I «territori di uso tradizionale della natura» nella Russia del Nord: aspetti di legislazione regionale comparata
Mentre è largamente conosciuta la differenza tra l’approccio russo alla questione dei popoli indigeni artici e sub-artici rispetto alle impalcature costituzionali e legislative dei Paesi dell’Europa del Nord e dell’America settentrionale[i], meno si sa circa le (eventuali) distinzioni tra le normative vigenti all’interno dello spazio giuridico russo.
La Federazione Russa consiste, infatti, di ottantacinque «soggetti federali» o regioni, variamente denominati, quali repubbliche, krays, oblasts, okrugs autonomi. Le regioni dispongono della potestà legislativa, in via esclusiva in alcune materie oppure in via concorrente con la Federazione Russa in altre. Gli atti normativi che possono essere adottati dalla Federazione e dalle regioni sono, a loro volta, diversificati. Si va, in particolare, dalle leggi (zakony), ai decreti (postanovleniya), ordini (rasporyazheniya, prikazy), previsioni (polozheniya), decisioni (resheniya) e statuti (ustavy). I rapporti tra legge regionale e legge federale sono disciplinati nel senso che la prima non può mai essere in contrasto con la seconda. Ne deriva che la norma legislativa regionale emanata prima della disposizione legislativa federale deve essere, se necessario, resa compatibile con la fonte federale successiva, e così pure che, in caso di revisione della legge federale, la legge regionale va adeguata al rinnovato quadro legislativo federale. In ogni caso, la legge regionale può essere attuativa del dettato legislativo federale.
Venendo, ora, all’aspetto che dà il titolo al presente contributo, cominciamo con il ricordare che nella fase piuttosto caotica delle riforme seguite al crollo dell'URSS, fu adottato dal Presidente russo Boris Yeltsin l’editto (Ukaz Prezidenta)[ii] n. 397 del 1992 «Sulle misure urgenti per la difesa dei luoghi di residenza e dell’attività economica dei piccoli popoli del Nord»[iii]. Il provvedimento del Capo dello Stato della Federazione Russa ha così identificato come necessaria per la conservazione dei territori indigeni la tutela delle attività indigene tradizionali, come il pascolo delle renne e l’esercizio di caccia e pesca. La cultura ecologica delle società tradizionali indigene è diversa da quella delle società occidentali. La prima, infatti, consente di vivere, e di continuare a vivere, attraverso un uso attento e prudente delle risorse biologiche. Si potrebbe parlare di una strategia indigena di sviluppo sostenibile. Nella concezione indigena, infatti, «la natura è la nostra cultura», espressione con cui si vuole sottolineare la vicinanza alla vita biologica, e in definitiva il nostro comune biogramma umano[iv], ben evidenziato dal fatto che i popoli indigeni vedono sé stessi e la natura come parte di una famiglia ecologica estesa[v]. La conservazione dell’ecosistema naturale include aree di eredità culturale e storica dei popoli indigeni. I culti e/o rituali degli indigeni costituiscono la conoscenza “sacrale” delle comunità aborigene, fondano la loro conoscenza ecologica e rappresentano anche la base essenziale per le loro attività economiche[vi].
Ai sensi dell’art. 1 dell’editto presidenziale sopra menzionato, il Governo nazionale della Federazione Russa, nonché i governi dei soggetti della Federazione medesima, sono tenuti a determinare i territori di uso tradizionale della natura[vii] nei luoghi di residenza e delle attività economiche dei piccoli popoli del Nord[viii], che sono il patrimonio inalienabile di questi popoli, e che senza il loro accordo non sono soggetti ad alienazione per sviluppo industriale o di altro tipo che non sia connesso ad attività economiche tradizionali. L’art. 2 dell’editto presidenziale n. 397/92 stabilisce, inoltre, che è compito del Governo federale emanare norme sull’uso della terra e delle risorse naturali nei territori di uso tradizionale della natura dei piccoli popoli (indigeni) del Nord della Russia.
Il processo di approvazione delle norme federali contemplate dall’editto del 1992 non è stato di breve durata, essendo terminato con l’adozione della legge federale n. 49 del 7 maggio 2001[ix]. Si tratta, peraltro, di una legge quadro, che si limita in sostanza a stabilire che i territori di uso tradizionale della natura possono essere creati sia al livello federale che a quello regionale e locale. La relativa richiesta può provenire dalle persone che appartengono ai popoli e alle comunità indigene[x].
A questo punto, la situazione normativa si è andata complicando. Questo perché, in primo luogo, le autorità federali non hanno emanato disposizioni di rango sub-legislativo, necessarie per l’attuazione nel dettaglio della legge federale del 2001. In secondo luogo, i soggetti della Federazione avevano approvato, prima del 2001, disposizioni legislative nella materia de qua, e hanno continuato a farlo anche dopo l’adozione della legge federale del 2001, in certi casi con la precisazione che le previsioni regionali rimangono in vigore fino all’introduzione della normativa federale rilevante.
Ne è derivato un quadro plurale, assai frastagliato.
Al livello repubblicano, troviamo la Repubblica dell’Altaj, che non ha adottato una legge ma una ordinanza del 2018 sui territori di uso tradizionale della natura degli indigeni. A sua volta, la Repubblica di Chakassia[xi] ha approvato l’ordine del 21 ottobre 2016. La Repubblica di Jacuzia-Sacha[xii] si è dotata della legge del 13 luglio 2006. Quest’ultima legge, in particolare, appare rilevante, dal momento che riguarda ben sessantadue territori di uso tradizionale della natura[xiii]. Anche krays, oblasts e okrugs autonomi hanno approvato regolamentazioni. Si contano oltre cinquecento territori di uso tradizionale della natura, creati da enti sub-federali ma non confermati dal Governo federale, cosicché essi non dispongono di uno status legale che li mette al riparo da soppressione ovvero ridimensionamento, come già è accaduto in alcuni casi.
