelante alle spese e ai danni in caso di temerarietà della querela (articolo 427, comma 3).

L’articolo 4 modifica il codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, introducendo specifici illeciti per finalità giornalistiche (articolo 165-bis).

L’articolo 5 introduce il comma 1-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 106 del 2006 in tema di limiti alla diffusione da parte dell’autorità giudiziaria, a fini di comunicazione, di filmati contenenti riprese di atti dell’indagine preliminare, quali intercettazioni, videoregistrazioni, fotogrammi, esecuzione di perquisizioni o di misure cautelari, e diffusione di audio di intercettazioni, vietando, altresì, l’attribuzione di una denominazione alle inchieste.

L’articolo 6 modifica la legge n. 47 del 1948, estendendo l’applicazione delle disposizioni di tale legge anche ai quotidiani on line e ai telegiornali e giornali radio; ridisciplinando l’istituto della rettifica al fine di garantire alla persona offesa un’effettiva tutela del proprio onore e della propria dignità; prevedendo una nuova disposizione per stabilire i parametri di cui il giudice deve tenere conto nella determinazione del danno derivante da diffamazione commessa con i mezzi di informazione; abrogando l’articolo 12, in base al quale per la diffamazione a mezzo stampa la persona offesa può chiedere – oltre il risarcimento dei danni – una somma a titolo di riparazione, determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato; rivedendo la disciplina speciale in materia di diffamazione commessa a mezzo stampa, eliminando la pena detentiva (anche in caso di attribuzione di un fatto determinato diffuso con la consapevolezza della sua falsità), aumentando quella pecuniaria e prevedendo la pubblicazione della sentenza in caso di condanna e l’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da un mese a sei mesi in caso di recidiva; stabilendo la non punibilità dell’autore dell’offesa e del direttore quando, anche spontaneamente, si sia provveduto alla pubblicazione o alla diffusione delle rettifiche o delle smentite, ai sensi dell’articolo 8, idonee a riparare l’offesa; prevedendo la trasmissione degli atti, dopo la condanna, al competente ordine professionale per le determinazioni relative alle sanzioni disciplinari; prevedendo – in deroga alle ordinarie regole sulla competenza territoriale ex articoli 8 e 9 del cpp (luogo del commesso delitto) – che il giudice competente per i reati di diffamazione a mezzo stampa o a mezzo di un altro prodotto editoriale registrato è il tribunale del luogo di residenza della persona offesa.

L’articolo 7, introducendo l’articolo 17- bis del decreto legislativo n. 70 del 2003, disciplina le procedure di notifica e di rimozione di contenuti, ritenuti offensivi, pubblicati da prestatori di servizi on line. La disposizione prevede, tra l’altro, l’istituzione, presso l’AGCOM, di un organo di autoregolamentazione indipendente, competente per le procedure di conciliazione.

Inoltre, si stabilisce che il soggetto che si ritenga offeso dai contenuti pubblicati possa chiedere, con un’adeguata motivazione, la rimozione o la disabilitazione di tali contenuti, contestandone la veridicità ovvero la non continenza formale, con la conseguente possibilità per il prestatore di rimuovere o disabilitare i contenuti oppure di attivare una procedura di conciliazione in contraddittorio tra le parti dinnanzi al citato organo di autoregolamentazione che, qualora li reputi offensivi, obbligherà – a pena di sanzione amministrativa – il prestatore a rimuoverli o disabilitarli entro ventiquattro ore. In caso di rigetto della richiesta da parte dell’organo è stata prevista la possibilità di chiedere al giudice ordinario la revisione della decisione.

L’articolo 8, infine, reca misure volte a riconoscere una sorta di diritto all’oblio del soggetto diffamato leso dal trattamento illegittimo di dati personali.