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Intercettazioni ambientali e telefoniche: conservazione o distruzione in caso di procedimento archiviato

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Intercettazioni ambientali e telefoniche: conservazione o distruzione in caso di procedimento archiviato

 

La cassazione sezione 5 con la sentenza n. 13459, udienza 17 marzo 2022, depositata il 7 aprile 2022, ha esaminato la questione relativa alla richiesta della Procura di procedere alla distruzione delle intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite in un procedimento archiviato nel 2005.

Il GIP ha rigettato la richiesta, ritenendo che la mera archiviazione non  equivarrebbe a certa e futura non rilevanza delle intercettazioni medesime e che  la conservazione delle stesse nell'archivio della Procura della Repubblica, luogo  riservato e protetto, permetterebbe di tutelare il diritto alla riservatezza  dell'intercettato e, nel contempo, il diritto pubblicistico al mantenimento delle  intercettazioni.

Avverso tale decisione ricorre il Pubblico Ministero, ritenendo l'ordinanza  impugnata un atto abnorme, in quanto resa in violazione del secondo comma  dell'art. 269 cod. proc. e foriera di una stasi procedimentale, risolvibile solo con  la sua rimozione.

Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice, infatti, l'inutilità  delle intercettazioni discenderebbe per tabulas dall'avvenuta archiviazione del  procedimento (disposta anche in ragione del contenuto delle stesse e della loro  ritenuta inidoneità probatoria a fondare un eventuale successivo esercizio  dell'azione penale).

E la conferma di tale inutilità discenderebbe dal lungo tempo  trascorso dal decreto di archiviazione, durante il quale non sarebbero emersi  elementi tali da giustificare una rivalutazione dei fatti.

La cassazione ha rilevato che la disciplina della conservazione del materiale  intercettato trova la sua fonte normativa nell'art. 269 cod. proc. pen, che, al  comma 2, precisa che, al di fuori delle ipotesi disciplinate al comma 3 del  successivo art. 271, le intercettazioni sono conservate fino alla sentenza non più  soggetta ad impugnazione.

Tuttavia, la parte interessata (fra le quali anche il  pubblico ministero: Sez. 3, n. 48595 del 20/10/2016, Rv. 268573), può chiedere  la distruzione della documentazione, anche anticipatamente, se questa non è  necessaria per il procedimento.

La valutazione della rilevanza del materiale acquisito o della sua  eventuale inutilità impone l'attivazione di uno specifico incombente in termini di  contraddittorio ai sensi dell'art. 127 cod. proc. pen., come espressamente  prevede nella sua parte finale l'art. 269, comma 2, cod. proc. pen., all'interno del  quale bilanciare da un lato la necessaria tutela dell'interesse alla riservatezza  delle persone coinvolte in relazione al concreto contenuto della documentazione, e, dall'altro, il pubblico interesse all'utilizzazione, e dunque alla sua  conservazione finché il procedimento non è concluso.

Onere procedimentale che  incombe tanto nelle ipotesi in cui l'istanza provenga dalle parti private, quanto  nell'ipotesi in cui sia lo stesso pubblico ministero ad attivare la procedura (Corte  Cost. n. 463 del 1994). Cosicché, sarà abnorme il diniego opposto dal giudice per le indagini  preliminari che, richiesto dal pubblico ministero della procedura camerale per la  distruzione di registrazioni telefoniche ritenuti inutili, rifiuta l'adempimento,  omettendo la prevista procedura camerale, e così sottraendosi ad ogni controllo  (Sez. 2, Sentenza n. 1015 del 22/02/1994, Rv. 197312; Sez. 5, n. 378 del  26/01/1994, Rv. 197277).

Non potrà, però, ritenersi abnorme il provvedimento  di rigetto in sé, emesso all'esito della prescritta procedura camerale e nel  rispetto del principio di contraddittorio, suscettibile di ricorso per cassazione.

È pur vero che l'abnormità può riguardare non solo il profilo strutturale,  allorché il provvedimento adottato si pone al di fuori del sistema organico della  legge processuale, ma anche quello funzionale, quando il provvedimento, pur  non estraneo al sistema normativo, determina la stasi del processo e  l'impossibilità di proseguirlo (Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, Rv. 208221),  pregiudicando in concreto lo sviluppo successivo del processo (Sez. U, n. 25957  del 26/03/2009, Rv. 243590).

Ma l'ordinanza impugnata non ha determinato  alcun pregiudizio per il successivo eventuale sviluppo procedimentale, atteso che  il pubblico ministero ben potrà, ove ritenuto, riproporre l'istanza alla luce delle  circostanze evidenziate dal giudice. A fronte della richiesta avanzata dal pubblico ministero, infatti, il giudice,  seguendo l'iter procedimentale prescritto (e quindi fissando l'udienza camerale e  assicurando alle parti interessate il diritto al contraddittorio), ha rigettato la  richiesta sottolineando come non fosse stato specificato quali intercettazioni  dovessero essere distrutte ed il perché dovessero essere considerate inutili  (atteso che l'archiviazione — rappresentando una fisiologica stasi del  procedimento — non equivarrebbe a certa e futura non rilevanza del materiale  probatorio acquisito). 

Il dato logico evidenziato dal giudice è che l'elemento processuale  dell'archiviazione del procedimento è in sé neutro, in quanto espressione di una  semplice fase del procedimento, che, così come non può fondare per ciò solo il  rigetto dell'istanza in prospettiva di una futura eventuale riapertura del  procedimento e di una conseguente rinnovata valenza probatoria del materiale  intercettato (determinando così effettivamente una indebita stasi procedimentale  ed un conseguente permanente compressione degli interessi, costituzionalmente  tutelati, delle parti coinvolte), non può, allo stesso modo, giustificare di per sé  solo il suo accoglimento, appunto in quanto mero dato processuale, che nulla  dice in ordine alla rilevanza del materiale intercettato.