La situazione è attualmente abbastanza caotica. I soggetti della Federazione, infatti, hanno seguito criteri differenti nello stabilire i confini dei territori di uso tradizionale della natura. L’analisi comparata delle legislazioni regionali evidenzia che, in certi casi, si è fatto riferimento alle terre tradizionalmente usate dai clan etnici, mentre in altri casi l’elemento fondamentale è stato rappresentato dalle cooperative di produzione agricola, a loro volta eredi delle aziende agricole statali del periodo sovietico. In altre ipotesi ancora, hanno avuto un ruolo decisivo, nella delimitazione dei territori di uso tradizionale della natura, i bacini idrografici, i torrenti ovvero le foreste[xiv]. A ciò si aggiunga la contrazione delle garanzie costituzionali che deriva dalle modifiche alla legge costituzionale sulla Corte costituzionale[xv] del 9 novembre 2020, che ha eliminato le corti costituzionali dei soggetti[xvi] della Federazione Russa, attribuendo una parte delle loro competenze alla Corte costituzionale federale[xvii].
Una ulteriore novità legislativa è intervenuta nel 2013, in sede di revisione della legge federale sui territori naturali soggetti a particolare tutela[xviii]. La legge federale n. 406 del 28 dicembre 2013, infatti, reca modificazioni alla legge federale n. 33 del 14 marzo 1995, che riguarda appunto i territori naturali soggetti a particolare tutela. Questi ultimi, nella versione originaria della legge federale del 1995, comprendevano anche i territori di uso tradizionale della natura. Del resto, anche il vigente codice fondiario della Federazione Russa (Zemel’nyj kodeks Rossiyskoy Federatsii, o Zk RF), approvato con legge federale n. 136 del 25 ottobre 2001[xix], includeva fino al 2013 i territori di uso tradizionale della natura nella categoria dei territori naturali soggetti a particolare tutela. Orbene, la revisione della legge federale del 1995, adottata nel 2013, sottrae dalla classificazione dei territori naturali soggetti a particolare tutela i territori di uso tradizionale della natura. Una modificazione corrispondente è stata introdotta, nel 2013, anche nel codice fondiario.
Alcuni “ritocchi” sono stati introdotti con le leggi federali n. 171 del 23 giugno 2014 e n. 499 del 31 dicembre 2014, in vigore dal 1° marzo 2015. Le modifiche si riferiscono a limitazioni nella partecipazione e consultazione delle popolazioni indigene per i progetti che le riguardano e alle misure di compensazione nell’ipotesi di sottrazione di parte delle terre di loro tradizionale insediamento, nel senso che, dopo la revisione degli art. 12 e 57 del codice fondiario (ex legge n. 499/14), i gruppi indigeni non hanno più il diritto a vedersi assegnata una porzione equivalente di territorio e di risorse naturali.
Non sono mancate, al riguardo, le critiche da parte di organizzazioni e singoli leaders indigeni, anche se in verità le innovazioni apportate dalla legge federale del 2013 hanno, almeno sinora, comportato conseguenze minime, limitate ad adeguamenti terminologici, nel senso che i riferimenti già contenuti nelle leggi regionali ai territori naturali soggetti a particolare tutela sono stati sostituiti, per adeguarsi alla legislazione federale, con la menzione dei territori di uso tradizionale della natura.
Con riguardo, poi, agli orientamenti giurisprudenziali, non mancano motivi di preoccupazione (beninteso, per chi abbia a cuore la tutela dei territori e dell’identità culturale dei popoli indigeni). Con decisione del 15 gennaio 2015, la Corte d’appello della Repubblica autonoma di Jacuzia-Sacha ha respinto il ricorso presentato dal distretto (ulus) di Olenëkskij, con il quale l’amministrazione ricorrente contestava la legittimità della licenza rilasciata dalla competente autorità regionale a una società commerciale per la ricerca e l’estrazione di risorse minerarie all’interno di un territorio di uso tradizionale della natura. La pronuncia giurisdizionale de qua è basata sulla considerazione che i confini del territorio di uso tradizionale della natura non erano stati determinati dalle autorità federali, con il risultato finale che i confini stessi continuavano a essere modificabili (dalla autorità sovraordinata a quella locale).
La decisione giudiziaria sui confini ha “suggerito” ad alcuni governatori regionali di intervenire nella ridefinizione dei confini di territori di uso tradizionale della natura. Naturalmente, tali interventi hanno determinato una riduzione, talvolta sensibile, dell’estensione dei territori medesimo. In un caso, il Governatore ad interim del Territorio (krai) di Chabarovsk ha emanato il 30 settembre 2016 un decreto che riduceva della metà l’estensione degli esistenti territori di uso tradizionale della natura. Il provvedimento era stato adottato senza alcuna notificazione preventiva alle popolazioni indigene interessate. A seguito di proteste, il provvedimento è stato ritirato e, quindi, sostituito dal decreto n. 226 del 6 giugno 2017, che parimenti riduce l’estensione complessiva dei territori di uso tradizionale della natura, ma “soltanto” del quindici per cento[xx].
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