Le registrazioni fonografiche tra presenti non sono intercettazioni “ambientali” ex artt. 266 ss. C.p.p. e la condotta negligente dei sanitari non interrompe lo sviluppo causale

Le registrazioni fonografiche tra presenti non sono intercettazioni “ambientali” ex artt. 266 ss. C.p.p. e la condotta negligente dei sanitari non interrompe lo sviluppo causale: Cass. pen. Sez. IV, n. 3717/2025
La Quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 3717 depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2025, si è pronunciata in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni e rapporto di causalità per la condotta dei sanitari che hanno avuto in cura il ferito.
Il caso
La pronuncia origina dal ricorso per Cassazione promosso dall’imputato avverso la sentenza del 7/12/2023 della Corte d’Appello di Palermo, la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminando la pena irrogata, ha confermato la declaratoria di responsabilità dell’imputato per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa prevenzionistica.
Particolarmente, secondo i giudici di merito, l’imputato si è reso colposamente responsabile del decesso di un lavoratore «in nero» presso la ditta dell’imputato, a seguito della caduta da un ponteggio posto a una altezza di 7 metri, in assenza dei prescritti dispositivi di protezione individuale.
Con un primo motivo di gravame, la difesa dell’imputato eccepiva violazione di legge e vizio di motivazione, ritenendo che la Corte distrettuale avesse disposto «la rinnovazione parziale dell’istruttoria dibattimentale» sull’erroneo presupposto «della mancata assunzione testimoniale delle parti coinvolte e senza alcun vaglio in ordine alla genuinità della relativa trascrizione e alla identificazione dei soggetti coinvolti», acquisendo la registrazione audio avvenuta tra due soggetti («C.C.», parte civile, e «F.F.»), alla presenza di un terzo («G.G.», «marito della parte civile D.D.»).
Con un secondo motivo, la difesa eccepiva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 589, comma 2, cod. pen., per non avere considerato che l'anticipazione dell'orario di lavoro da parte della persona offesa costituisce comportamento abnorme del lavoratore, stante l'assenza del titolare, che avrebbe garantito l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
In più, come terzo motivo, la difesa eccepiva omessa assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale disposto perizia medico-legale al fine di accertare se fossero ravvisabili incongruità tecniche nella condotta dei sanitari che avevano avuto in cura la persona offesa nei giorni seguenti l’infortunio, al fine di verificare l’effettiva sussistenza del nesso casuale tra la condotta dell’imputato e l’evento.
Infine, veniva eccepito il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche ex art. 62-bis C.p., nonostante la ridotta capacità criminale e il positivo comportamento processuale dell’imputato.
La questione
La Corte di Legittimità ha ritenuto il secondo motivo inammissibile, per aver sviluppato inammissibili censure di merito, e il quarto motivo privo di pregio, «essendo noto che la concessione o il diniego delle circostanze attenuanti generiche costituisce esplicazione di un potere discrezionale del giudice di merito, non censurabile in cassazione se non in quanto sorretto da motivazione inficiata da manifesta illogicità o mancante». Il primo e il terzo motivo di ricorso sono stati considerati, rispettivamente, infondato e manifestamente infondato.
La soluzione
La sezione IV penale della Cassazione, chiamata a vagliare le doglianze dell’imputato, ha confermato, in tema di registrazioni fonografiche e intercettazione ambientali, un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo il quale: «la registrazione fonografica di colloqui tra presenti, eseguita d' iniziativa da uno degli interlocutori o da persona ammessa ad assistervi, costituisce una forma di memorizzazione di un fatto storico, integrante prova documentale ex art. 234 cod. proc. pen., come tale utilizzabile in dibattimento, e non intercettazione "ambientale" soggetta alla disciplina degli artt. 266 e ss. cod. proc. pen. (ex multis, Sez. U, n. 36747 del 28/05/2003, Rv. 225466 - 01; Sez. 2, ri. 46185 del 21/09/2022, Rv. 284226 -02)».
Pertanto, si evince che la registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni realizzata anche clandestinamente da un soggetto che non ne prenda parte attivamente, e che sia esclusivamente ammesso ad assistervi, non costituisce una «intercettazione», e quindi non è riconducibile alla disciplina di garanzia prevista dagli artt. 266 e seguenti del C.p.p.
Quanto al rapporto di causalità, i giudici di legittimità hanno confermato che in caso di lesioni personali cui abbia fatto seguito il decesso, la colpa dei sanitari, anche se grave, non può ritenersi una causa autonoma e indipendente capace di interrompere il nesso causale ex art. 41, c. 2 C.p., dal momento che è la condotta dell’agente, che ha causato l’evento delle lesioni, a rendere necessario l’intervento dei sanitari, la cui negligenza o imperizia, non costituendo fatto atipico o imprevedibile, costituisce un’ipotesi che si inserisce nella concatenazione causale.
Testualmente, la Suprema Corte ha affermato: «Nella specie, i giudici hanno correttamente applicato il principio secondo il quale, nel caso di lesioni personali (nella specie, provocate da infortunio sul lavoro) cui sia seguito il decesso della vittima, la colpa dei medici, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente - tale da interrompere il nesso causale ex articolo 41, comma secondo, cod. pen. - rispetto al comportamento dell'agente, perché questi, provocando tale evento (le lesioni), ha reso necessario l’intervento dei sanitari, la cui imperizia o negligenza non costituisce un fatto imprevedibile ed atipico, ma un'ipotesi che si inserisce nello sviluppo della serie causale (ex multis, Sez. 4, n. 41943 del 04/10/2006, Rv. 235537- 01; in motivazione la Corte ha altresì precisato che, mentre è possibile escludere il nesso causale in situazioni di colpa commissiva addebitabili ai sanitari, nel caso di omissioni di terapie che dovevano essere applicate per impedire le complicanze, l'errore del medico non può prescindere dall'evento che ha fatto sorgere la necessità della prestazione sanitaria, per cui la "catena causale" resta integra)».