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Il “Conte Bis”: il rispetto della correttezza costituzionale

Governo
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Indice:

1. Il funzionamento della forma di governo italiana

2. Il secondo Governo Conte: ritorno alle tradizionali convenzioni costituzionali

3. Il ruolo del Capo dello Stato

4. Conclusioni

 

Abstract: Il presente articolo, introducendo in linee generali la forma di governo italiana, approfondisce il ruolo svolto dalle “convenzioni costituzionali” nel passaggio tra il primo e il secondo Governo guidato da Giuseppe Conte

This article analyzes the Italian form of government and differences between the first and second Giuseppe Conte’s government.

 

1. Il funzionamento della forma di governo italiana

Con la fine dal bipolarismo internazionale, oramai trent’anni fa, le principali nazioni del mondo hanno assistito a sconvolgimenti politici, sociali ed economici; da questi forti “traumi costituenti” (Carl Schmitt) sono sorti nuovi sistemi, la maggior parte dei quali fondati sul modello della democrazia “occidentale”, con la separazione dei tre poteri dello Stato esercitati da organi distinti tra loro: un Governo, un Parlamento e un’autorità giudiziaria indipendente.

Il grado di rapporto tra questi organi, o meglio, il grado di codeterminazione dell’indirizzo politico da parte di questi organi [“governo (forme di) di Leopoldo Elia, Enciclopedia del diritto] costituisce la forma di governo.

Anche l’Italia è stata destinataria di cambiamenti sociali ed economici, ma la forma di governo è rimasta immodificata, con buona pace di molti leaders politici a cui una virata in senso presidenzialista non sarebbe dispiaciuta.

L’articolo 94, comma 1 della Costituzione afferma che “Il Governo deve ricevere la fiducia delle due Camere”. Con una semplice frase, risultante dal complesso lavoro dei Padri costituenti e portatrice di altrettante conseguenze complesse, la forma di governo italiana è una forma parlamentare.

Il Governo è legittimato giuridicamente con il giuramento (articolo 93 della Costituzione) dinanzi al Presidente della Repubblica, che nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo i Ministri (articolo 92 della Costituzione) e politicamente dal Parlamento, rappresentante della sovranità che appartiene al popolo ma che viene esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione. Ogni Governo che attraversa questo passaggio è legittimo.

La rappresentanza risiede nel Parlamento e non nel Governo che non ha ricevuto alcun mandato dal corpo elettorale. Questa “razionalizzazione” della formazione di un Governo (cioè meccanismi, “pesi e contrappesi” volti a stabilizzare l’ordinamento costituzionale) prevista dalla Costituzione, viene integrata dal ruolo svolto dalle convenzioni costituzionali.

 

2. Il secondo Governo Conte: ritorno alle tradizionali convenzioni costituzionali

Le convenzioni costituzionali italiane sono fonti-fatto o fatti normativi (non disciplinati o parzialmente disciplinati) che, diversamente dal fondamentale ruolo svolto nella configurazione della forma di governo britannica, integrano e risolvono la “concreta” applicazione della disciplina costituzionale.

La crisi di governo conclusasi con la formazione del secondo Governo guidato da Giuseppe Conte ha rivitalizzato quel sistema di prassi, convenzioni e regole di correttezza costituzionale abbandonati precedentemente a favore dell’istituto, appartenente all’ambito privatistico, del contratto: il “Contratto di governo”.

Il voto anticipato è stato evitato perché, come Costituzione insegna, il Parlamento è tornato ad essere lo spazio di una ricerca finalizzata alla formazione di un nuovo Esecutivo, su impulso del Capo dello Stato che legittimamente ha sollecitato una soluzione parlamentare alla crisi, stimolando le forze politiche ad assumersi la responsabilità di supportare un Governo pienamente politico e disposto a durare per tutto il resto della attuale legislatura.

Quello spazio di ricerca ha riportato nell’ambito del dettame costituzionale la figura del Presidente del Consiglio dei Ministri, dai confini incerti da sempre.

Infatti durante la formazione del suo primo Governo, in un clima di antagonismo e di slogan politici contraddittori, Conte è stato scelto quale arbitro e garante dell’intesa così raggiunta. Un soggetto terzo con il compito di vigilare sull’esatto adempimento delle prestazioni derivanti dal contratto. Per 18 mesi è stata mantenuta un’interpretazione letterale e “d’interesse” dell’articolo 95 della Costituzione, con un Presidente del Consiglio dei Ministri quale elemento tecnico e non incisivo del complesso organo governativo.

