I figli hanno il diritto di continuare ad amare
L’articolo 1 (o punto n. 1) della Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori (emanata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nel 2018), rubricato “I figli hanno il diritto di continuare ad amare ed essere amati da entrambi i genitori e di mantenere i loro affetti”, recita: “I figli hanno il diritto di essere liberi di continuare a voler bene ad entrambi i genitori, hanno il diritto di manifestare il loro amore senza paura di ferire o di offendere l’uno o l’altro. I figli hanno il diritto di conservare intatti i loro affetti, di restare uniti ai fratelli, di mantenere inalterata la relazione con i nonni, di continuare a frequentare i parenti di entrambi i rami genitoriali e gli amici. L’amore non si misura con il tempo ma con la cura e l’attenzione”.
La suddetta Carta e l’art. 1 in particolare sono l’esplicazione della disciplina codicistica e dei diritti relazionali dei bambini sanciti nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
Denso di significati è in particolare il secondo comma dell’art. 315 bis cod. civ. in cui si legge: “Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti”. Da riflettere sui verbi “crescere” e “mantenere”. Il verbo “crescere” ha la stessa radice etimologica di “creare” e, quindi, di “creatura”, essere che cresce influenzato da tutto ma indipendente; il verbo “mantenere” significa letteralmente “tenere in mano” e anche “tenere per mano”, quella mano pronta ad aprirsi e a lasciare andare e ad accogliere quando necessario (perché amore è anche libertà e distanza, come nel significato di “assistenza”, da “ad sistere”, “stare presso, accanto” e non addosso). Entrambi i verbi evocano l’amore di cui hanno bisogno i figli in famiglia e l’idea di un processo in divenire, in libertà com’è l’educazione, ovvero “L’amore non si misura con il tempo ma con la cura e l’attenzione”.
I bambini: espressione dell’autenticità e della vitalità (come la vita stessa) se si offrono loro le condizioni e non cose materiali. In altre parole è quello che è espresso nell’art. 6 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia ove è enunciato il diritto innato alla vita e, conseguentemente, nella più alta misura possibile il diritto alla sopravvivenza e allo sviluppo. Il bisogno primario inglobante autenticità, vitalità e tanto altro è l’amore (alla pari del mangiare o altri) come ripetuto in più sedi.
I bambini hanno bisogno della famiglia e il senso della famiglia che, qualunque essa sia, per loro è bella purché ce l’abbiano. È questa la ratio della tutela penalistica, art. 570 e ss. cod. pen. “Dei delitti contro l’assistenza familiare”, cui si ricorre sempre più spesso in caso d’inasprimento dei conflitti tra gli adulti coinvolti. Perché non c’è niente di meglio dell’assistenza familiare che esprima cura e attenzione, mentre l’assistenza sociale e quella sanitaria sono solo dei rimedi lenitivi alle ferite provocate dalle lacerazioni familiari. Come si legge anche nella Carta di Ottawa per la promozione della salute (1986), “Gli inestricabili legami che esistono tra le persone e il loro ambiente costituiscono la base per un approccio socio-ecologico alla salute”, a maggior ragione dei bambini.
Nell’esercizio della genitorialità i genitori dovrebbero manifestare il cosiddetto erotismo genitoriale e non l’edonismo o egotismo. “Erotismo”, nel senso di “eros”, nel senso di forza vitale, tensione positiva dell’uomo verso la verità e il bene, contrapposto a “thanatos”, che raffigura la morte e distruzione. “Erotismo genitoriale”, come passione smisurata di fare i genitori e amore incondizionato per i figli.
Senza voler generalizzare, i figli di coniugi o partner separati e/o divorziati hanno il doppio delle vacanze, dei viaggi, delle camerette, dei giocattoli, delle famiglie, ma forse hanno la metà dell’essenziale: tempo, serenità, ascolto, attenzione...
Non è importante tanto dichiarare l’amore per i figli quanto acclararlo; in caso di famiglia “non più unita sotto lo stesso tetto”, i figli hanno ancor di più bisogno, da parte degli adulti di riferimento, di coerenza e conduzione, comunicazione e condivisione delle emozioni e delle situazioni senza edulcorazioni né adultizzazioni.
Gli adulti devono cercare in ogni modo di mettere da parte i loro conflitti, le loro ragioni, le loro rivendicazioni, le loro spiegazioni o giustificazioni.
I figli e il senso della famiglia: l’importanza dei nonni
Tra le figure adulte fondamentali, a maggior ragione nei casi di separazione e divorzio, vi sono i nonni: “Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni” (art. 317 bis comma 1 cod. civ.). Per quanto sia opinabile l’espressione tecnica di “ascendenti”, al tempo stesso, il suo significato letterale fa volgere lo sguardo in altra direzione, verso l’alto, l’altro, all’indietro.
“Un giorno, non si sa dove non si sa quando, un bambino chiese a sua nonna di raccontare una storia. La nonna di quel bambino ne conosceva molte e le conservava ovunque: infilate in tasca, nel cassetto del comò, nella dispensa e persino nella scarpiera. […] Le storie della nonna andavano bene per ogni momento della giornata perché lei ne raccontava di ogni tipo: lunghe, corte, strampalate, divertenti o tristissime da far piangere anche i fazzoletti. […] Le storie vengono, vanno, volano via, si trasformano, ma quando è il momento ritornano…” (da un racconto di Cosetta Zanotti).
I nonni sono, nel bene e nel male, radici, racconti, raccordi, rapporti… La nonnità è un diritto fondamentale e relazionale dei bambini che non dovrebbe affatto essere messo in discussione dagli adulti.
“Famiglia” anagrammata diventa “ama figli”: bisognerebbe ricordarlo e praticarlo ogni dì.
“L’amore non si misura con il tempo ma con la cura e l’attenzione”.