Un organo dalle limitate possibilità di azioni d’indirizzo e di direzione della politica generale, circoscritte nel perimetro del contratto.

Con la crisi di governo “balneare” si è verificato un ritorno alla normalità costituzionale con un Capo dello Stato che ha acquisito, tramite consultazioni, un ruolo da protagonista di ogni formazione politica.

Verificata la possibilità di formazione di una nuova maggioranza che sostenesse un nuovo Governo ha conferito l’incarico a Giuseppe Conte, il quale, iniziando il proprio giro di consultazioni, ha interagito con gli attori politici, redatto una lista di Ministri condivisa e si è presentato in Parlamento per la fiducia.

In questa ricostruzione il Presidente del Consiglio incaricato ha tracciato le linee programmatiche, co-determinando i punti sostanziali dell’indirizzo politico. Un esempio pratico è ravvisabile nella rinuncia alla presenza dei Vicepresidenti (i veri domini durante l’esperienza di Governo precedente), ossia figure istituzionali non previste dalla Costituzione ma dalla legislazione ordinaria.

In questo modo vi è stato un maggiore rispetto dell’articolo 95 della Costituzione: un Presidente del Consiglio dei Ministri che, sulla base di variabili di natura politica (e caratteriali), possa essere sia primus inter pares sia organo incisivo e determinante.

 

3. Il ruolo del Capo dello Stato

È indubbio che la “normalizzazione” costituzionale per la nascita del nuovo Governo ha prodotto effetti anche sul ruolo del Presidente della Repubblica.

L’articolo 92 della Costituzione attribuisce al Capo dello Stato il potere di nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri, ma tale potere viene espletato attraverso le consultazioni con i Presidenti delle Camere, che potremmo definire come i principali consiglieri del Presidente della Repubblica durante particolari eventi del nostro sistema politico-istituzionale, e con i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari. Tanto incisiva sarà la sua azione di persuasione quanto più incerta risulta essere la composizione del Parlamento.

Ad esempio, di fronte alla maggioranza parlamentare formatasi a seguito dell’elezioni politiche del 2008, una maggioranza definita “bulgara” dalla stampa, il Capo dello Stato svolse delle rapide consultazioni in quanto era già deciso come sarebbe stata composta la squadra di Governo e quali gruppi parlamentari l’avrebbe sostenuta.

La ricerca di accordo e di orientamento è risultata circoscritta anche nel 2018, eccezion fatta per il “caso Savona”, in quanto l’intesa tra i partiti era raggiunta; vi era un accordo, un programma, anzi, un contratto ben definito e la scelta del Presidente del Consiglio.

Il Presidente ha riacquistato il proprio ruolo, dirigendo le consultazioni, fissando un calendario degli incontri puntuale e confacente al momento di difficoltà delle istituzioni; un Presidente che, all’esito di tali consultazioni, conferisce l’incarico alla personalità indicata dalle forze politiche disponibili a instaurare un rapporto di fiducia con il nuovo Governo. Soprattutto, un Presidente che non sceglie la soluzione dello scioglimento anticipato delle Camere, extrema ratio prevista dall’articolo 88 della Costituzione, al fine di cercare il rimedio tra le forze politiche componenti il Parlamento, interpretando con efficacia tutti gli elementi e le circostanze in questione.

 

4. Conclusioni

L’analisi del processo di formazione del secondo Governo Conte evidenzia come la nostra forma di governo parlamentare, fattispecie complessa a formazione progressiva direbbe Staiano, sia caratterizzata da un elevato tasso di politicità che necessita di un’elevata flessibilità e adattabilità.

Politicità che ha prevalso durante la formazione del Governo precedente, assistendo a forzature procedurali che invece si sono attenuate 18 mesi dopo.

Il rispetto delle regole e delle convenzioni è stato evidente e strumentalizzazioni del dettato costituzionale ai fini del mero consenso non si sono verificate.

Tutto ciò dovrebbe rappresentare una soddisfazione non solo per i cultori del costituzionalismo, ma per l’intera opinione pubblica che dovrebbe tenere presente lo scopo della nostra Costituzione: stabilire per noi e per la nostra tutela le regole necessarie al fine di evitare che le storture delle norme, sempre verificabili, possano prevalere sui principi fondamentali.